Home / / Unicorni, supercar e altre stradali da corsa – Vol.2

Unicorni, supercar e altre stradali da corsa – Vol.2

ATTENZIONE: VOLUME 1 QUI
ATTENZIONE 2: È ONLINE IL GRUPPO FACEBOOK UFFICIALE DI ROLLINGSTEEL.IT

—-

È il momento di ritornare nei brufolosi anni ’90, quelli in cui connettersi ad internet era un’impresa disperata e nei quali passavi le ore chiuso in camera solo per veder caricare un’immagine con due tet la macchina dei tuoi sogni.

Come la biondina qui sopra vi ha dimostrato, stiamo parlando di altri tempi, quelli degli scooter elaborati, quelli delle macchine senzasenso scritto volontariamente tuttattaccato, quelli della fuga da scuola per andare al Motor Show, quelli della musica giusta che ti dava 10 cv solo con i suoi 120bpm che manco la 100 ottani, quelli degli aeroplani così belli che se ne accendono uno oggi i bambini si fanno un venerdì a casa da scuola perché il Concorde no ma prendere 3 Ryanair demmerd per andare in bagno e tornare invece va bene.

Va beh, la finisco sennò divento molesto. Il punto è che volevo riportarvi con la mente all’epoca delle pornografiche GT1 stradali, delle straordinarie supercars che di così belle non ce ne sono state più e che le nuove hypercar mi attirano come un moderno filmaccio sui supereroi… io ho un solo supereroe, si chiama Connor McLeod e va in giro a urlare alla gente

NE RESTERÀ SOLO UNO!
(il tutto al ritmo di sto pezzo qua sotto che pelle d’oca)

Ah, prima di proseguire, se vi siete persi la prima puntata, la trovate QUI.

Porsche 911 GT1

La cosa bella di queste auto da corsa sotto mentite spoglie è che a volte sembrano messe assieme con quello che avanzava in un angolo in officina, con carrozzerie piene di prese d’aria e dettagli sbavosamente eccitanti. Fra tutte una delle regine è sicuramente la Porsche 911 GT1, della quale ho sempre trovato conturbante il posteriore, che vuole sembrare una 911 normale senza riuscirci affatto… anzi forse è proprio questo a renderla così affascinante. Ma poi vogliamo parlare degli specchietti aerodinamici?

Bella in modo drammatico, la 911 GT1 è una macchina esagerata e dalla storia curiosa: quando infatti venne istituito il nuovo campionato Fia GT a seguito della fine delle Gruppo C le regole non erano ben chiare e dicevano: vuoi correre nel campionato? bene, devi omologare un piccola serie di 25 esemplari dell’auto con cui vuoi correre. Semplice vero? Non del tutto. Porsche infatti – come anche gli altri – fece un po’ di testa sua e fra il 1996 e il 1998 omologò tre diverse varianti della 911 GT1, tutte diverse fra loro e, in nessuno dei tre casi, ne vennero costruiti 25 esemplari. Anzi, le 911 GT1 non arrivano a 25 nemmeno messe tutte assieme: Porsche infatti ne costruirà 7 della prima versione, 21 del modello EVO del 1997 e solo uno di quella del 1998. Alla Fia bastò e tutti felici e contenti.

Basata su un telaio in acciaio ottenuto partendo da quello della 993 ma modificato e dotato di alcuni telaietti tubolari supplementari, la prima 911 GT1 stradale è lunga 4,7 metri larga quasi 2 e bassa un metro e 20 cm: un ferro pazzesco, quasi selvaggia nella sua losca presenza. In posizione posteriore centrale c’è un flat-six raffreddato ad acqua da 3,2 litri (con, giustamente, doppia sovralimentazione) per un totale di 544CV (depotenziato rispetto ai 600 della versione da corsa per rispettare le normative sulle emissioni, assurdo) a spingere circa 1150 kg, peso ottenuto grazie ad una carrozzeria completamente in fibra di carbonio.

Osa, ditemi, esiste un ferro più devastante di questo?

Nel 1997 arrivarono 21 911 GT1 basate sulla nuova 996: i dati tecnici sono simili a quella dell’anno prima, solamente la linea si rifaceva alla 996, più “gentile” e meno losca rispetto alla 993, con fari anteriori a uovo fritto e nuovo posteriore. Degno di nota che all’epoca quest’auto veniva venduta a 1,5 milioni di marchi tedeschi, 10 volte la cifra che era richiesta per una 911 standard… nonostante il telaio, più o meno, fosse lo stesso.

Tuttavia il ferro definitivo arrivò nel 1998 quando Porsche riprogettò la 911 GT1 per renderla ancora più cattiva: con un nuovo telaio in fibra di carbonio la macchina ora pesava appena 905kg. Grazie al nuovo telaio fu possibile gestire in maniera più decisa l’aerodinamica della vettura e la rinnovata sinuosa carrozzeria allargata è tutto un programma.

Porsche produsse solo 4 911 GT1 in versione 1998, tutte e 4 schierate a Le Mans, 2 con il team ufficiale, 2 con quello privato. Nonostante questo risulta un quinto pazzesco esemplare della 911 GT1 MY1998 stradale, molto simile alle vetture che corsero quell’anno e, in virtù di questo, esagerata. Forse la più bella fra le 911 GT1, l’ultima è anche la più estrema: dotata di tutti gli accorgimenti tecnici che portarono l’auto a vincere a Le Mans quell’anno (prima e seconda), l’auto è conforme alle normative europee in termini di crash test, emissioni e rumorosità allo scarico che poi i vicini rompono le palle. Anche gli interni sono più completi e dotati di due sedili per andare a prendere la squinzia sotto casa e far star male suo padre. Un ferro assurdo di cui Porsche è giustamente molto gelosa, al punto che l’unica 911 GT1 del 1998 stradale esistente è parte integrante del museo della casa di Stoccarda, quindi, anche se siete schifosamente ricchi, siete come me, fate senza!

Jaguar XJR-15

Pensi a Jaguar negli anni ’90 e immediatamente la mente corre alla XJ-220. Eh no, caro amico, sei fuori strada, non siamo qua a fare una lista delle supercar fighette anni ’80 e ’90, siamo qui a raccontare le race replica anni ’80 e ’90, vere auto da corsa omologate alla bell’e meglio per l’utilizzo stradale. Ecco allora che possiamo parlare della Jaguar XJR15, versione stradale della bella Jaguar XJR9, vincitrice a Le Mans nel 1988 e che tutti ricordate per la sua livrea SilkCut.

Comunque,

tra le fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90 la Jaguar aveva il vento in poppa, i successi in pista grazie alla collaborazione con la Tom Walkinshaw Racing aveva ridato spessore all’immagine della casa inglese dopo gli anni bui della gestione British Leyland. Se quindi oggi guardando una Gruppo C ti senti male e maledici il misero mondo dell’automobile che ti tocca vivere, sappi che agli inizi degli anni ’90 c’era gente messa come te: già all’epoca in molti – giusto quelli che potevano permetterselo – desideravano mettersi in garage una vettura da Gruppo C omologata stradale con cui andare in giro per strada.

Era un periodo troppo frizzante, in cui i soldi e i fatturati volavano per molti, e la richiesta di auto esotiche e costose era in costante crescita. Vedendo in questo desiderio una possibilità di business, il patron della Tom Walkinshaw Racing (anche detta TWR), scuderia che si occupava della preparazione delle XJR9 per conto di Jaguar, decise di costruire una piccola serie di auto stradali basate sulla macchina da corsa. Presi quindi i telai e i motori della XJR9, venne affidato a Peter Stevens di disegnare l’auto, uno che sul CV Europass ha anche il design della McLaren F1 e della Subaru Impreza 22B. Due macchine che però gli sono venute meglio della Jag: probabilmente la colpa è del telaio e delle sue proporzioni, non possiamo certo dire che la XJR15 sia bella o aggraziata. Le sue linee rotonde e smussate ricordano molto i concept del compianto Colani, mentre tutto il retrotreno, così lontano e appeso al resto dell’auto, la rendono piuttosto sgraziata.

Ma forse il suo fascino sta proprio in questo, nel suo far di tutto per nascondere il fatto di essere semplicemente una rozza e sgraziata auto da corsa. È un po’ un maiale con il talco, ma noi le vogliamo bene proprio per questo. Sì perché sotto una carrozzeria (in fibra di carbonio) che se la guardi te la dimentichi dopo 40 secondi, si nasconde un telaio in fibra di carbonio e Kevlar e un motore V12 a 60° aspirato da 6 litri, 2 valvole per cilindro e 456 cv, tutti scaricati sulle ruote posteriori attraverso un cambio manuale a 6 marce non sincronizzate (in opzione si poteva richiedere un 5 marce sincronizzato). Nulla di più, il coraggio e l’impegno erano affar vostro perché questa macchina, dietro una carrozzeria morbida e sinuosa nasconde un caratteraccio importante, di quelli che vi possono rovinare la giornata. La macchina infatti poggia su un sistema di sospensioni da corsa di tipo push-rod, la frizione è una scorbutica tridisco e tutta la macchina pesa 1050 kg a vuoto. 0-100 in 3,2 secondi, velocità massima, autolimitata a 296 km/h. AH.

Beccatevi la “tranquilla” Jaguar XJR15 che pettina Tiff Needel

Altra figata di questa macchina, giustificando così il suo aspetto da ragazza di periferia con la minigonna e le buffalo, è che portò la TWR a litigare peso con la Jaguar. Sì perché la XJR15, grazie alle sue doti tecniche (pensate, è la prima auto stradale del mondo con telaio e carrozzeria in composito), molto probabilmente avrebbe preso a sberle la XJ220, togliendole importanza ed interesse. Fu per questo che Jaguar e TWR concordarono di vendere la XJ220 come auto stradale pura mentre di offrire la XJR15 come auto da corsa omologata stradale e quelli che la compravano (alla modica cifra di 960.165 sterle) dovevano obbligatoriamente partecipare ad un campionato monomarca chiamato molto sobriamente Jaguar Sport Million Dollar Intercontinental Challenge, uno $peciale monomarca che prevedeva tre appuntamenti come gare di contorno ai G.P. di Formula 1 di Monte Carlo, Silverstone e Spa-Francorchamps del 1991. Le concorrenti potevano anche essere guidate dai rispettivi proprietari, ma molti di loro preferirono affidare i loro bolidi a piloti professionisti ex F1 o Le Mans, gente che gli da del gas per davvero, al contrario dei primi che spesso sono “solo” dei facolto$i Gentleman Drivers. Il premio in palio nelle prime due prove era una coupé XJR-S , mentre il vincitore del round finale si aggiudicava un premio di un milione di dollari.

Ciao Povery

EDIT: Sulla XJR-15 circola una curiosa storia proveniente dal Giappone, abbiamo slegato il nostro inviato a Tokyo, ne parleremo a breve

Mercedes CLK GTR

Fra tutte le case automobilistiche che negli anni ’90 si lanciarono nella neonata classe Fia GT, la Mercedes è sicuramente una di quella che prese la faccenda più sul serio di tutte. Nessuno infatti ha supportato in modo più esuberante i neonati regolamenti Fia GT di quanto abbiano fatto Porsche, Mercedes e, come vedremo poi, Toyota.

Piccolo passo indietro: trovo tuttora la Mercedes CLK prima serie (quella prodotta dal 1997 al 2003) una macchina molto interessante. Nonostante sia invecchiata un po’ male, la trovo ancora affascinante e simbolica della Mercedes di quegli anni, un po’ sofisticata con quella sua aria un po’ snob. Una linea semplice e una meccanica azzeccata per un pubblico di intenditori, dio, adoro il suo montante C, così sfuggente e piacevolmente raccordato al volume posteriore.

mercedes clk

Ora, prendete la CLK del 1997, con il suo stile un po’ raffinato e vorrei ma non posso, e drogatela con tutte le droghe che conoscete. Prendete la classica figlia di papà, tutta casa e chiesa e no devo studiare e fatela entrare nel gruppetto dei cattivi ragazzi di strada, quello con gli Zip SP con il gel nel sottosella e i Cobra 3 nella tasca del bomber: tutte le sue voglie, rimaste così a lungo sepolte sotto strati di buoncostume e perbenismo, verranno fuori in maniera dirompente, tipo una diga rotta.

Tipo così:

mercedes clk gtr mercedes clk rear

Una roba esagerata, la Mercedes CLK GTR riprende tutti i canoni stilistici della macchina stradale e li estremizza a livelli tuttora sconosciuti. Il padiglione è quello, il posteriore è quello, anche i fari anteriori con lo stemmino che spunta dal cofano è quello (all’epoca si diceva avesse chiari scopi aerodinamici), tuttavia tutto è spostato ad un livello di esagerazione che poche altre auto al mondo raggiungeranno mai, nemmeno quando nei prossimi mesi entreranno in vigore i nuovi regolamenti Fia Hypercar che comunque CLK GTR è più figa.

Siccome Mercedes non è mica come gli altri e loro le robe le fanno fatte bene, la CLK GTR venne costruita in 25 esemplari, tutti regolarmente omologati per l’utilizzo stradale, tutti rigorosamente costruiti a mano presso la sede della AMG a Affalterbach. Costruita attorno ad un telaio in fibra di carbonio, questa bestia paradisiaca veniva proposta ai clienti, quasi fosse una normale auto da tutti i giorni, con due diverse motorizzazioni, una più civile e una più cattiva. Quella civile era dotata di un V12 aspirato da 6,9 litri e 631 cv mentre la versione più spinta, per il solito sburone che non si accontenta mai, aveva sempre un V12 aspirato portato però a 7,3 litri (Pagani Zonda anyone?) e capace di 664 cv. Entrambe le auto sono dotate di un cambio sequenziale meccanico a 6 marce, lo sterzo ha l’idroguida per rendere le manovre e i parcheggi a lisca di pesce più facili e c’è pure l’abs, per evitare fastidiosi bloccaggi nelle staccate in entrata di rotonda.

Questo potrebbe bastare, ma non se sei un tedesco tamarro particolarmente ispirato: delle 25 (alcuni dicono 26) CLK GTR costruite, 5 erano in versione spider, per poter essere anche visti in faccia mentre si gira per strada con una delle auto più desiderabili della galassia.

Probabilmente una delle street-legal più estreme di tutte, la CLK GTR è, incredibilmente, forse l’unica che si può acquistare: il numero di esemplari costruiti fa sì che a volte, alle aste dei ricchi o su ebay, se ne possa trovare una, pronta pronta per il vostro garage… a patto di sborsare una cifra che, al momento, si aggira sui 2 milioni di euro, bronzina più, bronzina meno. Nemmeno tanto, per quanto mi riguarda questa macchina vale 10 Bugatti Veyron, sia per quanto riguarda lo stile, sia per quanto riguarda l’anima… uuuuuh, V12 aspirato, faccio fatica a pensare, mi si annebbia la vista.

AH, NOTA FINALE: Se ne comprate una, sia essa una Porsche 911 GT1 o una CLK GTR, attenti ai rettilinei, non sareste i primi a prendere il volo con questa macchine.

Articolo del 25 Maggio 2020 / a cura di Il direttore

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

  • Sergio Pittaluga Dameri

    Tutte da brividi lungo la spina dorsale ma la CLK GTR è e rimarrà la regina indiscussa delle GT1… La 7.3 litri (o meglio, CLK GTR Super Sport) è stata prodotta in due esemplari ed è il mio SOGNO automobilistico! Comunque, egregio Dir., suggerisco di guardare anche alla storia delle coeve (più o meno) Lotec C1000 e Sirius: aggeggi completamente fuori di testa!

Altre cose da leggere