Quando lo sconforto e la nostalgia si fanno troppo pesanti, mentre il mondo si masturba sulle automobili elettriche e i cambi automatici CVT, io mi siedo a bordo della mia sportiva a benzina e gioco con la leva del cambio manuale. Anche da fermo. Così, per ascoltare ingranaggi in movimento e assicurarmi che un rapporto con la meccanica ancora esista. Dopodiché subentra la consueta fase JDM che scandisce a intervalli regolari il tempo che trascorro su questa terra.
(foto: Blake Jones – SpeedHunters)
Non possiedo più una giapponese da anni, ma ho cominciato con quelle ed è un po’ come la musica anni ’80: è uno stile che non tramonta mai. E in effetti questa è una storia che risale più o meno a quel periodo, quando ancora credevamo che sarebbe stata un’interminabile era di vacche grasse e che la ricchezza non potesse che aumentare. Così come la potenza dei motori. È una storia di “secchi” che diventano culturisti, due motori nati nell’anonimato ed entrati di diritto nell’Olimpo dei più celebri della storia. È l’eterna sfida fra il mitico RB26 di Nissan e il suo acerrimo nemico 2JZ di Toyota.
TOYOTA vs NISSAN
Si parla di 80’s e 90’s, principalmente. Ma in realtà il tutto va molto più indietro, a insospettabili berline spinte da asfittici (visti con gli occhi di oggi) motori in vendita addirittura negli anni ’70. Parliamo della prima Toyota Celica GT, che, a un certo punto, prende il nome di “Celica Supra”: siamo nel 1979 e la prima Supra, che all’epoca non è ancora il mostro farcito di cavalli che abbiamo impresso nella mente, monta un 2.6 litri da 123 cv. Con la seconda serie e una linea più sexy, il sei in linea della Supra sale a 2.8 litri e 145 cv e poi 160 cv; la terza serie le regala 3 litri tondi di cilindrata e – rullo di tamburi – il turbo… e qui, si sa, le dai un dito e lei ti prende il braccio: nel 1989 ha 265 cv e la stessa cifra in fatto di coppia. Ma è con Lei, la Supra quarta serie del 1993 che arriva il 2JZ-GTE.
– Sua maestà 2JZ-GTE. Sopra, la Toyota Supra quarta serie. Siamo nel 1993 –
Nel caso della Nissan GT-R, dobbiamo andare ancora più indietro, dieci anni prima del debutto della Supra: è il 1969 quando il nome “GT-R” viene associato alla Skyline. La “Hakosuka”, figlia di quella Prince Motors fusa con Nissan, montava un sei cilindri in linea S20 da 160 cv e la versione KPGC10 era la morte sua: differenziale e carburatori maggiorati, sedili sportivi… a trovarla oggi (ne han fatte 800, quindi state freschi) la paghi come una Ferrari. A questo proposito, ancora più rara (197 esemplari) è la KPGC110, ma il periodo che ci interessa di più è quello che va dal 1985 al 2002, quando nasce la famiglia “R”, dalla 31 alla 35 di oggi, ma, in particolare, ci interessa la R32: è con lei che debutta l’RB26DETT, con 267 cv a 6800 giri/min.
– Anno 1989: sua maestà RB26DETT e, sopra, la GT-R R32 –
– È il 1989 e la Nissan GT-R R32 batte la Porsche 944 al Nordschleife con un tempo di 8:22 –
Il 2JZ di Toyota è un bestione di 300 kg (quasi 100 kg più pesante del precedente 7M-GTE) con un carattere tostissimo. Pomparlo fino a 600 cv è uno scherzo, ma regge senza problemi 800 cv e in paesi come gli USA si gareggiava regolarmente sul quarto di miglio con minacciosi rimaneggiamenti fino a 1000-1200 cv.
Un motore che più lo elabori e più gode e che, soprattutto, dimostra affidabilità, è inevitabilmente destinato a stuzzicare il palato dei tuner. Un mondo che noi italiani, purtroppo, abbiamo conosciuto solo indirettamente – dato che alle nostre latitudini una Supra è anche oggi una specie di UFO – ma che in patria è una vera e propria cultura e nei grandi e orgogliosi Stati Uniti d’America ha sottomesso le sportive locali.
L’immagine più evocativa della fusione fra JDM e USA è probabilmente Paul Walker che smonta dalla sua GT-R R34 color blu Bayside (auto che fra l’altro ha posseduto davvero). La spettacolare GT-R R34 con il suo RB26, che pesa circa 200 kg, ben 100 kg meno del 2JZ della Supra (ma va anche considerato che ballano 400 cc fra il 2.6 Nissan e il 3.0 Toyota).
– Il compianto Paul Walker ha davvero posseduto questa R34, apparsa nel quarto film della serie Fast & Furious (in realtà ne hanno usate 9, ma le altre erano VW Beetle ricarrozzati!) e poi venduta dopo la sua morte a ben oltre 1 milione di dollari –
Ma la fama di Supra e GT-R probabilmente nasce da due aspetti differenti: per Toyota, come detto, è il motore il vero protagonista – anche perché una Supra di serie l’ho provata ed è una (ottima) GT ma non una agile sportiva che rapisce per le sue peculiarità dinamiche – mentre, per quanto anche le varie GT-R R32, 33 e 34 di serie non fossero un salto quantico nell’esperienza della guida sportiva, ciò che induriva (o bagnava) le parti basse era l’eredità dell’enorme successo della GT-R nel mondo delle corse, grazie a qualità telaistiche migliori e soprattutto alla trazione integrale.
– La spettacolare R32 ha sconvolto il JTCC vincendo 29 gare su 29 fra il 1989 e il 1993. (foto: evo UK) –
Anche la versione stradale ereditava la trazione sulle quattro ruote e sfruttava, oltretutto, l’innovativo ATTESA E-TS, una nuova trovata elettronica dotata di innumerevoli sensori e due frizioni a bagno d’olio che ripartivano la coppia fra anteriore e posteriore, allo scopo di migliorare la trazione ma anche ridurre il sottosterzo e ottimizzare la stabilità in curva.
Se in Europa c’era il DTM, in Giappone c’era il SuperGT, arena di sportellate e vetrina di automobili sportive da esse derivate. Infatti l’RB26 nasce durante l’omologazione della R32 per le corse e, di conseguenza, Toyota dovette rispondere a tono con il suo 2JZ.
– La Suprona da corsa non utilizzava il 2JZ… Gli ingegneri lo trovavano troppo pesante. Al suo posto c’erano il 3S-GTE a quattro cilindri o il V8 3UZ –
https://www.youtube.com/watch?v=ido5JVyrOuE
TOYOTA 2JZ-GTE
Dove “JZ” è la famiglia di motori, “G” indica la configurazione a doppio albero a camme ad alte prestazioni, “T” è “Turbocharged” ed “E” sta per “Electronic fuel injection”
- Cilindrata: 2997 cc
- Aspirazione: doppio turbo sequenziale
- Rapporto di compressione: 8.5:1
- Alesaggio per corsa: 86 x 86 mm
- Potenza: 276 cv (in Giappone) e 320 cv (negli USA) a 5600 giri/min
- Coppia: 451 Nm a 4000 giri/min
NISSAN RB26DETT
Dove “RB” è, semplicemente la sigla della famiglia di motori, mentre “DETT” sta per “DOHC Electronic Fuel Injection Twin Turbo”
- Cilindrata: 2569 cc
- Aspirazione: doppio turbo
- Rapporto di compressione: 8.5:1
- Alesaggio x corsa: 86 x 73.7 mm
- Potenza: 276 cv a 6800 giri/min
- Coppia: 354 Nm a 4000 giri/min
TOYOTA, L’ENERGUMENO
– Bud con il prossimo turbo per la sua Supra. Ma si è appena ricordato che c’è il modello più grande –
Come scritto sopra, la caratteristica del 2JZ che i tuner trovavano erotica era, in particolare, la robustezza di questo bestione, con tanto di guarnizione della testa in acciaio a triplo strato: era progettato per reggere tre volte la potenza di 270 cv – che poi era giusto quella dichiarata, per via dell’accordo giapponese del 1990 fra produttori – e i suoi pochi punti deboli sono probabilmente il tendicinghia, la pompa dell’acqua e le giranti dei turbo in ceramica che è meglio sostituire. Probabilmente è il motore più elaborato di sempre.
Era un motore pesante, ma per un buon motivo: era di una robustezza estrema. Aveva perni di banco grossi così (62 mm), bielle (con perni di 52 mm) e albero motore forgiati; aveva perfino un elemento apposito di rinforzo fra coppa olio e blocco motore, con la coppa olio che andava a imbullonarsi ad esso. Era un motore indistruttibile, a non interferenza (quindi se parte la cinghia il danno è limitato), con passaggi dell’olio di ritorno spostati verso l’esterno per aumentare il materiale del basamento e renderlo ancora più robusto. Un motore con il quale quei 600-800 cv li raggiungevi senza nemmeno aprirlo per sostituirne gli elementi con equivalenti rinforzati, con dettagli come gli spruzzatori di olio che irroravano il lubrificante direttamente sotto al pistone per contenerne i bollenti spiriti. Pistoni che per quanto non siano forgiati, ma stampati, sono ipereutettici, rivestiti di materiale antiattrito e comunque affidabili fino a potenze nell’ordine di 800 cv, oltre che sempre perfetti nel corso della efficientissima produzione Toyota.
C’erano poi i turbo sequenziali, che limitavano il turbo lag: un primo turbo entrava subito in azione, fornendo il grosso della coppia motore già appena sotto i 2000 giri; dopodiché, a circa 4000 giri/min, una valvola apposita chiamava in azione il secondo turbo. Particolare il fatto che fossero due turbo identici, delle stesse dimensioni, cosa che aumentava ulteriormente la fluidità di erogazione. Per di più, dal 1997, il 2JZ riceve anche la fasatura variabile VVT-i, che ottimizza l’efficienza modificando la fasatura (sia in aspirazione che in scarico) a seconda del regime di rotazione, il che lo rendeva ancora più efficace nel fornire una “schiena” adeguata ai bassi, medi ed alti regimi.
NISSAN, IL RAFFINATO
– Terence con i corpi farfallati del RB26DETT –
Ma l’RB26 mica stava lì a guardare. Anzi, come detto, Nissan aveva solo da insegnare a Toyota, in quanto già da anni presente sul mercato con un prodotto simile, che stravinceva nelle corse. Quella differenza di una cinquantina di cv fra i due che avrete notato era dovuta principalmente a una strozzatura applicata da Nissan (per via dell’accordo giapponese sulla cavalleria), eliminata la quale la potenza superava ampiamente i 300 cv. Ed era un motore superquadro (alesaggio superiore alla corsa), il che significa che, pur a discapito di una riduzione della coppia motrice, raggiungeva regimi di rotazione più elevati, una qualità ottima per correre, benché un difetto quando si tratta di spararti fuori da un tornante. Meno cattivo “sotto” ma più reattivo, l’RB26 sfoggiava la chicca dei sei corpi farfallati individuali, a tutto vantaggio della risposta al pedale dell’acceleratore e – perché no – anche del sound, che è non solo unico ma anche orgasmico, specie quando accarezzi gli 8000 giri al minuto. Poi aveva accensione a bobina e, inoltre, quattro valvole per cilindro, quindi più miscela aria e benzina in camera di scoppio. Come il 2JZ, anche l’RB26 era dotato di spruzzatori olio sotto i pistoni.
Per quanto anche l’RB26 sia un motore cazzuto, nutrirlo di anabolizzanti richiede più attenzione: i più accorti sostituiranno gli elementi più delicati con equivalenti forgiati, a partire dai pistoni che, per qualche motivo, pur essendo ipereutettici come quelli di Toyota, non sono ritenuti altrettanto affidabili e la maggior parte dei tuner preferisce cestinarli direttamente. Poi c’è la questione dei turbo: Nissan usava due Garrett T25, scelta oculata per la potenza di serie, ma non la migliore per le elaborazioni. I corpi farfallati individuali, inoltre, sono un elemento di preoccupazione in più in caso di rotture. Però è un motore sicuro, perché un eventuale pasticcio nella fasatura in teoria non compromette le valvole e, in generale, sembra capace di tollerare bene fino a 600 cv senza alcun intervento interno.
– Le Nissan Skyline GT-R R34, R32 ed R33 –
L’RB26 può anche soffrire di sensori AFM (Air to Fuel Mixture) difettosi, che possono essere all’origine di una miscela troppo magra o troppo ricca, ma non è niente di tragico e basta sostituirli. Il problema più grande per l’RB26 sembra invece essere la lubrificazione, più che altro per i motori costruiti prima del 1992: un gioco eccessivo fra la testa dell’albero motore e l’ingranaggio della pompa dell’olio, un problema non gravissimo a bassi regimi ma decisamente importante ad alti regimi a causa delle vibrazioni armoniche che, a lungo andare, disintegrano gli elementi della pompa. Un difetto che Nissan ha comunque eliminato negli anni successivi e che i tuner, di solito, risolvono con una pompa HKS o Tomei o con soluzioni a carter secco per le elaborazioni più cattive.
NEMICI AMICI
Insomma, a conti fatti, come tutti i migliori nemici, questi motori sono, sotto sotto, anche piuttosto simili, a partire dal fatto che parliamo in entrambi i casi di architettura a sei cilindri in linea, scelta in luogo del V6 per il miglior bilanciamento (il sei cilindri in linea è fatto di due motori tre cilindri accoppiati, che si muovono in modo speculare) e quindi una maggior propensione alla gestione di potenze e regimi elevati.
(foto: Aston Parrot – evo UK)
Così simili ma così diversi… parliamo di un 2.6 litri contro un 3 litri, perciò, probabilmente, le differenze vere le rilevi “a culo”: per quanto siano entrambi sovralimentati con doppio turbo e la potenza specifica sia quasi la stessa (106.66 per il 2JZ e 106.15 per l’RB26), la risposta al pedale del gas è diversa. Come detto, la GT-R ha meno coppia ma raggiunge regimi più elevati e infatti il grosso dello spettacolo avviene sopra i 3000 giri. Inoltre, l’intervento sequenziale dei turbo Hitachi del Toyota riduceva il lag e, per di più, senza rinunciare all’affidabilità. Se poi consideriamo che dal 1997 la Supra ha goduto della fasatura variabile, ecco che per qualcuno la bilancia si sposta un po’ di più verso la meno raffinata ma probabilmente più godibile Supra. Un motivo in più potrebbe anche essere la maggiore disponibilità di pezzi di ricambio e dei motori stessi, in quanto l’RB26 sembra essere più raro.
– Da sinistra, la Supra MkIV e la Z… ehm, la MkV –
Tuttavia, considerate le caratteristiche di superquadro e dei sei corpi farfallati, nonché il retaggio delle competizioni, il record al Nordschleife, il sound e il fascino di tutte le generazioni di GT-R e delle loro soluzioni tecniche… insomma… difficile mettere davanti una Supra, per quanto possa ingoiare cavalli come caramelle. Allo stesso tempo, l’accortezza adottata da Toyota nel creare un mostro di affidabilità non può non essere apprezzata, tanto da andare ben oltre i numeri di serie e dar vita all’unicorno per i maledetti street racers (cit. F&F) e le loro sconcezze.
Probabilmente, insomma, la risposta è questa: l’RB26 è il motore per chi vuole il DNA delle corse, per i Terence Hill di questo mondo che moderano la cavalleria con intelligenza e non ritengono che la vittoria si ottenga solo con la forza bruta; al contrario, il 2JZ è il Bud Spencer che tutto può con la sola imposizione dei suoi schiaffoni riverberati.
I gusti sono gusti. Quel che è sicuro, signori, è che siamo di fronte a due mostri sacri progettati per titillarci nei punti più sensibili. Qualcosa a cui i giapponesi ci hanno piacevolmente abituato per decenni e che, purtroppo, da qualche tempo a questa parte non accade più, a partire dalla nuova Supra che avrà anche un 6-in-linea BMW che è un gran motore ma che manca di tutte quelle caratteristiche e quel carisma tali da renderlo degno di atti di onanismo estremo in pubblico come solo i veri motori giapponesi sano fare.
Io sto con Terence! Per me la R32 è leggenda!
Sbaglio o la prima “R” è stata la 30?
sono duro!
Toyota tutta la vita… Peccato che nella nuova Supra, al netto del design che può piacere o meno (a me non piace), non abbiano messo lo stesso 3 l turbo della MK4… sarebbe stato epico!