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[LIVE] Artemis 1, si torna sulla Luna, segui con noi il lancio

È tutto vero.

Avrei potuto scrivere questo articolo mesi fa, eppure me lo so tenuto nel sacco fino all’ultimo. Anche ora che scrivo sto cercando di non lasciarmi andare a facili entusiasmi, nella mia mente si accavallano un sacco di dubbi e interrogativi.

Domande come queste risuonano nella mia testa da tempo: ma la storia della Russia non manderà tutto in vacca? Ma Se Elon fosse un colossale buffone? [questa è facile: NO]. Ma se gli USA tornano ad investire in armi e bloccano ancora il progetto? E se salta tutto in aria? [sgrat]

Domande, un sacco di domande, ma non c’è ferro che tenga: tra i miei vari interessi motorizzati, questo è quello che amo di più. Quando avevo cinque anni tempestavo i miei genitori di domande sull’allunaggio: dov’eri? Cosa facevi? Cosa significava? Come è cambiato il mondo dopo?

In questo momento siamo come i ragazzi del 1967 e oggi 29 agosto partirà Apollo IV scagliando in orbita il SATURN V AS501 (la prima matricola). Tempo due o tre anni e dovremmo assistere all’Apollo XI.

 -Launch pad 39B, intorno i parafulmini, perché quello che c’è lì dentro non reagisce bene ai fulmini [cit. Ramius] –

Solo che questa volta il Programma Apollo si chiama Artemis (Artemide era la sorella di Apollo) e il SATURN si chiama SLS (Space Launch System… ché alla NASA gli acronimi sono meglio dei nomi veri).

Il destino ci ha fatto nascere nella finestra temporale giusta, dopo cinquant’anni di buco si torna a sognare in grande davvero. E poi ricordiamoci che lì dietro l’angolo c’è zio Elon che con la sua Starship vuole colonizzare Marte (ne parliamo qui), ma intanto si sgranchisce anche lui le gambe nel Programma Artemis.

Tuttavia, il fatto che Artemide sia la sorella e non una figlia di Apollo la dice lunga sul fatto che le ambizioni ci sono, ma tutto sommato sono limitate. Nei fatti rifaremo un po’ più in grande e più a lungo un qualcosa che è già stato fatto mezzo secolo fa, alla colonizzazione lunare invece crederò quando la vedrò. Quindi oggi ci concentreremo solo sul ferro, lo SLS, ma ///RS sarà lì insieme a voi a seguire tutto il Programma, con il giusto dettaglio tecnico e la solita strizzata d’occhio all’ironia.

L'ultima puntata di Pollon, nel finale la figlia di Apollo diventa una dea

– Restiamo in attesa del programma spaziale “Pollon”, la vera figlia di Apollo –

Delle missioni Apollo (tutte dalla I alla XVII) abbiamo parlo qui e qui, se invece non avete ancora letto il mitico articolo sul SATURN V potete rimediare all’onta solo comprando una felpa di DI BRUTTO.

Iniziamo con una breve panoramica del Programma Artemis che attualmente si divide in tre fasi:

Artemis 1: quello di oggi lunedì 29 agosto, il collaudo in orbita lunare dello SLS della capsula Orion senza equipaggio. Come detto prima è grossomodo equivalente ad Apollo IV come obiettivi, anche se… aspetta hai detto “lunare”?

Sì Artemis 1 va fino alla Luna, come Apollo VIII, ma senza equipaggio.

Artemis 2: prevista l’anno prossimo, altro collaudo in orbita lunare di tutta la baracca, ma con equipaggio. Questo profilo missione equivale di fatto ad Apollo VIII (Houston, Please Be Informed There Is A Santa Claus!). Non bazzichiamo da quelle parti dal ’72 per capirci.

Artemis 3: prevista nel 2024, è la missione che prevede l’allunaggio vero e proprio. Quasi certamente sarà spezzata in due, un primo allunaggio con un lander unmanned (che resterebbe come potenziale back-up) e uno effettivo con equipaggio. Diciamo che é l’equivalente di Apollo X (che aveva però equipaggio) e del celebre XI. Qui vale la pena anticipare che l’orbita lunare di inserimento sarà alquanto bizzarra perché sarà polare e non equatoriale come le per le missioni Apollo. Il vantaggio principale è la persistenza delle comunicazioni in quanto la Luna non si frappone mai tra l’astronave e la Terra, tuttavia questo profilo di missione consente anche un certo risparmio di carburante, il che non guasta visto che il modulo di servizio di Orion è una cagata forse stato leggermente sottodimensionato.

File:Artemis Logo NASA.png - Wikimedia Commons

Bando alla fuffa, accendiamo le TURBOPOMPE e passiamo al ferro. Come cacchio ci andiamo fino a là?

I ferri da conoscere saranno fondamentalmente tre:

SLS: il missilone, il primo heavy-rocket dopo il SATURN V.

Capsula Orion: il modulo di comando che ospiterà quattro astronauti, anche se il potenziale di carico è superiore.

Lunar lander: il vero colpo di scena di tutta la storia, sarà la Starship, ma ne parliamo un’altra volta.

Oggi parliamo di quello grosso e lungo. A pensarci bene mi viene il dubbio che questa mia passione nasconda qualcos’altro… vabbé, dicevo… immaginate una Ferrari F40, facile no?

Ora immaginate di estirpare la sua centralina originale Weber-Marelli e sostituire il tutto con un body computer che governa ogni aspetto dinamico e non è disinseribile. Togliete un po’ di Kevlar e mettete altro carbonio, mettete le maniglie, l’aria condizionata e fate qualche concessione al confort sfruttando nuovi ammortizzatori a controllo elettronico.

Se immaginando tutto questo non vi siete tirati una coltellata, allora avrete pressappoco un’idea di come è stato fatto lo SLS. Tecnologia Shuttle anni ’70 e ’80 riciclata, solo che lo Shuttle tornava a casa mentre lo SLS funziona come il SATURN, si butta tutto tranne la capsula in cima. Un bel passo indietro nell’era Starship.

Auto - News, Ferrari F40: oggi sarebbe davvero così? | GPone.com

– NO –

In buona sostanza lo SLS nasce nel 2011, ma quando il progetto è stato finanziato era già vecchio. Per anni alla NASA hanno cercato di resuscitare Apollo, ma ad ogni cambio presidenza si ripartiva, nessuno aveva il coraggio di cacciare il grano vero.

Nel disperato tentativo di tenere bassi i costi hanno cercato di riciclare quello che già avevano:

  • Dei booster a combustibile solido derivati da quelli dello Space Shuttle
  • Degli splendidi motori ad idrogeno liquido a ciclo chiuso (RS-25)
  • Un tanicone arancione
  • Fornitori di fiducia: tipo Boeing, Rocketdyne, Lockheed Martin…

EarthSky | SLS rehearsal scrubbed, Artemis likely delayed

– Non vi sembra di avere già visto questa configurazione? –

Space Shuttle - Wikipedia

C’è un piccolo problema però: lo Shuttle era pensato per tornare a casa ed era un sistema profondamente integrato: tanicone, booster, navetta, ognuno col suo ruolo. Lo SLS è un mezzo di sola andata che incorpora più funzioni in una.

Come sapete la roba aerospaziale richiede calcoli complessi quindi riadattare il tutto è costato valanghe di miliardi di dollari ai contribuenti americani. I più dietrologisti di voi diranno che i fornitori “di fiducia” della NASA ci hanno marciato.

Bisogna però considerare che il missilone nasce con obiettivi ambigui e doveva essere un po’ pronto a tutto. Il fatto che sia di tipo “expendable” (ovvero che va tutto buttato via) è fortemente legato alla necessità di avere alta capacità di carico: non c’era “peso” da dedicare al rientro.

Considerato tutto questo, la comunità di appassionati propende comunque per la tesi dietrologista: qualcuno ci ha marciato e qualcun altro ha controllato male. Tuttavia mentre 23 miliardi (!!!) volavano via, Elon Musk ha dimostrato che si possono fare miracoli con quattro spicci spaziali e all’amministrazione NASA si sono un attimo cagati, iniziando a stringere le mani intorno alle balle dei fornitori. Di riffa o di raffa lo SLS in versione “block 1” è stato completato, seguiranno altre versioni sempre più potenti. Qui sotto trovate il piano di evoluzione.

In azzurro è riportato il carico utile spedibile verso la Luna, i più attenti di voi noteranno certamente che 27 t sono una simpatica cippa rispetto al SATURN V (sfondare sempre lo shift mi raccomando) che di “t” se ne portava sulla Luna 48,6. Mamma mia che macchina stupenda che era.

Col tempo anche lo SLS si avvicinerà grazie all’evoluzione dei motori, notate infatti l’altezza che sale (praticamente come il SATURN) e che appare un “Exploration upper stage”, cioè un secondo stadio finalmente degno di questo nome. La triste verità è che abbiamo aspettato cinquant’anni per tornare sostanzialmente al punto di partenza e che il SATURN V con suoi F1 spingeva DI BRUTTO (vi è giunta la notizia del Volume Due in arrivo? Vi siete iscritti alla newsletter QUI per ricevere info sull’uscita?). Non fraintendete però, lo SLS resta un ferro importante che entrerà nella leggenda aerospaziale, solo che… è come una turbopompa che si inceppa sul più bello.

 

Dai, partiamo dal tanicone, quello che la NASA si ostina a chiamare “Core Stage”.

Innanzitutto non è un tanicone. Di quello dello Shuttle conserva solo diametro e colore, persino la schiuma isolante è diversa. In realtà è una struttura portante che al suo interno contiene i serbatoi di LOX e LH2, ossigeno e idrogeno liquidi. Se ci pensate non può che essere così perché lavora in modo totalmente diverso dallo Shuttle, il fatto che i motori siano montati sulla base (e non sulla navetta attaccata) e che il carico è posizionato verticalmente sopra, ha fatto sì che la cosa dovesse essere completamente riprogettata. Sotto uno spaccato.

I serbatoi sono stati testati fino al 260% della pressione di esercizio per oltre cinque ore prima di aprirsi in due (foto sopra), ricordiamo che si tratta di una macchina “man-rated” dove la sicurezza deve essere portata ad un livello significativo.

Nel tanicone Core Stage sono inoltre contenuti i sistemi di avionica del primo stadio, in particolare ci si affida a “modernissimi” processori presi dal Macintosh PowerBook G3 capaci di erogare una potenza di calcolo a metà tra un Pentium II e un III, roba che già adesso sono più potenti i telefoni. Ironie a parte, è noto che sui mezzi spaziali software e hardware vanno a braccetto e pertanto non è possibile modernizzare i processori una volta che si è partiti a scrivere il codice.

E ora i fun facts dalla cartella stampa NASA selezionati da RS :

  1. Ci sono 562 cavi, per un totale di 72 km. Per tenerli fermi sono utilizzate 100.000 tra fascette e morse.
  2. Quando fa il pieno la tanica di idrogeno liquido si restringe di 15,24 x 2,54 cm (perché l’idrogeno, per essere mantenuto allo stato liquido, si trova ad una temperatura inferiore a -258,2°C, e il freddo fa “ritirare” i materiali.
  3. Quindi tutti i cavi di cui al punto 1 sono montati su supporti telescopici e tengono conto dell’espansione termica nella loro lunghezza (Sì Rollingsteeler esperto, tipo il Concorde).
  4. Figata da chimici: la reazione chimica alla base di questi razzi, che vede mescolarsi ossigeno e idrogeno liquido è così esoergonica (libera energia) e potente proprio perché porta alla formazione di uno dei composti più stabili in natura, l’acqua, stabile proprio perché al suo interno non “contiene” energia, tutta spesa durante la sua formazione.

Veniamo ora ai booster, cioè ai razzoni attaccati ai fianchi. Se avete studiato bene lo Shuttle sapete già che si tratta di oggetti a combustibile solido. I vantaggi di questa scelta risiedono nella semplicità costruttiva e nel fatto che sono tendenzialmente più potenti e meno costosi. Lo svantaggio principale è che una volta accesi sono come un fuoco d’artificio, non si possono spegnere.

Nei fatti potete immaginarveli come degli anelli cavi riempiti lungo il bordo di un materiale che può essere innescato liberando energia. Per chi non lo sapesse, la fuoriuscita del plasma prodotto da questa reazione è la causa del disastro del Challenger.

I booster avevano la particolarità di essere riutilizzabili e quindi per le prime missioni si useranno proprio quelli avanzati dagli Shuttle con un segmento in più e del carburante modificato. Alla NASA questa simpatica operazione di refurbishment è costata tipo 2,4 miliardi di biglietti con sopra un presidente, una cifra semplicemente indecorosa. Per non farsi mancare nulla hanno rinunciato anche al riuso in modo da guadagnare circa 1 t di carico utile.

Polemiche a parte questi oggetti sono tremendamente ignoranti e producono per i primi due minuti oltre il 75% della spinta dello SLS. Mi ha colpito il fatto che comunque la spinta non è costante, ma la “miscela” è dosata in modo da calare intorno al momento di “MAX Q” , il punto dove la pressione aerodinamica è massima e il razzo va parecchio sotto stress.

Per capirlo meglio il “MAX Q” date un occhio al grafico qui sotto: in pratica la pressione aerodinamica aumenta con la velocità, ma si riduce con la quota per via della minore densità dell’aria. C’è quindi un punto superato il quale anche accelerando non si genera ulteriore pressione.

Max Q: What is it? | The Space Techie

I booster si sganceranno dopo 2 minuti e 10 secondi quando lo SLS avrà già raggiunto la ragguardevole altezza di 43,3 km e una velocità di Mach 4,3. In 2 minuti e 10 secondi.

 – Per 2,4 mld quanto li facciamo ignoranti i booster? –

 -SI –

Come da immagine sopra, alla NASA ci tengono molto a fare sapere ai loro contribuenti che hanno riusato i componenti Shuttle, peccato che a quel prezzo facevano più bella figura a farli nuovi.

Ed ora i fun fact sui booster, sempre selezionati per voi dalla cartella stampa della NASA (anche se sarà dura fare meglio del prezzo).

  1. Consumano 5 t di carburante al secondo, ma garantiscono una spinta di 3,6 milioni di libbre (1,6 mln kg). Sono circa 14 Boeing 747. Ciascuno.
  2. Nei test in Utah hanno trasformato la sabbia in vetro
  3. Servono 16 mini motori a razzo per sganciarli dal Core Stage in sicurezza
  4. Trasformando la loro energia in KW/h ne escono 2,3 milioni, ci fai luce un giorno per 92.000 famiglie americane (quindi 180.000 italiane).

Veniamo ora al pezzo più interessante.

Là in fondo non ci sono Rocketdyne F1 ad ignorante cherosene, ma i più nobili e quasi altrettanto vecchi RS-25 che hanno motorizzato lo Shuttle per anni. E anche qui intendiamo proprio quelli che hanno volato già: ne hanno riciclati 14 e ordinati 24 nuovi. Il requisito degli usati è che avessero ancora 4 accensioni buone e 1700 secondi di vita residua.

Ovviamente anche in questo caso il refurbishment dei 14 vecchi motori è costato “solo” 570 milioni di biglietti verdi, mentre quelli nuovi sono venuti via per 3,5 miliardi. Come qualcuno ha notato il costo finale medio è di 100 milioni l’uno, lo stesso di un Falcon Heavy di Space X… che è riutilizzabile.

Ora è pur vero che operano in un contesto lontano dal progetto, hanno il serbatoio freddo subito sopra, meno spazio sotto rispetto alla base di lancio e sono spremuti un po’ di più (109% in luogo del 104%)… però dai.

Soldi a parte gli RS-25 sono comunque motori seri (e poi si chiamano “RS!), ne abbiamo parlato brevemente nell’articolo Starship e quindi non mi dilungo troppo sul funzionamento di un motore a razzo, riprendiamo qui lo schema fatto da Everyday Astronaut (che consiglio sempre).

Fuel rich closed cycle rs-25 diagram ssme

Gli RS-25 sono motori ad idrogeno liquido (L2H) che come sappiamo ha un potere energetico superiore al cherosene, ma presenta qualche problema essendo molto più volatile dell’ossigeno liquido con cui viene miscelato (LOX). Questo determina che le pompe che li spingono in camera di combustione non possono essere coassiali, ma devono essere separate. Se non avete aperto un sito a caso, saprete già che queste pompe funzionano proprio bruciando L2H e LOX e si chiamano TURBOPOMPE, visto che i gas rilasciati da questa combustione fanno girare delle turbine che si tirano dietro le pompe.

Questi simpatici oggetti hanno l’abitudine di gestire volumi di liquido come quello di una piscina olimpionica in secondi, tanto per dare un’idea:

  • La pompa LOX gira a 28.120 rpm e sviluppa la potenza di 23.260 CV. La girante si trascina due pompe centrifughe in serie.
  • La pompa L2H viaggia 32.360 rpm e dalle tre pompe centrifughe in serie sprigiona la ragguardevole potenza di 71.140 CV. Sono più dei 55.000 di quella degli F1, cioè “LA TURBOPOMPA”. Per capirci con le 4 presenti sull’SLS si supera la potenza del transatlantico più Rollingsteel di sempre (Lo United States), non è un caso che l’autorevolissima turbopumpsociety la metta al nr. 1 nel suo ranking: siamo quindi di fronte alla REGINA DELLE TURBOPOMPE.

– LA REGINA DELLE TURBOPOMPE –

Dai regaz, non penserete mica che ci passiamo sopra così.

CI RENDIAMO CONTO CHE DUE INVASATI HANNO PERSO TEMPO A FARE UN SITO DEDICATO ALLE TURBOPOMPE E CI HANNO MESSO PURE UN RANKING?!

Forse non siamo soli nell’Universo.

Torniamo a noi. I residui della combustione dello RS-25 sono in eccesso di combustibile (fattibile con L2H, non con il cherosene) e sono inviati in camera di combustione dove partecipano alla spinta del motore. Si tratta quindi di un motore a ciclo chiuso, il primo fatto dagli americani e ancora oggi un pezzo di ingegneria importante.

Carburante e comburente si incontrano infine nella campana del motore fatta di leghe cazzutissime che non ho capito (ci vorrebbe il Direttore), ma che sono state sviluppate appositamente negli anni ’70.

NOTA del direttore: l’ugello principale è composto da 1.080 tubi in superlega di ferro A286 (uno specialissimo tipo di acciaio inossidabile caratterizzato da una elevatissima resilienza unita a un’eccellente resistenza all’ossidazione a temperature elevate) brasati fra loro e una camicia strutturale in Inconel 718, una lega niichel-cromo particolarmente indicata per lavorare alle altissime temperature.

Comunque, lega o non lega si raggiungono comunque i 6000°C lì dentro, siamo oltre il punto di ebollizione del ferro, quindi come in tutti i motori di questo tipo il carburante è pompato prima in tubi che circondano la campana a temperature criogeniche (vedi foto sopra).

Ora, in attesa di vedere le regine all’opera, è il momento dei fun facts NASA sugli SR-25. Devo dire che a ‘sto giro valgono la pena, non ho fatto molta selezione.

  1. I quattro SR-25 bastano per tenere 8 Boeing 747 sospesi in aria (ancora? Si vede che il 747 è la misura standard di calcolo della NASA).
  2. Un solo motore basta a portare oltre 10 portaerei Nimitz a 30 nodi (ah però).
  3. L’uso dell’idrogeno dà il 20% in più di potenza rispetto al cherosene standard e in più il risultato finale è ecologico: acqua (anche se il vapore acqueo è un gas serra più “potente” della CO2).
  4. Nei due millisecondi che il L2H impiega a percorrere la campana del motore come refrigerante si porta a casa 204° in più (ah però 2).
  5. La pressione che si genera all’interno del motore equivale a quella dell’acqua a 4500 m di profondità.
  6. I quattro ragazzi si ciucciano insieme 5678 litri di carburante. Al secondo. Per otto minuti. (ah però 3)

Chiudiamo col dato che capiamo tutti (fonte web): ci sono 12.000.000 CV per motore RS-25 e 22.000.000 per ciascun booster. Facendo due calcoli sono 92 MILIONI DI CAVALLI. Sembra tanto (e lo è), ma i 5 F1 del SATURN V ne fanno 160.000.000. La differenza è che il primo stadio del nostro vecchio amico bruciava tutto in soli 2,5 minuti prima di passare il testimone, qui sono 8 minuti. Possiamo trovare tutti i limiti che vogliamo allo SLS, ma non ce n’è, quando ci sono 92 milioni di CV sotto le chiappe abbiamo inequivocabilmente a che fare con un FERRO DEL DIO.

In conclusione, vale la pena fare notare che c’è stato comunque anche un ampio riuso delle infrastrutture storiche della NASA già impiegate per SATURN e Shuttle. Lo SLS viene assemblato nel VAB, l’enorme edificio con le porte più grandi del mondo, talmente alto che a volte la condensa forma delle nuvole al suo interno. Il trasporto avviene con lo stesso crawler che ha già portato le altre leggende spaziali, il simpatico “muletto” cingolato che si infila sotto la piattaforma e la porta fino al pad. Anche la stessa piattaforma è una delle due che erano state costruite negli anni ’60, riadattata più volte. Nella foto sotto la vedete in un mio scatto (brutto) durante i lavori tre anni fa, ancora sono presenti i supporti per le ali dello Shuttle.

 – Il VAB, foto mia del 2019, la struttura a sinistra è il Launch Control, sempre d’epoca –

– Il Crawler cingolato si infila sotto e alza il tutto. La torre è nuova –

Last, but not least, anche il launch pad utilizzato, il 39B, è pregno di storia: inaugurato con Apollo X ha visto anche l’ultimo lancio Apollo con il XVII. Ripartiamo da dove abbiamo finito quindi.

Torniamo sulla Luna, e ci andiamo con la regina delle TURBOPOMPE, non potrà che essere una figata.

 

PS: Se ti piacciono lo spazio e la scienza, puoi provare a leggere anche i miei libri, qui trovi l’ultimo: Luci dal Futuro.

Articolo del 29 Agosto 2022 / a cura di Paolo Broccolino

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  • Enky

    Stavo giusto pensando di scrivere al sig. Broccolino se pensava di farci un articolo, che l’articolo è arrivato complimenti per l’efficenza

  • Giorgio

    Ho la fortuna di avere seguito da bambinetto (avevo 6 anni) l’Apollo 11 e di vivere le emozioni di quei magici anni… tanto magici che dopo 50 anni mi rirtrovo su Rolling steel… e ovviamente ho a casa il modello dell’Airfix di Apollo 11, oltre che svariati libri sulle missioni Apollo. Mi sento emozionato esattamente come quel bambino. E un grazie a voi perchè non sono il solo, siamo in tanti e ci divertiamo da matti con entusiasmo adolescenziale e conoscenze approfondite… e scusate se è poco!!!

  • Sebastiano

    Salve, e complimenti per l’articolo.
    Sarebbe interessante capire come è stata fatta la conversione della potenza dei motori da milioni di Ton di spinta a cavalli vapore.. Se c’è una formula matematica e via dicendo….
    Grazie mille

  • Paolo Martini

    Non datemi del terrapiattista o di quello che crede nei complotti, ma dopo anni di sogni e convinzioni, ho visto il documentario ”American Moon”, che mi ha fatto venire un sacco di dubbi sulla veridicità dell’ allunaggio.
    Spero di sbagliarmi, ma quel documentario sembra veramente convincente, spiega in maniera semplice troppi argomenti che mi rendono veramente dubbioso, e non credo che le condizioni ritenute proibitive allora, possano essere cambiate, seppur con il fantastico miglioramento tecnologico che abbiamo ora rispetto ad allora.
    Spero di sbagliarmi, veramente.
    Questo è proprio un bel sito, belle foto e buone descrizioni.
    Complimenti !!!!
    Ora vi racconto una cosa che mi è tornata in mente a proposito di un vostro servizio
    C’è stato agli inizi degli anni ’70 un altro passaggio attraverso il Tower Bridge, compiuto da un F 104 G della nostra Aeronautica Militare.
    Il pilota con il suo gregario si era veramente stufato di fare da bersaglio ( sempre intercettato e mestamente riaccompagnato alla base ) da parte dei Lightning inglesi, durante le annuali e cicliche esercitazioni Ample Train, così un giorno riusciro a non farsi trovare all’ abbattimento ”programmato” comparendo all’ improvviso sull’ estuario del Tamigi, gettando nel panico tutta la locale rete di difesa aerea, dimostrando che i ”Manici Italiani” erano ben altra cosa delle indifese lepri da impallinare, provocando qualche lavata di testa agli inglesi e, pur fatti a denti stretti, complimenti alle aquile italiane !!!! GHEREGHEZ GHEZ GHEZ !!!!

    • Paolo Broccolino

      Paolo, lascia perdere i documentari che ignorano le decine di prove a favore e si concentrano su quattro stupidate per come i dietrologisti se le vogliono sentire raccontare. Tre prove per tutte: 1) le foto non sono 5 o 6, sono migliaia, tutte disponibili. 2) i rifrattori laser lasciati dagli astronauti sono lì e anche astronomi amatoriali riescono a colpirli. 3) In un progetto con 1 milione di persone di coinvolte (1 milione), nessuno, manco per soldi, ha detto che era una buffonata. Leggi i miei articoli sulle missioni e scoprirai che non è stato mica facile andare là, ci sono state cose andate male.

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