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Sonde Voyager 1 & 2, in viaggio verso l’infinito

Io sono nato nel 1977, in quell’anno le cose veloci erano:

Il mitico United States: 43 nodi nei trials (era già pensionato, ma aiuta il climax)

Il Concorde: 2.179 km/h

L’SR-71 Blackbird: 3.529 km/h

Sicuri che siano davvero veloci? Se chiedete all’equipaggio dell’Apollo X (1969) era roba pressoché ferma, visto che Cernan e compagni al rientro hanno toccato i 39.897km/h su “Charlie Brown” (beccatevi pure sto link che ormai su RS c’è TUTTO il ferro migliore). Purtroppo questo è il nome dato all’oggetto pilotato più veloce mai costruito dall’uomo, non a caso subito dopo la NASA ha fatto una moratoria ai suoi astronauti sui nomi imbarazzanti.

Ma se escludiamo i mezzi pilotati ce n’è uno che vince a mani basse, anzi a dire la verità arriva primo e secondo.

Quest’antennona qui.

  • Voyager 1: 61.354 km/h
  • Voyager 2: 55.346  km/h

Cioè la Voyager 1 fa 17km/ SECONDO, sono quasi due Everest uno sull’altro. E questa non è la velocità più alta registrata nella loro vita (40 km/s dopo il lancio), ma quella con cui si allontanano da noi attualmente.

Bella forza direte voi, il razzo, il vuoto, non ci sono curve (ce lo dice la la relatività generale, l’orbita “sembra” curva!)… sì ma intanto tutti gli altri ferri di questo tipo sono più lenti, le Voyager sono uniche perché oltre ai motori del Titan III che le ha messe in orbita si sono beccate un giro di fionde gravitazionali unico.

ERRATA CORRIGE: Un solerte utente ci ha segnalato che le Voyager sono sì veloci ma nonostante tutto vengono battute a mani basse dalla Parker Solar Probe, una sonda lanciata nel 2018 per studiare i venti solari e che al momento – ma sta accelerando – viaggia a circa 690.000 km/h!

So di darvi una profonda delusione, avrei voluto dirvi i cavalli della TURBOPOMPA degli UA120 che spingono il Titan III, ma purtroppo trattasi di motori a combustibile solido, tipo i booster dello Shuttle: niente TURBOPOMPA a sto giro.

Per non lasciarvi con l’amaro in bocca lo scrivo un’altra volta: TURBOPOMPA. Poi non dite che RS non vi vuole bene.

-Lancio della Voyager 2 sul Titan III, niente TURBOPOMPE stavolta –

Lasciamo un attimo le Voyager a viaggiare nello spazio interstellare (dove effettivamente sono) e torniamo al 1965 quando ad un tizio di nome Gary Flandro viene assegnato il compito di verificare le possibili traiettorie di esplorazione del sistema esterno. Ora Gary non è che ha lì i meravigliosi software online che ti calcolano la posizione dei pianeti al giorno tal dei tali, ha dalla sua solo la matematica, la carta e la penna.

Si mette quindi di buzzo buono e disegna la posizione dei pianeti negli anni successivi, scoprendo una cosa interessantissima: nel 1980 ci sarebbe stato un allineamento dalla stessa parte del Sole di Giove, Saturno, Urano e Nettuno. Una roba che in termini cosmici è frequentissima, avviene ogni 175 anni, un po’ meno frequente se paragonata alla caccola della vita umana.

Gary è colto da un’illuminazione, si mette lì e scopre quello che sarà definito il “Grand Tour”; dandosi una mossa e partendo entro il 1977 è possibile arrivare su Nettuno in “soli” 12 anni, in luogo dei 30 altrimenti necessari. Solo che in termini aerospaziali il 1977 è dopodomani, calcolate che nel 1965 siamo ancora quattro anni prima dell’allunaggio.

Il punto chiave di Gary è che ci sono ampi margini per sfruttare la fionda gravitazionale, in sostanza un effetto per cui la massa di un pianeta conferisce velocità ad un oggetto in avvicinamento (a scapito di una frazione infinitesima della sua).

Nel Grand Tour questo fenomeno si ripete ben tre volte e non con pianetuncoli sfigati come il nostro, ma con i giganti gassosi. Vale la pena confrontare un po’ di dimensioni, spiace dirlo, ma ci sarà una ragione se sulla Terra ci piacciono le macchine grosse e potenti e su Giove non ce n’è traccia.

– La Terra è la terza caccola da sinistra, quello dietro il fastidioso oggetto per cui le auto sono dotate di un’aletta nella parte alta del parabrezza –

Vi risparmio il giro di budget e la storia politica, ma la sintesi è che c’è appena il tempo sufficiente per impostare il progetto, siamo ancora nel 1966 e metà delle tecnologie utili sono inesistenti o non sperimentate.

Alla fine si decide di fare due missioni, Voyager 1 farà Giove e Saturno, senza seguire il Grand Tour perché c’è il forte sospetto che una luna di Saturno, Titano, sia estremamente interessante da un punto di vista atmosferico. Giusto sospetto, visto che ci sono persino i laghi di metano, ma ne riparliamo un’altra volta con Cassini (ve le beccate tutte le sonde, mica ci fermiamo qui). Per farla breve, il passaggio su Titano comporta l’espulsione di Voyager 1 dal piano dell’eclittica (il piano immaginario dove orbitano pianeti) impedendole di incontrare altri pianeti. Voyager 2, invece, fa invece tutto Grand Tour, una cosa che nemmeno Jeremy Clarkson e soci possono avvicinare.

Ora, siccome siamo su Rollingsteel, due parole sui ferri tocca dirle.

Iniziamo dal “powertrain” (sì, lo so non è il termine corretto): abbiamo un meraviglioso generatore elettrico a radioisotopi, antenato di quello che muove oggi Opportunity e Curiosity su Marte. Sostanzialmente si tratta di un bel panetto di Plutonio 238 che scalda un pezzo di ferro, la differenza di temperatura che si crea genera elettricità grazie all’effetto Seebeck (le fate le offerte a Wikipedia vero?).

-Questo è proprio quello delle Voyager-

Una volta alimentata, la sonda deve parlare con la Terra, per questo c’è un parabolone di 3,7 m di diametro che non è altro che un’antenna ad alto guadagno che il primitivo computer cerca di mantenere orientata verso la Terra sfruttando dei giroscopi.

Per orientare il tutto ci sono dei micro-thrusters MR-103 “monopropellenti”, sostanzialmente dei “tutto in uno” dove un composto chiamato idrazina viene separato in fase di espulsione in comburente e combustibile da un catalizzatore chimico.

Questi li faceva (e li ha ancora a catalogo) la Rocketdyne, per i pochi di voi che non lo sapessero, è quella degli F1 del SATURN V.

Tutta la baracca era poi coperta di sensori vari su cui non ci dilunghiamo, a noi ne interessa veramente uno solo: la fotocamera, anzi LE fotocamere, perché sono due: un grandangolo con una lunghezza focale di 200 mm e un’apertura di f/3 e un altro “zoom” con  lunghezza focale di 1500 mm con una apertura di f/8.5.

Nella foto sotto sono rispettivamente, nella parte sinistra, quella in basso e quella a metà, mentre il sensore più grande a destra è una fotocamera ad infrarossi.

La cosa meravigliosa è non esistono sostanzialmente tecnologie di compressione adatta a trasmettere le foto, il tutto veniva registrato SU NASTRO, poi riavvolto per trasmetterle con tutta calma a Terra quando c’era il tempo di farlo. Cosa si può fare con volontà e capacità si semplificare eh?

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EDIT: visto che ci avete chiesto lumi sulle fotocamere delle Voyager, eccovi serviti con un bel megapippone del direttore: Le sonde Voyager hanno a bordo fotocamere digitali (nel 1977!) e sono dotate di un sensore ccd con risoluzione di 800 x 800 pixel. Ogni pixel può memorizzare 8 bit di informazioni per un totale di 5.120.000 bit a immagine (ca. 640 kb); questi dati potevano essere registrati su un nastro magnetico (tipo le musicassette) con una capacità di 536 milioni di bit a 115.200 bps o ritrasmessi ai ricevitori del Deep Space Network sulla Terra a 8400 o 14.400 bps. Durante le attività di fotografia i dati venivano accumulati molto più velocemente di quanto potessero essere ritrasmessi sulla Terra e quindi le immagini venivano archiviate sui nastri magnetici di backup e successivamente riprodotti/trasmessi a terra nei lunghi tratti interplanetari. Infine, per completezza, il nastro di backup era importante anche per memorizzare le immagini durante i periodi di occlusione (quando un pianeta o un satellite bloccava il percorso di trasmissione radio). Da segnalare che entrambe le fotocamere a bordo delle Voyager sono state spente nel 1989 e 1990 per risparmiare energia e memoria per gli strumenti previsti per rilevare il nuovo ambiente di particelle cariche dello spazio interstellare. Si potrebbero anche riaccendere ma al momento questa non è la priorità della missione.

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Che dite, ne vediamo un attimo di queste foto?

Iniziamo con sua maestà Giove, qui Voyager 1 è passata a soli 120.000 km (tipo un 1/3 della distanza Terra/Luna) scoprendo tra le altre cose che sulla luna più interna, chiamata Io, ci sono vulcani attivi.

Poi è la volta di Saturno, finalmente abbiamo dettagli pazzeschi dei suoi anelli e foto dei suoi satelliti,

Galileo non ha mai compreso che quelle protuberanze vicino a Saturno fossero degli anelli: avrebbe ucciso per questa foto

-Le separazioni degli anelli dipendono da piccole lune nel sistema di anelli-

-Atmosfera di Titano, sotto ci sono laghi di metano che scoprirà Cassini-

Voyager 2 è stata la prima, e l’ultima, sonda a vedere Urano, il pianeta con l’asse talmente inclinato che di fatto praticamente “rotola” intorno al Sole (esponendo prima un polo, poi l’altro)

-Voyager 2 ha scoperto il sistema di anelli di Urano-

Anche Nettuno non è più stato visitato da nessuna sonda terrestre dopo Voyager 2, la foto che tutti conosciamo l’ha scattata lei.

 

-Ci sono anelli pure intorno a Nettuno: quanti lo sapevano?-

Tanta, tantissima roba, ma dove Voyager 2 si è superata è nel così detto “Ritratto di Famiglia”: prima di farla proseguire nello spazio profondo, i ragazzi del JPL l’hanno fatta voltare e ha scattato delle foto che messe insieme presentano quasi tutti i pianeti del Sistema Solare (la trovate in HD qui)

Tra queste foto, una fa più impressione di altre, è quella in cui ci siamo noi. Quella nel circoletto sotto è la Terra, vista da poco oltre l’orbita di Nettuno.

Non resta che togliersi il cappello di fronte agli ingegneri che hanno realizzato negli anni ’70 questa meravigliosa immagine e lasciare il commento a Carl Sagan (scienziato e divulgatore) che ebbe l’idea di fare questa foto;

“Guardate ancora quel puntino. È qui. È casa. È noi. Su di esso, tutti coloro che amate, tutti coloro che conoscete, tutti coloro di cui avete mai sentito parlare, ogni essere umano che sia mai esistito, hanno vissuto la propria vita. L’insieme delle nostre gioie e dolori, migliaia di religioni, ideologie e dottrine economiche, così sicure di sé, ogni cacciatore e raccoglitore, ogni eroe e codardo, ogni creatore e distruttore di civiltà, ogni re e plebeo, ogni giovane coppia innamorata, ogni madre e padre, figlio speranzoso, inventore ed esploratore, ogni predicatore di moralità, ogni politico corrotto, ogni “superstar”, ogni “comandante supremo”, ogni santo e peccatore nella storia della nostra specie è vissuto lì, su un minuscolo granello di polvere sospeso in un raggio di sole.”

Per capirci la foto è stata fatta da qui, smiliardate di km da casa.

Potremmo spendere righe preziose a parlare dei dischi d’oro voluti da Sagan con i suoni della Terra e le simpatiche immagini che consentono ad un eventuale alieno di capire come siamo fatti e dove siamo (le linee in basso a sinistra rappresentano delle pulsar con la relativa frequenza, unendole si trova la Terra). Potete trovare questa meravigliosa storia QUI, vi basti sapere, in breve, che su ognuna delle due sonde Voyager è stato caricati un disco fonografico di rame placcato in oro da 12 pollici contenente suoni e immagini selezionati per ritrarre la diversità della vita e della cultura sulla Terra e, nel caso, per trovarci.

Ma questo è Rollingsteel siamo per il ferro non per l’oro, per quello ci sono altre fonti.

Quello che invece ci esalta DI BRUTTO è sapere che ‘sti meravigliosi ferracci sono ancora lì in viaggio: Voyager 1, mentre scrivo, è a  22.907.402.496 (miliardi, sono miliardi) di kilometri dalla Terra, Voyager 2 a 18.993.477.888 di kilometri.

Non solo continuano a proseguire alla mostruosa velocità che abbiamo scritto in testa all’articolo, ma sono ancora vive e vegete. Molti strumenti sono stati disattivati per risparmiare energia, ma qualcosina funziona ancora, anzi nel 2019 la Voyager 2 ha riacceso i suoi MR-103 per correggere l’orientamento della parabola.

I dati raccolti hanno consentito di scoprire il “Termination shock”, il punto dove il “vento” proveniente dalle stelle del resto della galassia supera per forza quello solare rallentandolo sotto la velocità del suono nel mezzo interstellare (non è vuoto assoluto) e producendo una sorta di shock sonico. Più avanti le aspetta l’eliopausa, una sorta di andropausa solare dove il vento nel nostro Sole cessa del tutto.

Forse le Voyager con i loro padelloni non sono fighe come i SATURN V, gli Shuttle o Buran, ma ci hanno lasciato un’eredità anche superiore e questo include quello che a mio personalissimo giudizio è il migliore film della serie Star Trek, il primo del 1979, special guest la mai lanciata Voyager 6, V’ger per gli amici.

Come sempre, consentitici due righe per ricordare che Rollingsteel continua il suo viaggio nel mezzo interstellare nell’Internet grazie al vostro aiuto. Dateci dentro mettendovi in fila per l’imminente DI BRUTTO o accaparratevi una copia del mio libro dal link Rollingsteel (spoilerino: c’è un pezzo molto simile al Grand Tour).

D’altronde sono un rollingteeler semplice: vedo un digramma di velocità delle sonde Voyager, lo clikko

Ti piaciuto questo articolo? Ti piacciono le sonde e l’esplorazione dello spazio? Allora potresti provare il mio libro “Luci dal futuro” https://amzn.to/3IdZUio

Articolo del 6 Settembre 2021 / a cura di Paolo Broccolino

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  • Franz

    Massimo rispetto a RS, ma attualmente la Parker Solar Probe viaggia a 692000 km/h in aumento!

    • Paolo Broccolino

      Ciao Franz, hai ragione. Diciamo che è molto meno significativa delle Voyager, ma sulla velocità non ci sono dubbi.

    • Andrea Bindolini

      Però Parker Probe è così veloce solo perché molto vicina al Sole (quindi ben dentro il suo pozzo gravitazionale) ma la sua orbita ellittica non possiede energia sufficiente ad abbandonare il Sistema Solare (nel caso assurdo che lo volesse fare). Le Voyager 1 e 2 (così come le due Pioneer 10 e 11 e anche New Horizons), seppure più lente, si trovano in traiettoria di fuga. In questo senso sono comunque più “veloci” in senso lato.

  • Tom

    Si può avere qualche dettaglio so come venivano fatte ed inviate a terra le foto? Insomma, non avevano sensori come le attuali digitali, quindi che significa “veniva registrato SU NASTRO, poi riavvolto per trasmetterle con tutta calma a Terra”?
    Thanks and keep it up!

    • Paolo Broccolino

      Tom, errato avevano sensori antenati degli attuali digitali, solo con risoluzione molto più bassa, Il “file” non era compresso però e la banda bassissima, quindi usava il nastro per archiviarlo.

    • Eccoci qui. Le sonde Voyager hanno a bordo fotocamere digitali (nel 1977!) e sono dotate di un sensore ccd con risoluzione di 800 x 800 pixel. Ogni pixel può memorizzare 8 bit di informazioni per un totale di 5.120.000 bit a immagine (circa 640 kb); questi dati potevano essere registrati su un nastro magnetico (tipo le musicassette) con una capacità di 536 milioni di bit a 115.200 bps o ritrasmessi ai ricevitori del Deep Space Network sulla Terra a 8400 o 14.400 bps. Durante le attività di fotografia i dati venivano accumulati molto più velocemente di quanto potessero essere ritrasmessi sulla Terra e quindi le immagini venivano archiviate sui nastri magnetici di backup e successivamente riprodotti/trasmessi a terra nei lunghi tratti interplanetari. Infine, per completezza, il nastro di backup era importante anche per memorizzare le immagini durante i periodi di occlusione (quando un pianeta o un satellite bloccava il percorso di trasmissione radio). Da segnalare che entrambe le fotocamere a bordo delle Voyager sono state spente nel 1989 e 1990 per risparmiare energia e memoria per gli strumenti previsti per rilevare il nuovo ambiente di particelle cariche dello spazio interstellare. Si potrebbero anche riaccendere ma al momento questa non è la priorità della missione.

      • Andrea

        Mi permetto una piccola correzione: le fotocamere delle Voyager montano un tubo vidicon, non un sensore CCD. Le immagini venivano quindi immagazzinate in digitale per poi essere trasferite a terra previa archiviazione su nastro magnetico.

        Vedi:

        The Voyager uses a Vidicon camera. Instead of a digital CCD sensor, it has an analog tube sensor. It’s sort of the reverse of an old CRT TV set.

        Pictures take a long time to capture (like 15s to minutes) and then the sensor area has to be “cleared” after each shot by flooding it with light. It only captured about 800×800 “pixels”.

        Voyager’s optical camera was digital, with a camera tube similar to TV cameras of the period. The initial analog signal was converted to a digital format that had a resolution of 800 x 800 pixels and transmitted back to NASA. CCDs were not used.

        The Voyager Imaging Science Subsystem (ISS) is a modified version of the slow scan vidicon camera designs that were used in the earlier Mariner flights. The system consists of two cameras, a high resolution Narrow Angle (NA) camera and a lower resolution, more sensitive Wide Angle (WA) camera.

        […]Instrument Electronics

        The Imaging Science Subsystem (ISS) electronics consist of the vidicon support circuits and the signal chain. The vidicon support circuits are the vertical and horizontal sweep circuits, and the various power supplies for the vidicon filament, and the focus and alignment coils. The signal chain consists of the analog signal amplifiers, bandpass filters, and an eight bit analog-to-digital converter. The digital output is sent to the Flight Data Subsystem (FDS) for editing.

        Fonte: https://pds-rings.seti.org/voyager/iss/inst_cat_wa1.html#inst_det

        The sensor used in the Voyager Imaging Science Subsystem (ISS) camera system is a 25-mm diameter magnetic deflection vidicon (number B41-003, General Electro-dynamics Co.). The vidicon storage surface (target) is selenium sulphur and can store a high resolution (1500 TV lines) picture for over 100 s at room temperature. The active image area on the target is 11.14 x 11.14 mm. Each frame consists of 800 lines with 800 picture elements (pixels) per line, i.e., 1 pixel =14 microns. One frame requires 48 s for electronic readout. In addition to the normal frame readout of 48 s (1:1), four extended frame-time modes of 2:1, 3:1, 5:1, and 10:1 are available by command. Following readout, light flooding is used to remove any residual image that might remain from the previous frame. At the end of light flooding, 14 erase frames are used to stabilize and prepare the vidicon target for the next exposure sequence (VGR ISS Calibration Report, 1978, an internal JPL document available from JPL vellum files).

        Fonte: https://pds-rings.seti.org/voyager/iss/inst_cat_wa1.html#inst_det

    • Diego

      Grazie mille l’ho letto con molto piecere e vivo entusiasmo….
      …..è veramente tutto così affascinante……
      Grazie

  • Curioso astrofilo

    Complimenti per la completezza e correttezza dei contenuti esposti. Io mi sarei astenuto di corredare la bella esposizione delle fastidiose forzature in uso fra adolescenti.

    • Caro, il successo di rollingsteel è dato proprio dal suo linguaggio fresco e “giovane” che ci permette di trattare argomenti complessi e tradizionalmente additati come noiosi in maniera diversa, rendendoli appetibili anche ad un pubblico più ampio, curioso e giovane. Per il resto ci sono i libri universitari e le facoltà scientifiche sempre più vuote. Noi non siamo nerd, siamo appassionati.

  • HF

    Menzione particolare meriterebbe anche il sistema di registrazione a nastro, ancora oggi perfettamente funzionante (pensare ai lubrificanti usati…altro che 0W-30!!)

    https://hackaday.com/2018/11/29/interstellar-8-track-the-low-tech-data-recorders-of-voyager/

    • Marco Tullio

      Comunque astenuto “dal corredare”, a proposito di linguaggi.
      Caro direttore, le facoltà sono vuote perché gli appassionati scoprono quanta fatica costa passare dalla divulgazione su misura (loro) ai testi universitari. Il che non è una critica a chi usa un linguaggio “giovane”, ma a chi non vuole saperne di smettere di essere giovane.
      Ma non si preoccupi, i testi su cui si studia oggi a me sembrano scritti per dei ritardati: L’Accademia si adatta pur di fare iscritti.
      I libri su cui io ho studiato alle Elementari oggi sono giudicati come troppo difficili per i ragazzi di terza media. Con cui parlo tutti i giorni e sono, con le dovute eccezioni, piuttosto stupidi. Non per nascita, per educazione: libri troppo facili per cervelli asfittici.
      Gli è stato insegnato che “noioso” equivale a “sbagliato” e che quindi nella vita possono fare a meno di tutto quello che non li intrattiene.
      Si chiama declino, capita. Lei fa benissimo il suo mestiere, non mi fraintenda.
      Buon lavoro

  • Gianni

    Estremamente interessante ed esauriente anche per un “analfabeta” in elettronica ed assolutamente profano in ingegneria….

  • Andrea Bindolini

    Concordo sul migliore film di Star Trek, purtroppo un capolavoro incompreso. 😉
    Una correzione: Voyager 2 non scoprì gli anelli di Urano, o per la precisione ne scoprì e studiò diversi nuovi, ma il sistema principale era già stato individuato da terra tramite l’occultazione di una stella lontana, nel 1977.

  • Gregorio E. Ventura

    Complimenti a Paolo….e a Rolling Steel: uno degli articoli più tecnici che ho letto sulle sonde Voyager che sono una delle mie passioni spiegato in maniera ” tecnicamente semplice” che non é un ossimoro ma la realtà di questo articolo! Immensi,

    Segnalo solo un piccolo refuso: il pale blue dot cioé la foto della terra (pallido pixel blu) non é stata scattata negli anni 70′ come indicato nell’articolo ma il 14 Febbraio 1990 proprio su iniziativa di Sagan che ha suggerito di puntare la fotocamera della sonda verso la terra.

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