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I turbotraghetti classe “Jupiter”, verso la Sardegna a 45 nodi!

Traghetto Tirrenia

Tra poco sarà di nuovo estate e se tutto va bene potremmo di nuovo concederci qualche vacanza come ai vecchi tempi. Cosa c’è di più ”estivo” che raggiungere qualche isola piena di gnagna belle strade portandosi appresso il proprio “ferro” sia esso a due o quattro o più ruote?

sentite pure voi questo profumo di pelush vacanza?

Non essendo emiri del Kuwait e non potendo quindi permetterci un aereo cargo tutto per noi che ci faccia trovare la ferramenta già pronta a destinazione, dovremmo per forza usare un (prego la regia di agevolarmi l’attacco della 5a di Beethoven): traghetto!

Calma e pazienza c’è posto per tutti

Già vi vedo li con le mani nei capelli, per chi li ha, a disperarsi pensando alle file chilometriche per l’imbarco, ai ritardi, al casino sulla nave e chi più ne ha più ne metta.

Però dai, è vero che oggi i traghetti non sono più quelle classe Liberty imbellettate che erano le navi di qualche decennio fa. Lenti, con quel classico odore di nafta che ti impregnava i vestiti che il fritto di capodanno al confronto è Chanel n°5. Oggi sembrano navi da crociera in miniatura (e nemmeno tanto) votati al comfort e discretamente prestazionali.

la nave perfetta non esis…

Già, discretamente, perché anche se alcuni le hanno chiamati Grandi Navi Veloci, non è così! Vi prendono per il culo! Al massimo fanno 24-26 nodi, che hanno di veloce? C’è stato un tempo in cui davvero i traghetti erano veloci. Non è durato molto e probabilmente pochi di voi hanno avuto la “fortuna” di prenderne uno.

Stiamo parlando dei TURBOTRAGHETTI, e già solo per il nome questi ferri sono degni di apparire sulle pagine di Rollingsteel .

Ma partiamo dalle basi. Se muoversi a centinaia di km/h in aria o sulla terra oramai è normale, farlo nell’acqua è ben altra cosa. Avete mai provato a camminare immersi fino all’ombelico? Ecco, immaginate di provare a correre. Capite da voi che per raggiungere una velocità decente serve taaaaaaaaaaaanta potenza.

Quando si parla di roba “in umido”, anche definire la velocità massima non è cosa immediata. Tecnicamente, almeno per le unità commerciali, tutto si basa su una formula che prende in considerazione il dislocamento (do you know principio of Archimede?): ovvero la massa d’acqua spostata dalla parte immersa del natante.

Quindi per andare veloci in acqua c’è bisogno, oltre a motori che spingano DI BRUTTO, anche di uno scafo che offra la minima resistenza possibile.

“Acqua non toccale, attlito non avele!”

La soluzione migliore per ridurre l’attrito (e quindi lo spreco di potenza) della carena è non metterla in acqua (e grazie ar ca… ). Una scuola di pensiero che ha avuto il suo boom nel secondo dopoguerra vedendo nascere parecchi progetti di aliscafo.

L’aliscafo è un imbarcazione che superata una certa velocità inizia a planare su apposite ali, dette Hydrofoil, in modo da ridurre considerevolmente la resistenza all’avanzamento. L’uso di questi foil lo abbiamo visto, estremizzato, da qualche anno a questa parte sulla barche a vela da competizione come quelle della Coppa America. Barche che con uno sputo di vento viaggiano a velocità pazzesche.

 chiaro il concetto?

Ora immaginatevi una cosa del genere ma senza vele e con un traghetto sopra.

Purtroppo questa soluzione non va molto d’accordo col mare grosso, in più le imbarcazioni non possono essere troppo grandi e possono portare solo passeggeri. Quindi alla fine risulta inutilizzabile per le grosse tratte e dove è necessario portare altro oltre alle persone.

In Italia se ne sono visti molti sui vari laghi e nelle piccole tratte verso le isole del centro sud. Nel caso comunque vogliate provare l’ebrezza di volare sulle onde ne è rimasto ancora più di qualcuno in servizio operativo su piccole tratte turistiche.

si volaaaaaa!!!

In ambito militare, invece, l’alta velocità raggiungibile dagli aliscafi li ha resi interessanti. Poi però pure le spese militari hanno cominciato ad avere un tetto e quindi questa formula ha subito un veloce declino per via di costi operativi un tantinello alti.

Poteva l’Italia, cintura nera nel buttare quattrini in progetti semi-inutili, farsi mancare i suoi aliscafi militari? Certo che no!

il Nibbio

I famosi Classe Sparviero (nati dall’omonimo prototipo) erano 7 barche da 24 mt. Costruiti negli anni ’70 con caratteristiche tecniche molto avanzate, portavano a spasso un cannone OTO 76/62, un paio di missili OTOMAT e 10 membri di equipaggio stretti come sardine in una risicatissima cabina.

Lo scafo era in leghe speciali, per la propulsione usavano una turbina a gas Rolls Royce da 4.500 cv che li spingeva a ben 46 nodi. Per le manovre a bassa velocità c’era un diesel da 180cv.

Come l’F16, nato nello stesso decennio, progettato con una “stabilità statica negativa” (modo elegante per dire che sta per aria solo grazie ai computer di bordo) anche questi aliscafi non sono dotati di stabilità intrinseca in sostentamento alare. In pratica per ballare sulle punte hanno bisogno dell’accompagno.

Al loro interno un computer (degli anni ’70 eh…), con l’ausilio di giroscopi e accelerometri, si occupava di non far fare una brutta fine alla nave una volta sollevata sulle ali, e di rendere possibili virate e altre manovre, tramite superfici mobili.

ottimi comunque come frecce tricolori in umido

Bei ferri si, ma avevano un raggio di azione di soli 500 km e mantenerli costava quanto mantenere una ex moglie incazzata piccola fregata. Ragion per cui sono stati messi in riserva dopo una decina di anni di (in)utilizzo. Negli anni 2000 hanno pure provato a “schienarli” a qualcuno ma nessuno ha abboccato.

Torniamo nell’ambito civile e quindi al trasporto passeggeri. Erano gli anni ’90, Tirrenia era ancora una compagnia statale e iniziava a sentire la concorrenza dei privati che mettevano in campo nuovi traghetti con prestazioni superiori, permettendo tempi di traversata più brevi.

Con l’obiettivo di ammodernare la flotta di bandiera composta perlopiù di unità obsolete e, secondariamente, di dare lavoro ai cantieri italiani, non potendo perseguire la via degli aliscafi nasce il progetto dei traghetti veloci.

Inizialmente vennero impostate due navi di tipo HSC (High Speed Craft) con carena a V profondo che, in teoria, avrebbe garantito velocità e stabilità.

Le due unità, denominate Guizzo e Scatto, appartenenti alla serie Aquastrada TMV101, vennero costruite dal cantiere Rodriquez nei primi anni ’90. Erano dei monocarena quasi completamente in alluminio, lunghi 101 metri (da qui il 101 nel nome) che differivano tra loro per avere 4 ponti (2 passeggerei e 2 garage) il Guizzo e 5 lo Scatto (2 ponti passeggeri e 3 auto).

Per entrambi la propulsione era affidata ad una turbina a gas da 20.800 kW collegata al booster fisso centrale KaMeWa 180B. Per governare la nave erano presenti due motori Diesel MTU (16 cilindri 595 TE da 3565 kW ciascuno) per due gruppi idrogetto laterali. Tutto l’ambaradam spingeva la nave a oltre 40 nodi, mentre usando solo i diesel si potevano comunque raggiungere la velocità di 20 nodi.

Il Guizzo entrò in servizio nel 1993 sulla rotta Civitavecchia-Olbia e Fiumicino Golfo Aranci, riducendo il tempo della tratta a 3 ore. Lo Scatto invece fu messo in mare nel 1994 per la tratta La Spezia-Olbia riducendone il tempo da 11 a 5 ore. Un bel passo avanti!

con il vento a favore pure 47/48

La storia come spesso accade quando si affronta un progetto fuori dagli schemi, non ha un lieto fine. Pur se veloci, da subito si rivelarono inadatte al servizio. Le grosse difficoltà di navigazione in condizioni di mare mosso, i consumi elevati e una capacità di poco più di 100 auto e meno di 500 passeggeri le resero antieconomiche.

Il loro esempio però servi da base per il nuovo progetto: i traghetti classe Jupiter MDV 3000.

Venne affidata a Fincantieri la costruzione quattro moderni traghetti veloci al costo di 110 miliardi di lire l’uno, che avrebbero dovuto rivoluzionare il mercato, in particolare nelle rotte con la Sardegna.

le navi in costruzione

Strutturalmente si trattava di navi da 145 metri e 11378 tonnellate di stazza lorda, monocarena con portellone di carico posteriore. Erano organizzate su sei ponti: 3 passeggeri (senza cabine) e 3 auto.

Gli ingredienti per tirare fuori dei ferri degni di nota c’erano tutti: uso di leghe leggere, propulsione a idrogetto, scafo con configurazione di prua a “V stretta” sembravano essere le scelte tecniche vincenti per queste navi all’avanguardia, denominate Jupiter e battezzate con gli zodiacali nomi di Aries, Taurus, Capricorn e Scorpio (evidentemente nell’ufficio marketing c’era qualche fan dei cavalieri dello zodiaco).

La carena era in alluminio tranne per le parti più soggette a stress dove si usavano acciai speciali con un carico di snervamento di 460 N/mm², rollio e imbardata erano tenuti a bada da pinne stabilizzatrici controllate elettronicamente.

“Capovaro vado?”

Analizziamo cosa serve per far raggiungere i fatidici 40 nodi ad unità navali di tali dimensioni: stiamo parlando, repetita juvant, di 145 metri di lunghezza per 22 di larghezza, e oltre 11.000 (undicimila) tonnellate di stazza:

– scafo in lega di alluminio;

– apparato motore con turbine a gas;

– propulsione a idrogetto;

in pratica è come se si decidesse di costruire un bus con telaio monoscocca in carbonio, freni carboceramici, motore da gara e impianto NOs, per portarvi più velocemente dalla Stazione Termini all’aeroporto Fiumicino. Già mi immagino gli ingarellamenti di siffatto torpedone sul raccordo in stile “Velocità massima”

Fast and Furious amatriciana edition

Rispetto alle precedenti Aquastrada, che accoppiavano “solamente” una turbina a gas con 2 motori convenzionali, a bordo degli Jupiter erano installate ben due turbine a gas e quattro motori

A smuovere il bestione c’erano due General Electric/Fiat Avio LM2500 da 21000 kW l’una che si occupavano dei 2 booster centrali KaMeWa 180SII (impensabile usare comuni eliche per avere le prestazioni previste).

Queste turbine derivate dalle GE CF6-6 erano ben note in ambito militare in quanto installate su numerose unità, tra cui ad esempio la portaerei Garibaldi, che ne monta 4 per la propulsione, che in quel caso è ad elica con lo schema COGAG ovvero “combined gas turbine and gas turbine”.

La velocità di regime è 3.600 rpm così da poter essere usata in accoppiamento ad un generatore di corrente ed avere la corretta frequenza, ed il consumo dichiarato è di circa 200 grammi di carburante… x kW (che sono 21.000)… x ora di navigazione… x per turbina. Fateve du conti.

Dato che non si andava solo dritti, oltre le turbine c’erano quattro motori Diesel dedicati ai turbogetto laterali KaMeWa 140SII (all’epoca i più grossi mai costruiti per questo compito) che potevano ruotare con funzione di timone.

Gli ignorantissimi KaMeWa e gli ugelli di poppa

Per i profani del settore, i più comuni motori navali sono diesel 2 tempi di cilindrate inimmaginabili per le misure a cui siamo abituati per la trazione terrestre, alimentati ad olio pesante e dai regimi di rotazione infimi: si parla di zona rossa nell’ordine dei 100 rpm.

Quando si dice “no replacement for displacement”

I diesel di unità “veloci”, come quelli installati sugli Yacht, somigliano invece più a quelli utilizzati su macchine operatrici, e funzionano invece a “normale” gasolio.

In questo caso i motori installati sono dei MTU 20V1163TB 73L, (20 cilindri a V da oltre 232 litri) dei fanciulli dal peso di circa 25 tonnellate uno capaci di 6500 kW cadauno) a oltre 1.200 rpm. Consumo nei dintorni di 1.600 litri/ora… per quattro.

ferro ne abbiamo?

tieni la scala che controlliamo l’olio

Il sistema grazie ai suoi 680.00 kW era in grado di spingere la nave ad una velocità massima di 42 nodi e di crociera di 40 nodi (usando il 90% della potenza massima disponibile).

vai con le sgumme!

Ok, non stiamo parlando delle mostruose prestazioni del Destriero, che di turbine ne montava tre, le LM1600, che erano però di taglia più piccola, ma considerate che questi sono stati traghetti di linea capaci di trasportare fino a 460 auto e 1.700 passeggeri da Genova alla Sardegna in 5 ore anziché 12, mica male eh?

I soli diesel sono in grado di far viaggiare le Jupiter a 20 nodi, ma gli interni dei traghetti non pensati per lunghe navigazioni e soprattutto i litri/ora di consumo, da moltiplicare per 1.600 e poi per 4 sarebbero diventati il doppio, per cui la navigazione “economica” non è una opzione pensabile e si viaggiava sempre a tutta birra.

a tutto gaaaaassssssssssss!

Come si concilia quanto sopra con l’economia di esercizio?

Non si concilia affatto, le navi sono in pratica un buco nero succhia soldi. Calcolate che il consumo di un traghetto tradizionale è 41 kg di gasolio al minuto mentre le classe Jupiter ne ciucciavano 290 kg. In più la scarsa versatilità e la crescente concorrenza fanno si che dopo pochi anni di servizio vengano messe in disarmo e poi destinate alla demolizione per mancanza di acquirenti realmente interessati.

Nel maggio 2011 la Taurus e l’Aries vennero vendute per demolizione alla cifra minima di 5 milioni di euro, una frazione del loro effettivo valore (nonostante le cattive condizioni in cui versavano).

la Aries e lo Scatto in attesa di essere demolite

La Scorpio, ribattezzata Scorpio I in seguito al cambio di bandiera, continuò il disarmo nel porto di Cagliari fino al 3 maggio 2012, quando partì a rimorchio verso la Grecia. Rinominata Tera-Jet nell’estate 2014 fu rimessa in servizio dalla greca SeaJets che operava tra Creta e Santorini. Ultima posizione AIS risalente al 2019.

La Capricorn fu acquistata dai cantieri turchi con l’intenzione di convertirla in uno yacht di lusso, Abramovich levate proprio, ma il progetto non è andato in porto e dopo un lungo periodo di disarmo a Ugliano, in Croazia, fu acquistata dalla SeaJets nel giugno 2019 per essere ristrutturata e messa in servizio, pandemia permettendo.

Orgoglio della nostra ingegneria navale alla fine rimangono un esercizio di stile, di tecnica e tecnologia costato alle nostre tasche cifre che è meglio non calcolare tra acquisto, manutenzione e dismissione prematura. Quando erano in disarmo un equipaggio veniva pagato apposta per accendere i motori ogni tanto… operazione non certo gratis.

Pur se alte, queste cifre se non altro sembrano, almeno secondo alcune teorie, essere servite a scongiurare l’ipotesi di chiusura del cantiere di Riva Trigoso, specializzato in navi militari, che si trovava in quel momento a secco di commesse.

Tra l’altro, leggenda narra che la serie Jupiter sia stato il “salvataggio in corner” di un progetto militare in cui Fincantieri aveva investito risorse ma che poi non era andato in porto, e l’uso delle turbine LM2500 potrebbe esserne un indizio, anche se a ben vedere mancano i cannoni a prua.

C’è da dire però che in generale, nel mondo, le unità veloci HSC non sono state del tutto una meteora: il cantiere Incat in Australia, specializzato in catamarani, ne sforna a tutt’oggi.

Anche le 6 unità di Fincantieri MDV 1200 costruite tra il 1996 e il 1999 sono ancora in esercizio, anche se la propulsione è affidata a soli motori convenzionali senza la “ingombrante” presenza delle turbine a gas.

MDV 1200

Stessa sorte per le Aquastrada TMV 103 di Rodriquez che hanno in comune con le Jupiter i 4 motori MTU (ma non le turbine a gas), riescono comunque a raggiungere i 37 nodi con oltre 100 metri di lunghezza e 150 auto a bordo

Acquastrada TMV103

Ad una prima occhiata, si potrebbe anche dire che sono sempre unità più piccole (max 100 metri, anche se Incat ha in programma scafi da 130) e soprattutto impiegate su rotte generalmente brevi, dove ridurre il tempo di percorrenza aiuta probabilmente a fare un maggior numero di corse quotidiane, e quindi di incassi, compensando i maggiori costi di esercizio.

Smanettando in rete tuttavia ci siamo imbattuti nel “Francisco” visibile in foto sotto: un dual fuel che può funzionare anche a LNG (Gas Naturale Liquido) lungo 99 metri e con una turbina LM2500 per scafo.

Può sforare i 50 nodi di velocità, arrivando addirittura a 58 a nave vuota, costruito nel 2013 attualmente fa la spola a tutta manetta tra Montevideo e Buenos Aires

il traghetto più veloce del mondo va a gas

Articolo di Federico Stevanin

Articolo del 17 Maggio 2022 / a cura di La redazione

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  • Manfredi Girolamo Sparti

    Articolo sempre al top, lo sappiamo tutti ma lo scrivo lo stesso. Ho fatto un viaggio su Guizzo o Scatto ( adesso non ricordo ), affascinante vedere il casino che facevano gli idrogetti e l’ acqua che sollevavano contro il molo ( peraltro, se non ricordo male, si sollevò il problema che le strutture del porto di Olbia venivano alla lunga erose da tutta questa massa d’acqua ” sparata” dagli idrogetti). Per il resto non si poteva più uscire durante la navigazione e questo per me, era un po’ claustrofobico. Sugli “Sparviero” non siamo stati i soli a crederci, anche la Marina Militare Giapponese li aveva ( o li ha ancora?), quasi uguali, e gli ammerregani un po’più grandi e con i missili Harphoon a poppa estrema. Ah, a proposito di velocità, l’ esploratore Tashkent, costruito in Italia a Livorno per conto del baffone Stalin negli anni ’30, filo` durante le prove, a 45 nodi, e questo con le buone ed ignoranti caldaie e turboriduttori. Una piccola mia ultima considerazione di carattere estetico e poi mi taccio, lo giuro: quanto erano belli e dalla linea aggressiva i traghetti classe Regione e Poeti degli anni ’50 e ’60 in confronto agli “scatoloni” degli anni che seguirono!

  • Massimo Conchedda

    Bellissimo articolo ho preso a suo tempo sia le Tirrenia che che Sardinia Ferries velocissime veramente spettacolari purtroppo una volta causa mare mosso aspettai in Sardegna il suo arrivo con ben 1 giorno di ritardo , mi ero sempre chiesto che fine avessero fatto il suo articolo mi ha finalmente risposto grazie.

  • Cro

    Ispezioni Rina che trovavano rivetti saltati e altre piccole cosucce…

    Cosucce che…
    Taci o stolto….

    Bastavano due onde prese al traverso in piena potenza e sotto coperta si sentivano le urla della carena…

    Comunque macchine incredibili…

  • Ingegneria notevole, che contribuì al raggiungimento di………………..amministrazione controllata di Tirrenia 🙂

  • antonio

    Noo che ricordi i mitici HSC meravigliosi,si partiva da Fiumicino per arrivare a Golfo Aranci in poco meno di 4 ore ..
    Volavano sull’acqua, a confronto dei traghetti tradizionali erano veramente paurose !

    La più veloce delle 4 era il Taurus nell’estate del 2003 su Civitavecchia-Olbia tocco picchi di 45 nodi,una roba assurda per la stazza del traghetto a pieno carico !!

    Andare in Sardegna non era mai stato cosi bello,quanto mi mancano 🙁 !

    Aries e Taurus demolite nel 2012
    Capricorn attualmente fermo in grecia acquistato dalla Seajets dicono come pezzi di ricambio per la sorella Scorpio attuale TERA JET !!

  • Pierluigi

    viaggiato sulla tratta La Spezia-Golfo Aranci nell’agosto del 98; andata con mare calmo tutto ok, a parte l’attesa di tre ore in rada prima dell’attracco, ritorno con mare mosso: un girone infernale, ho visto vomitare anche il personale di bordo, praticamente non c’era nessuno che non stesse male.

  • AP

    Certo che sbagliare a riportare un dato che si trova su Wikipedia…..110 miliardi l’una, non 11!

    • Grazie della segnalazione, errore corretto. Se in futuro vorrei essere contattato per collaborare come correttore bozze scrivi a info@rollingsteel.it

  • Stew

    Ne presi una nel 1994, mi ricordo un esperienza disarmante in confronto a tutti gli altri traghetti presi prima, e un rumore infernale di metalli in risonanza. Ma sopratutto, una volta arrivato nel continente mi chiesi: “E adesso che ci faccio alle 4 di notte a Civitavecchia?” Rispetto ai classici traghetti che ci impiegavano tutta la notte per il viaggio, questi non avevano alcun senso logico/commerciale.

  • Giuliano

    Date un’occhiata alla flotta della Seajets greca.
    Ci sono 2 navi italiane che sicuramente non state menzionate in questo articolo. Sono stato a Mykonos e sono rimasto colpito da alcuni loro catamarani. Ero tranquillo nei pressi dell’infinity pool dell’hotel e intorno alle 11 sentivo un possente rumore di ferro che andava. Poco dopo compariva la loro sagoma…..

  • pietro

    Bell’articolo con un vizio di fondo. Le grandi navi veloci erano… veramente veloci. La superba e La suprema con i loro 4 wartsila 16V correvano fino a 31 nodi di massima che per un bestione da 210 metri quasi tremila passeggeri e mille auto e’ tantissima roba.
    Poi ci si accorse che fare genova portotorres in 9 ore per assicurare 2 corse va-evieni non aveva gran senso e sopratutto consumavano piu’ degli aeroplani.
    Cosi i Wartsila che funzionavano erano sempre 2 e le velocità davvero sui 21-22 nodi con consumi accettabili.
    I costi stratosferici del Bunker fecero il resto

  • Andrea A.

    Partire da Genova alle 16:30 ed essere a Porto Torres alle 22:30 era fantascienza di quei tempi (oppure partenza alle 24 ed arrivo alle 5:30/6:00), rispetto alle vecchie Strada che partivano alle 20 e arrivavano alle 9 del giorno dopo.
    Arrivare al paesello in Sardegna il giorno stesso della partenza fu come entrare in un’altra dimensione davvero.

    Poi arrivarono le serie Bithia, dopo qualche stagione “difficile” delle Jupiter dove subirono ritardi pesanti a causa del mare grosso (perche’ loro partivano con qualsiasi condizioni meteo, rispetto alla serie Acquastrada che con mare forza 4 si fermavano)…e proprio le Bithia garantivano ottima tenuta del mare e tempi di traversata ancor piu’ ridotti rispetto alle 10 ore delle “Grandi Navi veloci”, che per anni ci hanno massacrato gli zebedei con i loro 22 nodi di velocita’ massima e 10 ore di traversata (pubblicita’ martellante dixit).

    Le serie Bithia promettevano 29 nodi in esercizio e picchi da 31 e traversata Genova-P.Torres/Olbia in sole 8 ore. Poi negli anni le ore diventarono 9, poi 10 e poi 11…con medie di traversata tra i 21 e 23 nodi…per quale arcano motivo ? Per risparmiare carburante…e sempre qui torniamo alla fine…

    Nel 2023, quasi 2024, ormai si sceglie l’operatore che fa pagare di meno, perche’ ormai, almeno per le tratte tra Genova e la Sardegna, si va a scegliere la compagnia che costa di meno, perche’ ormai i tempi di traversata sono quelli, 10 ore di base + 1 ulteriore ora di “margine”.

    Tornando alle Jupiter, fu assurdo l’investimento iniziale sicuramente, ma ancor piu’ assurda fu non la possibilita’ di sfruttare appieno queste navi che, alla fine, rimanevano in banchina da settembre a giugno, senza poi tra l’altro la possibilita’ di caricare metri lineari di merci…forse quest’ultima questione fu la cosa piu’ grave di tutto il progetto, perche’ basti vedere oggi come oggi per traghetti tradizionali da 180/220 metri quanto contino i metri lineari di carico disponibili, molto piu’importanti dei posti passeggeri sicuramente.

    Cio’ detto, se mi proponessero un serie Jupiter oggi come oggi ci salirei al volo per le classiche ferie estive, questo e’ certo.

    Che ricordi, bellissimi ricordi su Aries, Taurus, Scorpio e Capricorn.

    • pietro

      Hai ragione ma oramai le navi sono solo per chi fa piu di 10 gg di ferie e sono rimasti pochi a poterlo fare.

      Diversamente ora vanno gli aerei ed i noleggi auto.

      Io stesso lascio l’auto giu’ e vengo in aereo magari piu’ volte.

      E mi costa meno che auto e cabina in alta stagione !

  • Che traghetti fantastici.
    Fortunatamente me li sono vissuti a pieno e li conosco come le mie tasche. Ne ho già costruiti 4 modelli, di cui uno è finito nelle mani della compagnia Greca Seajets, attuale armatore di TERA JET ex Scorpio. Sono stato nuovamente su Scorpio con il Capitano sul ponte di comando nell’estate 2022 ed è tenuto veramente come un gioiello!
    Un vero peccato che i costi per i rifornimenti siano alle stelle, che Tera Jet sia fermo, che APRI ex Capricorn sia stato usato per pezzi di ricambio (e non ristrutturato come si pensava inizialmente) e che sopratutto siano tutti stati portati via dall’Italia.
    Comunque se vogliamo precisare, grazie per aver condiviso la mia foto del 2002 fatta al comparto idrogetti di SCORPIO nel porto di Civitavecchia (peccato a suo tempo non mettevo il nome sotto le foto). Altro dettaglio non da poco, le navi che si vedono nella foto di Selim San , sono Capricorn e Scatto (non Aries e Guizzo), si riconosce Capricorn dai vetri color violaceo sul belvedere di prima classe, fuorchè uno dei due vetri centrali trasparenti. Grazie per l’articolo. Saluti.

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