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Dal dieselgate all’elettrico, la crisi dell’auto europea parte da lontano

Forse è arrivato il momento di mettere un po’ di ordine.

L’industria automotive europea si è infilata in un vicolo cieco e non sembra essere in grado di uscirne, anche perché fuori è buio pesto e non c’è nessuno che dia indicazioni per fare manovra.

C’è anche da dire che se ti infili con un Ducato Maxi in una stradina a senso unico, l’unica cosa che puoi fare è mettere la retromarcia.

Ma se sul sedile del furgone te la cavi con tante bestemmie imprecazioni, sulla poltrona in pelle umana da megadirettore “CEO” serve ben altro: una forte dose di autocritica, la pazienza degli azionisti, il supporto degli investitori e il sacrificio dei dipendenti.

E alla politica europea che cosa serve per fare retromarcia? Probabilmente il palesarsi di una crisi economica capace di mettere in ginocchio un intero continente.

Sembro esagerato? Allora osserviamo la realtà.

Quattro anni fa, in occasione della nascita di Stellantis, avevo già parlato della morte dell’auto italiana, dimostrando come gli errori del passato stessero influendo malamente sul presente e cancellando il futuro.

Il ruolo di Cassandra non è certo quello che preferisco ma c’è da dire che la realtà ha superato anche l’immaginazione. Le vendite di tutti i marchi ex-FCA sono crollate, così come la produzione negli stabilimenti italiani. Abarth, Lancia e Maserati sono sull’orlo del collasso, Fiat è sempre meno rilevante sul mercato europeo e Alfa Romeo resta a malapena a galla con numeri che fanno tenerezza.

Nei suoi quattro anni come Ceo di Stellantis Tavares si è preoccupato solo di tagliare i costi e di azzerare gli investimenti; allo stesso tempo ha alzato i prezzi di tutti i modelli per riempire le tasche degli azionisti, distribuendo dividendi faraonici.

Ma il manager portoghese è in ottima compagnia.

Si capiva subito che non c'era niente da sorridere...

Il Gruppo Volkswagen è passato dal generare un utile netto di 18 miliardi di euro nel 2023, ad annunciare un profondo piano di riduzione dei costi solo un anno dopo (l’utile del 2024 è stato comunque di 12,39 miliardi, ma le proiezioni sui prossimi anni sono pessimiste). Dopo alcune settimane di trattative con il potente sindacato IG Metall, è stata scongiurata la chiusura delle fabbriche, ma entro il 2030 saranno tagliati oltre 35.000 posti di lavoro, tra uscite volontarie, pensionamenti e blocco delle assunzioni.

Ford Europa negli ultimi quattro anni ha mandato a casa circa 20.000 dipendenti e, nonostante questo, ha bruciato quasi 5 miliardi di euro, che la Casa madre americana ha dovuto coprire. In tutto ciò ha smesso di produrre la Fiesta e tra poco chiuderà anche le linee della Focus, per concentrarsi sulla mobilità elettrica. Una scelta che appare molto rischiosa anche perché le due auto presentate finora – Capri ed Explorer – sono realizzate sulla piattaforma MEB di Volkswagen e quella proprietaria Ford non sarà pronta prima del 2027

Nissan ha tagliato 9.000 posti di lavoro nell’ultimo anno e rischia seriamente di chiudere i battenti, mentre Jaguar ha di fatto cessato le attività in attesa di trasformare in pratica la scommessa annunciata con la Type 00, cioè la famigerata macchina rosa.

Tutto questo solo per citare i fatti più clamorosi e tralasciando tutti gli annunci fatti urbi et orbi sull’elettrificazione e poi rimangiati. Un trend che nell’ultimo anno ha riguardato praticamente tutti i brand, ultimo dei quali Maserati che ha confermato la cancellazione della MC20 Folgore.

Nello scorso settembre, dopo 30 anni, Volkswagen ha rescisso il contratto di alvaguardia con l'IG Metall

Ma dove e quando è iniziato questo processo di autodistruzione dell’industria dell’auto europea?

Negli Stati Uniti, a metà settembre del 2015, quando la Enviromental Protection Agency – l’ente americano indipendente dal controllo di qualsiasi autorità che si occupa dell’ambiente – fece sapere a tutto il mondo che il Gruppo Volkswagen aveva violato il Clean Air Act installando un software illecito nei propri Diesel. In realtà da quasi due anni diversi ricercatori americani stavano effettuando dei test sui Diesel venduti negli States e avevano inviato diverse mail alla Volkswagen chiedendo come mai le loro auto avessero valori completamente diversi nelle prove su strada, rispetto a quelle di omologazione sui banchi a rulli.

I tedeschi fecero finta di niente, fin quando gli instancabili ingegneri americani scoprirono il famoso “defeat device” ovvero la parte di software che riconosceva il banco a rulli e attivava la mappa per rispettare i valori dichiarati. Una volta finita la prova, i TDI tornavano a funzionare regolarmente e a inquinare molto di più di quanto omologato.

Il Dieselgate è costato al Gruppo Volkswagen oltre 40 miliardi di dollari solo tra ammende, sanzioni, composizioni pecuniarie e costi di riacquisto delle automobili interessate dallo scandalo. Ma i suoi effetti sono andati ben oltre questo e ne paghiamo le conseguenze ancora oggi.

Nel 2015 l’auto elettrica era ancora un giochino che nessuno prendeva sul serio. Tesla vendeva 50.000 auto all’anno – nel 2024 ne ha vendute 1,8 milioni – e quasi nessun costruttore produceva auto elettriche. Il Gruppo Renault-Nissan era l’unico che ci provava un pochino, ma se pensiamo che la Leaf (eletta auto dell’anno nel 2011), faceva fatica a percorrere 100 km nella vita reale, viene da sorridere.

Poi, nel settembre 2016, esattamente un anno dopo l’inizio del Dieselgate, Volkswagen presenta il concept 100% elettrico ID. e inizia a parlare di “terza era”, considerando come prima quella del Maggiolino – se non conoscete la sua vera storia di auto nazista, ve la raccontiamo noi – e come seconda quella della Golf. Tre anni dopo, a fine 2019, è pronta la ID.3 che inizia la sua avventura commerciale. Da quel momento in poi, Il Gruppo tedesco ha fatto di tutto per trasformarsi, con l’idea di sostituire le vecchie auto basate sulla meccanica e alimentate da combustibili fossi, con una nuova generazione di vetture a batteria e caratterizzate dal software. L’idea era quella di far dimenticare il prima possibile il Dieselgate e anche di far valere oltre trent’anni di presenza in Cina, che gli garantivano un accesso privilegiato alla tecnologia delle batterie e all’approvvigionamento delle terre rare.

Ma quando uno dei due più grandi gruppi automobilistici del mondo si muove, tutti gli altri gli vanno dietro, anche se non alla stessa velocità. Nel frattempo il clima politico iniziava a cambiare, con l’Europa che si ergeva a paladina di un nuovo mondo più rispettoso dell’ambiente, con l’obiettivo finale di azzerare le emissioni di CO2.

La prima Nissan Leaf...bella vero?

Qui bisognerebbe aprire un discorso su quanto le auto elettriche permettano realmente di generare meno CO2, ma sarebbe molto lungo. Sappiate solo che i documenti delle stesse Case auto stabiliscono che produrre un veicolo elettrico genera il 70% in più di CO2 rispetto a uno termico, come ha spiegato Volvo, ovvero un costruttore assolutamente impegnato sull’elettrico. Quindi, per renderlo realmente sostenibile bisogna alimentarlo solo con elettricità proveniente da fonti rinnovabili per tutto il suo ciclo di vita. Tutto questo senza contare dove e come vengono estratti il litio e le altre terre rare che servono per le batterie e in che condizioni lavorino questi minatori. Viene da pensare che dietro ai nobili obiettivi ambientali in realtà ci siano meri obiettivi economici: la filiera del litio e delle terre rare fa gola a molti e i grandi fondi di investimento sono entusiasti di supportare la transizione green.

Ad ogni modo, mentre le Case automobilistiche investivano miliardi convinte che i consumatori avrebbero amato le auto elettriche e che il maggiore prezzo di acquisto dovuto al costo delle batterie sarebbe stato compensato dagli incentivi statali, il mondo si prendeva una pausa dalle sue routine per colpa del Covid. La pandemia ha cambiato tutto, creando una crisi nella catena di fornitura dei microchip e alzando a dismisura il costo dei trasporti. Poi la Russia ha attaccato l’Ucraina, facendo impazzire il costo dell’energia e di diverse materie prime. Questi due avvenimenti hanno impattato drasticamente prima sulla disponibilità di vetture nuove – quindi è stata privilegiata la produzione di modelli più costosi, del tipo meno Seat Leon, più Audi A3 – poi sui loro prezzi.

In un periodo iniziale, le Case auto hanno dovuto realmente gestire un aumento dei costi, riversandolo sul prezzo finale. Ma quando le emergenze su energia e trasporti sono rientrare, i prezzi delle auto non sono scesi di conseguenza. Del resto, se le Panda si vendono anche a 16.000 euro, perché riportarle a 10.000 euro?

Vi ricordate la Panda a 9.800 euro? Bè, dimenticatevela

Per nessun motivo, visto che in fin dei conti l’unica cosa che importa alle Case auto sono i profitti. E pazienza se qualcuno non comprerà più la Panda a quel prezzo, perché verrà ampiamente compensato da tutti quelli che la compreranno comunque perché costretti, nonostante quel prezzo. Diabolico vero? Peccato che un trucchetto del genere possa funzionare solo per poco tempo, soprattutto in un Paese come l’Italia dove gli stipendi sono fermi dai tempi in cui i cellulari pesavano un chilo.

In tutto ciò, la marcia verso l’elettrico continuava trionfale, con dichiarazioni roboanti da parte di praticamente tutti i brand: “diventeremo 100% elettrici nel 2030!” “Noi invece nel 2028!” “Noi siamo più fichi, facciamo nel 2027” “Sfigati, noi nel 2025!”.

A novembre 2022 arriva anche la decisione definitiva della politica europea: dal 2035 si potranno immatricolare solo auto a emissioni (locali) zero, quindi per forza di cose elettriche. Le Case auto gongolano, apprezzano la definizione di uno scenario stabile e cercano di spiegare a tutti quanto sia fica bella la mobilità elettrica. Peccato che, tranne pochi casi isolati, i consumatori la pensino diversamente e che, di mese in mese, le vendite non soddisfino le aspettative. In Europa le auto elettriche arrivano a rappresentare il 14% del nuovo e lì si fermano. Il tanto atteso salto in avanti non arriva. L’Italia, invece, rimane ferma al 4%.

L’atmosfera inizia ad appesantirsi e, come se non bastasse, ci sono anche le norme Euro 7 da rispettare, per non parlare delle emissioni di CO2, che devono scendere entro il 2025, altrimenti arrivano multe miliardarie. Le associazioni di categoria si fanno sentire, l’Euro 7 viene rimandata e le multe pure, ma la situazione è sfuggita di mano.

Per la serie: si stava meglio quando si stava peggio!

Ricapitoliamo: le auto elettriche non si vendono, principalmente perché costano troppo e perché non portano nessun vantaggio all’automobilista che le compra, anzi: solo rotture di palle scatole. Le auto tradizionali hanno raggiunto prezzi irragionevoli, sono colme di tecnologia che la gente non capisce e non utilizza e hanno rinunciato quasi del tutto al Diesel, che peraltro molte amministrazione limitano nella circolazione. Il risultato è che il mercato stagna, anzi decresce e che i conti delle Case auto europee iniziano ad andare in rosso.

E poi ci sono i cinesi, che dopo avere assorbito la tecnologia europea per oltre trenta anni, hanno imparato a fare le auto come e meglio di noi. Anzi, nel caso delle elettriche anche meglio di noi, visto che producono il 90% delle batterie prodotte in tutto il mondo e che hanno iniziato a puntare su questa tecnologia anni fa. Che poi gli operai che costruiscono queste auto siano pagati una miseria e che la sicurezza sul lavoro sia solo una barzelletta (per produrre in Europa bisogna rispettare delle leggi che determinano quanto un operaio possa faticare), al consumatore che risparmia 10.000 euro, o anche più, non interessa.

La situazione è molto complicata e i costruttori che rischiano di più sono i cosiddetti generalisti, quelli che hanno sempre puntato sulla quantità e sul rapporto qualità prezzo. I premium, invece, vivono un po’ più tranquilli, perché chi vuole spendere per sfoggiare un’Audi, una Bmw o una Mercedes, continuerà a farlo.

Per il resto, non resta che aspettare il corso degli eventi e osservare la prossima generazione di automobili, che saranno necessariamente sempre più ibride, in vari modi e livelli, per abbassare le emissioni. I pochi modelli sportivi superstiti (supercar escluse) si estingueranno completamente e chi vorrà un’auto divertente dovrà rivolgersi al mercato dell’usato. L’unica novità attesa e tecnicamente rilevante è la prossima generazione di piccole auto elettriche “sotto i 20.000 euro”, come la Volkswagen Id.1 (o Id.2, ancora non si è capito) o la nuova Renault Twingo. Basteranno? Lo scopriremo presto.

Nell’attesa, per non sprofondare nella tristezza, rallegrati con il nuovo album di figurine F.A.S.T.  che ti farà tornare il sorriso.

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Articolo del 17 Marzo 2025 / a cura di Jean Paul Mendoza

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  • mauro maccagnani

    ma perchè dovrei comprare un cesso di elettrico con la paura di rimanere a piedi e senza sapere dove caricarlo?

    • Ugo

      perchè non hai alternative.
      anche fosse lammerda® vera (e non lo è), non possiamo fare altrimenti.
      non possiamo più emettere CO2 come prima, quindi o usi le batterie o usi il cavallo, la bicicletta, i piedi.
      questa è la scelta che hai.
      non possiamo non decidere, nè possiamo fare come prima, è così e basta e battere i piedini forte per terra non cambierà le cose.
      non per ragioni politiche, ma di “realtà”.

      • Chipperfield

        Peccato che produrre un’auto elettrica generi molta più co2 rispetto a produrre un’auto termica.

        • Ugo

          certo.
          se il tuo scopo è produrle per poi tenerle ferme e guardarle è effettivamente un’obiezione validissima…

          comunque vabbè, ho già capito dove vuoi andare a parare.
          va benissimo così.

          • Flavio

            Ugo, noi vogliamo sentire l odore della benza, il fischio delle turbine, vohliamo sentire l anima delle nostre auto. Questo sito è la nostra isola felice, se vuoi l elettrica comprala, qui nessuno ti dirà niente, però per elogiarla, devi andare su vaielettrico, qui non attecchirai mai!!!

  • Luca

    Secondo me la VW ha avuto la fortuna di avere le TGI pronte (e invendute) e l’abilità di girare i clienti che volevano le TDI sulle TGI, in modo che comperassero comunque una VW. Tutto il resto (intendo la storia sull’elettrico) probabilmente finirà sui libri di storia (come la crisi di cui scrive l’autore), se la tecnologia non cambia seriamente l’elettrico non ha futuro. Gli scogli da superare per l’euro 7 sono legati alla polvere dei freni (rilasciata in quantità ridotta anche dalle auto elettriche) e dagli pneumatici, tant’è che a breve questi avranno una nuova etichetta energetica che riporterà la quantità di polvere rilasciata in un certo ciclo che simula la percorrenza di una certa quantità di km. Essere ecologici va bene, anzi, cerchiamo di conservare al meglio il pianeta per quanti verranno dopo di noi, ma dover essere “ecologici” solo per l’interesse di certe lobby ha poco a che fare con la salvaguardia dell’ambiente.

  • Ugo

    articolo… meh… che mischia alcune cose assai semplificate ma sostanzialmente corrette a cose troppo semplificate e quindi diventate scorrette in un pastone che non fa capire granchè e chiude con un “boh, vedremo”.

    la sola cosa chiara (e almeno questa forse esce dall’articolo) è che le case europee in questa situazione ci si sono messe per gran parte da sole.

    che tra le cose semplificate è una di quelle sostanzialmente corrette, quindi accontentiamoci.

  • Noddywork

    A mio parere il più grosso errore delle case auto è stato sforzarsi a trasformare TUTTE le auto, di qualsiasi classe, dimensione e segmento, in elettriche. La cosa doveva essere molto graduale, cominciando dalle auto più piccole, le citycar che fanno pochi km e che avrebbero aiutato più che altro a decentrare le emissioni dai centri urbani. Auto piccole, con batterie piccole, pochi fronzoli e una manciata di km di autonomia che bastano per i centri città e per piccole gite fuori porta. Avrebbero addolcito il passaggio all’elettrico probabilmente facendo buoni volumi di vendita e svecchiando un po il parco auto circolante…invece si sono concentrati sullo sfornare delle portacontainer da 3 ton con 6 schermi, 1000cv inutilissimi e dai 100 mila euro in su. Hanno rovinato tutto…

    • Ugo

      le auto piccole erano morte ben prima del problema di vendere auto elettriche.
      tanto che per quasi due decenni i costruttori ci avevano venduto tre auto di numero appiccicandoci una dozzina di marchi diversi sopra.
      semplicemente, con l’aumento delle necessarie dotazioni di sicurezza e tecnologiche, le auto piccole erano un salasso di R&D per non avere poi alcun ritorno economico nel momento in cui si mettevano in vendita.
      ovvio che i produttori ad un certo punto hanno deviato su prodotti a redditività maggiore.

      e da lato dei consumatori la cosa avrebbe forse avuto senso in mercati maggiormente segmentati, ma di certo non in italia dove le obiezioni alle elettriche sono “eh, ma io voglio spendere 9000 euro per una Panda perchè con quella ci faccio casa-ufficio ogni giorno e Francoforte-Lecce ogni weekend per andare a trovare la nonna”.
      che diavolo gli vendi a gente che dice così? che si pigli la punto gpl usata e viva felice.

  • ale

    quando ho aperto questo articolo certamente non mi aspettavo belle parole riguardo le auto elettriche, ma quantomeno un minimo di onestà intellettuale che ha sempre caratterizzato rs.

    penso di parlare in modo neutrale, in famiglia abbiamo di tutto, dal gpl al diesel all’elettrico, e senza preconcetti da tifoseria calcistica riesco ad apprezzare i benefici di ogni motorizzazione.

    vorrei far notare che l’auto più venduta nel 2023 e pure nel 2024 è un elettrica (2025 è in dubbio visti gli sviluppi geopolitici..) quindi dire che le elettriche non si vendono è una cazzata grossa come una casa e continuare a dire ciò vuol dire avere le fette di salame sugli occhi ma vabbè ognuno è libero di credere a ciò che lo fa sentire meglio.

    ecco sarebbe stato interessante capire come mai in europa si arrivano a percentuali del 14% e in italia si sfiora il 4%? stipendi bassi? auto proposte dimensionalmente enormi? analfabetismo funzionale?

    capisco che è chiedere troppo visto le sparate dell’autore.
    peccato poteva venir fuori un dibattito costruttivo invece delle solite sparate.

    • Stefano

      Ma scusa, se le elettriche in Italia sono al 4%, perché sostenere che le elettriche non si vendono sarebbe una cazzata grossa come una casa ?
      Anche in Europa non mi sembra che le vendite stiano andando benone, ma probabilmente la mia percezione è colpa del salame.

      • ale

        intanto perchè nell’articolo si parla di auto a livello europeo e non a livello italiano, poi vabbè capisco effettivamente che la comprensione del testo è roba in diminuzione però..
        l’auto più venduta a livello mondiale invece? cherry picking coi dati che più ci fanno comodo?

        tralasciamo poi le minchiate sulla co2, vero che in fase di costruzione si emette più co2, ma anche con l’attuale mix energetico europeo, nell’intero ciclo di vita le emissioni totali sono ben inferiori
        questo (escludendo i vari de fap/de kat che stanno tanto a cuore a certi)

        • Stefano

          Roba in diminuzione..meno male che un genio come te ci illumina.
          Peccato però che le vendite dell’elettrico vadano male anche a livello europeo, con poche eccezioni, tipo Norvegia, che però non modificano il dato generale.
          Se pensate che una mobilità 100% elettrica sia sostenibile e che possa anche solo rallentare il cambiamento climatico, avrete una brutta sorpresa.

          • ale

            ed ecco l’italiano medio signori, fa fatica a leggere e comprendere un testo ma si lancia in previsioni globali.

            poi fa niente che eventi climatici sempre più estremi ci toccano annualmente, l’importante è poter fare brum brum.

            ti direi di lasciar stare le previsioni, terna (terna eh non il barista del bar sport) dice che non ci sono problemi ad elettrificare l’italia gradualmente (mancano 10 anni al 2035 eh), ma sarebbero solo tasti sprecati.

        • Stefano

          Hai ragione, sei troppo avanti per l’italiano medio. GENIUS

          • ale

            we genius, ma alla fine della fiera sei capace di portare un solo dato a supporto delle cose che dici?

  • Federico

    articolo interessante ma anche abbastanza lacunoso, quando si è iniziato a parlare di Renault mi sarei aspettato si spendesse qualche parola in più per un marchio che ha deciso di mantenere la filiera in Europa, preferibilmente in Francia, quindi esempio ai miei occhi virtuoso e diametralmente opposto a quanto è accaduto e sta accadendo ai marchi italiani (o meglio ex italiani ormai).
    Anche l’equazione termico = divertente ed elettrico = noioso è abbastanza stereotipata (provata la nuova R5? sicuri sia peggio di un 1000 3 cilindri a livello di piacere di guida?) a meno di non ridursi al livello di “mi piace solo se fa brum brum” leggermente infantilistico…
    La colpa non è solo dei “poteri forti brutti e cattivi” ma più spesso di manager più attaccati ai bonus a breve termine che a strategie lungimiranti.

    • ale

      a mio avviso l’eu in generale si è seduta sugli allori da una 20ina d’anni a sta parte.
      sapevamo fare tutto, ma abbiamo preferito delocalizzare.
      le varie normative euro5/6/7 si sanno in anticipo da anni ma puntualmente le case cadono dal pero.
      la direzione in cui si vuole andare è abbastanza chiara ma nessuno in europa ci vuole andare.
      si preferisce continuare a fare ciò che sappiamo fare (sapevamo fare in realtà perchè stando a guardare le porcate fatte coi puretech mi viene effettivamente il dubbio se sappiamo ancora fare i motori o meno) e lagnarci del 2035 con 10 anni di anticipo.
      stendiamo un velo pietoso sui toretto della domenica, gente che dall’alto del 1.3mjet pontifica su cambi automatici o ev..

  • Paulo

    Secondo me, da qui al 2035, ci sono paecchi anni in cui le case automobilistiche (e l’ EUROPA) possono cambiare idea.
    Penso che nessun paese del vecchio continente, sia pronto per la totale elettrificazione, anche tra 10 anni.
    Qui, si stà usando l’auto come capro espiatorio, quando tutti sanno benissimo che il vero inquinamento, lo fanno altri mezzi di locomozione, molto più grandi, come le navi da crociera (che sono in aumento) aerei delle compagnie low cost (che sono in aumento) grandi industrie, centrali elettriche di paesi in via di sviluppo, (Cina, India, terzo mondo, etc.) che hanno poche possibilità (oppure voglia ndr) di passare ad energie alternative.
    E’ ovvio, che se tutti rimangono fermi, non c’è via di uscita / soluzione, qualcuno deve pur cominciare il cambiamento.
    Ma sei l’EUROPA vuole fare da apripista, lo deve fare dando anche delle alternative (idrogeno, carburanti bio, etc) non si può permettere di imporre da un giorno all’altro che tutti tra 10 anni devono andare a pedali, elettrico, etc.
    Non sarà solo il nostro caro e vecchio stivale ad avere problemi di mobilità, la gente che non ha n€uri da spendere in smartphone a 4 ruote da 50k/100k, è ovunque.
    Nel frattempo…buone sgumme a tutti!

    • Ugo

      calma.
      innanzitutto il limite del 2035 non è per “la totale elettrificazione”, ma per smettere di vendere auto a combustione.
      che è tutta un’altra cosa.
      se si smettono di vendere auto ICE nel 2035 avremo auto a combustione in strada probabilmente fino alla fine del secolo circa, e altrettanto probabilmente le auto elettriche diventeranno maggioranza del circolante solo dopo il 2050.
      ma ad un certo punto bisognerà pur iniziare.

      il “vero inquinamento” lo fanno tante cose, ma il trasporto privato/commerciale su strada è uno degli elementi più facilmente modificabili e non è comunque un componente “piccolo”, anzi.
      ci sono settori che con le tecnologie di oggi non sono probabilmente decarbonizzabili, vedi il trasporto aereo. il trasporto navale sta facendo grandi progressi e potrà farne ancora.
      l’industria è legata alla produzione elettrica generale ed è una ragione per cui non potremo fare a meno del nucleare, volenti o nolenti (stesso discorso che ho fatto per le auto elettriche: anche fosse lammerda® non possiamo permetterci di non averlo.)
      la Cina ha decarbonizzato _molto_ più, in proporzione, degli Stati Uniti. certo emette ancora di più ma hanno una produzione industriale che è circa il 150% quella di UE o USA.
      solo noi europei abbiamo decarbonizzato in modo simile ai cinesi, ma appunto abbiamo una produzione industriale minore.
      più che la Cina il problema sono proprio gli Stati Uniti.
      l’India sta arrivando adesso e vedremo da che parte andranno con le rinnovabili, il resto del mondo conta, a livello di emissioni, relativamente poco, ed ha consistenti incentivi a impiantare rinnovabili.

      capitolo “la UE deve dare alternative”.
      sfortunatamente, non ce ne sono.
      ad oggi l’elettrico è la maniera più efficiente e pratica per decarbonizzare il trasporto.
      l’idrogeno non funziona.
      mi spiace. l’hanno capito tutti tranne quelli che su internet in italia devono fare quelli che “a loro non la si fa”.
      l’ha capito BMW che c’ha provato per decenni, la capito Toyota.
      non funziona per ragioni tecniche, ma anche per banalissime ragioni energetiche.
      l’idrogeno lo fai usando corrente elettrica per staccarlo dagli idrocarburi (che quindi dovrai continuare a estrarre, con grossa gioia dei sauditi). quindi hai una perdita di energia per fare l’idrogeno e poi una perdita di energia per ritrasformare l’idrogeno in corrente elettrica nelle fuel cell e poi in movimento.
      usando la corrente direttamente per muoverti hai semplicemente meno conversioni e meno perdite. non siamo nelle condizioni di poter buttare energia…
      i biocarburanti non funzionano.
      li usano da decenni in sud america, e dopo aver raso al suolo mezza foresta amazzonica per coltivarci le barbabietole con cui fare i biocarburanti riescono a metterci giusto il 10% di bioetanolo nella benzina.
      se vuoi usare quelli smetti di dar da mangiare a mezzo mondo.
      gli e-fuel sono poco efficienti (per la stessa ragione dell’idrogeno) ma potrebbero avere senso, SE per farli usi CO2 ricatturata dall’atmosfera, per quei settori che come detto non sono decarbonizzabili, come l’aviazione.
      usarli per le auto è una fesseria, anche solo perchè chi li propone per metterli dentro la panda di 15 anni non ha capito che non costeranno 1,5 euro al litro.
      allora se li usi per metterli dentro a mezzi ad altissimo valore e senza alternative, ok, ma se devi pagare 5/6 euro al litro per fare il pieno a 8000 euro di utilitaria… immagina di arrivare con la VW Up al distributore e pagare un pieno 250 euro.

      quindi no, AD OGGI sfortunatamente non ci sono alternative.
      tocca usare l’elettrico e tocca anche che le case europee la piantino di frignare e si diano una mossa sennò i cinesi ci fanno chiudere tutto.
      e speriamo che se siamo bravi e decarbonizziamo tutto il decarbonizzabile FORSE sarà sufficiente per continuare ad usare un bel 4 cilindri in moto per farsi due curve la domenica.
      (e con questo spero di aver risposto anche a Flavio, più su: io non “elogio” le elettriche. ne ho una, la mia terza, sono macchine “meh”. ne sono contento, ma non “entusiasta”. io son cresciuto a miscela e carburatori e anch’io la vorrei indietro. già vedere i 125 a 4 tempi mi dà i conati. purtroppo non possiamo più averli. quindi almeno cerchiamo di non deprimerci. userò l’elettrico tutti i giorni come tutti quanti dovremo fare. userò i mezzi pubblici e la bici. e magari la domenica spero di poter continuare ad usare una moto a 2 o 4 tempi, o se ne avrò la possibilità una Cayman 6 cilindri boxer. che mi costerà 400 euro a pieno.) 

      • Paulo

        Grazie, io non volevo dilungarmi, e non ho volutamente nominato nessuna nazione inquinante, proprio per motivi di spazio e tempo.
        Fortunatamente, lo hai fatto tu, con una ottima analisi.
        Si capisce perfettamente che “fare muro” all’elettrico non serve a niente, e prima o poi,(speriamo più poi che prima) dovremmo accettarlo e farcene una ragione.
        Purtroppo, da appassionato di motori di epoca pre-internet, non riesco proprio a mandare giù il boccone amaro dell’elettrificazione, così come non gradisco neanche le macchine odierne infarcite di tecnologia che serve solamente a creare distrazione e che raramente la gente usa soprattutto quando si è al volante.
        Grazie ancora.

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