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Tre cilindri, due tempi, una macchina comunista: Melkus RS 1000

Cosa sognavate di fare nel 1969? Io niente, non ero ancora nato. Ma so che i Beatles suonarono sul tetto della Apple Records, il 747 fece il suo primo volo commerciale, il Concorde si alzò in volo per la prima volta, Armstrong e Aldrin camminarono sulla Luna e Michael Jackson apparve per la prima volta in TV. Mica male come anno per sognare. Infatti, nel suo piccolo, un certo Heinz Melkus ultimava i dettagli del suo sogno a quattro ruote: si chiamava Melkus RS 1000 ed era la prima automobile sportiva della comunistissima Germania Est.

Heinz Melkus non era uno sprovveduto: era un determinato pilota e un vero appassionato. Come pilota era bravino: di 289 gare fra Formula Junior e Formula 3, nonché svariate altre competizioni, ne vinse 80 e fu per cinque volte Campione della DDR. Ma doveva anche essere piuttosto bravo come diplomatico, perché riuscì a farsi tollerare dallo Stato abbastanza da convincerlo che correre fosse “socialmente utile e necessario” e, assieme ad altri appassionati, progettò la prima Formula Junior della Germania dell’Est con motore a due  tempi e che ottenne dei bei piazzamenti a livello internazionale. Ma fra le monoposto che portano il suo nome ci sono anche Formula 3 e Formula Easter.

– Le auto da corsa di Melkus, nell’ordine: Formula Junior, Formula 3, MT77 da Formula Easter e Lada ML8 –

La sua influenza gli consentì anche di scavalcare il muro ogni tanto e partecipare ad eventi europei che altrimenti gli sarebbero stati negati. Nonché di costruire 101 esemplari di RS 1000 che, giusto per andare sul sicuro, aveva ben pensato di proporre come omaggio per l’anniversario dei 20 anni della Deutsche Demokratische Republik (ma con in mente il Gruppo 4).

– Heinz Melkus –

Il triste panorama per gli appassionati di automobili di quel piccolo angolo di mondo non stimolava certo la passione; se in Occidente i bambini disegnavano automobiline rosse come le Ferrari, da quelle parti si mettevano a piangere e ti lanciavano dietro i pastelli. Ma d’altronde, l’essere umano è idiota al punto da costruire muri che dividono per poi passare le giornate a sbirciare dall’altra parte. A Melkus, di muri e politica interessava poco: lui voleva solo costruire la sua automobile sportiva. Ma come fare, con tale scarsità di componentistica? Se è vero, come è vero, che la necessità aguzza l’ingegno, Melkus fece ciò che era più naturale: sfruttare le (poche) automobili a disposizione.

– Aaaahhhhh…. che stile. Che sensualità. Difficile scegliere fra una Trabant 601 (sopra) e una Wartburg 353 (sotto) – 

Melkus aveva in testa una barchetta, che potesse essere antagonista di una certa Lotus Elan, ma per farla servivano componenti che da quelle parti erano fantascienza. Non gli restava che cannibalizzare ciò che girava per strada in Germania Est. Per essere precisi, l'”ampio” ventaglio delle possibilità prevedeva un rutto (Wartburg) e una scorreggia (Trabant).

(ph. Peter Rimar)

– Nemmeno il bianco e nero può scalfire il calore e la gioia di un raduno di Trabant nella DDR –

Optando saggiamente per il male minore, si buttò quindi su una Wartburg 353 e la trasformò da cesso brutto anatroccolo ad affusolato cigno pensato per Guidare: modificò il telaio in acciaio originale ed introdusse nuovi elementi in alluminio per ospitare un motore centrale posteriore e cambio dietro e poi ricoprire tutto con una sinuosa e bassissima carrozzeria in vetroresina – fra l’altro con tanto di portiere ad ala di gabbiano – che nella galleria del vento di Dresda registrò un CX di 0,29.

– Da una orrenda quattroruote per vivere e morire male a una vettura da corsa con la targa (ma anche con questa morivi male) –

Conservò l’impianto frenante a tamburo (aiuto), i cerchi in acciaio, la strumentazione, l’elettronica, lo sterzo e il parabrezza, inclinandolo quanto bastava per raccordarsi con un tetto che da terra distava appena 1 metro (!!). Infatti, nella RS 1000 sei sdraiato come in una vecchia F1, in un sedile avvolgente con sotto una zeppa di legno estraibile per regolarne l’altezza, con davanti un volante di derivazione nautica (Melkus si interessava anche di quello) e la piccola leva del cambio a cinque rapporti, all’interno di un ambiente decisamente spartano e spoglio e per niente insonorizzato, che consentiva di non andare oltre i 700 kg di peso a secco.

E poi, Melkus voleva un’auto sì stradale ma ideale per la pista, cosa piuttosto chiara quando ti accorgi, ad esempio, che il serbatoio consta di due elementi separati, uno per lato. La RS 1000 diventò poi protagonista di un vero e proprio monomarca molto combattuto.

Prese il motore originale a 3 cilindri e 2 tempi di 992 cc e lo potenziò da 50 cv a 70 cv a 4500 giri/min e 118 Nm a 3500 giri (100 cv per le versioni da corsa), con rapporto di compressione più elevato, una nuova aspirazione, triplo carburatore e scarico sportivo. Suonava come un incrocio fra una Vespa e una Porsche 911. Sentite qua:

– Un’orgia di espansioni che neanche Eyes Wide Shut –

Quel motore ha una storia lunga: deriva da auto come la EMW 327, quella che facevano ad Eisenach prima della guerra e che poi diventò Wartburg quando quest’ultima ne ereditò la catena di montaggio dopo il secondo conflitto mondiale. In parole povere, la RS 1000 montava un motore concettualmente nato nel 1939…

In ogni caso, con quel frullino, la RS 1000 sfiorava i 160 all’ora, che all’epoca non facevano poi così ridere, anche considerata l’accelerazione nello 0-100 km/h in 13″, non troppo lontana dalla contemporanea Opel GT. Quella che i più avventurosi definivano come “la Ferrari della DDR, con l’aspetto di una Miura e di una GT40” (sì, ho riso parecchio anch’io), era una piccola belvetta incazzosa dal traverso facile, particolarmente incline al sovrasterzo e ingestibile sul bagnato, soprattutto a causa di sospensioni molto rigide.

(ph. Collecting Cars)

(ph. AutoBild)

Fra il 1969 e il 1984, quando mancava giusto un lustro per vedere la luce alla fine del tunnel, Melkus costruì i suoi 101 esemplari (dei quali sembra ne siano sopravvissuti appena una sessantina) con non pochi problemi nella produzione degli ultimi 20 a causa della scarsità di componentistica; tuttavia, riuscì a togliersi anche lo sfizio di un bellissimo set di cerchi in magnesio derivati dalle corse che ancora oggi restano un optional molto ricercato e costoso.

Parliamo di un periodo in cui ci volevano anni per avere anche solo una normale Wartburg, figuriamoci una sportiva artigianale: c’erano problemi con i fornitori e con le stesse materie prime, a partire dall’alluminio. Ma Melkus era intelligente e determinato e non si fermava davanti a nulla. Se mancava qualcosa, improvvisava: tanto per dire, gli specchietti retrovisori, inizialmente, erano fatti con l’alloggiamento del faro di una bicicletta e un vetro rotondo ritagliato da quello, molto più grande, di un camion; l’acciaio veniva dall’azienda che si occupava della rigenerazione dei telai Wartburg incidentati; motori ed altri componenti li recuperava uno per uno presso vari magazzini dei costruttori regalando casse di birra a destra e a manca o scambiando pezzi di ricambio con iscrizioni alla sua scuola guida (si, faceva anche quello).

Certo è che le difficoltà avevano la conseguenza di far lievitare i costi. Cosa che poi andava a riflettersi sul prezzo: una Melkus costava il triplo di una Trabant. Inoltre, lo Stato, che più che autorizzare tollerava, obbligò l’azienda a vendere ogni esemplare solo dietro presentazione di una licenza di pilota.

– Questa è la RS 1000 n°5, restaurata dopo anni di corse a partire da un mezzo cadavere ormai in condizioni disperate (ph. www.melkus-rs1000.de –

Negli anni, la RS 1000 ha ospitato anche freni a disco (per fortuna) ereditati dalla Polski-Fiat 125p e motori più potenti come 4 cilindri BMW da 100 cv (ma quest’ultima sembrerebbe una modifica estemporanea e non ufficiale). Heinz aveva anche pensato di farne una versione a sei cilindri, accoppiando due motori, ma sembra che la sincronizzazione fosse troppo difficoltosa: in effetti sembra si sia fermato ad un solo esemplare dotato di V6, che fra l’altro era in vendita da Collecting Cars non molto tempo fa (poi invenduto). Per non parlare del V8 Tatra che un giorno gli passò per l’anticamera del cervello, ma che scartò subito per evitare di trasformare la RS 1000 in una fabbrica di vedove sballando ancora di più la ripartizione dei pesi.

La cosa curiosa è però che ancora oggi la Melkus RS 1000 viene prodotta secondo i progetti originali. Sì perché esiste ancora: scomparso nel 2005, Heinz Melkus lascia il marchio ai figli Ulli e Peter, che nel 2006 tentano di riesumarlo con la RS 2000 basata (pesantemente) sulla Lotus Elise; presentano addirittura un prototipo di RS 2000 al Top Marques di Monaco con l’idea di fare una GT con turbo 2 litri da 300 cv e una GTS da 350 per un peso attorno alla tonnellata, ma le cose non vanno per il verso giusto e, nel 2012, la Melkus Sportwagen KG chiude definitivamente i battenti dopo aver prodotto pochi esemplari (d’altronde, vendere una Elise ricarrozzata a 150.000 euro non è probabilmente il business più redditizio).

– La Melkus RS 2000 GTS. Una Elise più potente (e più brutta) che non ha fatto una bella fine –

Tuttavia, qualche anno dopo, il nipote di Heinz, Sepp, si rimbocca le maniche e riprende da dove il nonno ha lasciato: oggi, ti fa una RS 1000 esattamente come l’avrebbe fatta lui. C’è perfino uno degli operai dell’epoca, presente alla nascita del prototipo, che si fa vedere ancora ogni volta che arriva un ordine, tanto per chiarire che lui deve mettere mano ad ogni singola RS 1000 che viene prodotta (non contradditelo, è uno che salda senza maschera).

– Peter e Sepp Melkus. Il figlio e il nipote di Heinz posano con la maquette della RS 2000. Non è andata bene, ma chissà che in futuro… –

Sepp sostiene che non si tratta di repliche, ma del ripristino di una catena di montaggio che era stata semplicemente interrotta. Infatti, se guardate fuori dall’azienda, ci sono fior di cadaveri di Wartburg 353 pronti per essere spolpati (tanto quelle non le rimpiangerà nessuno). Le nuove RS 1000 sono comunque modificabili a piacimento, a partire dal colore, che già all’epoca era personalizzabile, in quanto Heinz non aveva nemmeno una palette colori ben definita (era già tanto trovarlo, il colore). Ma alla Melkus sono aperti a tutto: ci sono clienti che hanno richiesto altri motori a quattro cilindri di 1.6 litri di origine VW. Sappiate però che, comunque la giri, possono volerci qualcosa come 100.000 euro… Volete dare un’occhiata? Fate click QUI.

Articolo del 6 Giugno 2023 / a cura di Davide Saporiti

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  • Fabio

    Adoro

  • Alessandro

    Un bell’articolo. Non conoscevo l’avventurosa storia di Heinz Melkus (aveva anche una faccia simpatica) e della sua geniale RS 1000: nel suo piccolo, bel ferro. Invece la RS 2000 mi sembra più un incidente di percorso.
    Anche il parabrezza della RS 1000 sembrerebbe un elemento riciclato quasi tal quale (ridotto solo in altezza) dalla Wartburg 353: credo sia il motivo per cui la RS 1000 non è stata rastremata verso il tetto per ridurne ulteriormente la sezione frontale. Guardando le foto del monomarca, anche i parafanghi anteriore e posteriore sembrano sovradimensionati rispetto alle carreggiate e alla larghezza di cerchi e pneumatici.

    Curiosità: negli anni ’80 a Torino circolava regolarmente un taxi Wartburg 353 Tourist (la versione giardinetta). Come sia stata importata quell’auto, ancora prima della caduta del Muro, non è dato sapere. Ovviamente era l’unica Wartburg circolante in Torino (credo anche l’unica auto con motore a 2 tempi) e mi ha sempre incuriosito.

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