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Ho sbagliato locomotiva, posso fare il reso? (AKA la storia del mitico ETR.500)

E.414 serie 100 a San Benedetto del Tronto il 22 dicembre 2006

Esiste un corollario della legge di Murhpy in base al quale se voi acquistate un articolo che ha una qualche possibilità di rompersi, per esempio un frigorifero, e gettate lo scontrino e l’imballaggio, sicuramente si romperà in garanzia, costringendovi a discutere col negoziante per avere il reso. Se invece tenete con cura scontrino e imballo, statene certi, vi servirà fedelmente fino allo scadere della stessa, per poi rompersi il giorno dopo.

Ora, sostituite il frigorifero da 300 euro con 30 treni ad alta velocità nuovi di trinca da circa 30 milioni l’uno…Bello vero? Seguiteci.

Si può dire che l’Alta Velocità ferroviaria, con la A e la V maiuscole, l’abbiano inventata i giapponesi, con tutto il rispetto per le nostre Vipere ed E444. I giappi furono i primi a comprendere un concetto fondamentale: non deve essere veloce solo il treno, ma anche la linea. Così, gli Shinkansen viaggiano su linee dedicate fin dagli anni Sessanta, separate da quelle per spostapoveri treni locali e merci, con raggi di curvatura molto ampi, che consentono velocità medie enormemente superiori. Avete presente che il Giappone ha un po’ di montagne? Perfetto: quando i giapponesi devono fare una linea ad alta velocità prendono una cartina geografica, un righello e tracciano una retta fra due città; quella sarà la ferrovia, costruita trapanando le montagne da parte a parte e tirando su viadotti da capogiro, con investimenti miliardari.

La filosofia europea, specialmente italiana, era all’epoca del tutto diversa. I treni rapidi viaggiavano sulle stesse linee dei locali ed è in quest’ottica che nacque, per esempio, il Pendolino, che è in grado di percorrere ferrovie tradizionali con tempi inferiori anche del 30% in totale sicurezza e comfort, risparmiando i quattrini di una ferrovia apposita. Invece, i francesi sono stati i primi in Europa a costruire delle linee alla giapponese. Gli Shinkansen e i TGV non hanno mai avuto l’assetto variabile: non ne hanno bisogno. Non sono fatti per fare le curve, un po’ come le auto americane.

La musica cambiò verso gli anni Ottanta, quando il treno, che dopo la crisi petrolifera non sembrava più così senza futuro rispetto all’aereo, guadagnò nuovo interesse da parte del governo, che autorizzò la costruzione nel 1977 della prima vera linea ad alta velocità italiana: la Direttissima Roma-Firenze. Siccome siamo in Italia, la costruzione fu ultimata nel 1992, anno in cui i due capoluoghi si trovarono collegati da un doppio binario con limite di velocità di 250 km/h e raggio di curvatura minimo di tre chilometri, elettrificata col sistema che dal 1928 era lo standard italiano universale: 3000 V in corrente continua. Dato che sarebbe stato quasi un peccato utilizzare solo i Pendolini per questa linea, che di curve è appunto quasi priva, nel 1983 le FS avviarono lo studio di un nuovo treno veloce ad assetto tradizionale, omologato poi come ETR.500. A differenza dei Pendolini e come il TGV, non è a trazione distribuita su tutte le vetture, ma presenta tutte le apparecchiature di trazione (motori, pantografi, elettronica) nei locomotori in testa e in coda, omologati come E404.100, con le carrozze intermedie a fare solo da rimorchi. Tale scelta, apparentemente anacronistica, si rivelerà la salvezza di questi treni, come vedremo più avanti. Le musate in kevlar dalla linea accattivante e moderna e le casse in lega di alluminio serie 7000 (per gli amici Ergal) permettono di ridurre il peso dei locomotori a “sole” 68 tonnellate; così, anche se di impostazione convenzionale, il treno è progettato con una certa bontà e dimostra delle prestazioni di tutto rilievo, staccando il record italiano di velocità di 317 km/h già come prototipo.

Il prototipo ETR X.500 fermo a Milano Centrale (foto: A. Mortarino).
Uno dei successivi 5 prototipi ETR Y.500, che effettuarono anche servizi aperti al pubblico.

Le FS sono entusiaste e ne ordinano subito trenta, composti da undici carrozze e due locomotori ciascuno. Entrati in servizio con il nome commerciale EuroStar (le Frecce ancora non esistevano), e si dimostrano fin da subito veloci e affidabili; tutt’ora sono forse i treni più confortevoli di tutta la flotta Trenitalia, con le vetture più spaziose rispetto ai Pendolini (che sono sagomati in modo da potersi inclinare anche in galleria). Il disegno di interni ed esterni è firmato Pininfarina. L’assenza dei motori nelle vetture passeggeri li rende perfino più silenziosi dei nuovi Frecciarossa 1000. Gli unici a cui non piacciono sono quelli che abitano vicino a una stazione ferroviaria, visto che le ventole di raffreddamento fanno un fracasso allucinante anche da fermo. Poco male.

Anno 2000, ETR 500 in piena Direttissima con locomotori E404 serie 100 (foto: Marco Agretti)

Come abbiamo detto, i lavori della Firenze-Roma sono cominciati in un’epoca in cui l’Unione Europea, che non si chiamava Unione Europea ma CEE, ancora non si poneva determinati obiettivi di standardizzazione; in ambito ferroviario, per esempio, nessuno aveva pensato a unificare le tensioni di alimentazione e i sistemi di segnalamento, per fare in modo che un treno potesse facilmente transitare attraverso un confine senza cambiare il locomotore. Del resto esistevano ancora le frontiere, quindi il problema non si poneva, perché durante i controlli doganali, ahimé, tempo per il cambio trazione ce n’era. Per gli unici servizi passeggeri internazionali, i leggendari TEE (Trans-Europ Express), che avevano i controlli doganali a bordo, il problema dell’alimentazione si risolveva perlopiù in una maniera brillante: col gasolio. Che poi, esiste un problema che il diesel non abbia risolto?

La leggenda del binato Breda colpisce ancora

Poi, nel 1990 cambia tutto. Arriva il trattato di Schengen e i vertici dell’UE compilano la lista di capodanno dei buoni propositi. Sotto alla riga “iniziare palestra” scrivono: “definire uno standard di alimentazione per tutte le nuove linee ad alta velocità in maniera da garantire la libera circolazione di tutti i rotabili in tutta Europa”. ‘Na parola…

Perché poi fosse solo l’alimentazione il problema: ogni benedetto paese della Comunità ha anche i suoi sistemi di segnalamento e di sicurezza; in Italia per esempio si chiama SCMT (Sistema Controllo Marcia Treno). E, statene certi, nessuno di questi è compatibile con quello del paese di fianco. Anche qui l’UE si è posta un obiettivo ambizioso, quello di creare una tecnologia che andasse bene dappertutto. Ci riescono, la chiamano ERTMS (European Rail Track Management System), funziona anche bene, ma non tutti i Paesi sono disposti ad adeguarsi con investimenti immani (in Italia per esempio il progetto del SCMT è ancora recente). Andò a finire che praticamente tutti i treni prodotti negli ultimi 15 anni hanno entrambi i sistemi, quello nazionale e quello europeo, e quelli ad alta velocità più vecchi si sono dovuti adeguare. Tutto questo senza considerare quanto accade sulle macchine interoperabili, che a conti fatti ne montano tre diversi, l’ERTMS e i due nazionali.

Cabina di una E403: evidenziati a sinistra il quadro comandi dell'ERTMS con relativo display, a destra quello del SCMT. Foto di Luca Berardocco.

Per quanto riguarda la corrente, invece, si apre una parentesi. Nel primo dopoguerra, quando ogni paese cominciò a svolgere i propri esperimenti per l’elettrificazione, quasi tutti scelsero la corrente continua, chi a 1500 V, chi, come l’Italia, a 3000 V. Le prestazioni erano senza dubbio inferiori di quelle dell’alternata monofase a 15000V utilizzata da Germania, Svizzera e Austria, e richiedeva una linea aerea più complessa (tensione più bassa uguale più resistenza, cioè più dispersioni, quindi necessità di costruire più sottostazioni). Di contro, il motore a corrente continua, che pure è meno prestante dell’asincrono trifase e richiede più manutenzione (ha le spazzole), è più facile da regolare: per variarne la velocità “basta” cambiare la tensione di alimentazione. Per quanto riguarda il trifase, invece, la velocità dipende strettamente dalla frequenza di alimentazione, che o è quella di rete, e quindi abbiamo una sola velocità di marcia disponibile, o si utilizza l’elettronica per cambiarla, ma negli anni Venti nessuno l’ha ancora inventata. Le primissime locomotive elettriche italiane a corrente trifase a 3600 V 16 2/3 Hz hanno non più di quattro velocità di marcia preimpostate, la maggiore mai oltre i 100 km/h, ottenute combinando i motori in serie o in parallelo, o utilizzando più avvolgimenti sullo stesso motore. È chiaro che questo sistema ha dei limiti, e dunque dal 1926 tutte le nuove elettrificazioni vengono sostituite col nuovo sistema in continua, per poi andare a riconvertire le vecchie linee. La Firenze-Roma rappresenta forse l’evoluzione finale di questo standard.

Ora, i francesi, che scelsero un sistema ancora più “fiacco” del nostro (quello a 1500 V), negli anni ’50 trovarono delle soluzioni molto steampunk al problema: costruirono locomotive a corrente alternata ma coi motori in continua, installandovi o dei convertitori statici a valvole termoioniche (come quelle delle radio) oppure, prima ancora, dei convertitori rotanti, costituiti letteralmente da un motore trifase sincrono che faceva girare una dinamo. Però la fisica diede loro ragione e gli ingegneri, come spesso accade, si regolarono di conseguenza: tutte le nuove linee francesi furono dunque elettrificate a 25000 V 50 Hz monofase, che oggi è lo standard europeo per le linee ad alta velocità.

In Italia, invece, il sistema in continua soddisfaceva le esigenze della nostra rete ferroviaria, così nessuno si prese la briga di cambiarlo; dunque alla fine degli anni Ottanta non c’era un treno in grado di funzionare coi 25 kV, inclusi i nuovi ETR 500, appena usciti dalle fabbriche. Eppure le nuove linee venivano costruite così: tensione più prestante e standardizzata, sistemi di segnalazione appositi, vietate le curve (come la Bologna-Firenze AV, costruita dal 1996 al 2008 “alla giapponese”, percorre in galleria 80 dei 90 chilometri della sua lunghezza). Ma ormai i treni erano stati comprati: che fare?

Il problema era particolarmente sentito su questi rotabili che, privi di assetto variabile, non erano “riciclabili” su linee tradizionali con tempi di percorrenza degni di un servizio rapido. Perché anche gli ETR 450 e 460 erano nella stessa situazione ma, trattandosi di Pendolini, non era una gran perdita: potevano dare il meglio altrove.

Dapprima nel 1996 le FS ordinano altri 30 treni stavolta con locomotori dotati di equipaggiamento bitensione (E404.500). Con due circuiti di alimentazione diversi e pantografi raddoppiati (ora quattro), potevano marciare agevolmente su entrambe le reti. Se capita che all’ingresso nel tratto AV c’è una sezione di binario la cui linea aerea è priva di tensione, che si percorre a inerzia, non bisogna fare altro che abbassare i pantografi della continua e alzare quelli dell’alternata all’inizio e alla fine di quel tratto, e viceversa. Se col primo sistema i 250 km/h erano un traguardo un po’ al limite, il nuovo permetteva di omologare il convoglio per i 360 km/h, con una velocità massima commerciale di 300, degna delle linee moderne.

 

Un volto già più familiare. Ma quanto bella era la livrea Eurostar?

Tutto molto bello, peccato che il periodo per il reso degli altri trenta treni fosse scaduto e non si sapesse cosa farne. Questo fino al 2002, quando qualcuno ebbe il colpo di genio. I convogli avevano al più dodici anni di servizio alle spalle, un’inezia per gli standard di durata di questo tipo di veicoli: considerate che solo il tempo di ammortamento di una carrozza per un’impresa ferroviariasi si aggira intorno ai venti, che è il motivo per cui le carrozze Intercity in qualche caso sono delle Gran Comfort degli anni ’70 pesantemente ristrutturate.

Così le FS ordinano altre 60 nuove locomotive tipo E404.600 analoghe alla serie 500, quindi bitensione e coi fari tondi, da accoppiare alle carrozze ad alta velocità esistenti. I vecchi locomotori vengono fermati, portati in officina e sottoposti a una radicale operazione di “declassamento”, potremmo dire.

Innanzitutto ne viene limitata la velocità massima da 250 a 200 km/h. I vecchi agganci per le carrozze AV vengono rimossi, poi viene pesantemente modificata la testata posteriore e dotata di ganci tradizionali. Le macchine si riomologano come E414 e vengono abbinate alle prime carrozze che capitano sottomano ampiamente riviste, in puro spirito antispreco: dalle Gran Comfort di cui sopra, alle Eurofima, fino alle UIC-Z, gloriose vetture che erano state al traino delle E444 e delle E656, e che esteticamente non c’entrano nulla coi nuovi locomotori. Si procede per un recupero generale con sostituzione degli arredi e applicazione di una nuova livrea, quella del servizio EuroStar City Italia, sempre perché le Frecce sono ancora roba da generazione Z.

Il nuovo servizio è pensato come una via di mezzo tra gli Intercity e gli Eurostar, combinando i difetti di entrambi, ma tant’è. Per quanto ne sappiamo, quelle 60 macchine sfrecciano ancora per i binari di tutta Italia e hanno ancora tanta strada da fare, con la loro calma, perché del treno ad alta velocità ormai hanno solo la forma. Come quando compri la Golf R-Line col 1.0 TSI, per intenderci. Hanno cambiato bandiera un paio di volte, diventando Frecciabianca attorno al 2010, poi, dopo il flop commerciale di quella categoria, entrando a far parte dei servizi Intercity Giorno.

Se questa vicenda può non sembrare la più felice di tutta la (gloriosa) storia delle nostre ferrovie, c’è da dire che, contrariamente a quanto accaduto quella volta che le FS buttarono via 25 locomotive perché cambiarono idea all’ultimo sull’elettrificazione della Sardegna, va riconosciuto lo sforzo profuso per rispondere a un’epoca di enormi cambiamenti nel settore ferroviario

Articolo del 23 Settembre 2024 / a cura di Francesco Menara

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  • Roy

    C’è un refuso: su linea AV ci sono i “tratti neutri”, in cui non c’è tensione ed il treno va per inerzia, ma la linea aerea c’è lo stesso…

    • Filippo Santini

      Chiedo da inesperto, ma le locomotive monotensione, convertirle al funzionamento politensione e lasciarle sugli ETR500 era tecnicamente impossibile o comunque antieconomico?

      • Manzoscorpio

        Sotto la foto dell’ETR Y 500 è riportato un dato non esatto, ovvero dopo l’ETR X 500 furono realizzati due convogli “sperimentali” (non 5) chiamati ETR Y 500, il Romolo ed il Remo.

  • Massimo

    Articolo interessante di 30 locomotive riciclate che comunque prestano ad oggi un ottimo servizio.

  • Mario Roca

    Buongiorno,
    mi chiamo Mario Roca, sono uno studioso ed appassionato di FERROVIA da oltre 60 anni.
    Ho letto l’articolo del 23 Settembre 2024 a cura di Francesco Menara sull’ETR500 ed ho riscontrato alcune imprecisioni:
    1) “Invece, i francesi sono stati i primi in Europa a costruire delle linee alla giapponese”.

    2) “…che autorizzò la costruzione nel 1977 della prima vera linea ad alta velocità italiana: la Direttissima Roma-Firenze”

    Dalle mie conoscenze preciso che i francesi sono stati i primi in EUROPA ad attivare il “SISTEMA AV” (ovvero insieme di infrastruttura, treni, segnalamento e telecomunicazioni -1981 LGV sud-est Parigi Lione). La costruzione dell’infrastruttura “LGV” fu approvata il 15 luglio 1971, dichiarata opera di pubblica utilità a marzo 1976 e suffragata, nel mese di novembre 1976, dai risultati di uno studio di una delegazione di tecnici delle ferrovie francesi a seguito di sopralluoghi durate i lavori in corso della DD Roma-Firenze. Premesso ciò, presumo che per la costruzione di linee AV i primi in Europa sono da considerare le FFSS, infatti i lavori ebbero inizio il 25 giugno 1970 con la posa della prima pietra sul viadotto del fiume Paglia.

    Il 24 febbraio 1977 fu inaugurato ufficialmente ed aperto alla circolazione dei treni il primo tratto (138 km) della linea DD da Roma Termini a Città della Pieve.
    Cordiali saluti
    Mario Roca

  • Antonio "BianConiglio" Falzoni

    IL seguente passaggio crea un po’ di confusione, quando si parla della superiorità del sistema di elettrificazione tedesco/svizzero/austriaco a 15 kV, 16 Hz rispetto al 3 kV cc: “Di contro, il motore a corrente continua, che pure è meno prestante dell’asincrono trifase e richiede più manutenzione (ha le spazzole), è più facile da regolare: per variarne la velocità “basta” cambiare la tensione di alimentazione. ” occorre precisare che le locomotive tedesco/svizzero/austriache avevano motori a collettore eccitati in serie perchè quel tipo di motore (la cui caratteristica meccanica è ideale per la trazione) funziona sia a cc che a ca in quanto la corrente di campo e quella di indotto sono uguali (è la stessa corrente), per definizione sempre in fase e generano quindi un campo magnetico “coerente” con il funzionamento del motore, che ha solo qualche problema di commutazione in più rispetto al funzionamento in cc ma basta un trasformatore con più prese al primario (meno corrente da commutare) per alimentarlo a tensione variabile. Gli asincroni trifasi a rotore avvolto erano usati sulle nostre loco trifasi a due/quattro velocità obbligate. I motori trifasi a gabbia di scoiattolo arrivano quando l’elettronica permette di realizzare convertitori a tensione e frequenza variabile.
    Sempre, sempre articoli gustosi comunque, avanti così.

  • Angelo Torricelli

    Il treno è il mezzo di trasporto che amo … purtroppo ultimamente non mi dà più la fiducia di un tempo….non il treno ma la sua gestione….affidata a persone che non hanno il senso del dovere e della moralità….pensano solo al profitto….questo irresponsabile atteggiamento mette a rischio la vita degli operatori del settore in primis…..e dei viaggiatori in secundis !
    da qualche anno ( troppi ) vengono assegnati appalti di manutenzione a ditte poco serie o poco competenti….negli ultimi anni abbiamo assistito ad una carneficina di lavoratori mandati allo sbaraglio sui binari….senza aver preso le più elementari norme di sicurezza…. PERCHÉ SIAMO ARRIVATI A IN NOME DEL PROFITTO ? è vergognoso, scandaloso… è un metodo ASSASSINO che io condanno, respingo, e rifiuto ….e concludo con…VIVA IL TRENO SEMPRE!

  • RASPAGLIOSI ROBERTO

    Veramente interessante. Lo vonfibifo sui miei gruppi ferroviari fi Facebook

  • Bellissimo articolo, foto se possibile ancora di più !!

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