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Sukhoi Su-27 – Il cobra non è un serpente

Il P-3 Orion è un sarchiapone goffo quadrimotore turboelica, tipo un C-130 ma più piccolo. Quello della nostra storia, un P-3 chiamato “Gunnar Isachsen” (che in norvegese vorrà pur dire qualcosa), la mattina del 13 Settembre 1987 si faceva i cazzi sui (gergo tecnico per dire che stava seguendo la rotta di alcune navi russe) volando sul Mare di Barents. Alle 10:39 ora locale fa uno strano incontro: gli si para davanti quello che sembra il nuovo aereo da caccia costruito dalla grande madre patria Russia. Chiaramente, come qualsiasi tamarro appassionato di automobili che si vede sfrecciare accanto, magari a velocità ridotta per via del traffico, il nuovo modello di Ferrari/Lamborghini/supercar-italiana-con-ricco-panzone-al-volante, cosa pensano di fare i piloti del P-3 Orion? Elementare: gli iniziano a scattare delle foto (ti ricorda qualcosa Goose?)! Al che il pilota del suddetto caccia russo, sfoggiando il peggior sguardo alla Ibrahimović

si avvicina pericolosamente all’Orion e gli fa “CAZZO GUARDI?”. Al che l’equipaggio del P-3, vedendolo così vicino, inizia a rallentare della serie “CAZZO FAI?”. Il velivolo russo sparisce. Qualche minuto più tardi (ore 10:56) il caccia russo torna e lì riparte la diatriba CAZZO-GUARDI-CAZZO-FAI per poi sparire di nuovo. Ma quello non è un caccia come tanti: è il nuovo e fiammante Sukhoi Su-27 (il cui prototipo era stato avvistato qualche anno prima grazie ad un satellite americano ed era stato ribattezzato Ram-K, per poi essere definito Flanker A dal mondo occidentale), e nello specifico è l’esemplare numero 36 rosso, pilotato da quella testa calda del comandante Vasiliy Tsymbal che, appunto, torna ancora una volta vicino all’Orion. Molto vicino. Troppo vicino: nell’ultima manovra intimidatoria, il Sukhoi si avvicina talmente tanto (della serie “adesso te la faccio io la fotografia ma ti scatto quella che metterai sulla lapide”) che la deriva sinistra del Su-27 entra in contatto con l’elica del motore numero 4 (quello più a destra) del P-3. Siccome i russi li fanno bene i loro aerei, il Su-27 non si fa nulla, ma il P-3 perde ben 11 centimetri di elica, i cui detriti vanno a forare la fusoliera dell’Orion che inizia a perdere pressurizzazione in cabina. Il Su-27 fa una virata, saluta e se ne va (immagino ancora il sorriso di Mr. Vasiliy sotto il casco), mentre i piloti del P-3 si cagano addosso e sono costretti prima a scendere sotto i 10.000 piedi a causa dei problemi di depressurizzazione, poi a spegnere il motore numero 4 che inizia a vibrare per l’elica rotta e, infine, a tornare dalla mamma alla base con coda tra le gambe e scortati da due F-16 sopraggiunti a supporto.

NOTA: Secondo alcune voci da bar, la storia andò in modo diverso: pare che il Su-27 stesse tentando di non farsi individuare da un A-50 (uno di quei buffi arei con sopra un enorme radar) e che avesse provato a usare il P-3 Orion come schermatura e, nel farlo, i due velivoli siano venuti in contatto (per i commissari giudicato normale incidente di gara).

Voci ufficiali o meno, ciò che è certo è che, quando il P-3 arriva tra le braccia di mamma a casa, sta per scoppiare (letteralmente) la terza guerra mondiale e il comandante Vasiliy Tsymbal viene sospeso (un provvedimento molto raro per i russi). La Russia intera fa un comunicato pubblico per scusarsi della caciara del misunderstanding, della serie “so ragazzi, non so cattivi è che c’hanno gli ormoni a mille” e, quando il pericolo terza guerra mondiale sembra rientrato, reintegra il comandante Tsymbal che da quel giorno volerà con la sagoma di un P-3 dipinta sul suo aereo per ricordare l’impresa (anche i Russi in fondo in fondo sono ironici): un po’ come quando personalizzate le vostre auto con i patacchi di RS (che dovete andare a comprare se non l’avete ancora fatto). Quella che vi ho appena raccontato è la storia di come quel Ferro del Dio del Sukhoi Su-27 si è presentato al mondo: facendo più casino di un ingresso degli Iron Maiden ad una sagra di paese! Questa è roba che spacca baby.

Come mi nasce il Sukhoi Su-27? Si tratta infatti di un ferro da collezione raro, pensate che ne furono costruiti solo 680 esemplari e, a differenza del fratellino MiG-29, non è stato esportato (se non in rarissimi casi). Leggenda narra che nel 1969, mentre qualcuno cantava della famosa estate del ’69, sulla scrivania del signor Pavel Osipovič Suchoij arriva la richiesta di costruire un nuovo aereo che rispondesse alle caratteristiche della specifica tecnica PFI (Perspektivnyi Frontovoy Istrebite, che tradotto vuol dire semplicemente “caccia frontale avanzato”) per contrastare l’aereo multiruolo che gli americani avevano iniziato a sviluppare (Oh, non lo dire a nessuno). Si resero però conto che le caratteristiche di tale aereo sarebbero dovute essere talmente avanzate rispetto alla quantità di aerei da produrre, che furono costretti a sdoppiare il programma perché il costo unitario sarebbe stato folle: LPFI (dove la “L” sta per “leggero”, che in russo si dice Lyogkui), da cui nacque quel birbantello del MiG-29, e TPFI (dove la “T” sta per Tyazholyi, cioè pesante) da cui nacque il ferro di cui parliamo oggi: il Sukhoi Su-27. Ma andiamo per ordine così intanto vi regalo una delle perle targate RS: se pensate che gli americani siano più intelligenti dei russi, vi sbagliate di grosso. Infatti, anche negli States si presentò lo stesso problema e, pensate un po’, fu risolto nello stesso identico modo: tant’è vero che oggi conosciamo il (leggero) F-16 e il (pesante) F-15. Meme con un applauso grazie.

– io voto sinistra –

Ma torniamo a com’è nato il Su-27…

La specifica per la costruzione del velivolo TPFI era quanto di più semplice un ingegnere aeronautico dovesse soddisfare: bisognava costruire un aereo che potesse distruggere qualsiasi cosa fosse in grado di volare tra i 1400 km/h e i 2400 km/h ad una quota che va da 30 metri a 18 chilometri. Voci di corridoio raccontano che il signor Pavel disse soltanto una cosa

dopodiché iniziò a lavorare come un matto al progetto partendo dal Sukhoi T-4 che era un velivolo con ala a delta, quadri-motore, molto simile all’XB-70 e che era in grado di raggiungere la velocità assurda di Mach 3.3. T-4 perché la “T” in russo indica l’ala “a delta” e quattro per i 4 motori ventrali che montava. Pensate che sto ferro aveva un muso basculante simile a quello del Concorde e veniva usato dai russi come sviluppatore di tecnologia per comandi fly-by-wire. Insomma, una figata ma quella è un’altra storia.

foto bonus

Per risparmiare soldi e tempo, alcune parti vennero sviluppate assieme a quelle del MiG-29, basti pensare alle due gondole motore, motivo per il quale il Su-27 e il MiG-29 hanno una certa somiglianza.

La somiglianza è chiaramente solo nel look, perché a mio avviso il Sukhoi Su-27 è di gran lunga il migliore caccia mai costruito dai russi. Per prima cosa è costruito con una lega alluminio-litio (del costo di un culo al chilo): il litio, oltre ad essere molto costoso, è l’elemento chimico metallico con la minore densità della tavola periodica, per cui la lega alluminio-litio è molto meno densa dell’alluminio. Pensate che ogni 1% di peso del litio aggiunto all’alluminio, riduce la densità della lega risultante del 3%. Per i motori vennero scelti due bei turbofan NPO Saturn AL-31F (che dal nome sembrano motori elaborati per le corse nel deserto) capaci di sviluppare ciascuno 75 kN di spinta “dry” e 123 kN con post-bruciatore, sufficienti a spingere il Su-27 a oltre 2.500 km/h con una velocità di salita di oltre 300 metri al secondo.

– … dei quali esiste anche la versione con spinta vettoriale, thrust vectoring per gli amici –

Nel Maggio del 1977 volò il prototipo denominato T-10/1 che però era instabile, specialmente in transonico, per cui fu profondamente modificato: fu allungata la fusoliera con l’aggiunta dei caratteristici coni sugli scarichi, le due derive furono spostate verso l’esterno, furono applicate due grandi pinne sotto le derive stesse e i due aerofreni lasciarono il posto alla più bella superficie mobile della storia dell’aeronautica: una grande placca mobile sul dorso (via le mani dalle mutande!). Nacque così la versione T-10S che spiccò il primo volo nel 1981 e da cui furono sviluppati gli aerei di serie già a partire dal 1982, per poi entrare in servizio nel 1985.

– Sukhoi T-10 sopra, il prototipo del Su-27, un bel Su-27 con aerofreno spiegato sotto –

Pensate inoltre che di questo velivolo fu sviluppata anche una versione navale: il Su-27K, in onore nella portaerei Admiral Kuznetsov (da cui appunto la “K”), e che gli americani ribattezzarono Flanker D. Le differenze visibili rispetto al fratello “normale” sono il ruotino anteriore rinforzato con due ruote affiancate, il sensore infrarosso spostato sulla destra (nella versione standard è in posizione centrale davanti al cockpit) per aumentare la visuale durante la delicata manovra di appontaggio, le ali ripiegabili per essere facilmente imbarcato e una sonda per il rifornimento in volo (il dispositivo di ripiegamento dell’ala riduceva la capacità dei serbatoi ed era necessario fare rifornimento in volo per completare le missioni).

NOTA: Fu sviluppata anche una versione con canard e gestione vettoriale della spinta (cioè thrust vectoring) che però non convinse i piloti russi. Peccato… anche perché si chiamave Su-37 Terminator, l’aereo più figo della storia.

Qualche riga fa vi ho raccontato come è avvenuto il primo avvistamento, ma è il caso di capire come si presentò al mondo in maniera ufficiale. Per gli appassionati di aeronautica, l’edizione del 1989 del salone di Parigi-Le Bourget fu l’equivalente di Woodstock ’69 per gli appassionati di musica rock: c’erano tutti (tranne i Doors). I russi si presentarono a cazzo duro convinti di poter stupire il mondo e lo fecero (e in che modo).

Il comandante di uno dei due Sukhoi Su-27 arrivati a Parigi, si esibì per la prima volta in quella che sarebbe diventata la celebre manovra “Cobra di Pugačëv”, che prende il nome proprio da quello scatenato comandante. Adesso vi insegnerò come farla ma, mi raccomando, non fatela a casa perché va eseguita solo da professionisti. Ripeto: DON’T TRY THIS AT HOME.

Per prima cosa dovete disinserire il limitatore del fly-by-wire (un po’ come disinserite il controllo di trazione sui vostri mezzi moderni per sgommare meglio o il parental control per vedere i siti porno sulla pay-TV). Fatto? Bene. Una volta disinserito, il controllo elettronico non impedirà accelerazioni oltre i 9 g (si, perché sta manovra qua passa i 9 g). A questo punto, prendete abbondante colla vinilica vi portate ad una velocità intorno ai 400 km/h. Fatto? Tirate quindi la barra di comando completamente verso di voi e portate l’aereo ad assumere un angolo di attacco, cioè l’angolo con cui la corrente fende l’ala, di circa 120° (se la matematica non è un’opinione – per qualcuno lo è – l’aereo si inclina indietro di 30° tipo Biaggi con la Honda 500 a Brno).

In questo modo frenate in maniera istantanea fino ai 180 km/h che rappresentano la minima velocità di controllo della macchina. A questo punto, siccome vi trovate con il naso all’insù (e senza sangue al cervello), iniziate a portare il naso ingiù ma, siccome la manovra perfetta va eseguita senza perdere quota, dovete aggiungere un “pizzico” di post-bruciatore per cercare di rimanere in equilibrio in questa posizione più tempo possibile. Se ci riuscite, anche la Municipale vi batterà le mani perché avrete eseguito perfettamente la vostra manovra del Cobra fatta in casa.

Immaginate lo stupore del pubblico presente a Parigi, pare che qualcuno sia ancora lì a bocca aperta. Ma sta manovra qua, oltre a far figo, serve a qualcosa? La risposta è SI. Pensate infatti di essere inseguiti da un caccia nemico che vuole sparavi, in questo modo potete piantare un’inchiodata, quello è costretto a sfilarvi a tutta velocità e a quel punto (mannaggina) si trova voi dietro che siete pronti a sparagli un missile dritto dritto nel sederino. Perché si chiama manovra del Cobra? Semplice: il Su-27 assume le movenze di un cobra pronto ad attaccare! Ma quante ne sappiamo noi di RS?

Ma ecco un’ultima chicca. Anche la storia di questo velivolo si è incrociata con quella del nostro paese, per quello che è noto come “Incidente di Salgareda”. Il 9 Settembre 1990, a Salgareda (in Veneto) si svolgeva l’evento “Ali Acrobatiche”. Un mese prima dell’evento, per fare una ricognizione Mario Ferrari sale su un T-6 Texan (Marche I-TSEI), che aveva restaurato con le sue mani, assieme al pilota, il comandante Lobas, incaricato di eseguire delle acrobazie proprio con un Sukhoi Su-27. Mentre Ferrari prova un tonneau (una sorta di looping laterale), il suo amato T-6 tocca con l’ala il tetto di una casa e la caduta è inevitabile. Ferrari muore e Lobas rimane gravemente ferito: non potrà far esibire il Sukhoi Su-27 all’air show. Al suo posto, dalla Russia arriva in fretta e furia il comandante Stankevičius, fa una breve ricognizione e consegna allo speaker un messaggio scritto in francese da leggere durante la sua esibizione con il Su-27: “Sto per fare un volo nel cielo di Salgareda dove, un mese fa, è morto il bravo pilota italiano Mario Ferrari. Durante la nostra vita, a volte capita di dover affrontare tragici avvenimenti e di perdere degli amici, uomini di valore, piloti. È il prezzo di dolore che dobbiamo pagare e questo non compensa i nostri successi nel cielo. Le tragedie del cielo hanno un prezzo troppo caro. Vorrei che non si dimenticasse il prezzo della vita. Gli dedico il mio volo ma i piloti non muoiono, i piloti, solo, se ve vanno volando.”

Ironia della sorte, mentre chiudeva un giro della morte, il comandante Stankevičius si rende conto di essere troppo basso, avrebbe il tempo di eiettarsi e di provare a salvarsi ma non se la sente di lasciare il Sukhoi incontrollato sapendo che sotto c’è una folla che lo sta guardando. Decide di morire da eroe e di schiantarsi con il suo aereo il più lontano possibile dalla gente. Morirà con lui soltanto un addetto alla sicurezza che sfortunatamente lavorava troppo vicino al punto dell’impatto. Pare che alcuni giornalisti sciacalli, complice anche la difficile situazione polita dell’epoca, ebbero il coraggio di dire che il pilota aveva fatto uso di alcol prima del volo: in pratica, secondo questi “espertoni”, il pilota si era presentato ciucco all’air show. Si trattò in realtà di un errore umano di un grandissimo pilota, dovuto molto probabilmente anche alla scarsa conoscenza del luogo dell’esibizione. Un uomo che nella sua carriera oltre ad aver pilotato il Buran (lo Space Shuttle sovietico), era stato collaudatore del temuto MiG-29 e aveva accumulato oltre 4.000 ore di volo su 57 (cinquantasette!) aerei diversi.

– Stankevičius sul suo Su-27 poco prima dell’incidente sopra, sempre Stankevičius davanti al Buran sovietico sotto –

È quindi proprio al comandante Stankevičius, e a tutti gli eroi dell’aria che hanno perso la vita volando, che dedico questo articolo su quel gran Ferro del Dio che è il Sukhoi Su-27.

Testo di Matteo Viscogliosi, il nostro inviato nel mondo dell’ingegneria aerospaziale.

Articolo del 21 Ottobre 2020 / a cura di Il direttore

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  • Francesco

    IL PORNO è NULLA IN CONFRONTO !

    Ogni volta che leggo i tuoi articoli, sbrodolo… ma oltre a sbrodolare oggi mi è pure venuta la pelle d’oca…

    Les Chavalier Du ciel … https://www.youtube.com/watch?v=HEe3xfWfkG8

    Stima affetto e olio motore da un appassionato di sbrodolo !

    • Davide

      Io non ho il limitatore del fly by wire sul mio ultracoso volante come posso fare per la manovra del cobra?

  • Mike Vader

    Non sono un grandissimo appassionato di motori, ma da ragazzino “ci andavo sotto” con gli aerei da combattimento, tanto che iniziai a tifare Charlotte Hornets per via dell’ F/A 18, il mio aereo preferito.
    Leggo sempre con grande piacere i tuoi articoli: complimenti davvero!

    • fabrizio bottacin

      La manovra del cobra l’ho vista dal vivo.
      Ma ho anche vissuto l’esperienza del p3 tra il mio parapendio ed un f18 vicino ad Aviano.

  • lugi

    Grandissimo articolo (come tutti i vostri) con uno stupendo modo di scrivere simpatico e competente
    e grande Francesco hai nominato un film bellissimo quasi come top gun
    anzi Voi di rolling potreste un giorno recensirlo

  • Flavio

    Solo complimentoni a voi di RS!!!siete la bibbia del pistone!!!!

  • Paolo

    Non mi vergogno dire che la prima cosa che faccio la mattina prendendo il cellulare è controllare se c’è un nuovo articolo su Rollingsteel. Mi fanno ridere, piangere, sbrodolate, sognare… Una vera ginnastica per l’umore 🙂

  • Matteo Tode

    La manovra Cobra da Paura!!! Complimenti davvero, bellissimi articoli e odore di Jet-A a manetta!!!

  • Cesare

    Vi leggo sempre con grande piacere. Un bellissimo luogo per chi ama gli aerei ed i motori. Continuate così!!!

  • omar

    Un mio ex collega (patito di aerei come pochi!) quel giorno a Salgareda c’era. Me la raccontò così: l’aereo arrivò, si allineò con la pista col carrello fuori a bassa quota e lento, improvvisamente chiuse il carrello, diede motore e sul per il looping. Dissero subito, questo è pazzo, è troppo lento e troppo basso. Avevano ragione.Che probabilmente fosse ubricato il pilota me lo disse anche lui.

  • Angelo

    Sempre belli questi articoli e il Su-27 era uno dei miei preferiti (giustamente sostituito dal Su-35), ma questa volta mi tocca segnalare una mancata conoscenza di combattimento aereo. Il combattimento aereo è diviso in due categorie BVR (beyond visual range) e WVR (within visual range). Il primo si fa con missili FOX-1 come gli R-27 russi e gli AIM-7 Sparrow della NATO (a quei tempi) e oggi con i FOX-3 a radar attivo come gli AIM-120 AMRAAM della NATO e gli R-77 russi. Il WVR si fa con missili FOX-2 a ricerca di calore AIM-9 (nelle varie versioni) e R-60 e oggi l’aggiornato R-73. Quando tu fai quel cobra, il tuo avversario deve essere vicinissimo per avere effetto, altrimenti non credo proprio che un FOX-2 o qualche centinaio di colpi da 20 mm sparati da un M61 Vulcan possano mancare un target molto grosso come un Su-27. Per sintetizzare, per fare quella manovra, il 27 deve passare il combattimento BVR e poi deve riuscire a far avvicinare l’avversario nel raggio di pochi chilometri. Insomma, quella non è altro che una manovra da air show alla fine della storia. Tra l’altro quel tipo di manovra la facevano anche gli svedesi con il J-35 che era un’aereo ben più vecchio.

    Mi riferisco a questa riga: “Pensate infatti di essere inseguiti da un caccia nemico che vuole sparavi, in questo modo potete piantare un’inchiodata, quello è costretto a sfilarvi a tutta velocità e a quel punto (mannaggina) si trova voi dietro che siete pronti a sparagli un missile dritto dritto nel sederino.”

    • MC411

      Grazie, mi hai risparmiato il tempo di scrivere le stesse cose.
      Visto che qui parliamo anche di motori, il cobra fa figo come fare una impennata o una bel traverso nei rally..ma a livello pratico non serve a nulla..o peggio offri al nemico un bel bersaglio lento, instabile e bello grande.

      • Andrea Bindolini

        Il Cobra è una manovra da airshow; la sua utilità nel combattimento manovrato è praticamente nulla. Perché se anche mi funziona come “break” della disperazione per scrollarmi di dosso il bandito a ore 6, mi lascia praticamente fermo, con pochissima energia, con una traccia ottica, radar e infrarossa spaventosa, alla mercé del mio avversario.

    • Francesco

      In effetti è l’unico difetto dell’articolo. Però il “cobra” può essere utile anche grazie al mirino dell’elmetto, ovvero puoi togliere il limitatore G e fare una virata stretta per lanciare prima l’R73 (gran bella bestiolina questo missile). Ti lascia senza energia però, quindi o colpisci o combatti un avversario in svantaggio energetico.

  • Jacopo Zagordo

    Complimenti vivissimi a tutti i componenti di R.S.
    Articolo stupendo davvero complimenti, veramente una gioia leggere queste righe!! Da pelle d’oca, soprattutto se il soggetto dell’ articolo è il mio aereo preferito. da broda!!
    Ancora complimenti e ora rimango in trepidante attesa per un articolo sul mio secondo, l’ Eurofighter Typhoon.
    Un grande saluto Jacopo.

  • LS

    Ho apprezzato molto il finale di questo articolo.

  • chi farà un gustoso articolo sul Savoia Marchetti,detto il gobbo maledetto?

  • Alessandro

    Vivo a cinque km da Salgareda, mio papà mi racconta sempre di quell’incidente

  • Andrea Bindolini

    Io voto destra.
    Solo nella foto.

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