“Tovarish, non ci fermiamo davanti a nessuno”
Ne avevamo parlato in modo leggero nell’articolo “5+1 mezzi con cui risolvere definitivamente il problema del traffico”, che potete trovare QUI; in questa sede parleremo in modo approfondito dell’ATV più estremo al mondo, nato come sovietico, cresciuto come russo, signore e signori vi presentiamo il Vityaz DT-30.
La Russia è una nazione talmente estesa da avere nove fusi orari (gli USA ne hanno “solo” sei) e la sua vastità va a braccetto con l’inospitalità dei suoi immensi territori del nord. Quello più conosciuto e esteso è la Siberia, un nome che potrebbe derivare dal mongolo “Schiber”, ovvero “una zona paludosa con una foresta di betulle”. Come direbbero gli antichi romani “Nomen omen”, ma smettiamo di divagare. Questa regione subartica, che ricopre una buona parte del territorio russo, durante l’inverno è ricoperta da spessi strati di ghiaccio e neve, ma dalla primavera inoltrata all’autunno diventa un vero e proprio inferno di fango, paludi e acquitrini. Spostarsi con un mezzo terrestre tradizionale diventa un’azione impraticabile, anche perchè costruire strade durature che supportino il traffico pesante sul permafrost è infattibile.
Negli anni ’60, in piena Guerra fredda, i sovietici non solo volevano dimostrare agli “amerikanoski” di essere i migliori in campo cosmonautico ma anche in quello dei trasporti terrestri. Gli “sporchi capitalisti” avevano costruito da oltre un decennio, senza grosse difficoltà, strade e autostrade che attraversavano tutto il continente nordamericano. Ma come si poteva fare in un luogo dove solo per costruire la Transiberiana servirono 25 anni costellati di mille difficoltà?
Risposta (probabilmente non attendibile):
“Facile compagno: non facciamo strade, costruiamo mezzo forte come orso e ignorante come alce ubriaco per andare facile, facile in camporella in remota Siberia…“
I piani alti del CCCP chiesero a uno dei tanti uffici di progettazione di studiare un mezzo anfibio cingolato e articolato, in grado di trasportare fino a 30 tonnellate di carico su ogni tipo di superficie e in qualsiasi condizione atmosferica. Serviva per permettere alle famiglie di tovarish di farsi il week-end nella dacia del Tomsk dopo una faticosa settimana in acciaieria.
Ovviamente si scherza.
In realtà venne richiesto dall’Armata Rossa per il trasporto di materiale militare e bellico ai confini settentrionali dell’URSS.
Nel febbraio del 1971 (perchè si sa la burocrazia sovietica rallentava tutto), vennero consegnati all’esercito i primi due modelli chiamati DT-LP e DT-L per effettuare test sul campo in condizioni climatiche e di terreno estreme, dalle torride estati del Tagikistan, dove si superano i 50°C, ai tremendamente rigidi inverni della Sasha-Jacuzia, dove si scende a temperature di -40°C.
Nel 1981, dopo dieci anni di test e qualche milione di chilometri a spasso tra deserti roventi, paludi profonde e tundre glaciali, vista la loro grande affidabilità e la capacità di non fermarsi davanti a nessun ostacolo – citando SpaceBall: “WE BRAKE FOR NOBODY” – arrivò il via libera alla produzione in serie non solo per l’uso militare, ma anche per leversioni civili. Nel 1982 iniziò la produzione nell’impianto della città di Ishimbai, sita nella Repubblica autonoma della Baschiria. I modelli erano quelli che oggi si chiamano DT-10P, DT-20P e DT-30, dove i numeri indicano la capacità di carico in tonnellate (considerando le varianti, un listino più vasto di quelli dell’Alfa Romeo e della Lancia messi insieme).
Vediamo da vicino questo “Brucomela” dal deciso sapore di acciaio sovietico e dal marcato retrogusto di vodka. Il DT-30 è un bel ragazzone totalmente anfibio (praticamente il fratello palestrato del Bandvagn 206 svedese), è lungo poco più di 16 metri, largo 3 metri e 10 cm ed alto 3 metri e 30 cm. È costituito da due unità cingolate collegate tra loro da un albero cardanico per dare trazione ai cingoli della seconda unità e da un meccanismo di sterzo idraulico simile a quello delle grandi pale caricatrici per movimento terra. L’unità anteriore ha un corpo totalmente in acciaio saldato per garantire un’ottima sigillatura anche in caso di impatto frontale con tronchi, rocce e blocchi di ghiaccio (esiste una versione rinforzata con l’anteriore a “V”, denominato “Icebreaker”, specifica per guadare e navigare fiumi ghiacciati.).
Al suo interno, in posizione frontale, trova posto la cabina per un equipaggio che può variare da 4 a 7 persone a seconda della versione, dotata di sistema di riscaldamento e ventilazione autonomi; ci sono anche il vano motore, la trasmissione e un vano carico situato nella parte posteriore che può essere “furgonata” o telonata. La seconda unità è un corpo che può essere adibito per il trasporto di personale, merci o può diventare una piattaforma per il montaggio di un’incredibile varietà di accessori e attrezzature speciali. Come anticipato, le due unità sono collegate meccanicamente tramite cardano, in grado di muoversi in tutte le direzioni così da dare motricità ai cingoli della seconda unità, mentre lo sterzo può muoversi tramite pistoni idraulici sul piano orizzontale e verticale (così da alzare l’anteriore quando si devono superare ostacoli più alti di un metro).
Sostanzialmente esistono cinque varianti di DT-30:
DT-30P: veicolo fuoristrada articolato a due sezioni con capacità anfibia;
DT-30E: escavatore articolato a due sezioni;
DT-30MNE: equipaggiato con un escavatore idraulico e stabilizzatori idraulici, dotato nella seconda unità di sponde laterali a sgancio rapido e corpo anteriore con vano di carico sigillato per un carico utile fino a 12 tonnellate;
DT-30PK8-1: equipaggiato con sistema di perforazione adatto alla perforazione di pozzi in terreni di categoria I-IV incluso permafrost, terreni altamente saturi d’acqua e sabbie mobili.
DT-30PMN: equipaggiato con una gru KS-5771 con braccio telescopico a tre unità in acciaio ad alta resistenza che può arrivare a 25 metri di altezza, coprendo un’area di lavoro di 960 metri quadrati.
Esistono anche versioni militari equipaggiate con sistemi di lanciamissili montate sia sull’unità anteriore che posteriore.
Sul piano meccanico, il Vityaz DT-30PM è spinto da un potente e affidabile motore V12 Turbodiesel a quattro tempi e iniezione diretta Yardizel YMZ-847-10, tutt’ora disponibile alla modica cifra di 2.545.000 rubli, che al cambio attuale equivalgono a 24.271 euro. Lo YMZ-847 è un motore quadro (alesaggio-corsa 140x140mm) da 25.860 cc, in grado di sviluppare 588kW (788 hp) e 3.150 Nm tra i 1.250 rpm e i 1.400 rpm. Da bravo russo, è in grado di bere praticamente qualsiasi cosa sia in grado di prendere fuoco.
Il YMZ è accoppiato a un cambio a 4 velocità con differenziale bloccabile, che consente di guidare in modo ottimale su qualsiasi superficie terrestre e in acqua. La trasmissione idromeccanica, con un convertitore di coppia idrodinamico monostadio, fornisce un controllo costante della coppia trasferita alle ruote dentante anteriori in base alla resistenza data dal terreno. I larghi cingoli (1 metro e 10 cm) in gomma, con profondi profili metallici, consentono di distribuire il peso di 31.500Kg del DT-30 e i suoi eventuali 30.000kg di carico su una superficie superiore ai 20 metri quadrati (a secondo della versione), così da garantire un’ottima “galleggiabilità” anche su terreni con bassa capacità portante.
Lo schema del cingolo è abbastanza semplice: una ruota dentata posizionata anteriormente che trasferisce trazione al cingolo, sei ruote libere gommate (in base alla versione, i DT-10 ne hanno cinque), con interno in spugna poliuretanica per evitare forature, e una ruota gemella in materiale poliuretanico tendi-cingolo al posteriore. Le sospensioni sono di tipo a barra di torsione, con supporti a molla su tutte le ruote gommate.
Ma veniamo alle performance che lo hanno reso celebre in tutta la Russia continentale e oltre: è in grado di arrampicarsi su pendenze frontali del 30% e transitare su pendenze laterali del 15%, riesce a superare agilmente ostacoli verticali di 1 metro e 20 cm senza l’ausilio di rampe, può attraversare trincee e fossati larghi 4,5 metri e il suo raggio di sterzata minimo è di 17,3 metri. A tutta manetta, è in grado di viaggiare a 45 km/h su qualsiasi tipo di terreno e in acqua arriva a 5/6km/h, con un’autonomia di 700 km.
Oggi i vari modelli di Vityaz, compreso il più grosso DT-30PM, sono impiegati in tutta la Russia non solo nel campo militare; anzi, la maggior parte vengono usati da società private come Gazprom e Rosneftegaz per il trasporto di personale e materiale per la costruzione e la manutenzioni di oleodotti e gasdotti; vengono usati in Artico e in Antartide per le ricerche scientifiche e geologiche e persino come veicoli antincendio in zone remote. Il Vityaz è richiesto non solo in Russia, ma anche nei paesi Medio Orientali, in Asia e in Sud America. Per i modellisti sfegatati esiste un raro kit della Balaton Modell in scala 1:72 che rappresenta il DT-30-1 ovvero la versione con pianale di carico piatto, mentre i videogiocatori più incalliti di MudRunner potranno trovarlo in moltissime mod.
A questo punto sono sicuro che questo ferro del dio (ormai non sono più dei “senza dio”) abbia colpito la vostra fantasia e che vi state immaginando in cabina con una bottiglia di vodka in mano, gli stivali sporchi di fango e lo sguardo verso l’infinito. Vi manca solo la giusta musica di sottofondo…
Ah, ricordati di preordinare il nuovo DI BRUTTO Volume 6 che non ne sono rimasti così tanti.
E se non ti sei ancora iscritto alla Ferramenta di RollingSteel.it, questo è il momento per farlo cliccando qui
Che razza di ferraccio!!!
In quanto a mezzi “ignoranti & concreti”, i sovietici/russi, ne hanno sfornati di parecchi.
Mare, terra, aria, ci si potrebbe creare una bella top ten di ogni categoria in futuro.