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Over the Top, con tutta la forza che hai!

Over the Top

Nel 1987 Menahem Golan era il peso massimo dell’esagerazione: con la sua Cannon Films fondata insieme al cugino Yoram Globus, Menahem dominava incontrastato l’immaginario cinematografico degli anni ’80, quello che ha allevato almeno un paio di generazioni di maschietti.

Come produttore, Golan ha spaziato in lungo in largo sfornando ogni tipo di film, ma come regista aveva la predilezione per tenere per sé i titoli più esagerati gustosi, guarda caso quelli in grado di spostare per davvero i gusti del pubblico come accaduto con L’invincibile ninja, responsabile quasi interamente da solo di aver lanciato la moda dei guerrieri delle ombre in occidente, oppure titoli che facevano leva sul patriottismo e l’emotività del pubblico, come Delta Force.

 – Forza diamoci dentro, questo post non si scriverà da solo –

Ma una cosa era produrre film con Charles Bronson (quasi) sul viale del tramonto oppure con Chuck Norris, che malgrado lo sforzo (e la barba), arrivava solo fino ad una certa platea di pubblico, un altro paio di guantoni maniche era incrociare il suo cammino con uno dei più grandi Divi degli anni ’80, uno come Sylvester Stallone, anzi lo Stallone del 1987, quello che nel giro di poco tempo aveva vinto la guerra del Vietnam (Rambo 2), battuto l’Unione Sovietica a pugni (Rocky IV), prima di scivolare su un cult (oggi, ma allora un flop) come “Cobra”, guarda caso co-prodotto proprio da quel drittone di Menahem Golan.

Mi prendo un momento per presentare questi due animali di razza, da una parte abbiamo un Israeliano nato a Tiberiade, cresciuto nel culto degli Stati Uniti, il Paese delle grandi opportunità per tutti, dove puoi anche diventare un leggendario produttore. Dall’altra uno di noi, che dormiva sui divani degli amici, che ha venduto il suo Bullmastiff per produttore Rocky, diventato l’eroe del popolo americano. Secondo voi due così insieme, cosa potevano produrre se non una grande favola sulle opportunità, sul credere in sé stessi raccontata con abuso violento di esagerazione, in cui tutto è didascalico e urlato, ma anche estremamente figo, a partire dal titolo, dalla sua grafica, dal nome del protagonista che trasuda patriottismo ad ogni lettera, cazzarola si chiama Lincoln Hawk! Una crasi tra uno dei presidenti finiti sui fogli verdi che Menahem Golan contava di portare a casa con questo film e il pennuto simbolo del Paese.

– Se leggendo il titolo sentite la colonna sonora nella testa, siete RollingSteeler veri –

La sceneggiatura originale di “Over the top” è stata scritta da uno specialista dal curriculum lungo come la vostra gamba, Stirling Silliphant, l’idea di base era di utilizzare il braccio di ferro come METAFORONE del farsi largo nella vita utilizzando solo la propria forza, tutta quella che hai. Aiutava il fatto che Menahem Golan, sognasse di fare della specialità dei bicipiti d’acciaio uno sport olimpico, contribuendo anche economicamente a lanciare il torneo omonimo di Las Vegas, inaugurato quasi esclusivamente per fare da campagna promozionale al film, tanto da regalare al campione in carica di questa specialità, John Brzenk a cui è ispirato il personaggio di Lincoln Hawk, un camion con la scritta “OVER THE TOP” sulla fiancata (storia vera). Menahem Golan, storia di un timido.

– Menahem Golan e zio Sly, tutto questo carisma potrebbe far crepare lo schermo –

L’idea è molto semplice: un eroe popolare che fa un lavoro del popolo come il camionista che va a vincere tutto, specialmente quello che conta di più, la sua famiglia rappresentata dal figlio adolescente che non vede più da tempo. Sly Stallone ovviamente va giù di testa per un soggetto così, ma come suo solito pretende di riscriverselo quasi completamente di suo pugno, da vero autore (quale di fatto è a tutti gli effetti) viene accreditato come sceneggiatore, ma solo dopo aver stabilito che un assegno con dodici milioni di fogli verdi con sopra facce di ex presidenti morti (tra cui quelli di nome Lincoln), per lui potevano bastare. Battisti si era accontento di dieci ragazze, ma voi avete mai visto Battisti alla guida di un camion Volvo a sei ruote? Lui al massimo guidava la motocicletta, dieci HP, tutta cromata, è tua se dici di si.

– Il bestione, ma non quello guidato da Giancarlo Giannini –

Con Stallone saldamente a bordo, Golan sa di avere l’oro per le mani e si ritaglia il ruolo di regista, ma non prima aver scomodato un’altra leggenda come Giorgio Moroder per curare la colonna sonora del film. Moroder firma la ballata patriottica “In This Country” cantata da Robin Zander dei Cheap Trick e poi non si ferma più a guardare nessuno, Golan vuole andare oltre e Moroder lo accontenta: “Meet me half way” di Kenny Loggins uscito dritto da “Top Gun”, ma è impossibile dimenticare la clamorosa “Winner takes it all” cantata da Sammy Hagar, anche se la mia preferita in assoluto resta la trionfante “Take It Higher” di Larry Greene, pezzo che io ancora oggi, a distanza di anni, ogni tanto mi canticchio da solo per il mio diletto (storia vera).

Si perché è inutile girarci attorno, io faccio parte di quella generazione cresciuta anche con i film di Golan e zio Sly, ricordo anche il giorno a scuola da bambini, dopo che – immagino, ma sono piuttosto sicuro – Italia 1 mandò in onda questo film in prima serata, insieme ai compagni di classe, tutti intenti a trasformare i banchi nei tavolini dell’Over the top, facendo registrare lussazioni e stiramenti con il braccio di ferro, tutti intenti a fare le facce brutte e a “cambiare la presa” come Lincoln Hawk. Deve essere stata una gran brutta giornata per la signora maestra quella.

Per evirare tutta la fase pannolini, pappine e notti in bianco, ma anche per motivare i protagonisti alimentando il loro scontro, papà Lincoln Hawk lucida il suo camion con aquila sul cofano (nulla mi toglie dalla testa non sia un omaggio a “Convoy” di Peckinpah), si sistema il berretto sulla testa e parcheggia il bestione davanti all’accademia militare, in attesa del figlio Michael “Mike” Hawk (David Mendenhall). Mammà è nel letto di un ospedale con i giorni contati, il ricchissimo suocero che ha sempre odiato Lincoln (troppo proletario per un riccastro come lui) è la vera ragione della coppia scoppiata, ma la signora Hawk ha un piano: costringere i suoi due “falchi” a passare del tempo insieme, per dirla come Mike, basteranno due o tre giorni in viaggio sul camion per recuperare anni di assenza e lettere mai recapitate dal figlio? Ovviamente no, ma siccome questo film è a dir poco curioso nell’andamento, tutta la prima parte somiglia ad una muscolare versione di “In viaggio con papà” (1982), ma in puro stile Golan/Stallone, quindi urlato e diciotto metri sopra le righe.

 – Le prime guide con papà, però dimenticatevi l’utilitaria di famiglia –

Mike non può semplicemente scappare dal padre, deve scappare dal padre attraversando di traverso le dodici corsie dell’autostrada, schivando per un pelo le auto in corsa come Eddie Murphy in “Bowfinger” (1999). Puro stile Menahem Golan, in cui i concetti venivano suggeriti sussurrando sì, ma dentro il più potente dei megafoni («Va bene odiami, da qualche parte dobbiamo cominciare»).

Bisogna dirlo, Mike è di un piagnucolone insopportabile, per essere uno formato all’accademia militare è un fighetto viziato urticante, cresciuto nel cono d’ombra del nonno, quindi un personaggio a cui bisogna strappar via quei modi da colletto bianco, battezzandolo a colpi di proletariato virile, quello ben rappresentato da Stallone, perché come dice il poeta (ciao Valerio): «Sly è der popolo». Infatti la cura paterna prevede mangiare solo schifezze nei peggio locali da camionisti (e Chef Rubio… MUTO!), iniziando il figlio alla specialità di casa Hawk: il braccio di ferro. Lincoln è come il pistolero più veloce del West per quanto riguarda questo sport, quindi tutti vogliono sbattergli il dorso della mano sul tavolo per guadagnare prestigio, stesso discorso vale per il figlio del Falco, una tematica che in qualche modo tornerà un po’ in Rocky Balboa, perché se conoscete la storia personale di zio Sly, il nostro ha quattro stangone come figlie, ma nel corso dei suoi film da autore (perché Stallone questo è), il figlio maschio è un filo rosso che corre lungo tutta la sua filmografia, il pensiero non può che correre fino a Sage Stallone.

– Zio Sly ha tre bellissime figlie, ma il tema del figlio maschio lega molti dei suoi film –

L’educazione Siberiana Stalloniana procede a colpi di proletariato, una volta iniziato il figlio all’arte del braccio di ferro, quello che resta è fargli guidare il camion lungo l’autostrada («Anche uno stupido o sub normale può guidare un camion come questo», «Guida genio»), che poi non è altro che l’equivalente Stalloniano di togliere le rotelle alla bicicletta, infatti la scena si completa con un ulteriore passo in direzione uno dell’altro tra padre e figlio («Non era così difficile allora», «Cosa?», «Ridere»… Basta, altrimenti ve lo recito tutto).

Il problema è che Mike resta recalcitrante, quindi occupa una buona porzione del film con quel suo continuo piagnucolare e lamentarsi, mentre la trama inciampa in un continuo tira e molla tra padre e figlio, con Mike impegnato a scappare dal nonno Jason Cutler (Robert Loggia), telefonate alla madre morente, un’accusa ai danni di papà Lincoln e l’ennesimo allontanamento tra i due, di cui lo stesso Mike chiede delucidazioni, perché tanto la sceneggiatura non prevede spiegazioni, ma solo dramma.

– Muscoli e lamiere, in questo film luccica tutto! –

Con Lincoln Hawk che riflette sui mali del mondo in posa con il suo camion davanti al tramonto, la serietà congenita di Stallone al suo top, anzi, over the top! Un atteggiamento stilistico che va sotto braccio alla retorica di Golan e ai suoi personaggi stereotipati quanto volete, ma sempre al servizio della reazione del pubblico, come il cinema popolare (nel senso migliore del termine) di zio Sly. Se togliessimo due risicate scene “maschie” dai primi 50 minuti di “Over the top”, quello che resterebbe sarebbe un drammone un po’ grossolano, ma mentre la musica si fa melodrammatica, la denuncia viene ritirata e il film dopo essersi girato all’indietro la visiera del berretto sulla testa, cambia marcia e può cominciare a fare sul serio.

– “Quando arrivi al fondo della scalinata alzi le braccia così e parte gonna fly now, capito?” –

Al grande torneo Tenkaichi dei bicipiti di Las Vegas, Hank è dato 20 a 1 per la vittoria finale, ma come nella vita Sly punta su se stesso: vende il camion per 7000 dollari, li scommette sulla sua vittoria perché sa che il trionfo finale vale più del premio in denaro, oppure del camion nuovo fiammante in palio. Anche perché altrimenti non avrebbe avuto senso vendere un camion per vincere un altro camion no? Oppure sono io che mi sono perso qualche passaggio dell’articolata strategia?

Mentre Mike scopre a casa dell’odioso nonno le lettere paterne che non ha mai ricevuto, il ragazzo ruba un’auto dal ricco parco macchine disponibile, e forte di aver guidato un camion per tre minuti, ora è in grado di pilotare ogni mezzo a motore costruito dall’uomo, infatti è strano che non piloti anche l’aereo fino a Las Vegas, per quello si limita a nascondersi tra i bagagli, nemmeno fosse diventato di colpo John Matrix di Commando. L’obbiettivo è raggiungere Las Vegas, per stare accanto e motivare papà, facente funzione di Adriana di turno, ormai epurato dai modi da fighettino ricco, forgiato nel fuoco del proletariato Stalloniano, Mike anche lui, finalmente uno di noi!

– “Ricorda ragazzo, gli occhi della tigre” –

Nel torneo “Over the top” sei fuori dopo due sconfitte di fila, l’imbattuto campione in carica è l’enorme Bob “Bull” Harley, interpretato dal vero pluricampione di braccio di ferro Rick Zumwalt, una sorta di Big Show prima che Big Show fosse inventato e lasciato libero di menare gente sui ring del Wrestling. Inevitabile che lo scontro finale sarà tra il Falco e il Toro, ma nel mezzo una serie di animali totemici da sconfiggere, nemmeno fossero i cattivi di Spider-Man, perché tutti gli avversari di Lincoln Hawk hanno nomi di animali, come il colorito John Grizzly (Bruce Way) e la sua salutare dieta a base di olio di motore sgargarozzato e sigari accesi divorati. Giusto per restare in tema Wrestling: non provateci a casa.

Tutti gli avversari del Falco sembrano sociopatici sotto steroidi, troppo matti anche per essere presi in considerazioni come comparse in “Mad Max”, Menahem Golan è riuscito nell’impresa di assemblare il cast più vicino ad un episodio di “Ken il guerriero” che io abbia mai visto, a partire proprio da Stallone (che ai tempi sarebbe stato un perfetto Ken). Il colpo di genio di Golan è fare quello che gli riesce meglio: esagerare!

– Esageriamo? È tanto tempo che non lo facciamo (quasi-cit.) –

Non ci sono semplici luci, “Over the top” è un trionfo di lens-flare, roba che persino GIEI GIEI dovrebbe mettersi gli occhiali da sole per guardarlo, tutto quello che non scintilla in termini di luci, scintilla grazie al sudore sui corpi dei personaggi che trasudano come imponeva la moda sbrilluccicante degli anni ’80. Proprio il sudore è un fattore, vengono utilizzate cinghie per tenere legate le mani dei combattenti (mi sembra il termine più appropriato), ma lo stesso Stallone nell’ultima mezz’ora di film cambia quindici magliette, con quello che suda ci credo! Tanto che allo scontro finale si presenta in canotta e bretelle, perché ha evidentemente terminato il guardaroba di vestiti puliti che era riuscito a portarsi dietro. Forse per questo ha venduto il camion? Per vincerne uno in grado di trasportare più vestiti di ricambio?

– Inizia il film con la cravatta delle grandi occasioni, lo finisce con la canottiera da coatto. –

Parliamoci chiaro, questo non è il pugilato, non parliamo di uno sport dove è prevista una tecnica, dove bisogna difendersi e azzeccare la strategia giusta per mandare a terra il proprio avversario, Stallone ha fatto parecchi film (piuttosto famosini, magari ne avete sentito parlare) sulla Boxe, ma il braccio di ferro? Due uomini immobili che devono solo piegare il braccio dell’avversario di 90°, come fai a rendere dinamico e cinematografico tutto questo? Te le giochi alla “Scanners” (1981). Un tripudio di facce deformate dallo sforzo, primi piani sulla sofferenza e sulla determinazione, che poi è la benzina di questi scontri.

– Da bambini ci slogavamo il polso per imitare zio Sly, da adolescenti invece, non volete saperlo –

Tra i tanti colpi di genio di Golan, metteteci anche la sua scelta di alternare ai vari scontri delle interviste ai protagonisti, che danno al pubblico subito quella dimensione da programma sportivo televisivo. Ognuno dei personaggi si atteggia da pazzo psicopatico, l’unico a mantenere l’umiltà è Stallone, identico in tutto e per tutto al lupo solitario Terry Bogard di “Fatal Fury”, che non solo guarda il camion in palio con occhi a forma di cuore, ma ci spiega anche la sua filosofia della visiera del berretto, girarla all’indietro è come girare la chiave nel quadrante di un camion, un gesto che è stato ripetuto da un paio di generazioni, anche se con il berretto al contrario molti di noi somigliavano più al primo Jovanotti che a zio Sly, bisogna dirlo.

– Più che lupo solitario è il falco solitario, ma la sua furia è sicuramente fatale –

La scena finale di “Over the top” esprime il massimo potenziale del braccio di ferro al cinema, ci riesce così bene che permettetemi di fare un elenco di tutti i film dedicati a questa specialità usciti nel corso degli anni: allora abbiamo avuto, ehm, “Over the top”, seguito da beh, niente, zero, nada, zip! Perché dopo un film così, nessuno poteva essere così pazzo da sperare di poter fare meglio di Menahem Golan e Sylvester Stallone.

Posso essere brutalmente onesto? Gli ultimi 15 o 20 minuti di “Over the top” fanno per il braccio di ferro al cinema quello che Un mercoledì da leoni e Point Break hanno fatto per il surf, tutta la forza che hai, tutta la tua voglia di rivincita riassunta nello sguardo da pazzo di Stallone che non cacciava gli occhi fuori dalla testa così dai tempi del primo Rambo. Quella mossa finale, quel cambio di presa di Lincoln che vale come gli occhi della tigre, come il calcio della gru di Daniel-San, non so perché nessuno la ricorda come la presa del falco, se mai il nome dovesse prendere piede, ricordatevi dove l’avete letto per la prima volta, il mio omaggio ad un film che fa dell’etica, del lavoro duro e del sudore la sua cifra stilistica, messa al servizio del mito americano, qui servito, impacchettato e consegnato dalla coppia Golan e Stallone.

– I vincitori non usano droghe (al massimo mangiano gli spinaci) –

“Over the top”, costato 25 milioni di fogli verdi con sopra facce di altrettanti ex presidenti defunti (tra cui uno di nome Lincoln ma non Hawk) ne portò a casa solo 16 e, superato a destra suonando il clacson da un po’ tutti non è stato il successo a cui Menahem Golan ambiva, anche se andò benissimo sul mercato dell’homevideo e nelle repliche televisive che provocarono diverse lussazioni agli arti di un paio di generazioni.

Anche se per certi versi Over The Top fu uno dei primi chiodi piantati nella bara della Cannon, destinata di lì a poco a finire zampe all’aria definitivamente mettendo così fine ai sogni di gloria di Golan, questo film resta ad eterna memoria di noi che eravamo lì, che abbiamo visto e abbiamo capito, che ci siamo fatti male a braccia e giunzioni per imitare la lezione Stalloniana: ci sono momenti in cui devi dare il tutto per tutto, con tutta la forza che hai, ora o mai più, in tre parole? Over the top.

Articolo di Cassidy Plisskein, autore del blog a tema cinematografico La Bara Volante

Articolo del 6 Dicembre 2021 / a cura di La redazione

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