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Lockheed SR-71 Blackbird, un vero ferro da corsa

Quando ero ragazzino se mi avessero detto “SR” mi sarebbero venuti subito in mente due mezzi: il primo è lo scooter super-sportivo prodotto dall’Aprilia (impazzivo per quello nero con le grafiche di Capirossi ed Harada) che poi lo pimpavi utilizzando il Gameboy e via a fare le impennate

il secondo era un mezzo molto (ma molto) più esotico e degno dei migliori fumetti: un ferro da corsa di quelli che non vedremo mai più.

Signore e Signori, oggi parliamo del Blackbird, letteralmente “uccello nero”, che non è una categoria di ricerca su YouPorn bensì il nome di battaglia di uno dei ferri più assurdi che sia mai apparso nei cieli (assieme a questo).

Completamente nero opaco, il Blackbird sembra uscito direttamente dalla bat-caverna.

Prodotto dalla Lockheed, questo coso era capace di fare lo USA coast-to-coast in poco più di 1 ora e 7 minuti (un’ora e sette minuti!). Facendo un paragone con il motorsport, se il Concorde andava come una Formula 3, l’SR-71 andava come una Formula 1; il Blackbird era infatti capace di andare a tre volte la velocità del suono arrivando a far registrare velocità medie di Mach 3.35 (parente di 3500 km/h) durante la missione! Nota bene: velocità media!

L’SR-71 è stato utilizzato negli anni che vanno dal 1966 al 1989 come super ricognitore strategico da parte dell’USAF per spiare cosa combinavano i sovietici dall’altra parte della cortina di ferro. Una volta che tale cortina è stata abbattuta assieme al muro di Berlino, l’aereo è stato ritirato dal servizio a causa degli enormi costi necessari per farlo volare (si stimano circa 200 mila dollari per ogni ora operativa, ma sono solo stime).

Detentore di innumerevoli record di velocità e quota, il Blackbird è un mezzo come pochi. Bello, strano ed estremamente veloce, poche cose smuovono la fantasia come la sua affusolata fusoliera. Fusoliera che altro non era che un rivestimento attorno ai due grossi motori, che adesso vi raccontiamo.

I motori del BlackBird, siamo alla follia.

Il segreto delle prestazioni del Blackbird è da ricercare nei due grossi motori attorno ai quali l’aereo era costruito: si tratta di due Pratt&Whitney J58-1 che sono dei “normali” turboreattori (o turbojet) che però, passata una certa velocità, venivano convertiti in autoreattori (anche detti ramjet). Fermiamoci un momento e proviamo a spiegare con parole semplici come funzionano tali propulsori. Il turbojet è composto da cinque componenti principali: presa d’aria, compressore, combustore, turbina e scarico. Banalmente, l’aria entra all’interno della presa d’aria, viene compressa dai vari stadi del compressore, passa all’interno del combustore dove viene iniettato il combustibile e avviene la combustione, dopodiché il gas combusto si espande all’interno della turbina generando energia per alimentare il compressore e, infine, esce dallo scarico generando spinta. In parole povere, come il phon con cui vi asciugate le palle i peli sotto le ascelle.

questa figura vi aiuterà

Il ramjet invece è composto “semplicemente” da presa d’aria, combustore e scarico senza alcun organo in movimento perché, grazie alla forte velocità e alla sezione variabile dei condotti che compongono la presa d’aria, è possibile comprimere l’aria senza l’utilizzo di un compressore. In pratica, l’aria passa a canna attraverso la presa d’aria che la comprime facendone alzare la temperatura (PV=nRT), viene sparata all’interno del combustore dove viene incendiato il combustibile e il tutto esce dallo scarico a velocità folli: facile a dirsi, difficilissimo da realizzare perché per generare questa “autocompressione” dell’aria bisogna andare veramente ma veramente veloce (uno statoreattore per venire avviato ha sempre bisogno di una velocità minima che di solito viene raggiunta attraverso un “aereo madre”).

altra figura per aiutarvi

La cosa da sottolineare è che un ramjet, una volta avviato, può raggiungere velocità esagerate (impossibili da raggiungere con un normale motore a turbogetto) perché non pone nessuna limitazione alla velocità dell’aria in ingresso (in un turbogetto l’aria che alimenta il compressore DEVE essere sempre subsonica e se quindi state volando in regime supersonico quest’aria deve venire rallentata ad una velocità inferiore dalla forma della presa d’aria).

Qui sotto una piccola immagine di come si adattano alle varie velocità le prese d’aria dell’aereo di Maverick e Goose (che si scrive con due “o”) per permettere all’aria di essere sempre subsonica prima di incontrare il compressore.

La figata dei J58 dell’SR-71 stava nel fatto che, superata una certa velocità, potevano venire trasformati da “semplice” turbojet in un ben più veloce e prestante “ramjet”. Non per nulla il Pratt&Whitney J58-1 viene chiamato autoturboreattore ed è nella top five dei cinque motori più fighi di sempre. Il funzionamento di tale “trasformazione” è piuttosto complesso ed ha un ruolo fondamentale il cono di ingresso che si muove all’indietro man mano che l’aereo accelera. Facciamo così, se l’argomento vi interessa, questo video su Youtube vi spiegherà tutto per bene, noi adesso andiamo avanti.

Nello sviluppo dell’SR-71 la Lockheed si trovò a fronteggiare problemi mai visti prima, un po’ come la Bugatti con la Veyron. Anche il carburante che il Blackbird trangugiava era speciale. Date le elevate temperature a cui era soggetta l’intera fusoliera fu necessario impiegare un combustibile (il JP-7) con un punto di infiammabilità molto elevato. Al posto delle normali candelette di accensione si rese necessario installare un particolare impianto che provvedeva all’accensione del combustibile iniettando nei combustori trietilborano, una sostanza che si incendia spontaneamente a contatto con l’aria. Un piccolo serbatoio contenente 600cc di questa sostanza era installato su ogni motore e garantiva fino a sedici avviamenti del motore o del postbruciatore.

FIGATA

Per completare la sezione tecnica della faccenda, la cosa importante da segnalare è che per andare a certe velocità non basta la potenza bruta ma bisogna che TUTTO sia studiato nel minimo dettaglio perché con macchine come il Blackbird il rischio di lasciarci le penne è altissimo. Guardate la punta dei coni delle prese d’aria che livello di dettaglio raggiungono, qua non si scherza un cazzo.

Bene, procediamo, cosa c’entra tutto questo con il nostro Blackbird?

Tutta questa potenza era installata all’interno di una fusoliera di forma fallica molto allungata rivestita interamente in titanio (il cui principale produttore all’epoca era l’unione sovietica: gli USA si facevano arrivare il Titanio attraverso operazioni segrete che coinvolgevano stati del terzo mondo ed altre situazioni – simili alla gag della Rolls-Royce che ha messo le ali ai sovietici – che se ve le dicessi poi dovrebbero uccidermi) perché, a causa dell’attrito dovuto dalle altissime velocità, le superfici esterne dell’aereo raggiungevano temperature superiori ai 300°C, temperature che un normale rivestimento in lega di alluminio non sarebbe in grado di sopportare senza degrado delle caratteristiche meccaniche (praticamente i pannelli di alluminio avrebbero iniziato a flettersi). L’elevata temperatura superficiale provocava addirittura un cambiamento di colore da nero a un particolare blu cangiante (molto tamarro).

Qui un rendering:

Inoltre, subito prima del decollo e dopo l’atterraggio, l’SR-71 pisciava carburante sulla pista (per manifestare la sua arroganza e marcare il territorio) perché i serbatoi erano progettati per diventare a tenuta stagna una volta che la dilatazione termica avesse iniziato a far sentire il suo effetto, altrimenti si sarebbero crepati a causa delle elevate temperature raggiunte durante il volo (allora sì che sarebbero stati peni per diabetici). Lanciato a bomba il Blackbird si allungava di circa 30cm solo a causa della dilatazione termica.

Per darvi un’idea di quanto veloce fosse questa macchina e di quanto elevate fossero le temperature dovute agli attriti vi racconterò una ulteriore chicca: l’interno dell’abitacolo avrebbe raggiunto i 120°C se non ci fosse stato un opportuno sistema di climatizzazione e il pilota si scaldava il pranzo semplicemente appoggiando il cibo, razionato in appositi contenitori, sul vetro del cockpit (eh già le missioni erano talmente lunghe che il pilota si doveva portare la schiscetta).

Vetro su cui era apposta un’etichetta speciale per ricordare ai manutentori di non toccare il vetro dopo l’atterraggio per evitare di cuocersi le mani come braciole di maiale! Per smaltire tali temperature e proteggere la struttura dell’areo, il combustibile veniva usato come liquido refrigerante e, prima di entrare in camera di combustione, veniva pompato nelle intercapedini che si trovavano tra la struttura e la superficie esterna del velivolo. In poche parole, al di sotto della superficie esterna nera e cattiva, il velivolo era una sorta di radiatore gigante.

Nel 1974 il governo degli USA, che stava facendo a gara con quello Russo per stabilire chi ce l’avesse più lungo, decise di mostrare l’SR-71 al mondo interno. Così un Blackbird fu spedito al Farnborough Air Show, vicino Londra. Il primo Settembre 1974 un SR-71 partì da New York ed arrivò a Londra in 1 ora, 54 minuti e 56 secondi! Leggenda narra che andasse talmente a fuoco veloce da dover iniziare la virata di avvicinamento mentre transitava sopra la Groenlandia, della serie “l’ho presa un po’ larga”. Per darvi idea dell’impresa mastodontica che aveva compiuto, vi riporto un paio di numeri: per un volo New York – Londra il Concorde impiegava circa 3 ore, mentre un Boeing 747 percorre la stessa tratta in circa 6 ore di volo.

Pensate che, per fare lo sborone, dopo l’air show si sparò un voletto di ritorno fino a Los Angeles in 3 ore e 47 minuti (che manco i bauscia Milano-Cortina) in cui vanno considerate due soste per re-fuelling e dei passaggi a velocità ridotta per evitare di terrorizzare le maggiori città degli USA con il bang sonico.

Ma se l’SR-71 fu presentato al mondo nel ’74, vuol dire che era una macchina segreta? La risposta è si, ma non solo: la maggior parte delle missioni che furono effettuate da questo velivolo sono tuttora top secret. Erano gli anni della Guerra Fredda, della sfida per la conquista dello spazio, quegli anni che portarono quella fava di Rocky 4 a sfidare Drago (“Se io posso cambiare e voi potete cambiare, allora il mondo può cambiare!”). Erano gli anni in cui potevate partire da Bologna per andare a Palermo e non arrivare mai senza che nessuno spiegasse mai ai vostri cari il motivo.

Insomma, prima della caduta del muro di Berlino il mondo era spaccato in due e agli americani serviva un areo-spia, un ricognitore che volasse velocissimo, a quote molto elevate e che fosse poco visibile ai radar e che non si facesse tirare giù come l’U2. In questo scenario, all’inizio degli anni ’60, per rispondere ad una commessa della CIA, la Lockheed, capitanata da un certo Clarence Johnson detto “Kelly”, istituì la Skunk Works Division e diede vita al Black Project con il nome in codice OXCART (come abbiamo già detto i black projects sono quei progetti che ufficialmente non esistono). Questo team, costituito da scienziati matti e ingegneri (che invidio tantissimo), iniziò a costruire il prototipo di quello che è definito il papà dell’SR-71 e cioè il Lockheed A-12, all’interno dell’Area 51.

Qui sotto alcune immagini per mostrarvi le differenze tra l’A12 della CIA e l’SR-71, biposto e dal muso più largo.

Che cosa è l’Area 51? Oltre ad essere il nome di qualche discoteca della Romagna, si tratta di un’area militare, grande poco più della Sicilia, che si trova nel deserto del Nevada. L’Area 51, anche chiamata “Dreamland”, “Paradise Ranch”, “Home Base” e chi più ne ha più ne metta (pare che i piloti militari la chiamino semplicemente “The Box”) è raggiungibile tramite una stradina sterrata che sbuca sulla statale 375 (detta The Extraterrestrial Highway, si avete capito bene) dove v’è una cassetta delle lettere bianca con una scritta nera.

Solo nel 2003 gli USA hanno ammesso l’esistenza della base aerea e una decina di anni fa degli ex funzionari che hanno lavorato all’interno dell’Area 51 sono stati autorizzati a rilasciare delle dichiarazioni su di essa, affermando che l’Area 51 serviva per lo sviluppo e il test di apparecchiature tecnologicamente all’avanguardia come moduli lunari e jet militari della massima segretezza. Cosa è realmente nascosto all’interno dell’Area 51 probabilmente non lo scopriremo mai ma, di certo, quest’area ha visto nascere uno dei ferri più estremi ed emozionanti che si siano mai visti: l’SR-71.

Ne furono costruiti 32 esemplari in totale, di cui 12 precipitarono in circostanze misteriose, pare però che nessuno di essi sia stato abbattuto da fuoco nemico. Alcuni sono custoditi oggi all’interno di musei sparsi negli Stati Uniti e il prototipo A-12 è in mostra sull’Intrepid ormeggiata a Manhattan, lo stesso aereo su cui Will Smith gioca a golf nel film “Io sono leggenda”. Perché, in fondo, l’SR-71 è leggenda (oltre ad essere un Ferro del Dio).

Nota finale: Dall’A-12 iniziale oltre all’SR-71 era stata sviluppata anche una versione dell’aereo destinata all’intercettazione, un vero e proprio caccia su base A-12, denominato YF-12 ma mai diventato operativo. Inoltre l’A12 vinse la commessa della CIA battendo il Kingfish della Convair di cui vi sbatto una foto qui sotto.

Testo di Matteo Viscogliosi, il nostro inviato nel mondo dell’aeronautica.

Ma, ehi, stiamo aggiungendo i poster nello shop!

Articolo del 28 Febbraio 2019 / a cura di Il direttore

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  • Adriano

    Bellissimi reportage, interessanti, colti spregiudicati ne vorrei ancora.
    BRAVISSIMO!!!!

    • Filippo Rossetti

      Blackbird in inglese vuol dire “merlo” però “uccello nero” è più metaforico se parliamo dell’SR-71! Belli i suoi articoli!

  • Gianluca Bruno

    DIRETTOREEEEE! Non hai idea di quanto io abbia aspettato per questo post!!
    IL ferro del dio

  • Luca

    Grande pagina. Contenuti molto interessanti e raccontati in modo divertente ma con cognizione di causa, cosa ormai rara

  • Ferdinando Belli

    Sono stato da sempre un appassionato di aeronautica. Grazie per questi servizi tecnicamente inappuntabili e gestiti con altrettanta nonchalance.

  • GIUSEPPE GIOVAGNONI

    Bellissimo articolo, grazie per le informazioni davvero uniche! Mi piacerebbe che Matteo scrivesse qualcosa anche sul B 58, mitico bombardiere USA.

    • Aramax

      Una “ricognizione” tecnica stupefacente!
      Spettacolo

  • Luca

    Splendido Articolo. Grazie!!!

  • Alberto

    I miei complimenti per il modo in cui è stato scritto l’articolo.
    Una pagina di Wikipedia con gli stessi contenuti sarebbe stata molto noiosa, invece qui ho potuto leggere divertendomi.
    Bravi!

  • Alberto

    Imparagonabile ad ogni altro aereo (conosciuto).
    Aveva perfino dei fori nelle ali per fare uscire l’aria (convogliata dai motori) per ridurre le turbolenze…
    Hanno realizzato l’irrealizzabile/l’impensabile!

  • Antonio S.

    Bell’articolo, complimenti. Solo un appunto: Blackbird letteralmente significa uccello nero, ok, ma la parola in inglese indica un particolare uccello nero: il merlo.

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