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Frecce Tricolori, un maestoso volo lungo 60 anni

Le luci a illuminare la pista sgombra, là in fondo l’arco alpino, eterno testimone delle gesta – ora precise, ora sfrontate – di questi uomini dal cuore d’acciaio di titanio. L’aria è pregna dell’odore acre dei gas combusti, i piccoli Viper dei nostri Aermacchi MB-339 girano al minimo ma urlano con orgoglio la loro meccanica. Gli aerei, appollaiati come falchi ad un estremo della pista, sono posizionati con ordine preciso. Tutto è pronto per percorrere con forza questi ultimi metri necessari per strappare, ancora una volta, questi goffi ammassi di alluminio dalla terra e trasformarli in eleganti aquile metalliche, capaci di cavalcare l’invisibile cuscino che li sostiene in volo e di fendere l’aria con una maestria che il mondo intero invidia a questi ragazzi.

Da terra arriva il via libera, le manette scattano in avanti, i Viper prendono giri, ingurgitando golosi litri e litri d’aria fresca: attraverso i primi stadi del compressore le molecole vengono spinte una contro l’altra, lo spazio diminuisce sempre di più, la pressione aumenta e, con lei, la temperatura. Stadio cinque, sei e sette e poi via, fuori da queste tenaglie in superlega di nichel, l’aria calda e compressa è pronta per essere investita da uno scroscio di carburante. L’accensione è istantanea e la miscela di gas roventi sono liberi di espandersi, prima attraverso la turbina e poi, finalmente, verso l’esterno. Il flusso d’aria calda esce portentoso dagli ugelli di scarico; la telecamera, dopo aver attraversato la gloriosa meccanica del piccolo turbogetto si gira di scatto, giusto il tempo per inquadrare la parte posteriore dei cinque MB-339 che iniziano la loro cavalcata, allontanandosi lungo la pista, acquistando velocità e, finalmente, trasformandosi in aeroplani.

Manetta a tutto gas (non è vero, nel volo in formazione non si da il 100%, in questo caso il comandante va al 98%, i gregari invece un po’ di più per restare uniti e vicini), il motore si pianta a poco meno di 13.000 giri, la pista scorre veloce sotto le ruote, l’aria inizia a fare la sua magia sopra e sotto le ali e poi, tirando leggeri sulla barra, si vola. Su i carrelli, occhi verso il cielo, finalmente liberi dalla dannata gravità da cui cerchiamo inesorabili di scappare. La formazione si riunisce, i 10 falchi azzurri sono ora tutti assieme, vicini, così vicini che da terra sembra impossibile, la precisione è totale, il lavoro di squadra è eccezionale, io volo guardando te che guardi lui che guarda quell’altro: qui non c’è spazio per errori, ognuno ha in mano la vita dell’altro, siamo una cosa sola che vola con esuberanza in questi cieli.

Ora liberi nel cielo, questi MB-339 verniciati di blu possono trasformarsi nelle Frecce Tricolori esibendosi nelle manovre che le hanno rese celebri nel mondo: virate Schneider dritte e rovesce, spesso tirate fino al limite dell’uomo e del mezzo,  tonneau, tonneau a botte, otto cubani, looping a non finire, incroci a velocità altissima, salite a candela e discese con il motore in idle e l’aereo che scampana come fosse una foglia secca, Cardioide, Apollo 313 e molte altre. Il cielo, per questi aeroplani, è solamente una gigantesca tela tridimensionale su cui sfrecciare veloci come proiettili disegnando il tricolore più veloce e maestoso del mondo. All’improvviso il cielo è occupato da 10 saette azzurre che compiono evoluzioni maestose ed estremamente pericolose con gli aerei che, per alcuni istanti, si sfrecciano accanto a pochi metri e a velocità relative altissime.

Nata nel 1961 sull’Aeroporto di Rivolto, Udine, la Pattuglia Acrobatica Nazionale da 60 anni incanta chiunque abbia mai avuto modo di vederli volare: dal 1961, prima con i North American F-86 Sabre, poi con i Fiat G-91 Pan, ora con i 339 e in futuro con i cattivi M-345, la Pattuglia Acrobatica Nazionale è la firma nel cielo dell’Aeronautica Militare Italiana, il non plus ultra di quello che questi coraggiosi ragazzi sono in grado di fare con il loro aeroplani, per l’occasione verniciati per omaggiare le prime pattuglie acrobatiche di singoli reparti dell’Aeronautica militare che operarono tra il 1950 e il 1961, prima di “unirsi” nell’attuale Pattuglia acrobatica nazionale.

Per festeggiare questo importante anniversario – cosa non scontata, sia per la questione Covid, sia per un mondo che negli ultimi anni ha un po’ rinnegato questo appassionante pianeta di metallo, rumore e gas combusti – nei giorni 18 e 19 settembre 2021 a Rivolto si è tenuta una grande manifestazione aerea alla quale hanno partecipato diverse pattuglie acrobatiche europee e nel corso della quale l’Aeronautica Militare Italiana ha messo un po’ in mostra i nostri mezzi e le capacità degli uomini dell’AMI. Presenti a Rivolto nella piovosa giornata di domenica, siamo rimasti incantati, emozionati e anche con un po’ di mescola nel mento davanti agli arroganti passaggi degli Eurofighter, del prodigioso F-35 o al volo radente in full afterburner di un Tornado del 6° Stormo, roba che se uno queste cose non le ha mai viste e sentite dal vivo, seriamente, rischia di rimanerci sotto. Niente, NIENTE, nessuna parola, video o foto del mondo può trasmettere il fragore che ti brucia i neuroni e il cuore quando un aereo ti rivolge la fiamma del suo postbruciatore addosso, niente.

Fra evoluzioni in cielo da parte di qualunque cosa fosse in grado volare e una delle tre Pagani Huayra Tricolore che è passata a bomba lungo la pista di decollo scatenando il suo V12 Mercedes-AMG, la giornata si è conclusa con loro, gli MB-339 delle Frecce Tricolori, ancora una volta in volo per incantare gli occhi, le orecchie e i cuori di tutti i presenti. Noi c’eravamo e, con le lacrime agli occhi per l’emozione, ci limitiamo a dire 60 volte grazie.

– foto di Massimo Meani, Awesome Photo –

Rollingsteel, da sempre e per sempre con gli occhi verso il cielo, DI BRUTTO.

P.S.: A proposito di DI BRUTTO, se non sei fra i mille fortunati che sono riusciti a mettere mano su una delle 1000 copie della prima tiratura, iscrivi QUI alla newsletter, sai mai che entro Natale ne esca una seconda bordata.

Articolo del 20 Settembre 2021 / a cura di Il direttore

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  • Filiberto

    E comunque le prossime Freccie saranno efficienti, ma le trovo… bruttine!
    Vabbè uno degli scopi di tanta esibita maestria dei nostri piloti di caccia, è far vendere oggetti volanti all’industria aerospaziale italiana.

    • Andre

      concordo, il 345 è bruttino e ricorda vagamente gli Gnat usati in HotShots, con l’ala alta a penzoloni…più aggressivo il 346, ma resto e rimarrò per sempre legato all’eleganza del macchino

  • Massimiliano

    I brividi li ho avuti sabato mentre ammiravo l’air show, i brividi li ho avuti oggi quando ho letto quest’articolo.
    Complimenti.
    Davvero.

  • Sergio

    Scritto molto bene… Bravo….

  • Paolo

    Parole alate, cullate dalla dolcezza infinita dell’emozione !….

  • Paolo

    Parole alate, cullate dell’infinita dolcezza delle emozioni !……

  • Michael

    Le frecce le ho viste spesso, e con mio padre che lavora in aeroporto ho avuto la fortuna di entrare anche nel cockpit di uno dei macchi. Sono indescrivibili per quello che fanno, uniche e inimitabili. Piccola nota di conferma riguardo al Tornado. Tanti anni fa mi è capitato di vederne uno a volo radente, manifestazione a Pescara sul mare, full afterburn e vedevo i rayban del pilota. Il rumore non te lo scordi più. È commovente e terrificante insieme. Peccato che l’uomo da il meglio quasi solo per la guerra

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