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Come farsi strappare le braccia dall’Aprilia SXV 450, la supermotard più ignorante della storia

Cosa succede se prendi una moto da cross, sostituisci le gomme, dai una regolata alle sospensioni e inizi a piegare come un matto sull’asfalto?

I primi a chiederselo sono stati gli americani all’inizio degli anni Ottanta e le risposte che si sono dati potete vederle qui sotto.

Queste prime motociclette ibride (non nel senso dell’ibrido Toyota, eh?) non si chiamavano ancora motard o supermotard, anzi non si chiamavano proprio. Solo la categoria in cui correvano aveva un nome: Superbikers.

Il concetto di motard è stato definito qualche anno dopo, dal lato francese delle Alpi, quando a qualche pazzo scatenato è venuta la stessa idea degli americani. Ma siccome il flat track in Francia non era così popolare, la pista più naturale dove fare i primi tentativi con questo genere di moto erano proprio i tornanti alpini. Lì i motociclisti francesi si resero rapidamente conto di quanto fosse divertente sull’asfalto una moto agile, stretta e leggera, con cui potevi entrare in curva di traverso e uscire sempre su una ruota.

Così, in pochi anni le supermotard sono uscite dai confini francesi e praticamente tutte le maggiori Case motociclistiche si sono cimentate nel realizzarne una. Tra tutti i modelli della prima generazione di motard ricordiamo la Cagiva Supercity 125, che usava tutta la meccanica della Mito, la Gilera Nordwest 600, una vera iena tra i tornanti, e la Yamaha TDR 250 che aveva un bicilindrico 2 tempi da 50 CV e pesava solo 137 kg…

Cerchi da 17", mono da 53 CV e 140 kg a secco. La ruota anteriore non si consumava mai...

Da lì in poi, di supermotard ne sono arrivate tantissime, tutte rigorosamente monocilindriche (a parte la TDR 250 che poi non era proprio una supermotard). Lo schema è fisso: gomme stradali, talvolta con un tassello basso, pesi contenuti, tecnologia semplice e ridotta al minimo. La guida è semplice: piede interno fuori, derapate in ingresso che le frizioni anti-saltellamento levatevi proprio, e high-side più frequenti che su una 500 due tempi a gomme fredde.

Tutto questo fin quando un bel giorno, l’ing. Ampelio Macchi – quasi 20 anni in Cagiva e Husqvarna prima di passare all’Aprilia – decide di rivoluzionare il settore delle supemotard e progetta una moto diversa da tutte le altre: basta telaio a culla in acciaio, lo vuole più rigido, composto da una parte superiore in tubi saldati al cromo molibdeno e una parte inferiore in alluminio, in cui inserisce il motore… bicilindrico.

Piccolo, compatto e incazzato: 60 CV a 13.000 giri nella versione stradale 450, 70 CV a 9.500 giri nella 550.

Come bicilindrico? Ma non abbiamo detto che i motard sono monocilindrici?
Si, dice Ampelio, ma noi vogliamo una erogazione più fluida, più ricca di coppia e di allungo e quindi nello stesso ingombro di un mono ci facciamo stare un bicilindrico a V di 77°.

Perché 77 gradi? E non 90 oppure 60?

Perché il la V di 77° permette di contenere gli ingombri e rendere la moto paragonabile ad una monocilindrica dal punto di vista dinamico e costruttivo, ma garantisce più potenza.

L’Aprilia SXV 450 nasce come prototipo da competizione e nel 2004, al suo esordio, vince immediatamente il Campionato del mondo, proprio grazie ai suoi punti di forza ciclistici e motoristici: il bicilindrico arriccia l’asfalto e il telaio (compreso il forcellone scatolato in alluminio) da vera supersportiva, permette ai piloti di fare manovre clamorose ad ogni curva, come per esempio Thierry Van Den Bosch.

L’evoluzione tecnica e ciclistica prosegue fino al 2011, con la realizzazione di diverse versioni, la più pregiata e ricercata delle quali è quella da cross, con un motore talmente avveniristico da poterne cambiare la fasatura da screamer a big bang in pochi minuti.

Finita la teoria passiamo alla pratica, perché l’Aprilia SXV 450 che vedete qui sotto è la mia e ora vi racconto cosa significa possederla (non fate i maliziosi).

La prima cosa è il piacere perverso di avere una moto irragionevole in garage.
Quando ho visto la versione stradale nel 2006 mi è caduta la mascella. Ho pensato che prima o poi sarebbe stata mia. Una bicilindrica supermotard? Libidine!

Poi me ne sono dimenticato, mi sono concentrato su altro, sulla pista, sul mettere su una casa, sul metterla giù e rifarne un altra…Poi, vicino ai 40 anni, nel pieno della proverbiale crisi di mezza età, un amico mi disse così “Oh Edo, ma sai che Alberto ha una SXV 450 prima serie e la da via perché non la usa mai?”

Quindi anziché iscrivermi a yoga, rinunciare alla carne rossa, o fare altre cagate cose da quarantenne in crisi, ho gettato il cuore oltre l’ostacolo.

Già sapevo che sarei andato incontro ad una tragedia di proporzioni bibliche, poiché la moto è una Aprilia, il brand che amo di più, e che è anche tra i più inaffidabili meccanicamente, almeno secondo la mia esperienza.

Insomma, vado da Alberto e la compro senza pensarci un attimo.

Più bella di così non si può

Ovviamente la moto non parte nemmeno e la prendo sulla fiducia, perché uno dei difetti della SXV450 è il motorino di avviamento sotto dimensionato: in Aprilia pretendevano di far partire un 450cc bicilindrico con il motorino del Beverly 300, ma lui non è d’accordo e ogni 5-6 avviamenti si spacca.

Porto a casa la moto e la sistemo: motorino, cerchi tubeless, scarico Arrow da arresto immediato, alberino cromato della pompa dell’acqua (si perché anche qui c’è un difettuccio da nulla… il motore fa la maionese a causa di un trafilaggio interno che si risolve con un alberino cromato da 27euri), vaschetta di recupero alta perché in Aprilia hanno sfidato sia la gravità che la legge dei vasi comunicanti, pretendendo di non bruciare la guarnizione delle teste, e siamo pronti per il debutto.

Moto in pista a Barauda, una località sconosciuta ai più nella periferia di Torino, in cui c’è l’ultima vera pista da motard, asfalto e terra. Molto tronfio salgo in sella e sento tutta la responsabilità. Ho molta esperienza di supersportive (all’epoca avevo una RSV4 2015 RF da 201cv con cui partecipavo alla Dunlop Cup) ma appena metto in moto la SXV capisco che con lei saranno cazzi amari sarà tosta.

Lo scarico replica VDB che i commissari staccano la presa del fonometro per pietà già quando ti vedono con la moto spenta sul carrello

Il motore si avvia solo dopo un paio di tentativi perché deve trovare la fase giusta, poi inizia a tossire e, scaldandosi (non troppo, perché poi insorgono altri problemi di cui anticipato sopra), inizia a trovare la sua regolarità. Il primo turno serve per prendere confidenza con la ciclistica e i pneumatici. Nel frattempo il motore si scalda per bene e trova le sue tolleranze e temperature di esercizio ottimali.

Sento che si tratta di una moto molto stabile e improntata su avantreno, con un motore pronto in basso e propenso all’allungo. Ho montato anche la frizione STM anti-saltellamento e quindi posso scalare ignorante per fare qualche derapata. Inizio ad avere paura: se le do tutto gas mi ribalto, allora il piede destro è sempre sul pedale posteriore perché il motore non accenna a finire.

In azione al Club Desl Miles

Mettere la prima al tornantino equivale a giocare alla Roulette russa come Christopher Walken ne Il cacciatore: sai che entro sei giri ti lancerà in aria. Passo sui dossi del breve rettilineo con l’anteriore staccato costantemente di 20-30cm da terra, anche se non sfioro la frizione e accarezzo il freno posteriore. No, non è paragonabile a nulla che io abbia guidato prima. Non si tratta della potenza pura (circa 68cv in questa configurazione), ma della sensazione che trasmette.

È un cavallo selvaggio che non vuole farsi domare. Più lotti contro di lei, più lei risponderà in maniera arrogante. L’unico modo per sopravvivere è lasciarle fare quello che vuole. Lei ama derapare e impennare, cercare di contrastarla non serve, lo farà comunque poiché la sua caratteristica è questa. Prendere o lasciare.
Non ha elettronica, non ha nemmeno la strumentazione, va guidata solo con l’istinto e in questo c’è tutto il suo fascino.

Quel giorno ad allenarsi ci sono anche piloti veri, come Alberto Surra che è lì con una Husqvarna FS450 piena di elettronica. Naturalmente mi passa sempre nelle staccate, ma a fine giornata viene da me e mi chiede “Cos’è sta moto? Quando ti sto dietro la sento rimbombare nel petto”.

Io resto in silenzio, gli sorrido e guardo l’orizzonte.

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Articolo di Edoardo Geninatti, alias bikes4eddie

Articolo del 15 Novembre 2024 / a cura di La redazione

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  • Comunque la motard più bella di sempre, peccato che l’aprilia non ci abbia creduto abbastanza, nonostante i vari mondiali vinti, forse era veramente troppo estrema….

  • Enrico

    Molti anni fa ho chiesto al concessionario di provarla prima di acquistarla……tante chiacchiere e vanteria (“sa, le ho quasi tutte in officina perché i clienti ci gareggiano…….ma farò il possibile per accontentarla”) e mai realizzata la prova. In seguito ho letto e sentito (anche da proprietari) tanti di quei problemi che mi hanno fatto rivalutare la DRZ 400 SM che poi ho preso per la metà del costo e mi ha
    scarrozzato impeccabilmente per quasi 50mila km. Mi spiace non averci fatto mai almeno un giretto.

  • Alessandro

    Facevo il Mondiale S1 in quegli anni e nei pddock se ne parlava come un mancato successo. 

  • Brian

    Il canto del cigno dell’epoca dei motard. Aprilia ha fatto il motard più bello di sempre e poi tutto l’hype sulla categoria è andato scemando…

  • Massimo

    In effetti è un bel bombardiere

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