Nota dell’autore: siete pregati di uscire dal tunnel della guerra in Ucraina di non rompere il ca e di godere di questo articolo per quello che è: un racconto di uomini e macchine. Grazie.
“Goose, ne ho abbastanza di questa stronzata. Rallento e mi faccio superare!”
– tenente Pete “Maverick” Mitchell –
Questa particolare storia può iniziare in luoghi e momenti molto diversi.
Può iniziare in un momento non precisato nei cieli sopra l’aeroporto di Zhukovsky, vicino a Mosca. Qui sta volando Igor Volk, uno dei più importanti e dotati piloti sovietici, da molti considerato il migliore test pilot in servizio presso le linee della Grande Madre Russia. Parliamo di un uomo che nella sua carriera di pilota ha volato più di 7000 ore su tutti i tipi di aeroplano, siano essi caccia, bombardieri o aerei da trasporto e, di queste 7000 ore, almeno la metà sono state volate come pilota collaudatore. Capace di uscire anche dalle situazioni più difficili, una volta Igor Volk (assieme al collega Anatoliy Lechenko) riuscì a far atterrare un Tupolev Tu-144 (di cui parleremo in DI BRUTTO Volume Tre) rimasto senza motori a 22 km di quota. Negli anni successivi, grazie alla sua destrezza, Volk venne selezionato come Cosmonauta e partecipò attivamente al programma spaziale sovietico, prendendo parte al progetto SPIRAL (nel 1976 piloterà il misterioso Mig-105.11) e a quello del Buran, per il quale si fece 13 voli a bordo della navetta di prova OK-GLI. Volk venne anche selezionato per essere il comandante del primo volo spaziale della navicella, cosa che però non successe mai a causa della prematura cancellazione del programma. Nel dubbio, Volk nello spazio ci andò lo stesso, raggiungendo la stazione spaziale Saljut 7 a bordo della Sojuz 12 e rimanendo in orbita attorno alla terra per ben 11 giorni.
Comunque, veniamo a noi: un giorno non meglio precisato Igor Volk stava collaudando il nuovo aereo da superiorità aerea sovietica, il Sukhoi Su-27. Nel corso di un volo di prova, al termine di una serie di manovre pensate appositamente per mandare in crisi l’aeroplano e capire quali sono i suoi limiti (d’altronde si chiama test pilot), l’aereo di Volk si infilò in una tremenda vite, una di quelle cose che diventa difficile da raccontare con le gambe sotto al tavolo la sera. Incapace di uscire dalla situazione se non tirando le leve di espulsione (come previsto dalle procedure in una situazione del genere), Volk prese un’altra decisione: disattivando infatti il sistema di stabilizzazione automatica (che non stava funzionando a dovere), Volk riuscì a riprendere il controllo dell’aereo tirando fortemente la barra a sé e dando tutta potenza, stabilizzando così l’aereo che, per pochi istanti, rimase fermo a mezz’aria puntando verso il cielo e utilizzando la sua stessa forma come un gigantesco aerofreno. Volk, inavvertitamente, aveva appena fatto una delle manovre più famose di tutti i tempi, il Cobra, cosa che ben presto renderà famosissimo un suo collega collaudatore.
Per maggiori info sul personaggio vi lascio ad una sua breve biografia, la trovate QUI
Tuttavia, come detto all’inizio, questa storia può iniziare in luoghi e momenti diversi. Può iniziare anche a Parigi nel 1989, in occasione del famoso Salone internazionale dell’aeronautica e dello spazio di Parigi-Le Bourget. Fu infatti nel corso della 38esima edizione di quello che è uno dei più famosi e importanti saloni del settore – la stessa che vide anche la prima apparizione pubblica del grande Mriya – che l’ancora per poco aviazione sovietica decise di far vedere al mondo che razza di aereo era il nuovo Sukhoi Su-27 – presentato in via ufficiale al mondo occidentale proprio in occasione della kermesse francese – e di consegnare alla storia il nome di Viktor Pugačëv, all’epoca capo collaudatore del progetto Su-27.
Ora, prima di andare avanti, dobbiamo però aprire una breve parentesi, giusto per dare a Pugačëv quel che è di Pugačëv nel corso di un articolo che, come vedrete, rischia involontariamente di ridimensionare quello che in realtà è ed è stato uno dei migliori piloti della storia.
Nato nell’agosto del 1948, il giovane Pugačëv si iscrisse all’Accademia Aeronautica nel 1966 per uscirne come pilota istruttore. Negli anni successivi saranno numerosi i cadetti che verranno addestrati come piloti da caccia dallo stesso Pugačëv a bordo di aeroplani come i Sukhoi Su-6 e Su-7. Passato questo primo periodo, nel 1976 Pugačëv viene ammesso alla scuola per piloti collaudatori dell’URSS – da sempre uno dei traguardi più ambiti da tutti i piloti che, nel volo di collaudo, hanno l’occasione non solo di sperimentare nuovi aeroplani ma anche di mettere in mostra, non senza rischi, la loro “stoffa” – da cui esce nel 1978 come “Collaudatore di terza classe” per poi finire a lavorare per l’ufficio tecnico Mikoyan-Gurevich, collaudando aeroplani leggendari come il Mig-21, il Mig-25 e il velocissimo Mig-31.
Tuttavia per Pugačëv forse c’era ancora del margine o, forse, la volontà di affrontare una nuova sfida. Fu quindi così che nel 1980 il nostro pilotone lasciò i ranghi dei signori Mikoyan e Gurevich per tornare a volare con i Sukhoi che aveva conosciuto appena fuori dall’Accademia, diventando così capo collaudatore del famoso ufficio tecnico russo per il quale a partire dal 1982 collauderà diversi apparecchi fra cui il Su-9, il Su-15 Flagon, il Su-24 Fencer, il cazzuto Su-25 Frogfoot e, infine, rivestendo il ruolo di capo collaudatore del famigerato Sukhoi Su-27, la risposta sovietica al portentoso F-15 Eagle, cosa che inoltre lo portò ad ottenere il titolo di Eroe dell’Unione Sovietica proprio per l’impegno dimostrato nello sviluppo di questo micidiale e affascinante aeroplano.
– il “nostro” Pugačëv davanti ad un Su-30 in occasione del suo 70esimo compleanno. Sulla sua spalla sinistra (ovvio) la medaglia di Eroe dell’Unione Sovietica –
Negli anni successivi, aiutato da un aereo onestamente potentissimo, Pugačëv riuscì a segnare decine di record mondiali, stracciando quanto fatto nel 1975 dall’F-15 Streak Eagle (si scrive Strike! Leggi l’articolo, cristo santo!) che a sua volta aveva messo in riga i precedenti record del Mig-25, dopo che questo li aveva tolti dalle mani del Phantom II. Tuttavia, allontanandoci un attimo dalla Fiera dell’Est che mio padre comprò, grazie a questi voli dimostrativi e alla partecipazione al programma di costruzione della nuova portaerei sovietica – cosa che portò allo sviluppo del Su-27K prima e del Su-33 dopo – viene da sé che quando fu il momento di presentare al mondo intero sua arroganza il Su-27, la Sukhoi decise di mettere il suo fiore all’occhiello nelle mani di Pugačëv. Per l’occasione il capo progettista della Sukhoi Mikhail Simonov prese in disparte la squadra che si preparava a partire per Parigi-Le Bourget e disse loro (non sappiamo le parole precise, quindi faremo una ricostruzione di fantasia): “ragaz, bene che ci presentiamo con il Su-27 che tutti guarderanno perché è fighissimo ma non possiamo limitarci a fare qualche viratina, tonneau a velocità fotonica o giro della morte, cerchiamo di far capire che abbiamo messo per aria uno degli aerei più cazzuti e manovrabili del mondo, facciamo vedere loro qualcosa che non hanno mai visto“.
Fu così che a Pugačëv venne dato il via libera per fare in mondovisione una manovra che nei mesi precedenti – a partire dall’aprile 1989 – aveva già svolto centinaia di volte nei cieli sovietici e che ora era giunto il momento di fare a bassa quota e davanti agli esperti del blocco occidentale. La manovra, denominata “frenata aerodinamica con uscita al massimo angolo d’attacco” (in parte già compiuta da Tom Cruise nel 1986 per lasciarsi alle spalle un agguerrito Jester) ben presto lascerà a bocca aperta il mondo intero e, visto che già non era abbastanza sburona, venne rinominata “Cobra di Pugačëv”.
– a QUESTO link potete trovare l’integrale dell’esibizione del 1989 a Parigi –
ISTRUZIONI PER FARE IL COBRA: per portare a termine con successo un Cobra di Pugačëv, oltre ad avere sotto il culo un Mig-29 o un Su-27 (ma non solo, diciamo che con uno di questi due avete più chances di riportare la pellaccia a casa) dovete disattivare il limitatore dell’angolo di attacco (che su un Su-27 di solito è impostato su 26°), un po’ come quando in macchina disattivate l’ESP per fare le sgumme sul ghiaccio. Importante: disattivando il limitatore dell’angolo di attacco si disattiva anche il limitatore di G, non scordatelo. A questo punto, dopo aver guadagnato sufficiente quota perché la terra è dura e aver raggiunto circa 400 km/h, dovete tirare indietro la cloche con forza, raggiungendo così in un batter d’occhio un angolo di attacco che può superare anche i 90° (e, nei casi più spettacolari, raggiungere i 120°) con un conseguente aumento di quota (poco) e una significativa perdita di velocità a causa della grande resistenza aerodinamica che ha adesso l’aereo nei confronti del suo senso di avanzamento. Riportando a questo punto la barra a centro, la parte posteriore dell’aereo genererà una resistenza aerodinamica tale da far riabbassare il muso dell’aeroplano. Ecco, in questo momento dovete tornare a dare tutta manetta in modo da riacquistare immediatamente la velocità persa durante la manovra ed evitare di andare in stallo per davvero. In tutto questo, se siete stati molto bravi, nell’eseguire il Cobra non avete perso o guadagnato se non pochi piedi di quota, continuando a muovervi in avanti per tutta la durata della manovra e senza innescare rollii o imbardate in nessuna direzione: in un Cobra eseguito perfettamente l’unico movimento dell’aereo deve essere in avanti e attorno al suo asse di beccheggio.
Ah, in tutto ciò, prima che vi salga la sboronaggine, vi ricordiamo che il Su-27 NON ha ugelli a controllo vettoriale.
– quota di entrata e di uscita devono essere il più simili possibile –
Ora, come potete immaginare, la reazione di quanti presenti a Parigi fu praticamente istantanea: molti degli espertoni NATO presenti e che – visti i tempi – si immaginavano un’Unione Sovietica allo sbando dovettero ricredersi in fretta. Nessuno (che in realtà non è vero, ma ci ritorniamo dopo) aveva mai visto una cosa del genere e dalla commissione internazionale presente a Parigi-Le Bourget sorsero immediatamente numerose domande, del tipo: “Cosa cazzo abbiamo appena visto?” “A cosa serve?” “Cosa mi significa questa manovra?” “Come può un aereo raggiungere un angolo di attacco di quasi 120° senza stallare?”, “Ma non è pericoloso?” “È necessario?”.
Per dovere di cronaca, ho speso anche addirittura 8 euro per l’abbonamento mensile e mi sono scaricato dal New York Times l’articolo originale dell’epoca, poi non dite che non ci tengo a fare le cose fatte bene:
– L’articolo è diviso in due, inizia a pagina 31 e prosegue a pagina 41. Potete trovare il testo originale a QUESTO link –
Rispondere alle domande di cui sopra non è facile, ma ci proviamo. Per quanto infatti la manovra del Cobra venne portata a Parigi dalla Sukhoi più per sboroneggiare e per mostrare le estreme doti di abilità del nuovo aeroplano che non per altro – d’altronde una manovra del genere è estremamente esigente nei confronti dell’aeroplano – ben presto divenne evidente che disporre di un aeroplano capace di compiere azioni del genere sarebbe stato utile anche in casi di un eventuale dogfight. Per quanto la si consideri una manovra che va bene solo negli airshow, potenzialmente una manovra del tipo Cobra potrebbe essere molto utile per scrivere sceneggiature di Hollywood togliersi dai guai con relativa facilità, invertendo i ruoli di inseguito ed inseguitore in pochi istanti. Oltre a questo si potrebbe utilizzare una manovra di tipo Cobra anche per difendersi dai radar di tipo Doppler i quali, per filtrare il rumore di fondo, ignorano qualunque oggetto con una velocità prossima allo zero: in questo modo un aereo potrebbe compiere una manovra di tipo Cobra per sganciarsi da un eventuale radar che a sua volta potrebbe essere una guida per missili o altri sistemi contraerei.
Tuttavia queste sono solo congetture e, ad oggi, pare che il Cobra non sia mai stato utilizzato in alcun combattimento reale ma solo in situazioni simulate quindi, come detto, la manovra resta un ottimo modo per fare i galli alle manifestazioni aeree e mostrare le qualità del proprio aeromobile. Per portare a termina una manovra del genere infatti l’aeroplano deve possedere alcune caratteristiche – aerodinamiche, di resistenza strutturale e in termini di propulsione – molto spiccate, tanto che ancora oggi solo alcuni aerei al mondo possono condurre un Cobra in totale sicurezza, tanto più nel caso si vogliano raggiungere angoli di attacco di oltre 110-120°. Per questo non possiamo definire la manovra di Maverick nel primo Top Gun un vero Cobra perché l’F-14 – che, ricordiamolo, quella che si vede nel film è una manovra REALE eseguita da piloti veri – non raggiunge un AoA (angolo di attacco) maggiore di 40-45°… e buona grazia.
– e… Jester è morto! –
Buona grazie perché fare di più con un F-14 sarebbe stato non solo impossibile ma anche estremamente pericoloso. Una manovra del Cobra infatti porta i propulsori a perdere buona parte della portata di aria che dalle prese d’aria arriva ai primi stadi del compressore, cosa che da un lato mette in mostra la bontà dei motori russi, capaci di rimanere accesi anche in situazioni così sgradevoli ma che dall’altra parte non avrebbe fatto altro che mandare in crisi nera i già delicati TF30 dell’F-14 che, come tutti noi (e anche il povero Goose) sappiamo, mal digerivano le interruzioni di aria, con conseguente stallo del compressore e spegnimento del motore e ciao ciao Meg Ryan.
Per capire l’importanza del fattore prese d’aria e corretta alimentazione dei motori, nel corso della stessa manifestazione aerea che rese celebre Pugačëv e il Sukhoi Su-27, un Mig-29 impegnato in una manovra dimostrativa ad alto angolo di attacco (sui 45°) precipitò dopo che il motore di sinistra andò in panne, portando prima l’aereo ad un rapido avvitamento e infine verso terra, con il pilota (Anatoly Kvochur, probabilmente il miglior collaudatore di seggiolini eiettabili del mondo, vista la quantità di volte che gli hanno salvato la pelle) obbligato ad eiettarsi in mondovisione.
– fate caso alle fiamme che vengono sputate da uno dei due ugelli quando il pilota dà tutta manetta e dai timoni tutti a sinistra, vano tentativo di Kvochur di tenere in volo il suo MiG. Il pilota si lancerà 2 secondi netti prima di schiantarsi a terra, palle di titanio –
Per quanto questo incidente all’inizio venne attribuito ad un malfunzionamento di uno dei due turbofan del MiG (forse causato dalla manovra piuttosto esigente nei confronti dei motori), alla fine l’inchiesta ufficiale (sovietica, quindi da prendere con le pinze data la gigante figura di cacca in mondovisione) concluse che il motore venne mandato in crisi da un bird strike avvenuto negli istanti precedenti l’incidente.
Ma non è tutto, andiamo avanti: non possiamo considerare la manovra compiuta da Maverick un vero Cobra perché, per essere tale, la manovra prevede una variazione di angolo di attacco così rapida e drastica da far sì che le superfici non facciano cambiare direzione all’aereo che, invece, si trasforma in un gigantesco aerofreno a forma di Sukhoi. In tutto questo la manovra di Top Gun è una più semplice (e a portata di F-14) frenata aerodinamica a salire, una manovra che gli stessi collaudatori di F-14 facevano a ripetizione durante gli ultimi test di validazione dell’aeroplano, come potete vedere dalla gif qui sotto, recuperata da una vecchia videocassetta di Take-Off e che ritrae l’F-14 numero 2 mentre viene spinto oltre i suoi limiti in fase di test.
– fate caso a come sale di quota il gattone –
A questo punto, spiegate bene bene tutte queste cose, può sorgere spontanea una domanda: ma che caratteristiche deve avere un aereo per poter effettuare un Cobra? È mica vero che solo i moderni Su-27 e Mig-29 dalla serie M in poi (quindi quelli dotati di controlli fly-by-wire e ugelli a spinta vettoriale) possono farla? E ancora, per fare il Cobra è per forza necessario un aereo ad assetto instabile (come l’F-16 o il Su-27) o lo si può fare anche con un aereo “normale”?
Bene, per rispondere a questa domanda dobbiamo procedere nella nostra storia e fare un altro balzo nel tempo. Perché ve l’ho detto, questa storia può iniziare in luoghi e momenti diversi.
Come ad esempio in Svezia, il 25 ottobre del 1955. Proprio quel giorno, nel pieno del boom che vide l’aeroplano passare dall’essere un timido aggeggio di legno e tela ad essere un proiettile capace di volare ad oltre due volte la velocità del suono nel giro di 15 anni, staccava le ruote da terra per la prima volta il famigerato Saab J35 Draken con ala a doppio delta.
Caratterizzato da un’inedita ala a doppio delta e da un poderoso turbogetto Volvo Flygmotor RM-6C (che altro nn era che un Rolls-Royce Avon costruito su licenza, lo stesso motore del BAC Lightning), questo innovativo aeroplano costituì per tanti anni la spina dorsale dell’aviazione svedese, una delle più cazzute del mondo e per la quale volarono altri aerei spettacolari come il JAS-37 Viggn che intercettava gli SR-71 o il piccolo JAS-39 Gripen che anche se tutti se lo scordano sempre è uno dei migliori aeroplani del mondo nella sua generazione (la quarta e mezza).
Tuttavia, per quanto fosse un aereo estremamente avanti rispetto al suo tempo (pensate che il Draken è rimasto in servizio in Austria fino al 2005, non male), come molti degli aerei supersonici progettati negli anni ’50 quando ancora si lavorava a matite, gomme e bestemmie, anche il Draken non era esente da difetti e poteva mettere in seria crisi anche i piloti più bravi e tosti che avevano occasione di volare con lui.
Fra i vari difetti che caratterizzavano l’inviluppo di volo del Draken c’era quello che in gergo viene chiamato superstallo, croce e delizia di questi primi esperimenti supersonici e caratteristica che era presente anche sull’F-104, anche lui vittima del suo disegno estremo (e del fatto che in Germania lo usarono come bombardiere, ma questa è un’altra storia). Il superstallo, rispetto allo stallo normale, è molto più difficile da controllare e recuperare ed è una diretta conseguenza del fenomeno del “pitch-up”, tipico dei primi esperimenti di ala a freccia.
– progressione dello stallo a seconda del tipo di ala. Capito perché gli addestratori hanno un ala a pianta rettangolare o rastremata? –
Un’ala di questo tipo ha la tendenza ad andare in stallo prima alle estremità con un conseguente spostamento verso l’interno e in AVANTI del centro di pressione dell’ala, generando così una forza cabrante che farà alzare il muso dell’aereo. Questo fastidioso fenomeno era particolarmente grave in aerei come l’F-104 a causa della posizione alta dei piani di coda che ad alti angoli di attacco venivano investiti da un flusso d’aria sporco e turbolento
e quindi perdevano completamente la loro efficenza, provocando così un inasprimento del momento a cabrare e dando così vita al fenomeno del super-stallo, pericolosissimo nel caso dell’F-104 e da cui uscire era molto molto difficile. Non solo, questo tipo di problema ha afflitto anche molti aerei commerciali e da trasporto caratterizzati da coda a T (tipo il DC-9) e dai motori posizionati in fondo alla fusoliera: in questa situazione infatti, agli effetti aerodinamici che fanno partire il movimento di pitch-up si somma un effetto di inerzia dato dalle masse posizione in coda, dando vita a fenomeni potenzialmente distruttivi, tanto che su quasi tutti gli aerei civili e da trasporto questo modo di pensare e costruire gli aerei con il tempo è stato abbandonato. Infine vi regalo un brivido, stando a quanto riportato sul volume “The Encyclopedia of Aerodynamic” di Frank Hitchens, il primo aeroplano su cui si verificarono questi fenomeni di superstallo fu l’Handley Page Victor nel 1962.
Superstallo. Su un Victor. Auguri.
Diverso il caso del Saab J-35 Draken che, non avendo piani di coda, era invece vittima di un superstallo diverso. Sul Draken, a causa delle grandi ali che si estendevano fino a quasi i lati dell’abitacolo, in caso di stallo e di conseguente movimento a cabrare, i piccoli elevatori posti in fondo alle ali si trovavano a lavorare in “aria morta”, oscurati dal resto della superficie alare. Non solo, una volta iniziato il momento a cabrare, anche il timone veniva oscurato dal resto dell’ala, con conseguenti rollii e movimenti attorno l’asse longitudinale dell’aereo che, se in mano ad un pilota poco esperto o se a bassa quota, poteva trasformarsi in una grossa incudine di alluminio e altri metalli più o meno preziosi. In tutto questo, sembra che un eventuale superstallo del Draken poteva portare ad almeno due comportamenti ben distinti: in un caso l’aereo iniziava a beccheggiare e a rollare in maniera incontrollata, un po’ come se fosse un aquilone. Nell’altro caso (che potete vedere nel video qui sotto) invece l’aereo si piantava ad un angolo di attacco superiore ai 50-60°, iniziava a rollare e imbardare a causa dei forti effetti giroscopici dati dalla rotazione del grosso turbogetto e, per non farci mancare nulla, a causa della grande resistenza aerodinamica si perdeva quasi tutta la velocità, iniziando così a precipitare come una foglia secca, senza possibilità da parte del piloti di alcun recupero. Ah, tutto questo (visto che l’ala è quasi simmetrica) poteva verificarsi anche nella parte superiore della superficie alare, con conseguente superstallo esterno.
Proprio per questo, come per molti altri aerei della sua epoca, anche il Draken fu vittima di numerosi incidenti: pare che durante il periodo 1960-1974 non meno 179 Draken finirono in superstallo e di questi 20 andarono persi per colpa di questo fenomeno, con 9 piloti morti e altri 11 che invece riuscirono a lanciarsi con il paracadute in tempo per poter tornare a casa a raccontare quanto accaduto. Fu così che la SAAB cercò di mettere una pezza al problema, prima di tutto inserendo nelle procedure ufficiali l’obbligo di lanciarsi con il paracadute in caso di superstallo e poi modificando l’aeroplano, con l’installazione di elevatori più grandi azionati da pistoni idraulici più potenti e di quattro grandi aerofreni posti attorno alla parte terminale della fusoliera (due sopra, due sotto), da aprire in fase di superstallo e utili per contrastare il movimento a cabrare dell’aereo. Nel dubbio, visto che il superstallo poteva far andare l’aereo in vite (che come abbiamo già visto è piuttosto pericolosa), alcuni Draken vennero modificati in una sua versione da addestramento (denominati SK-35C) e utilizzati proprio per far allenare i futuri piloti alla gestione di un eventuale superstallo, con tanto di un piccolo paracadute contenuto nel cono di coda, da utilizzare in caso di vite incontrollata e utile per riportare l’aereo ad un volo stabile e controllato.
– SAAB SK-35C Draken biposto da addestramento, si notano i piccoli aerofreni installati in coda, sotto lo 0 del numero 810 –
Tuttavia, e qui finalmente torniamo all’argomento del nostro articolo, nei voli di addestramento con l’SK-35C, ai piloti svedesi veniva insegnato un modo tutto particolare per uscire dal superstallo dopo che questo veniva deliberatamente provocato e che, per molti versi, può essere considerata una manovra di tipo Cobra.
L’aereo veniva portato a circa 400-500 km/ ad una altitudine di sicurezza superiore ai 30.000 piedi (10 km). A questo punto il pilota tirava forte la barra a sé e la teneva contro la propria pancia, portando così l’aereo ad un angolo di attacco sempre maggiore ma, data la bassa velocità, questo non si trasformava in un significativo aumento di quota ma solo in un grande aumento della resistenza. Non appena l’aereo entrava in superstallo buttandosi verso l’alto, il pilota doveva velocemente ributtare la barra tutta avanti avendo però premura di rimetterla in posizione neutrale non appena ritornati in un assetto normale pena, come detto prima, l’innescarsi di un superstallo invertito verso il basso, con conseguente inversione repentina anche delle forze G agenti sul pilota, non una goduria. Una volta ripristinato l’assetto, tutto motore e via andare.
In tutto ciò, un superstallo provocato e controllato in questa maniera, visto da fuori, assomiglia tantissimo ad un Cobra, fatto negli anni 60 con un Draken. Non male questi svedesi.
– impressionante eh? –
Tutto questo, infine, ci porta ad una considerazione importante. La manovra del Cobra, VOLENDO, può essere eseguita da quasi tutti gli aeroplani (meglio se sono un po’ sbilanciati o se in certe condizioni tendono a fare pitch-up) ma il punto, ed è qui che viene fuori la bontà di un progetto come il Su27, non è tanto se può o non può fare il Cobra quanto se può farlo in sicurezza, in maniera controllabile e sicura, tanto per l’apparecchio quanto per il suo motore e per il pilota. Non solo, un conto è un Cobra intenzionale come risultato delle ottime qualità tecniche e aerodinamiche del velivolo, un contro è un Cobra – od una manovra simile – compiuta in extremis da un pilota che non vuole lanciarsi.
In tutto ciò, tralasciando i moderni aerei con ugelli a spinta vettoriale, per i quali una manovra di tipo Cobra è indubbiamente più facile (magari ci faremo un articolo sulla questione ugelli variabili, magari su DI BRUTTO), possiamo quindi:
a – ridimensionare almeno in parte la manovra del Cobra, che i russi nel 1989 hanno portato alla ribalta ma che in realtà già altri facevano senza darsi troppe arie;
b – ammettere che il Sukhoi Su-27 (e relativi derivati) è un aereo eccezionale, capace di chiudere una manovra del genere a bassa quota, con il pilota in piena sicurezza, conscio di cosa sta facendo sia lui che il suo aereo e senza il minimo problema per i suoi motori, alimentati correttamente dalle prese d’aria anche con un angolo di attacco superiore a 90°. In tutto ciò non possiamo dimenticare la cellula dell’aereo che, nonostante le dimensioni dell’aereo, non fa una piega di fronte alle mostruose forze a cui viene sottoposta da questa (e altre) manovre ad alto numero di G.
– just to understand –
Da quando apparve nel 1989 il Su-27 ha dato vita al concetto di supermanovrabilità, da allora uno dei punti cardini attorno a cui vengono sviluppati i nuovi aeroplani, capaci di compiere manovre sempre più assurde e spettacolari come il Kulbit o quelle robe pazzesche che si vedono fare al Su-37 Terminator in alcune manifestazioni aeree, roba da attacchi di onanismo selvaggio e figlie proprio dell’unione di una cellula spettacolare con ugelli a orientazione variabile. Lo stesso Mig-29, anche nelle sue versioni OVT (ovvero con ugelli a geometria variabile) può effettuare un bellissimo Cobra ma, se ci fate caso, per poter entrare in manovra ha bisogno di assumere un assetto a cabrare di circa 30° (QUI il video, da 00:30 in poi), non lo fa in scioltezza come il Flanker.
Ci sono altri aerei estremamente manovrabili (tipo l’F-22, anche lui con ugelli a spinta vettoriale) o anche il Super Hornet che possono fare manovre di tipo Cobra ma nessuno di questi riesce a farlo con la scioltezza, l’arroganza e raggiungendo gli angoli di attacco spaventosi che solo il Su-27 e alcune versioni del Mig-29 riescono a ottenere.
Infine, giusto per dovizia narrativa, per quanto pare che il Cobra non sia mai stato utilizzato in combattimento, non solo gli svedesi ammettono di aver fatto diversi voli di addestramento per vedere se la loro manovra (da loro chiamata kort parad) potesse tornare utile, ma diversi piloti hanno dichiarato di averla utilizzata in maniera efficace in situazioni operative. Fra questi ci sono alcuni piloti inglesi di Harrier che pare abbiano sfruttato l’estrema agilità del loro piccolo ma cazzuto aeroplano durante la guerra delle Falkland (la manovra prende il nome di VIFF, Vectoring in Forward Flight)
ma c’è anche un pilota siriano – tale Mohammad Mansour – che giura e spergiura di aver utilizzato una manovra di tipo Cobra a bordo del suo Mig-21F-13 durante alcuni voli di addestramento negli anni ’60. Lo stesso Mansour sarebbe poi diventato uno dei piloti siriani di maggior successo durante la guerra dei sei giorni del 1967 contro Israele, quando abbattè due (ma c’è chi dice quattro) aerei nemici (fra cui un Mirage III) tuttavia senza mai utilizzare la manovra che aveva sperimentato in addestramento.
Insomma, come al solito, quando si ha a che fare con manovre spettacolari, ogni pilota la spara più grossa dell’altro e ogni forza aerea è pronta a dire che il suo aereo è il migliore del mondo e che può fare cose che nessun altro può fare, salvo poi venire presto smentito da qualcun altro che afferma di aver fatto la stessa cosa 30 anni prima.
A noi rimane la certezza che, guerra in Ucraina o meno che al giorno d’oggi non puoi dire nulla che subito vieni bacchettato, gli aerei di fabbricazione russa sono tra i più belli e tosti che abbiano mai volato.
Bonus per chi è arrivato fino qui, QUESTO bellissimo video che trasuda ignoranza russa anni ’90 in cui, al minuto 2:20 circa potete vedere un Mig-29K (navale) fare un arrogantissimo Cobra senza ugelli di tipo vettoriale, solo di pura cattiveria.
Ah, infine non possiamo dimenticare la versione motociclistica di questa arrogante manovra, il famigerato Cobra di Biaggi.
Articolo pazzesco! Mi era venuta curiosità su questa manovra dopo essermi rivisto per la decima volta top gun maverick.
In questo film oltre al f18 anche f14 rifà un simil cobra, mentre “l’aereo di quinta generazione nemico” alias cattivone di turno fa una manovra assurda
Io credo di essere stato fortunato a vedere questa manovra nel 1996 a Vergiate , eseguita da un SU 27 pilotato da un collaudatore Sukhoi. Manovra impressionante.. vista da terra , anche se lo spiker della manifestazione aveva presentato la manovra (chiamandola appunto il cobra di Pugacev) cercando di spiegarla era veramente impressionante.. sembrava che l’aereo rallentasse apposta per alzare improvvisamente il muso, riabbassarlo e ripartire. Ai tempi ero seguivo gli air show solo per fare foto con la mia “nuova” reflex poi mi sono appassionato anche di aerei. Anni dopo nel 2002 a Biella stesso aereo ma niente cobra, nel frattempo lo avevano vietato.
da appassionato di aerei, i russi hanno sempre costruito aerei all’avanguardia , e mi sono sempre chiesto come la Sukhoi e Mig siano sempre riusciti a sviluppare mezzi così avanzati.
Ho visto alcuni filmati su youtube del nuovo SU-57 con il suo ululato da accapponare la pelle
https://www.youtube.com/watch?v=1Fb9tvyPqEU
Sicuramente Biaggi è stato l’unico a farla a quota zero …