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Yamaha YFZ350 Banshee, il quad della vita

Yamaha YFZ350 Banshee

Secondo la mitologia celtica la banshee (in gaelico “Donna delle fate”) è lo spirito femminile di una donna dai lunghi capelli fluttuanti che appare agli uomini urlando e preannunciando la loro morte. Mai nome commerciale fu così azzeccato.

Prima dell’avvento del Banshee gli ATV a quattro ruote erano mezzi lenti e paciosi, spinti da affidabili ma poco performanti motori 4 tempi, concepiti per il tempo libero e l’utilizzo nei boschi, solo i modelli a 3 ruote – notoriamente pericolosi quanto una motoslitta (potete leggere di quelle trappole cingolate QUI) – venivano usati nelle competizioni con motori due tempi dove sulle piste da dirt bike facevano dei traversi da paura.

Nel 1987, mentre la CBS mandava in onda la prima puntata di Beautiful (immancabile appuntamento di tutte le nonne e le zie), Yamaha aveva già maturato una certa esperienza nel settore degli ATV (esportando principalmente nei mercati australiano, canadese e statunitense), quindi decise di proporre al mercato americano (quello più importante) il primo quad ad alte prestazioni della storia; perché se c’è una cosa che piace agli americani sono i mezzi veloci e rumorosi per correre in mezzo alla natura incontaminata, cosa che in USA non manca

Gli ingegneri dei tre diapason svilupparono quindi un telaio tubolare in acciaio al cromo-molibdeno tutto nuovo con angolo di incidenza di 9° e un’avancorsa di 40 mm, all’anteriore installarono uno schema di sospensioni indipendenti a doppio con 5 regolazioni, ammortizzatori coil-over con molle elicoidali che garantivano una corsa di 230mm mentre al posteriore optarono per un forcellone in acciaio scatolato con mono ammortizzatore regolabile in precarico, compressione e estensione con una escursione di 200mm.

Per regalare visioni mistiche, quei matti di Iwata decisero di donare all’ATV il motore leggero e performante della RD350 e RZ350, un bicilindrico due tempi raffreddato a liquido inclinato in avanti da 347cc alimentato da due carburatori Mikuni VM26SS da 26mm e in grado di erogare 34 cavalli e 54 Nm di coppia; dotato di cambio a 6 rapporti con comando a pedale sul lato sinistro (come una moto) il pignone dell’albero dava movimento alle ruote posteriori in acciaio con pneumatici Dunlop 20×10, con una catena che come nei go-kart muoveva un asse senza differenziale. A frenare tutta questa arroganza c’era un efficiente impianto frenante idraulico, con freni a disco sulle ruote anteriori comandati dalla leva destra e uno freno a disco al posteriore fissato all’asse comandato dal pedale sul lato destro.

 

 

La carrozzeria era costituita da due elementi minimalisti in plastica robusta e flessibile, la parte anteriore inglobava due parafanghetti e il supporto del radiatore, il serbatoio da 12 litri trovava posto tra il manubrio alto dotato dei vari comandi e la sella piatta, mentre la parte posteriore faceva da supporto per la seduta e i parafanghi del retrotreno; completavano l’opera due fanali rotondi sull’anteriore e un piccolo faro rettangolare centrale al posteriore; uno stile minimal che ricorda un po’ quello del mitico Booster (di cui abbiamo parlato QUI).

In tutto ciò il Banshee fermava l’ago della bilancia ad appena 185kg, per fare un paragone con un ATV 4×4, un Polaris Sportsman pesa oltre 300Kg.

A questo punto però vengono fuori i difetti: il motore due tempi da 350cc ha la particolarità di dare il meglio di sé esclusivamente a gas spalancato, urlando a pieni giri, proprio come una la Banshee celtica. Le performance erano incredibili, oltre 120 km/h da originale e il prezzo consigliato per vedere il film della propria vita era di 2.900 dollari tasse escluse.

Nel 1988 Dean Sundahl (anche noto come “il Re del deserto”) e Craig Corda parteciparono alla Baja 1000 (una competizione molto seguita in TV) in sella a due Banshee ufficiali non proprio originalissimi, “Il Re” sul lago prosciugato di El Diablo Dry toccò le 100 miglia all’ora (160km/h); Sundahl vinse la Classe 25 a mani basse, diventando leggenda tra gli amanti degli ATV e facendo salire alle stelle le vendite. Il giro d’affari fu tale che il mercato dell’aftermarket creò per l’YFZ350 una varietà di kit mirabolanti che copriva le esigenze di tutte le discipline. Pompando per bene il bicilindrico due tempi grazie a questi pezzi d’alta meccanica alcuni esemplari sono riusciti a vedere i 190km/h.

Ma si sa, le cose belle e che puzzano di morte in Europa non sono mai state ben viste, quindi Yamaha non ha mai importato ufficialmente il Banshee in UE, perché considerato troppo pericoloso e inquinante. Tuttavia le vie del ferro sono infinite e voci di corridoio abbastanza attendibili ci hanno informato che grazie a vie traverse e alla “generosa” motorizzazione di Madeira (Portogallo), qualche esemplare è riuscito ad arrivare sulla terra ferma del vecchio continente anche se in molti stati non è mai stato omologato per l’utilizzo su strada o, comunque, l’omologazione era soggetta all’approvazione – o meno – del perito che vi trovavate davanti. Insomma, pare che a parte Spagna e Portogallo (dove si possono trovare esemplari di Banshee targati e venduti a prezzi folli), in Europa era difficile avere il permesso per usare questo attrezzo su strada e quindi potevate sfidare la Signora in Nero solo nel corso di eventuali manifestazioni sportive o nel campo dietro casa.

In tutto ciò il/lo/la Yamaha YFZ350 Banshee (o “re delle dune” come lo chiamano molti americani) è rimasto in produzione per la bellezza di 25 anni, dal ’87 fino al 2012, quando ha dovuto abbandonare sia il mercato canadese che quello australiano a causa delle emissioni. Negli USA l’EPA aveva colpito duro già nel 2006.

Il Banshee è l’ennesimo mezzo nato negli anni delle performance assolute dove nelle pubblicità spiccavano le prestazioni del mezzo e la vita veniva affrontata DI BRUTTO senza filtri e catalizzatori. E bene, anche oggi abbiamo avuto la nostra possibilità di fare i nostalgici del caz, spero possiate perdonarci.

Articolo del 23 Maggio 2023 / a cura di Stefano Antonello

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  • Michele

    “Banshee” (annunciatore/trice di morte, nome azzeccatissimo) fu anche un caccia imbarcato della McDonnell, sigla F2H, in servizio da metà anni 40 al 62 (fonte: Wikipedia). Io nome mi rimase impresso da quando ne trovai traccia in un romanzo letto in adolescenza, di cui non ricordo il titolo… già da ragazzino ero affascinato dalle storie di aerei

  • Peppe

    Veramente meritate un plauso per quante vite state salvando sia con questo articolo che con quello precedente sulle motoslitte. Effettivamente un monitor sull’uso e sui pericoli derivanti da tali mezzi. Avevo intenzione di acquistare una motoslitta, ma grazie al vostro articolo ho riflettuto abbastanza. Grazie.

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