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Mistel, il bombardiere della disperazione

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Febbraio 1945, cieli sopra Vienna: una formazione di Consolidated B-24 Liberator del 741st BS (Bomb Squadron) si sta dirigendo verso la capitale austriaca per una missione di bombardamento. La scorta è composta da un gruppo di P-51 Mustang appartenenti al famoso Tuskegee Airmen, il reparto di piloti di aerei da caccia (ma anche da bombardamento) interamente composto e comandato da uomini di colore, voluto dal presidente Roosevelt per combattere la discriminazione razziale.

– presente il film “Code Rosse”? Ecco. –

Tutto fila liscio, l’agonia del III Reich è agli sgoccioli, la resistenza è poca, il nemico è ridotto allo stremo. Ad ogni modo bisogna stare attenti, mai sottovalutare la Luftwaffe Nazista, negli ultimi tempi di idee pericolosamente strampalate ne ha avute fin troppe, meglio non abbassare la guardia, MAI.

– un’idea pericolosamente strampalata, raccontata QUI

I cieli sono sgombri, l’aria è gelida, il rombo, basso e costante dei Pratt & Whitney fa da sottofondo ai respiri e ai battiti del cuore di quei ragazzi coraggiosi. Siete quasi alla fine, tenete botta. Poi, all’improvviso, qualcosa di strano: dal nulla arriva un B-24, si avvicina di lato e si mette in formazione. È senza insegne, però è un B-24, è uno dei nostri. Il leader della scorta apre la radio e chiede a questo nuovo arrivato da dove venga: “siamo del 55th, ci siamo persi” risponde in perfetto inglese il marconista del Liberator venuto dal nulla. Ok, tutto chiaro, non c’è problema.

No, aspetta un momento: quel giorno il 55th non volava e non solo, quello strano B-24 non portava alcuna insegna identificativa che potesse collegarlo al suddetto gruppo.

Il primo a capire cosa sta succedendo è il leader della scorta: il pilota di Mustang affianca il B-24 e spara una raffica di avvertimento, apre la radio e dice al pilota di andarsene, velocemente. Non solo, gli dice anche che sarà scortato, il pilota del bombardiere gli risponde che ce la può fare anche da solo, che non ha bisogno della scorta. “Verrai scortato, che tu lo voglia o no, avrai due uomini in coda costantemente, non tentare di atterrare in Yugoslavia”, il pilota del B-24 protesta, “ma devo sganciare le mie bombe”, “You ain’t gonna drop no bombs – non sgancerai nessuna bomba”, risponde il pilota del P-51.

A quel punto il B-24 fantasma lasciò la formazione, nessuno saprà mai più nulla di quell’aereo.

Ora, avete presente la prima puntata di Lost – sì, quella serie in cui non si capisce un cazzo dalla sceneggiatura un po’ confusa? Dai, quella in cui ad un certo punto un tipo gira sull’isola con la lista passeggeri salvo poi scoprire che quel tale con la faccia quadrata di nome Ethan con cui aveva fatto balotta poco prima su quella lista non c’è?

* per tutti quelli che, come me, hanno patito il trasformarsi di Lost da buona idea a cagata pazzesca puntata dopo puntata, regaliamo un momento di gioia – uno dei pochi della serie – QUI

Ok, con quel B-24 sopra Vienna la storia è piuttosto simile perché, stando alla tesi più accreditata, quel Liberator venuto e poi sparito nel nulla apparteneva al famigerato Kampfgeschwader 200 (abbreviato KG 200), l’unità speciale della Luftwaffe dedicata a missioni di infiltrazione dietro le linee nemiche utilizzando aeroplani nemici catturati e rimessi in sesto.

– B-17 appartenente al KG 200: aeroplani come questo vennero utilizzati per paracadutare agenti e soldati tedeschi oltre le linee nemiche senza dare troppo nell’occhio –

La testimonianza che abbiamo riportato – purtroppo non molto accurata, i numeri degli squadroni indicati spesso cambiano da fonte a fonte – è del sergente Erling Kingdem, addetto radio a bordo di un B-24 e testimone oculare del tentativo di infiltrazione nella formazione americana da parte di un bombardiere appartenente al famigerato KG 200.

– Pare che, a partire dal 1943, il KG 200 sia riuscito ad entrare in possesso di circa sette B-24 Liberator, catturati a seguito di atterraggi di emergenza e, se necessario, riparati. Fanno strano con quelle insegne eh? –

Nato nel 1944, il KG 200 ha lavorato a stretto contatto con l’Abwehr (i servizi segreti Nazisti) e le forze speciali Brandenburg in una serie di missioni speciali di guerra e disordine, alcune delle quali ancora segrete: per capire di che razza di unità stiamo parlando, basti sapere che quest’unità era così segreta che le singole unità al suo interno erano sconosciute l’una all’altra; così misteriosa che ancora oggi la maggior parte dei diari e dei documenti dell’epoca che possono fare riferimento all’unità sono, secondo le autorità sia alleate che tedesche, “scomparsi” o “distrutti”. Le poche informazioni giunte a noi sono il risultato di un complicato lavoro di ricostruzione sulla base di pochi documenti sopravvissuti, ordini, registrazioni di interrogatori di prigionieri di guerra e rapporti di intelligence. Addirittura l’Oberstleutnant Werner Baumbach (il più grande e decorato pilota di bombardieri della Luftwaffe e capo del KG 200, non ha scritto nemmeno una parola su quest’unità nella sua autobiografia che ha pubblicato dopo la guerra.

-Il KG 200 mise le mani anche su diversi caccia statunitensi, come questo Republic P-47 Thunderbolt, fotografato a Gottingen –

Ad ogni modo, in linea di massima, possiamo affermare che il KG 200 aveva come scopo principale l’infiltrazione dietro le linee nemiche oltre a missioni di ricognizione a lungo raggio, il collaudo di nuovi aerei sperimentali o di aerei nemici catturati. Fra questi ci sono numerosi aeroplani alleati o sovietici, tra cui circa 40 B-17 Flying Fortress e alcuni B-24 utilizzati non solo per paracadutare agenti in territorio nemico ma anche per infiltrarsi nelle formazioni americane e generare scompiglio più diversi altri aerei come alcuni Spitfire, P-51, P-47, MiG, Dewoitine e Petlyakov.

Tuttavia, fra i progetti più noti portati avanti dal KG 200 si sono sicuramente i test del bombardiere a lunghissimo raggio Junkers Ju-390 (che riprendiamo tra poco) e gli strani Mistel. Del primo sappiamo poco, se non che ne sono stati costruiti solo 2, che aveva una autonomia di circa 6.000 km e che uno si dice sia riuscito ad arrivare a soli 19 km dalla costa est degli Stati Uniti. Dei Mistel invece sappiamo più cose, quindi ora preparatevi che ci caliamo in uno dei trip più fighi che la storia dell’aviazione e la disperazione del III Reich abbiano partorito.

Mistel, two is megl’ che uan

Partiamo da un presupposto facile facile noto a molti: durante la Seconda Guerra Mondiale i tedeschi concentrarono i loro sforzi in maniera preponderante sulla caccia, trascurando di fatto la produzione e messa in linea di bombardieri pesanti, tipo di aereo che mancò sempre fra le fila della Luftwaffe. Molto probabilmente, quando un giovane pittore austriaco dalle grandi speranze iniziò a pensare a come fare per “vendicarsi” dello scellerato trattato di Versailles, questo non si aspettava di sollevare il vespaio che venne fuori qualche anno più tardi; piuttosto, a giudicare da come venne condotta la campagna militare nei primi tempi, quello che la Germania si aspettava era un coinvolgimento più locale e “vicino”, per il quale non servivano grandi bombardieri strategici con cui portare piombo e terrore anche a molte migliaia di kilometri di distanza.

Alla fine – quando oramai era troppo tardi – ci arrivarono e presero forma diversi progetti fra cui l’elegante Messerschmitt Me-264 Amerika Bomber e il già citato Junkers Ju-390, un gigantesco esamotore ad ala bassa capace di percorrere oltre 6000 km.

– Riguardo a questo aereo, gira anche la voce che durante alcuni test uno sia riuscito ad arrivare a soli 19 km dalla costa est degli Stati Uniti, non male, ma non abbastanza –

Comunque, atteniamoci ai fatti: esperimenti curiosi e affascinanti a parte, converrete con me che non è banale e nemmeno immediato progettare, costruire e collaudare bombardieri mentre i resto del mondo ti tira addosso roba di notte e di giorno senza sosta, motivo per il quale i nostri benamati tedeschi, in cerca di una soluzione immediata all’annoso problema della mancanza di un vero bombardiere pesante fra le fila delle Luftwaffe, hanno dato sfogo alla loro creatività o, meglio, alla disperazione in cui versavano.

Quello che vedete qui sopra non è né un fotomontaggio ne un parcheggio venuto male, è un sistema d’arma che non solo è realmente esistito ma è anche entrato in servizio attivo, portando a casa pure dei risultati incoraggianti.

Per quanto l’idea di utilizzare un sistema composto da due aeroplani posti uno sull’altro non fosse affatto nuova – già negli anni ’30 gli inglesi avevano approntato lo Short Mayo Composite, un idrovolante composto da due diversi idrovolanti posti uno sull’altro, sistema che di fatti raddoppiava l’autonomia dell’intero aeroplano – furono poi i tedeschi a fare di necessità virtù mettendo a punto un sistema funzionante ed “efficace”.

– Short Mayo Composite, la tentata risposta britannica alla cronica mancanza di autonomia che caratterizzava gli aerei dell’epoca –

La necessità, l’abbiamo detto, era quella di poter trasportare molte bombe di un certo calibro, cosa impossibile con i tradizionali bombardieri leggeri e medi presenti fra le fila della Luftwaffe: nella fattispecie il Mistel – nato come “Progetto Beethoven” – venne creato per soddisfare il bisogno dell’Oberkommando, che doveva trovare un modo per colpire duramente la base della flotta britannica a Scapa Flow*, nelle isole Orcadi: servivano bombe grosse e cattive, e il Mistel (da Mistletoe, Vischio, un pianta parassita) sembrava la risposta giusta, diventando di fatto la bomba più grossa sviluppata in Germania durante la Seconda Guerra Mondiale.

– Scapa Flow nel 1942, sono visibili la portaerei americana USS Wasp (CV-7), la nave da carico USS Wichita (CA-45), la corazzata USS Washington (BB-56), la portaerei britannica HMS Victorious (R38), e (probabilmente) una corazzata britannica di classe  King George V. Sullo sfondo si vedono poi molte altre navi. –

*al volo, Scapa Flow è anche nota a molti appassionati di storia militare per un episodio avvenuto alla fine della Prima Guerra Mondiale quando la marina tedesca autoaffondò 52 sue navi come estremo gesto di dignità nei confronti delle dure ed umilianti regole che erano state imposte alla flotta tedesca al termine della guerra.

Andiamo avanti coi Mistel: i primi esperimenti ebbero luogo nel 1942, attaccando un piccolo aereo da turismo sulle spalle di un aliante e trainando tutto “il coso” in volo utilizzando uno Junker Ju-52. Il successo di questi primi voli portò in fretta al Mistel 1, un aereo composto da un Bf-109 appollaiato sul dorso di uno Junker Ju-88 opportunamente modificato per contenere una carica cava di 3,8 tonnellate, sufficienti a sbrindellare qualunque cosa l’aereo si fosse trovato davanti: durante alcuni esperimenti uno di questi Ju-88 era stato capace di perforare senza troppi problemi sia un muro d’acciaio di 80 cm di spessore che uno muro di cemento armato spesso 20 metri (!).

– nelle due foto più in alto, due prototipi di Miste, in alto un Bf-109 porta a spasso un aliante DFS 230 A-1, in mezzo invece al piano di sotto c’è uno Ju-88 non ancora imbottito di esplosivo. La terza illustra un Mistel 1 operativo –

Durante il volo di avvicinamento al bersaglio il pilota del caccia pilotava sfruttando i motori e il carburante dello Ju-88 sotto di lui (d’altronde né quei motori, né quel carburante sarebbero serviti per un viaggio di ritorno), la figata è che sul caccia del piano di sopra era installata una seconda serie di strumenti e di comandi per i motori del bombardiere del piano di sotto. I comandi erano poi trasferiti da un aereo all’altro attraverso cavi elettrici nastrati alla brutta ai montanti di supporto, che infine si sarebbero rotti  grazie a dei bulloni esplosivi e “liberando” il caccia: tanto semplice quanto tremendamente efficace.

Dopo le prime incoraggianti prove, nel maggio 1944 una sessantina di Mistel 1 entrarono in servizio proprio con il II/KG 200 (secondo gruppo del KG 200, di base a Reichlin) anche se alla fine non vennero mai utilizzati per colpire l’obiettivo che li aveva fatti nascere: nel Giugno 1944, l’immensa operazione Overlord mise infatti la Germania di fronte ad un nuovo e più pressante problema da risolvere, altro che Scapa Flow, scappa via che è meglio.

Proprio per questo il KG 200 schierò i suoi Mistel proprio in Normandia, utilizzandoli per attaccare i moli galleggianti dei porti provvisori posti dagli alleati come teste di sbarco per le truppe di terra. Il 24 giugno 1944 i Mistel vennero impiegati per contrastare l’avanzata nemica, pare che almeno 4 di questi aggeggi venne scagliato contro alcune navi alleate nella baia della Senna, colpendole ed affondandone qualcuna.

Mentre la guerra procedeva e gli alleati avanzavano implacabili da est e ovest chiudendo la Germania in una tenaglia da cui sarebbe uscita devastata nel giro di pochi mesi, i Mistel vennero continuamente aggiornati e migliorati: dopo gli attacchi sulla Senna, 75 Ju-88G vennero convertiti in Mistel 2, con un Focke-Wulf FW-190 A-1 al piano di sopra. Questa combinazione fu una delle migliori, perché sia lo Ju-88 che il Fw-190 utilizzavano motori radiali BMW-801, quindi gli aerei volavano con lo stesso carburante, semplificando di fatto tutto il congegno.

Mentre il progetto dei Mistel procedeva e il sistema d’arma veniva continuamente affinato, la missione per cui erano stati pensati in origine (ricordiamo: attaccare la Home Fleet britannica di base a Scapa Flow) si allontanava sempre di più fino a diventare una missione non più necessaria: la Home Fleet infatti stava al sicuro dentro Scapa Flow a causa della corazzata tedesca Tirpitz che, dal fiordo norvegese in cui si nascondeva, la teneva sotto scacco. L’affondamento della Tirpitz avvenuto nel novembre 1944 tuttavia liberò la flotta britannica da questa pesante spada di Damocle e iniziarono a lasciare il porto in cui erano rifugiate, facendo di fatto decadere l’interesse strategico per Scapa Flow.

Nel frattempo la superiorità alleata sul fronte Ovest era diventata tale che rischiare di utilizzare (o sprecare) i Mistel contro un nemico che era a tutti gli effetti inarrestabile non aveva alcun senso. Venne così rivalutata l’operazione Eisenhammer (maglio/martello di ferro), risalente ai tempi dell’operazione Barbarossa (1941) e che all’epoca era stata messa in sospeso proprio perché la Luftwaffe non aveva a disposizione un bombardiere strategico sufficientemente potente. Il discorso cambiò con i Mistel e Eisenhammer tornò operativa: circa 100 Mistel di varie versioni, accompagnati da molti Dornier Do-217K armati con le temibili bombe guidate Fritz X (famose per aver affondato la nostra corazzata Roma) avrebbero dovuto attaccare e (magari) distruggere le tre gigantesche centrali elettriche che fornivano elettricità all’industria sovietica a Leningrado (oggi San Pietroburgo, a nord di Mosca) e negli Urali.

Un problemino di questo progetto che divenne immediatamente evidente ai piloti coinvolti era il fatto che, Mistel o non Mistel, i caccia non avrebbero mai avuto autonomia sufficiente a tornare indietro: come rimedio, della serie “siamo alla canna del gas”, ai piloti furono fornite razioni di emergenza per la sopravvivenza, alcune nozioni della lingua locale e, comunque vada, fu suggerito loro di atterrare in territori ancora sotto il controllo dei soldati del Reich. Insomma, quella a cui avrebbero dovuto partecipare gli equipaggi destinati a Eisenhammer era in tutto e per tutto una missione semi-suicida, che fa il paio con un’altra cosetta messa a punto dal KG 200, l’inquietante progetto Selbstopfer.

Dal tedesco selbst “se stessi” + opfer “vittima”, Selbstopfer fu un progetto finalizzato alla creazione di una bomba intelligente come un umano, proprio perché guidata sul bersaglio da un umano al suo interno: quando Otto Skorzeny, leader delle ss tedesche e Hanna Reitsch, la famosa pilota collaudatrice di cui raccontiamo QUI, suggerirono di usare una bomba volante V-1 con una minuscola cabina atta a contenere un pilota, invece che venire mandati a cagare, vennero ascoltati (e questo la dice lunghissima sulla disperazione in cui versava il III Reich negli ultimi anni della guerra) e circa 100 piloti provenienti dal KG 200 vennero addestrati e circa 175 V-1 modificate – e a cui venne dato il nome di Fieseler Fi-103 R Reichenberg – vennero costruite.

Diversamente dai Kamikaze giapponesi, chiaramente suicidi e che, probabilmente, all’idea tornare a casa facevano spallucce, nei piani di Selbstopfer i piloti del Fi-103 si sarebbero dovuti lanciare fuori dalla bomba volante appena dopo averla correttamente indirizzata verso l’obiettivo e, ovvio, prima dell’impatto. Come al solito fra il dire e il fare c’è il proverbiale mare e, complice la cabina molto stretta, la posizione dell’abitacolo sotto la presa del pulsoreattore e l’elevata inclinazione e velocità della traiettoria terminale della bomba, lanciarsi da quella trappola poteva essere tutto tranne che semplice, rendendo la missione, come detto, quasi-suicida. Una specie di Kamikaze che ci ha provato fino in fondo a tornare per cena.

Comunque, torniamo ai Mistel che terminiamo il nostro racconto e vi libero per pranzo:

Per portare a termine Eisenhammer servivano un gran numero di Mistel pronti all’uso, tutto un dire quando stai venendo bombardato di continuo da destra e manca: alla Germania serviva tempo e, nel 1945, il tempo era solo una delle mille cose che mancavano alla Germania. Mentre infatti la missione veniva ritardata per le condizioni meteo o per avere il sufficiente numero di aerei disponibili, le basi operative dei Mistel e le fabbriche dentro cui venivano costruiti vennero distrutte dai bombardamenti alleati e, alla fine, la verità venne a galla: nella primavera del 1945, per la Germania, il tempo delle missioni ambiziose era finito.

Fu in questa situazione disperata che si decise di tornare ad affrontare missioni più “semplici” e dai risultati immediati come il semplice rallentare l’inarrestabile invasione sovietica: i 1° marzo 1945 venne dato l’ordine al KG 200 di distruggere più di 120 ponti a cavallo dell’Oder, del Neisse e della Vistola, determinanti per l’esercito di Stalin nel suo percorso verso Berlino.

La missione prese il via e, per poche settimane soltanto, sembrò che i Mistel potessero compiere miracoli, distruggendo ponti a tutto andare e mettendo in crisi l’avanzare del nemico. Tuttavia, i sovietici, risposero in fretta al problema costruendo ponti temporanei utilizzando barche e chiatte, rendendo di fatto inutile la missione dei Mistel, che venne sospesa il 26 aprile 1945, con l’ultimo attacco registrato sull’Oder. Quel giorno, dei sette Mistel partiti, solo 2 FW-190tornarono a casa; il giorno dopo, il 27 aprile 1945, il II/KG 200 venne sciolto definitivamente e suo personale fu incorporato nelle truppe di terra.

Finiva così, una volta per tutte, uno dei programmi più strampalati e al contempo affascinanti della Seconda Guerra Mondiale che, grazie alla “nostra” Italeri, potere ricostruire in scala 1:72, potete trovare il kit QUI. (continua, per poco, dopo la scatola)

Se i più utilizzati in operazione furono i Mistel 1, 2 e 3a, la Luftwaffe sperimentò anche altre accoppiate oltre ai versatili Bf-109/FW-190 + Ju-88. Fra questi meritano una menzione il Mistel 4, ottenuto unendo un Messerschmitt Me-262 a reazione con uno Junkers Ju-287 e il Mistel 5, rimasto solo allo stato progettuale e che sarebbe stato composto da un Arado E-377 e un piccolo Heinkel He-162, tutti aeroplani che, proprio per il loro incredibile fascino (almeno, a me affascinano) starebbero bene in un cartone animato di Hayao Miyazaki.

Articolo del 19 Luglio 2021 / a cura di Il direttore

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  • Michele

    Articolo splendido, Direttore!

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