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Toyota MR-2, non sono bella ma arrapo

La grande stanza è buia, solo un cerchio di sedie è illuminato dall’alto. Cono di luce in mezzo all’oscurità, cerchio illuminato all’interno del quale aprire tutto mentre tutt’intorno imperversa l’oscurità della ragione.

Mi avvicino con fare sospetto, è la prima volta che mi avventuro in una situazione simile. Arrivo, c’è una sedia libera per me, le altre sono tutte occupate. Gente che si gira i pollici, che guarda in alto, che guarda in basso. Un tatuaggio sbuca da una manica, la chiave di una vecchia macchina salta da un dito all’altro.

“Abbiamo un nuovo arrivato: dicci un po’, perché sei qui?”

“Ciao ragaz, sono Lorenzo”

“Ciao Lorenzo”

“Io… ecco… insomma… grazie per avermi accettato. Sono un po’ timido, scusatemi”

“Non ti preoccupare, le prime volte capita. Sai, il mondo moderno ci fa sentire un po’ scemi, ma qui sei fra amici, qui nessuno ti giudica”

“Grazie, grazie davvero”

“Se non te la senti, non ti preoccup..”

“No no, ce la faccio!”

“No, davvero, non sei obbligato a parlar…”

“HO GUIDATO UNA VECCHIA MR-2!”

Tutti si voltano a guardarmi, nei loro occhi vedo comprensione, rispetto, meraviglia.

“Non riesco più a tornare indietro! La purezza, l’allungo infinito di quel motore, la sensazione di essere seduti nella prima fila del Katun e di essere io a pilotarlo, il motore che mi spinge nella schiena sussurrandomi all’orecchio melodiose note meccaniche di nipponica fattura… non riesco più a tornare indietro!

E scoppio a piangere. Un pianto disperato, liberatorio. Piango lacrime a forma della calandra della nuova Serie 4, gocce di acqua salata all’interno delle quali sono riflessi gli ultimi 20 anni di automobilismo, tutti i suv, tutti i crossover coupè, tutti gli armadi con le ruote che quotidianamente zombeggiano per strada frapponendosi fra me e la mia voglia di guidare libero.

All’improvviso il semaforo scatta verde, rinsavisco, rimetto la prima, il canchero che ho davanti finalmente parte – che oh, va bene che non siamo al GP di San Marino eh, ma dai, un po’ di brio – e ritorno alla realtà. Una realtà, quella del 2020 di noi appassionati di auto, meccanica, mani sporche e benzina e carburatori e notti in garage e limitatori e fuori giri e prime tirate fino allo spasmo, nella quale purtroppo…non ci resta che piangere.

Ma oggi è diverso, sto tornando a casa a bordo del nuoverrimo MXXXXXXS XXA che la redazione del giornale mi ha dato in prova e, mentre mi faccio cullare dal pacchetto AMG Line e dalla morbidezza del cambio automatico a millenovecento rapporti, non posso non ripensare alla Toyota MR-2 prima serie da cui sono sceso emerso poche decine di minuti fa.

Le facevo la corte da tempo, l’avevo vista qualche mese fa nel paddock di Modena, brutta, sgraziata, squadrata, con quel muso che sembra un becco. La rivedo oggi e la riconosco subito nella sua incredibile leggiadra decisione: accanto all’edicola da cui sono sceso sembra una ballerina in tutù armata di katana e con le scarpe da pugile: leggera, agile, determinata, puntata in avanti. La sua linea spudoratamente anni ’80 richiede un po’ di tempo per essere digerita ma basta poco per innamorarsene perdutamente. Le proporzioni sono azzeccatissime, sembra una piccola Ferrar..

Oddio, lo sto per dire. Va beh, facciamo così, io dico che sembra un piccola Ferrari, e poi, così, de botto, vi faccio vedere come era quando è stata comprata. Pronti?

Ecco, sembra così tanto una piccola Ferrari che il precedente proprietario le aveva installato tutti i gruppi ottici posteriori ORIGINALI di una 328 GTS, stemmino compreso. Una scelta fantastica, solo i fanali sono stati venduti dall’attuale proprietario a oltre 500 euro. Grazie e arrivederci.

Dicevamo: le proporzioni sono azzeccatissime, la linea è completamente dominata dallo schema MR al punto che questo ferro sembra uscito da Ridge Racer Type 4, basta una verniciata di grigio, due strisce azzurre, i loghi del Solvalou Racing Team e la macchina della presentazione è fatta.

Toyota MR-2 AW11 aspirata, prodotta dal 1984 al 1989: non sono bella ma arrapo. Non ti fidi? Apri il cofano posteriore, vai di upskirt, hai il mio permesso. Io eseguo e sotto al sottile ma pesante lamierato che copre la meccanica dell’auto si nasconde un piccolo 4 cilindri in linea Toyota 4A-GE, lo stesso che montava la mitica AE86 Trueno. Mille e sei di cilindrata (alesaggio 81mm, corsa 77mm), testata messa a punto dalla Yamaha, doppio albero a camme in testa, 16 valvole per poco meno di 125 cv e la capacità di girare a regimi ai quali il suono che esce dalle marmitte lo sentono solo i cani. Il motore spinge allegro sulle ruote posteriori attraverso un cambio manuale a 5 rapporti e un differenziale autobloccante Quaife (questo non di serie). Il resto, compresi gli orrendi interni in pelle color nocciola (anche loro aggiunti dal proprietario che desiderava una Ferrari), è di serie. Allora, mettiamo ordine: con 1040 kg, 124 cv, motore centrale e trazione posteriore, sospensioni progettate da Roger Becker (Lotus), il menù è di quelli gustosi, non c’è molto altro da dire se non tirarmi la leggera portiera dietro e allacciarmi la cintura.

Appena dietro al volante la sensazione è strana, la visibilità in avanti è surreale, il muso corto e picchiato verso il basso non esiste, abituato al “musone “ della MX-5 ho la sensazione di esser passato da una vecchia TV CRT ad un moderno TV 4k da ventordici pollici: la visione del mondo davanti a me è TOTALE, interrotta solo dai due ridicoli montanti del parabrezza. Questa macchina è fatta per guidare, e non fa nulla per nasconderlo. Meno mediocrità e più determinazione please, le cose che fanno tutto fatto bene, alla fine non fanno niente per essere ricordate.

Le mode passano, lo stile rimane

Accendo il piccolo 4A-GE, caccio dentro la prima e inizio a muovermi: la macchina è fin da subito incredibilmente agile, non uno strattone, non un sussulto, la qualità giappo c’è e si vede. Allungo una seconda, l’asfalto inizia a srotolarsi spedito sotto di me, il motore, roco, rotondo e metallico, mi accompagna sbraitandomi dietro l’orecchio destro e mentre la macchina si srotola su queste strade che sembrano pensieri (cit.), la prima sensazione che mi arriva nei denti è quella di una leggerezza totale, anzi totalizzante. La mancanza del servosterzo non è fastidiosa, l’avantreno è vuoto, le masse sono sbilanciate al retrotreno e girare il volante richiede sì uno sforzo superiore al normale ma nulla in confronto alla mia prima auto, una Polo Coupè del ’91 che per girare il volante dovevo diobò prendere la rincorsa. La mancanza del servosterzo non solo non è fastidiosa ma anzi è una manna dal cielo: si è seduti in una posizione privilegiata rispetto al resto del mondo, che può solo accontentarsi di vedere questa strana macchina saettare bassa sulla strada domandandosi che cazzo ha appena visto. Il volante, così diretto, lineare e sensibile è sensazionale. Riesco a mettere il mio corpo esattamente dove voglio e come voglio in maniera precisa e accurata che mi sembra di essere a cavallo di un bisturi.

E dire che non sono nuovo a queste sensazioni, ho una MX-5, conosco bene cosa voglia dire guidare una macchina decisa, precisa ed equilibrata. Ma con la MR-2 tutto è su un altro livello: l’idea alla base è la stessa della Miata: una macchina piccola, leggera e fatta per generare piacere di guida. Però qui Toyota è andata oltre, hanno messo il motore dietro e hanno creato una piccola supercar in miniatura, capace di regalare le sensazioni tipiche della guida di auto di prezzo e caratura ben maggiore, il tutto a velocità umane e gestibili. Al volante di auto come questa (o di una MX-5 o di una Lotus Elise), ci si rende conto che per divertirsi non serve molto altro.

“Il talento più prezioso è non usare due parole quando una sola è sufficiente.

(Thomas Jefferson)

I cavalli in più rispetto ad una MX-5 sono solo 15 (la mia ne fa 110, questa 124) ma la macchina non può essere più diversa, e forse proprio il paragone con la piccola spider di Mazda può aiutare per trasmettere quella che è l’esperienza di guida di questa strana bomba a mano firmata Toyota. Rispetto al B6 Mazda, il 4A-GE Toyota è molto più grintoso e rabbioso, è sempre in coppia e ci si ritrova a cazzeggiare con la seconda piantata a 4000 giri. Mai un’esitazione, mai un vuoto, a qualunque marcia puoi dare tutto gas e lui riprende, allegro e pronto per andare ad invadere la zona rossa posta a 7.600 giri al minuto. D’altronde, c’è poco da fare, la testata di questo quattro-in-linea venne sviluppata da Yamaha, e si vede, sembra veramente il motore di una moto, tanto è infinito l’allungo.

La sua posizione inoltre rende del tutto inconfondibile lo stile di guida della MR-2, che sembra fare perno attorno all’abitacolo. Risultato? Un’auto molto più equilibrata rispetto alla MX-5 e sopratutto molto più decisa in inserimento di curva; si può letteralmente buttare dentro il muso sbattendosene allegramente di fastidiosi concetti come inerzia e massa. Attenzione solo in uscita, dove ci si ritrova a scontare un po’ di sottosterzo, specialmente se si torna sul gas un po’ troppo presto, a causa dello spostamento di carico verso il retrotreno, che di conseguenza alleggerisce l’anteriore. Ecco, la sensazione di alleggerimento dell’anteriore man mano che la velocità aumenta è piuttosto fastidiosa: allungando le marce ci si ritrova appesi al volante che “galleggia” nell’aria, mandando un po’ affanculo tutta quella precisione che tanto mi aveva colpito alle velocità più basse. C’è però da dire che la sensazione, molto probabile, è stata amplificata da una scatola guida alla canna del gas, so che il proprietario ne ha ordinata una proprio per sostituire questa.

Come una MX-5 ma molto più di una MX-5, questa Toyota MR-2 è una di quelle macchina a cui si fa l’abitudine un po’ troppo presto, che poi quando devi scendere ci stai male: le sensazioni di guida sono di una purezza sensazionale, il motore tira come un forsennato, al punto da non far rimpiangere nemmeno l’Honda B16A che sì gira alto ma questo in basso ne ha molto di più. E poi è bella, nella sua linea stramba e asimmetrica (la presa d’aria c’è solo da un lato) e nella sua semplicità è una vera figata. Fate attenzione se vi capiterà mai di provarne una, potreste ritrovarvi seduti in mezzo ad altri AADA, Appassionati di Auto Disperatamente Anonimi.

Articolo del 17 Giugno 2020 / a cura di Il direttore

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  • Dinooo

    ma una bella C2 Vts? sottovalutata e criticata,nelle mani del direttore sono sicuro che tutto sarà più chiaro.

  • MMx

    vettura che mi ha sempre attizzato assai (specialmente in versione supercharged e t-top) ma decisamente introvabile, fosse stata più diffusa l’avrei valutata seriamente… ma già mi guardando sufficientemente strano con la NA…

  • alessandro ferrari

    le tue recensioni/racconto sono semplicemente favolose. Ho sempre avuto un debole per le bombe made in japan e ne ho possedute un paio e tu mi fai ricordare come si stava dentro quelle bombette impazzite senza fronzoli, scannare quei motori generosi e affidabili!

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