Durante l’incredibile boom economico in America successivo agli anni 50, i cittadini statunitensi dovettero improvvisamente scontrarsi con un problema nuovo e sempre più attuale.
No, non intendevo questo. O meglio, effettivamente pure questo era un problemino non indifferente per gli americani, ma ciò a cui mi riferisco era una problematica ben più subdola.
IL TRAFFICO!
Le auto a stelle e strisce piccole non sono mai state, ma nel dopoguerra furono affette da vero e proprio gigantismo. come dimenticare le “sportive” da 5-6 mt di lunghezza? Il proliferare di autovetture sempre più grosse, il crescere esponenziale delle città e la conseguente diminuzione degli spazi avevano portato l’America di metà secolo a scontrarsi in anteprima con uno dei problemi principali della civiltà moderna: il traffico.
Ok, quindi una delle priorità per una futura società felice era capire come poter risolvere questo annoso problema.
Dopo anni di studi, calcoli, ricerche e misure prese a righello, i più grandi ingegneri e visionari del secolo convennero che le uniche soluzioni per ridurre gli intasamenti delle strade (senza dover rinunciare all’amata automobile privata) potevano essere soltanto due:
Soluzione A : fare auto volanti
Nonostante l’idea di un’auto volante fosse la trovata più figa (tanto da rimanere ancora oggi il sogno bagnato di molti), era ben chiaro che all’atto pratico non sarebbe mai potuta essere una strada percorribile.
Soluzione B : Fare auto più piccole
Piccole dimensioni e auto americane è praticamente un ossimoro ma era l’unica strada percorribile, per cui i grandi scienziati dovettero concentrarsi sul COME diminuire le dimensioni di un auto.
Semplice, direte voi. Se per noi Europei la soluzione era scontata, ovvero produrre auto pratiche ed economiche poco più grandi di una lavastoviglie, l’immaginazione del popolo a stelle e strisce non poteva accettare una soluzione tanto semplice quanto funzionale. Per loro l’auto piccola era sinonimo di poraccitudine ma qualcuno si impegnò comunque per mettere sul tavolo qualche idea nuova e radicalmente innovativa.
Tra i tanti forse il progetto più estremo era quello di Alex Tremulis, ingegnere classe 1914 e designer industriale di spicco del periodo. Portò in campo un’idea tanto stravagante quanto potenzialmente rivoluzionaria. Partì da un concetto semplice semplice:
“Perché farla più piccola quando puoi farla con solo 2 ruote?”
Seguendo questa logica, grazie alla direttiva stessa di Tremulis e alla giovane mano di Syd Mead (uno dei designer più visionari del secolo), la Ford presentò nel 1961 la Ford Gyron, sembrava uscita dal cartone dei Pronipoti di Hanna & Barbera ed era la prima concept car a 2 ruote della storia moderna.
Si ok ma ha 2 ruote, come fa a stare in equilibr… SHHHH, ora spieghiamo tutto.
Funzionante grazie ad un enorme giroscopio che aveva il compito di mantenere in equilibrio la macchina, la Gyron avrebbe dovuto riscrivere da capo il concetto di automobile: più aerodinamica, più agile, più efficiente e soprattutto più piccola (si fa per dire) grazie alla metà delle ruote.
Abbiamo detto che stava in piedi grazie ad un giroscopio, ma cos’è e come funziona un giroscopio?
“Giroscopi! Su Rieducational Channel”
Molti di voi ne avranno sentito parlare quando ci fu il boom dei Segway, la biga elettrica che stava in piedi da sola, ma il giroscopio è una cosa molto più antica. Chiunque sia andato su un mezzo a due ruote almeno una volta in vita sua per esempio, ha involontariamente avuto a che fare con l’effetto giroscopico.
Senza inoltrarci in complicate spiegazioni di natura matematica che tirerebbero in causa vettori, moti di precessione e innumerevoli calcoli, cercherò di spiegarvela in modo crudo: un corpo messo in rotazione tende a rimanere nella posizione di equilibrio in cui lo si lascia finché non viene disturbato da una coppia esterna (agente su un asse perpendicolare a quello di rotazione) alla quale il corpo “risponde” con una coppia agente sull’asse perpendicolare al primo e a quello di rotazione. Colleghi ingegneri rompicaz che leggono, non me ne vogliate.
Volete un esempio pratico? Quando siete in moto ( o in bici se vi sentite più al sicuro) e tirando il manubrio destro scendete in piega a sinistra, state in buona parte osservando l’effetto giroscopico; se ci pensate infatti state applicando una coppia ad un corpo in rotazione, la ruota, la quale vi “risponde” con una coppia perpendicolare alla prima che vi spinge in piega. Figo no?
So che stavate aspettando solo una gif
Per concludere il discorso, gli scienziati di fine 800 non ci misero molto a capire che questo affascinante fenomeno poteva essere utilizzato per creare un meccanismo, il giroscopio appunto, capace di stabilizzare oggetti altrimenti instabili, e quei burloni degli ingegneri ci misero ancora meno a sfornare i primi veicoli giroscopici, come il Gyro-train e la Gyro-car, rispettivamente del 1904 e 1914.
É proprio vero che non si può più inventare nulla
Ma ora torniamo a noi. Sfortunatamente per molti sognatori, la Gyron non era altro che uno dei tanti concept Ford del periodo, ovvero un semplice manichino in vetroresina. Come tale l’intento primario del progetto era semplicemente quello di stupire il pubblico alle esposizioni motoristiche esplorando nuove strade e sondando le reazioni del pubblico ma, mai come in questo caso, la produzione in serie non era mai neanche stata contemplata dai piani alti dell’ovale blu, consci delle incognite e delle problematiche dietro ad un’idea tanto innovativa.
Ok quindi finisce qui? Assolutamente no cari miei. Nel 1966 tutta l’esperienza accumulata negli anni da Tremulis ed il suo pallino per le auto giroscopiche si fusero con le conoscenze di Thomas Summers, ex ingegnere missilistico che a colazione mangiava pane e giroscopi e che viveva, guarda tu il caso, a pochi passi da casa sua.
TADAAAAA!
Dopo svariati investimenti per un totale di quasi mezzo milione di dollari (dell’epoca!) e l’ingresso di Tremulis nell’azienda di Summers (la Gyro Transport system) i due partorirono in quattro e quattr’otto la Gyro-X, ovvero l’ultimo ritrovato in campo di auto giroscopiche.
A differenza della Ford Gyron, caratterizzata da una disposizione a 2 posti affiancati, la Gyro-X avrebbe avuto un solo posto, un motore minuscolo, un enorme giroscopio e soprattutto efficienze fuori di testa grazie al primo sistema di recupero energetico del mondo automobilistico.
Avete letto bene. L’idea più geniale del progetto infatti non fu tanto l’utilizzo del giroscopio in sé quanto invece quella di pensare al giroscopio stesso anche come batteria volanica.
Cosa sono le batterie volaniche? Semplice, il modo più elementare di immagazzinare energia, ovvero sotto forma cinetica. Avete mai trovato negli ovetti Kinder quelle macchinine a frizione con una ruota in metallo dentro?
In parole povere il giroscopio della Gyro-X, oltre che funzionare come elemento stabilizzante, avrebbe dovuto essere un vero e proprio KERS idromeccanico atto a recuperare l’energia cinetica dell’auto in frenata, anticipando di quasi 40 anni la filosofia “zero spreco” moderna.
Tremulis e Summers con il loro nuovo giocattolino
L’auto venne presentata, funzionante, al “wonderful world of Cars” di New york nel 1967 (dopo una progettazione di un solo anno, ricordatelo) e nascondeva sotto al cofano un gigantesco giroscopio collegato idraulicamente al motore (un quattro cilindri donato gentilmente da una Austin Mini) che, come anticipato, aveva anche il compito di recuperare l’energia dell’auto in frenata aiutando il piccolo motore installato al centro della vettura.
Giusto per darvi un’idea di cosa si celava a pochi cm dall’organo riproduttivo del pilota, sappiate che il volano del giroscopio era un disco di 22 pollici (più di mezzo metro) e 100kg di peso che poteva raggiungere i 6000 giri e continuare a girare per quasi 2 ore anche a macchina spenta.
Un perfetto esempio di sicurezza anni 60
Con i soli 80 cv del 1275cc di origine inglese posizionato dietro al pilota, si dichiaravano prestazioni di tutto rispetto con una velocità di punta di 200 km/h ed una maneggevolezza “inimitabile” grazie al ridotto peso di 870 kg (ovvero quasi il doppio di una coetanea Fiat 500 nonostante la metà delle ruote ed un quarto dei posti a sedere)
Le dimensioni? Per gli standard americani erano piccole ma le lascio valutare a voi.
sembra una mina navale ma è solo il giroscopio
Nel periodo successivo alla presentazione l’auto venne pubblicizzata da svariate riviste come il futuro della mobilità. La prima auto agile come una moto, capace di piegare fino a 40 gradi e completamente impossibile da ribaltare grazie all’enorme giroscopio (che poteva rispondere a coppie ribaltanti fino a 1700 Nm), ma come facile immaginare la realtà era ben diversa dalla pubblicità.
Mentre le riviste di settore continuavano ad elogiare le caratteristiche uniche della vettura, gli ingegneri che lavoravano al progetto erano costantemente alla ricerca di una soluzione per risolvere l’instabilità della due ruote rossa, che oltre a risultare dondolante già a basse velocità, nei vari test riusciva a toccare al massimo le 70 miglia orarie prima di cominciare a beccheggiare violentemente.
Seppur esistessero video pubblicitari dell’auto a velocità sostenuta, la Gyro-X era un progetto ancora acerbo ed eccessivamente stravagante per poter ricevere il giusto sviluppo, e dopo appena tre anni dalla presentazione della vettura la neonata azienda di Tremulis e Summers andò in bancarotta, spedendo l’unico esemplare di Gyro-X mai prodotto nel dimenticatoio tanto velocemente quanto velocemente era comparso.
Dopo il fallimento dell’azienda, il prototipo finí nelle mani private di Summers, che nel 1975 aggiunse una terza ruota sull’asse posteriore (insieme d un motore Volkswagen) per poter rispettare la legge californiana, la quale comprensibilmente non ammetteva l’esistenza di auto con meno di 3 ruote o di motociclette più pesanti di 500kg.
“macchina con 2 ruote, si certo…”
Stando alle voci del periodo, Summers provò disperatamente ad usare la Gyro-X modificata per cercare nuovi investitori per anni, ma l’unica cosa che ne seguì fu un articolo di una rivista del settore che nel 1978 la presentò come “gyroglide” e nient’altro.
Da quel punto in poi dell’auto se ne sono perse completamente le tracce per 31 anni, ci fu qualche misteriosa comparsa, fino alla prima riapparizione “ufficiale” in un video su YouTube nel 2009, nel quale il proprietario del periodo, con birra alla mano e faccia perplessa, chiedeva più informazioni sulla strana vettura parcheggiata nel proprio giardino da 10 anni.
Si, internet é un posto strano
Jeff lane, direttore del Lane Motor Museum ed esperto di vetture non propriamente comuni, é la persona che nel 2011 ha deciso di prendere in carico il restauro del sogno di Tremulis e Summers.
Se già il restauro di un’auto normale seppur rara é un processo che costa risorse infinite, vi lascio immaginare cosa debba essere stato quello di un’auto a due ruote unica al mondo ridotta in queste condizioni:
“Me la ricordavo diversa… hey aspetta un momento, ma il giroscopio?”
Sapevo che gli occhi più fini avrebbero notato che del giroscopio, al momento del ritrovamento, non ce ne era minimamente traccia. Chissà che fine ha fatto e come ripristinare un pezzo essenziale per poter riportare l’auto allo stato originale?
Alla disperata ricerca di come poter ricostruire il delicatissimo organo stabilizzane della vettura, Lane ed il suo team si sono messi in contatto nel 2012 con il nipote di Tremulis stesso recuperando gran parte dei progetti originali dell’auto. Non trovando traccia di quelli del giroscopio hanno poi cominciato a contattare svariate aziende ed esperti nel settore senza ottenere mai alcun risultato concreto, fino a quando le loro ricerche non si sono soffermate su una piccola azienda italiana.
“Salve, vi chiamo per sapere se avete per caso disponibile il giroscopio idraulico di una Gyro Transport System “x” del 66, andrebbe bene anche non di marca”
” Un attimo che chiedo… guardi se non è in magazzino facciamo in modo di ordinarglielo”
La Agency impianti di Pisa, azienda guidata da Stefano de Simoni specializzata nella progettazione di giroscopi stabilizzanti per barche da ricchi per yatch, è stata l’unica realtà ad accettare la sfida di ricostruire ex novo l’originale opera di Summers del 1966, ed è solo grazie a questa parentesi italiana se al giorno d’oggi possiamo ammirare una delle auto più strane del mondo funzionanti dopo un restauro durato 6 anni.
la gyro-x durante il restauro nella quale si intravede il gigantesco giroscopio ricavato dal pieno.
De Simoni è volato nel 2015 in America a visitare il museo e studiare la vettura, per poi tornare l’anno successivo con un nuovo pesantissimo regalo: un sofisticato giroscopio costruito ad hoc con le tecnologie moderne ed una sensoristica all’avanguardia che ha permesso alla Gyro-x di sostenersi nuovamente sulle sue 2 ruote dopo quasi 50 anni.
“Abbiamo capito perché al tempo non sono riusciti a farla funzionare, stiamo facendo fatica a farla funzionare noi ora con la sensoristica moderna”
Queste le parole di Lane durante una delle tante interviste che lo hanno visto protagonista insieme alla Gyro-X dopo la partecipazione al concorso d’eleganza di Pebble Beach del 2017, dove l’auto è stata capace di salire sul podio (lentamente) in equilibrio sulle sue stesse ruote tra lo stupore del pubblico presente.
Dalla fine del restauro questo lento missile rosso è passato anche dal concorso d’eleganza di Villa d’Este per poi essere esposto al Motor Lane Museum nel suo splendente e attillatissimo vestito rosso, a testimoniare come pure la peggiore delle idee può ancora risultare attraente dopo anni se di mezzo c’è un pò di sana follia ingegneristica.
Nonostante il sogno di Tremulis di vedere una società in bilico su 2 ruote non si sia rivelata la visione più azzeccata del futuro e la storia della Gyro-x non sia stata una delle più semplici, penso che tutti possano concordare che la vittoria di uno dei concorsi d’eleganza più prestigiosi al mondo e l’attenzione mediatica ricevuta negli ultimi anni siano dei risultati più che soddisfacenti per concludere questa travagliata odissea durata 50 anni.
Perché gli americani, quando dici “piccola”, la fanno stretta. È semplice relatività!