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Lamborghini Revuelto. Per un V12, questo e altro.

IBRIDA. Ecco, l’ho scritto. Così ci togliamo il pensiero. So già cosa state pensando, ma facciamo un bel respiro e consideriamo la cosa più importante: il V12 aspirato è ancora lì. Rivisto e corretto, sempre più moderno e affidabile. È ancora lì dove è sempre stato, a partire da quando il sogno di Ferruccio è diventato realtà ormai sessant’anni fa. Quest’auto, in un certo senso, rappresenta i tempi che corrono: il valoroso V12 al tramonto della sua storia è circondato su tre lati da un esercito di invasori elettrici, tre motori alimentati a batteria, uno dei quali fa parte del cambio e gli altri due che muovono le ruote anteriori (quindi è rimasta anche la trazione integrale). È uno spartiacque fra ciò che era e ciò che sarà. Alla Lambo ci tenevano parecchio e pare sia stata una bella lotta interna: di certo nel panorama non si va verso aumenti di cubatura e numero di cilindri e il turbo è praticamente un obbligo, ma il compromesso questa volta ha funzionato e, ancora per qualche anno, potremo udire la vera voce dei Tori di Sant’Agata.

Lei si chiama Lamborghini Revuelto (sì, sì… dopo arriviamo al nome) ed è l’erede della Aventador. Vi piace? Io ero preoccupatissimo, ma devo dire che il risultato finale mi sembra molto valido. Tremavo all’idea che il design rispecchiasse troppo quello della terrificante (in negativo) Siàn, dal posteriore incasinato e posticcio che manco la seconda serie dell’Aprilia SR 50. Invece, questo posteriore è forse l’area meglio riuscita, con due (ma dentro se ne intravvedono quattro) scarichi che escono alti e incazzatissimi, appaiati e avvolti in un paio di gobbe come gli ugelli di un caccia, un estrattore tanto imponente da sfiorare con gli artigli anche la carrozzeria e l’ormai consolidato design a “Y” che dà il meglio di sé con i nuovi gruppi ottici, solo cattiveria e niente giochini stilosi.

– … e all’improvviso scoprii che il mio corpo poteva produrre sperma –

Anche nell’osservarla di profilo, la sensazione è di avere di fronte una Aventador rivista e corretta, il che è solo un bene, perché la V12 uscente era obiettivamente bella; tuttavia, da un lato, questo potrebbe anche essere un difetto, dato che Lambo è famosa per rompere il più possibile con ciò che è venuto prima (ed è anche per questo che mi incavolo quando escono le finte Countach). Ecco, forse è l’anteriore a convincermi meno: quel vago richiamo al muso della McLaren 720S nell’area dei fari e delle prese d’aria non funziona altrettanto bene e il taglio del cofano sopra i gruppi ottici non mi convince. A proposito: le “Y” alla “Terzo Millennio” sono enormi LED diurni e, come nel caso della frittura cucinata male, solo il tempo ci dirà se riusciremo a digerirli. Il prezzo del giocattolo? Si parla di oltre 500.000 euro.

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– a Batman piace questo elemento –

La Revuelto è un po’ più grossa della Aventador. La sua aerodinamica sfrutta un alettone posteriore che si muove (attivamente) su tre posizioni e quella sorta di canale che va a crearsi dal tetto agli scarichi convoglia direttamente l’aria verso di esso, contribuendo, assieme agli altri elementi fissi, ad un +66% di deportanza rispetto alla Aventador Ultimae.

Il telaio “monofusoliera” è interamente in carbonio e, secondo Lambo, capace di un assorbimento degli urti raddoppiato, un peso del 10% inferiore e migliorato del 25% nella rigidità torsionale. Il nostro V12 aspirato di 6.5 litri L545 ora pesa 218 kg, 17 kg meno di quello della Aventador e urla fino a 9500 giri (!!) sprigionando 825 cv e 725 Nm di coppia; i tre motori elettrici erogano ciascuno 150 cv e 350 Nm, ma la batteria consente una potenza massima di 190 cv, in altre parole fanno 1015 cv. Che faccio, lascio? Lascia, lascia… che siamo lì con la Ferrari SF90. Il cambio è un nuovo doppia frizione a otto rapporti, che vediamo per la prima volta e che tornerà su altri modelli: è posizionato trasversalmente rispetto al motore, come nel caso della Miura (che però montava anche il motore in posizione trasversale) e sarà certamente più docile del vecchio. Vi mancherà il vecchio cambio spacca-collo? Sopra, il motore elettrico, che funge da starter, da generatore e da boost.

– sopra, il cambio della nuova Revuelto. Sotto, la sua disposizione all’interno del powertrain, in fondo a destra, piccolo e trasversale –

– il telaio della Revuelto, sul quale debuttano diverse novità fra cui una struttura frontale totalmente in fibra di carbonio al posto dei canonici telaietti in alluminio, per la prima volta disponibile su una vettura sportiva di serie –

La batteria è piuttosto piccola (solo in elettrico ci fai sì e no 15 km) e si trova più o meno al centro del telaio, il più in basso possibile. Si ricarica tramite una presa che si trova all’interno del bagagliaio, in posizione relativamente “scomoda”; questo aspetto, unito al fatto che il motore è in grado di ricaricarla in appena sei minuti, mentre alla presa servirebbe circa mezz’ora, lascia intendere che, all’atto pratico e alla guida, il concetto di ibrido, qui, è molto relativo. O almeno lo è fino a quando non consideri che tutto il gioco comporta il portarsi dietro 70 kg di batterie e 80 kg di motori elettrici che la Aventador non sapeva cosa fossero e che la Revuelto riesce a nascondere solo in parte grazie all’evoluzione dei materiali, per un totale (stimato) di ben 1800 kg. Il fatto che il consumo migliori del 30% rispetto alla Aventador Ultimae è una magra consolazione (e per chi possiede questo tipo di auto è un dettaglio assolutamente irrilevante) e il fatto che questo dato venga riportato, sinceramente, fa un po’ sorridere.

L’asse anteriore è ora completamente scollegato da alberi di trasmissione e gestito dai soli motori elettrici. Questi sono a loro volta gestiti dal software Dinamica Veicolo 2.0, autore di quella magia che si chiama torque vectoring e che questa volta è particolarmente interessante perché gli stessi motori consentono di rinunciare quasi completamente all’utilizzo dei freni per questo scopo. Nel gestire la curva, inoltre, viene in aiuto anche l’asse posteriore sterzante. Le sospensioni, invece, non sono più pushrod, ma più tradizionali molle verticali: il motivo è che, secondo Lambo, hanno il vantaggio di liberare più spazio e l’evoluzione della tecnologia e i relativi miglioramenti consentono comunque di non rinunciare alle prestazioni.

– sotto al nostro magnifico direttore i pushrod della Aventador SVJ, la prova completa, romantica e romanzata, la troverete sul prossimo DI BRUTTO Volume Tre, chi non si iscrive alla newsletter, oltre a perdersi il lancio, è una plug-in elettrica –


– dettaglio della Revuelto, si nota la sospensione tradizionale –

A proposito di prestazioni: si parla di 2.5″ nello 0-100 km/h e meno di 7″ nello 0-250 km/h, con una velocità massima di 350 km/h. Per frenare il tutto ci sono massicce pinze (10 pistoncini all’anteriore) che abbracciano dischi da 410×38 mm e 390×32 mm carboceramici di serie, ma parte della frenata è gestita anche dalla rigenerazione dei motori elettrici. Le ruote sono da 20″ e 21″ o 21″ e 22″, con pneumatici da 265 all’anteriore e fino a 355 al posteriore con spalla ribassata anche fino a 25.

Quanto alle modalità di guida, Lambo parla di 13 impostazioni fra Città e Corsa, passando per Strada e Sport, con il comparto elettrico che passa da unica fonte di energia ad elemento coadiuvante del termico anche nelle massime prestazioni; si va dal girare in città anche in elettrico con una potenza massima di 180 cv al girare in pista con 1015 cv e controlli elettronici disattivati.

L’abitacolo della Revuelto è un prevedibile passo avanti rispetto a quello della Aventador, con una qualità dei materiali ancora più elevata. Migliorati anche l’accesso e l’abitabilità, con più spazio per la testa e una posizione di guida leggermente ribassata, mentre dovrebbe essere migliorata anche la visibilità posteriore, considerato l’enorme (relativamente parlando) lunotto attraverso il quale puoi ammirare il V12.

Ah, il nome… “Revuelto”. Ma cosa vuol dire? Beh, c’entra il consueto celebre toro da combattimento. Se però cerchi sul dizionario italiano-spagnolo, saltano fuori le… uova strapazzate. Se cerchi su quello inglese, suona più come “mixed up”, vale a dire “mischiato”; l’idea, insomma, sarebbe quella di mixare la sostenibilità con le prestazioni (fateci caso, R-EV-uelto). E il nodo della questione è proprio questo: qual è il senso? Due tecnologie che apparentemente non si parlano e non vogliono parlarsi, dovrebbero imparare a sopportarsi o è meglio che l’una sostituisca l’altra e basta? Evidentemente, non esiste alternativa. O meglio: l’alternativa sarebbe veder scomparire immediatamente i V12 aspirati e passare direttamente alle elettriche, senza approfittare di questo strano periodo di transizione per acclimatarci, ingrassando a suon di motori elettrici e batterie. Anche perché, diciamo le cose come stanno: “sostenibilità” suona come una bestemmia in chiesa quando abbiamo a che fare con i 1000 cv di un’automobile da 350 km/h che sfiora le 2 tonnellate.

Insomma, dal punto di vista ambientale, l’automobile è nata elettrica e forse avrebbe dovuto restare tale per il bene del pianeta (sì, le prime auto della storia erano elettriche, lo stesso Henry Ford girava con una elettrica, esattamente come Nonna Papera. Poi qualcuno ha scoperto che un motore elettrico va bene per accenderne uno a combustione). O forse no, dato che dobbiamo ancora capire che cosa davvero ci consentirebbe di alimentare la mobilità senza stravolgere il clima al punto da renderlo invivibile (per noi). In ogni caso, destino ha voluto che il petrolio abbia avuto il sopravvento e che noi potessimo godere di capolavori come i V12 aspirati. Motori che, da soli, anche considerando i processi industriali necessari per realizzarli, probabilmente influiscono in minima parte sul cambiamento climatico. Ergo, riempite pure il mondo di automobili elettriche, ma lasciateci i motori a combustione almeno per quelle auto che amiamo guidare, soprattutto se sono a dodici cilindri.

A parte i modelli V10 e la Urus con l’8 cilindri, Lamborghini ne ha sempre montato uno fin dai tempi della prima 350 GT di Ferruccio, un 3.5 di 60° da 320 cv. Sulla Miura erogava 370 cv e la sparava in avanti nello 0-100 km/h in 6.7″ fino a sfiorare i 300 km/h. Ma lo abbiamo visto anche su Jarama, 400 GT, Espada e Islero. Sulla Countach toccò i 5.2 litri e 485 cv, 4.5″ e 320 km/h. Poi Diablo, Murciélago, con la LP 670-4 SV che vantava 670 cv e infine la Aventador Ultimae da 770 cv.

Perché il dodici è così speciale? Beh, se ne avete mai sentito suonare uno (e anche qui il direttore vi viene in auto con un pratico sostegno audiovisivo), avete già capito. Ma quella sinfonia riflette le caratteristiche celestiali della sua meccanica: per sua natura, il motore V12 soffre di vibrazioni minime, perché si tratta di due motori a sei cilindri in linea che sfruttano lo stesso albero e pertanto sono ben bilanciati a qualsiasi angolo della “V”, cosa che riduce la necessità di intervenire con contrappesi e quindi l’inerzia è inferiore. L’erogazione è molto fluida, grazie all’attivazione di un pistone ogni 60° di rotazione e la grande cilindrata consente di disporre di più aria e più carburante, ergo più potenza. Di contro, costa molto di più ed è molto più complesso, oltre che ingombrante e pesante. Motivi sufficienti perché nessuna utilitaria nella storia potesse mai nemmeno sognare di montarne uno. E perché, invece, lo sfoggiano le migliori automobili del pianeta.

Articolo del 31 Marzo 2023 / a cura di Davide Saporiti

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  • Vittorio Nullo

    Macchina super Perfetta poi con l’ibrido io sono amante posseggo Toyota

  • Luca

    Bellissima, ibrido top! Anch’io col tre cilindri ibrido mi trovo benissimo, questa sarà sicuramente meglio!

  • Flavio

    Domanda: ho letto che il motore non è protetto da vetro o plexi o nient altro. Non ci piove dentro??

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