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Cacciatori di TORNADO

Poche ore prima del disastro, il sole splendeva alto nel cielo sopra ad El Reno, Oklahoma, Stati Uniti d’America. Come sempre, la sola certezza era che, prima o poi, sarebbe capitato ancora. Come una decina di giorni prima a Moore, con quell’EF5. Il 31 maggio 2013, infatti, verso metà pomeriggio, un nuovo, imponente fronte temporalesco cominciò ad addensarsi: era il risultato di una combinazione di depressioni e masse d’aria in movimento verso Nord-Est, che i meteorologi stavano tenendo d’occhio e temevano sarebbero state all’origine dell’ennesimo evento atmosferico distruttivo. Già nel corso della mattinata, lo Storm Prediction Center emise un bollettino per potenziale sviluppo di supercelle; per il primo pomeriggio si temevano potenti tornado. Ma nessuno avrebbe mai immaginato qualcosa del genere.

– Il fronte temporalesco del 31 maggio 2013 sopra le Grandi Pianure. I venti più forti registrati quel giorno soffiavano a 486 km/h, ma i dati arrivarono solo in seguito e il mostruoso tornado di 4 km di venne segnalato come un meno potente EF3. Da quel fronte nacquero 134 diversi tornado nell’arco di 5 giorni, 10 ore e 43 minuti – 

Verso le 16:00 circa, nei pressi di Oklahoma City, i temporali imperversavano da Ovest, impensierendo il servizio meteorologico nazionale, che ormai era certo di assistere a nuovi tornado. Osservata speciale era la supercella più meridionale. Erano le 18:00 quando i primi vortici toccarono terra, ancora piccoli ma in continua formazione e dissipazione; dalla wall cloud di forma perfettamente circolare e quasi rasoterra, nascevano tornado di svariate forme e dimensioni con una dinamica assolutamente imprevedibile e inquietante. I meteorologi l’avrebbero poi definita come una situazione rarissima, che solo il caso ha voluto, per fortuna, che non abbia coinvolto aree più densamente popolate. Ma Tim Samaras, suo figlio Paul e il collega meteorologo Tim Carl Young erano inconsapevolmente nel bel mezzo della polveriera.

– Anche se ogni temporale può generare vortici, la supercella è la forma di temporale più violenta, autorigenerante e l’unica in grado di sviluppare veri e propri tornado –

Le cose si misero male quando i vortici più piccoli si unirono in un unico, più grande tornado di tipo wedge, che ben presto raggiunse una intensità EF3. Il vortice spazzava l’area a Sud di El Reno, nei pressi dell’autostrada 81, celato in mezzo ad una impenetrabile pioggia torrenziale che rendeva pressoché impossibile mantenere l’orientamento. Se ne accorsero i tanti storm chaser accorsi sul posto che, ora in preda al panico, pestavano sull’acceleratore per allontanarsi il più velocemente possibile da un’area che stava diventando palesemente troppo pericolosa.

– Il tornado sotto la sua supercella. È un batacchio più pericoloso di quello di Rocco – 

Non è detto che ci sia sempre una strada per portarti fuori da guai e il tornado è l’imprevedibilità stessa, specie quando decide di fare qualcosa che non fa praticamente mai e che il tornado di El Reno ha fatto: cambiare direzione all’improvviso, svoltando praticamente di 90° verso Nord-Est.

I più fortunati riuscirono a riparare verso Sud, mentre il tornado guadagnava ulteriore forza e dimensioni e, verso le 18.30, era ormai un EF5 di 4 km (!!) di diametro capace di venti che al massimo della velocità hanno sfiorato i 500 km/h (ci sono misurazioni confermate di circa 480 km/h). Il mostro cambiava direzione e dimensioni ad una velocità mai vista, con vortici multipli interni ed esterni. Se di norma è possibile “fare la barba” al tornado transitando nei pressi a distanza di relativa sicurezza, in questo caso era invece difficile rendersi conto che la stessa nube di pioggia che gli turbinava intorno era il tornado stesso.

– Tim Samaras ha fatto il cacciatore di tornado per vent’anni. Autodidatta, non si è mai laureato, ma era un esperto, fra le altre cose, di comunicazioni radio, di sistemi d’arma (aveva accesso al Pentagono) e di disastri aerei (l’NTSB ha evidenziato il suo intervento nel disastro del volo TWA 800). Con la sua sonda, è entrato nel Guinness per la misurazione della più bassa pressione atmosferica (100 hPa) [foto: National Geographic] –

Non si è mai capito se Tim Samaras e i suoi siano stati ingannati da questo, nonostante anni di esperienza nella caccia ai tornado; sta di fatto che il vortice li ha presi in pieno. Ciò che restava della loro Chevrolet Cobalt è stato ritrovato a 8 km a Sud-Est di El Reno. Il solo corpo di Samaras era ancora trattenuto cintura di sicurezza; il figlio Paul e il collega Young sono stati sbalzati all’esterno, a quasi un chilometro di distanza dall’auto.

– Quel che restava della Chevrolet di Samaras –

LA SUCCHIOZONA

– Il tornado può assumere varie forme, come la “rope” (foto sopra [Getty Images]) o la “wedge” (foto sotto), a seconda dell’intensità e della velocità del vento. Benché la forza di un tornado non sia direttamente proporzionale alle dimensioni, di solito i più potenti EF4 ed EF5 hanno forma wedge, talvolta di larghezza equivalente sia alla base che alla sommità –

Il tornado è un ottimo metodo per trasformare il calore in energia cinetica. Che poi è lo stesso lavoro che fa un uragano, pur essendo molto diverso. Il concetto alla base è però il medesimo: il sole scalda l’acqua/il terreno, cosicché l’aria calda, meno densa, sale, si raffredda e condensa a formare le nubi, dalle quali ricadono poi la pioggia o la grandine o anche una mucca da latte o un autoarticolato; la differenza fra i due eventi atmosferici, però, sta nelle dimensioni e nei luoghi in cui si formano.

L’uragano (o il tifone, a seconda dell’oceano che consideriamo) è un’enorme perturbazione alimentata dal calore degli oceani e si forma prevalentemente lungo l’equatore, con una rotazione innescata dalla rotazione della Terra stessa; il tornado è invece una relativamente piccola manifestazione del fenomeno, concentrata in un cono di vento e condensa largo da qualche metro a qualche chilometro, la cui rotazione è dovuta al movimento delle masse d’aria di una supercella.

– Da 2:38 in avanti, la ripresa mostra bene la rotazione della supercella e la nascita del vortice –

L’uragano, poi, spazza per giorni o settimane gli oceani e le sfortunate terre emerse che incontra sul suo cammino, fino a che il calore dell’acqua glielo consente, con un effetto distruttivo dovuto certamente ai venti che superano anche i 250 km/h, ma prevalentemente allo storm surge – ovvero il sollevamento del livello del mare – e alle conseguenti inondazioni; il tornado, invece, sopravvive da qualche minuto a qualche ora e raramente percorre oltre poche decine di chilometri, ma i suoi venti soffiano facilmente a oltre 300 km/h e il suo effetto distruttivo, benché isolato, è letale se ti trovi a incrociarne il percorso.

(immagine: da un pezzo di Giovanni Caprara, Corriere della Sera del 26 agosto 2013)

I tornado si formano un po’ in tutto il mondo, Italia compresa (se lo ricordano bene soprattutto in Veneto, dove nel 2015 un EF4 ha terrorizzato per qualche decina di minuti la provincia di Venezia). Nel 2013 un EF3 apparve a Modena; nel 2012 a Taranto; nel 2001 ad Arcore. La pianura Padana è la sorvegliata speciale, perché la sua orografia immagazzina grandi quantità di aria calda e umida, il piatto preferito dei fenomeni violenti, supercelle comprese.

Fenomeni solitamente molto meno importanti di quelli americani, ma che anche da noi possono portare all’EF4 che terrorizzò la laguna veneta nel 1970, uccidendo decine di persone e soprattutto l’EF5 del luglio 1930 dalle parti di Treviso e Udine: un tornado (o più tornado) potente come quello di El Reno 2013, con venti vicini ai 500 km/h, uccise 23 persone e seminò distruzione per 80 km nel corso di un’ora e mezza.

– Dolo (VE), 2015. Due minuti di video, tre minuti di bestemmie. Se non sono emozioni queste – 

– Repubblica Ceca, 2021. Un EF4 ristruttura la città di Luzice –

Ma è prevalentemente negli USA, specie nella cosiddetta Tornado Alley (nome giornalistico senza alcun fondamento scientifico) che è più facile incontrarli: se non ricordo male, parliamo di circa 1000 fenomeni all’anno contro i 250 che avvengono in tutta Europa.

Cos’è la Tornado Alley e perché proprio lì? Beh, è un’area indicativa tipo Triangolo delle Bermude, una zona che comprende le Grandi Pianure fra le Montagne Rocciose e gli Appalachi; fra gli stati più fortunelli, che vedono più facilmente la formazione di un tornado e le proprie abitazioni decollare, ci sono il Kansas, il Missouri, l’Arkansas, l’Iowa e, guarda un po’, l’Oklahoma. Questo perché per la formazione di certi fenomeni sono necessarie condizioni molto particolari: aria calda e umida a bassa quota, aria fredda e secca a quote più elevate e venti che soffiano orizzontalmente in direzioni diverse. Gli USA centrali sono perfetti, perché l’aria calda e umida che arriva dal Golfo del Messico e quella asciutta da Ovest si scontrano con quella fredda che arriva da Nord. E’ come gettare un cerino in una tanica di benzina.

– La scala Fujita classifica i tornado in base al loro effetto distruttivo. Si va da EF0 (danni lievi come finestre rotte o tegole sollevate) ai danni catastrofici di un EF5, come automobili che volano per centinaia di metri –

Ogni temporale può, in teoria, innescare un vortice, ma solo le supercelle, i temporali più violenti, possono originare veri e propri tornado. Questo perché si tratta di fenomeni già soggetti ad una rotazione, che le supercelle infatti mostrano con la cosiddetta shelf cloud (nube a mensola) che scolpisce letteralmente le nubi in una forma circolare; aria che soffia in direzioni diverse ad altezze diverse dà origine a un vortice, ma perché si formi un tornado il vortice deve partire dal suolo e questo succede quando c’è interazione fra raffiche di aria calda verso l’alto e fredda verso il basso sufficientemente forti.

– Questa è una ripresa completa di un pazzo in avvicinamento al mostro di El Reno. Notate la pioggia torrenziale e la visibilità praticamente nulla. Basta un albero abbattuto in mezzo alla strada per finire in trappola –

L’aria in rotazione vicino al suolo viene risucchiata verso l’interno lungo il suo stesso asse, un po’ come quando una ballerina chiude le braccia per ruotare più velocemente e più a lungo. Questo risucchio si autoalimenta fino a quando l’interazione fra aria fredda e calda lo consente. Se l’aria a livello del terreno non è calda a sufficienza, difficilmente si formerà un tornado.

In effetti i tornado sono più rari di quel che sembra: solo il 20% delle supercelle è in grado di crearli e solo il 5% di questi sono molto distruttivi. Le stesse dimensioni, la longevità e la velocità alla quale si muovono sono molto variabili: si va da un centinaio di metri di diametro e una decina di chilometri di percorso, a qualche chilometro di larghezza e decine di chilometri di cammino, senza poter mai prevedere con assoluta certezza quale sarà. Quello di El Reno ha viaggiato per una quarantina di chilometri raggiungendo anche 4 km di larghezza scatenando venti da quasi 500 km/h e galoppando a una velocità massima di 90 km/h.

– La città di Moore, Oklahoma, nel 2013 dopo il passaggio dell’EF5 e un anno dopo. Per quanto gli americani siano stati efficienti, la devastazione è impressionante –

PERCHÈ INSEGUIRLI

A differenza di quanto accade con altri eventi infausti come i terremoti, possiamo rilevare gli ingredienti necessari alla formazione di un tornado e preavvisare la popolazione. Tuttavia, non si tratta di una scienza esatta: gli avvisi possono essere infondati o, peggio, possono essere tardivi. Può essere questione di vita o di morte. E gli storm chaser, i cacciatori di tempeste, sono là fuori proprio per questo. Per quanto la scienza abbia fatto grandi passi nello studio dei tornado, non li abbiamo ancora del tutto al guinzaglio (sempre che accada mai) e servono rilevamenti continui del loro comportamento e della loro formazione.

– Questo video rende bene l’idea dell’atmosfera inquietante ed elettrica che si crea quando un grosso tornado è stato avvistato nelle vicinanze. Dal minuto 40:40, l’avviso di emergenza via radio e poi la sirena di segnalazione – 

Tim Samaras era sulla Highway 81 proprio perché voleva intercettare il passaggio del tornado del 31 maggio 2013 (che si muoveva da Ovest verso Est) e depositare sul terreno alcuni strumenti di forma conica contenenti sensori e telecamere. Ma il tornado stava già attraversando la 81 e il team ripiegò così sulla E1070 verso Est, per lasciarselo alle spalle.

– Il percorso dell’enorme tornado del 31 maggio 2013. Le cifre sono l’orario del passaggio del vortice, il cui centro è rappresentato dalla linea rosa, mentre quella bianca è il limite della sua influenza… L’autostrada 81 è quella gialla al centro, che corre in verticale. Samaras e i suoi volevano intercettarlo lì, ma hanno poi dovuto deviare sulla E1070 che la interseca perpendicolarmente al centro. Errore, purtroppo, fatale –

Stando ad un video mai diffuso pubblicamente, ma descritto da un collega che lo ha potuto vedere, poche miglia dopo la svolta sulla E1070 il team viene investito da pioggia torrenziale e venti tanto forti da sballottare l’auto quasi fino a farla uscire di strada. Di colpo, la pioggia cessa e Young dice: “Qui non piove“. Samaras, che probabilmente aveva intuito il pericolo, risponde: “Secondo me siamo in un brutto posto“. Il video si interrompe lì. Fu allora, pare, che uno dei vortici secondari (eh sì, ci sono anche questi) li investì in pieno, un tentacolo del mostro largo come un campo da football, che frustava l’aria spostandosi a quasi 300 km/h con venti al suo interno fino a 400 km/h.

– Il tornado di El Reno sviluppava vortici secondari attorno al suo centro. Sembra sia stato proprio uno di questi a investire l’auto di Samaras e dei suoi compagni –

Samaras stesso è stato vittima dell’imprevedibilità del tornado, che infine ha deciso di dissiparsi a breve distanza dalla stessa Oklahoma City e dal traffico che si andava creando: forse memori di quanto successo pochi giorni prima a Moore e forse incitati dai consigli sconclusionati della TV, che invitava a evacuare in direzione Sud, molti abitanti sono fuggiti in auto invece di raggiungere i rifugi sotterranei, intasando le highway già congestionate dall’orario di punta. Se il tornado avesse investito una di queste autostrade, si sarebbe parlato di centinaia di morti.

CHI NON RISICA NON ROSICA

Il primo radar doppler degli anni ’70 aiutava nel rilevare lo sviluppo delle tempeste e i primi segni di vita di un tornado, ma servivano dati sulla pressione, sull’umidità dell’aria, sulla temperatura. Possibilmente dentro il tornado. Ma come fare a raccogliere certi dati senza farsi raccogliere dal tornado? Si provò con il TOTO (TOtable Tornado Observatory), l’ispirazione della Dorothy del film Twister, una specie di bidone con sensori.

Il “TOTO” del 1979. L’idea dei suoi creatori Bedard e Ramzy del NOAA era di piazzarlo sul percorso di un tornado per registrarne le caratteristiche. Ci volevano due persone per spostare 150 kg giù da un pick-up, in posizione eretta, faccia verso Nord, lontano da ostacoli, a costante rischio di beccarsi un fulmine (era tutto di metallo).  Nel 1985 stava per funzionare, ma venne scaraventato a terra come la “Dorothy” di Twister –

Ma posizionare lo strumento direttamente nel vortice è un bel grattacapo, vuoi per l’ingombro dello strumento o la resistenza dello stesso alle sollecitazioni causate dal tornado. Qui entra in gioco Samaras. Un indipendente. Un autodidatta. A cui, un bel giorno, viene proposto di sviluppare qualcosa che potesse risolvere il problema. Nei primi anni 2000, quando tutti avevano ormai rinunciato a vedere all’interno di un tornado, lui piazza il suo HITPR (Hardened In-situ Tornado. Pressure Recorder) – la “Tartaruga”, come la chiamava lui – davanti ad un EF4 e rileva una depressione di 100 mb.

– Tim Samaras con la sua Tartaruga. Decisamente più comoda del TOTO, no..? Infatti è riuscito per primo ad effettuare una seria misurazione della pressione all’interno del tornado, entrando anche nel Guinness dei Primati –

La Tartaruga funziona. Rileva i dati di pressione di diversi altri tornado. E diventa fondamentale per lo sviluppo di simulazioni software. Ma ancora non basta: servono misurazioni dirette e ripetute della velocità dei venti all’interno di vari punti della tempesta e misurazioni di tornado di intensità differenti. Ma è un inizio. Che porta alcuni scienziati a confrontare i dati e concludere che, pensa che simpatici, i venti più forti soffiano all’interno del tornado proprio all’altezza giusta per strappare i tetti alle case.

– Illinois, 2015. Questo era un EF4 –

Per il resto, lo studio e le previsioni sullo sviluppo dei tornado vengono solitamente effettuate con radar doppler portatile, radiometri a microonde, interferometri, distrometri che analizzano le precipitazioni per produrre nuovi algoritmi, sensori di pressione, umidità, anemometri. E’ una scienza apparentemente ancora molto giovane, che si fa perfino con palloni di elio lanciati in sequenza all’avvicinarsi della tempesta, dotati di radiosonde.

– Il radar doppler mobile della NSSL americana.  Il primo è del 1993 (infatti in Twister ne parlavano come di una novità devastante). Per sua natura, può essere collocato molto vicino alle tempeste ed è quindi decisamente più efficace della controparte fissa –

Il progetto più recente è il TORUS (Targeted Observation by Radars and UAS of Supercells), uno sforzo congiunto di più di 50 ricercatori che hanno analizzato le tempeste sulle Grandi Pianure, dal Nord Dakota al Texas, dal 2019 al 2022. L’idea era quella di raccogliere altri dati per giungere definitivamente ad un modello computazionale delle supercelle. Oltre agli strumenti di cui sopra, sono stati utilizzati perfino il P-3 Hurricane Hunter – che di solito si infila negli uragani – e gli UAV.

Secondo i ricercatori, lo studio dei tornado è rimasto fermo per anni a causa della insufficiente capacità di calcolo dei computer. Gli strumenti di oggi dovrebbero poter sviluppare un modello grazie ai dati raccolti dal TORUS su 16 diverse supercelle, ma ci vorranno comunque anni. Per il momento, l’idea dei ricercatori è che il ruolo principale nella formazione del tornado sia quello delle rotazioni al suolo (confermando che non è come si credeva una volta, vale a dire che il tornado “scendeva” dall’alto e basta), che devono formarsi nel posto giusto per trovare la strada verso la SUCCHIOZONA e diventare, così, un vero tornado.

TROVATI UN ALTRO HOBBY

Vi siete mai soffermati ad osservare l’evoluzione di un temporale? Il cambiamento della temperatura e della luce, della circolazione dell’aria, le reazioni degli animali? Provateci, è un’esperienza. Certo osservare un comune temporale scaricare acqua sul prato da dietro una finestra è molto diverso da affrontare al volante di un pick-up una rara supercella con un EF5 appeso sotto (anche se con il cambiamento climatico temo ne vedremo delle belle nei prossimi decenni). Ma, al netto dei pericoli, parliamo pur sempre di eventi naturali di grande fascino che meritano fotografie e riprese video.

– Charles Edwards, titolare della Cloud 9 Tours, organizza la caccia ai tornado dal 1990 –

Ma non esiste una scuola di rischiosismi per imparare a fare lo storm chaser. Così come non esiste una regolamentazione particolare. Sei da solo con la tua follia e il tuo desiderio di avvicinare i mostri che si formano nell’atmosfera. Ma anche, talvolta, di aiutare la scienza a migliorare la sicurezza di tutti. Il primo a capirlo sembra sia stato David Hoadley, che negli anni ’50 inseguiva le tempeste con i bollettini meteo degli aeroporti e fondò la rivista Storm Track. Il primo ricercatore vero e proprio fu invece Neil Ward, che portò più professionalità e metodo nella caccia agli eventi atmosferici violenti. Questo stimolò attività istituzionali come quelle organizzate nel 1969 dalla Alberta Hail Studies e dall’Università dell’Oklahoma nel 1972, vedi il Tornado Intercept Project.

Ma il mondo è pieno di gente comune che si mette al volante per andare a caccia di tornado, soprattutto, guarda caso, negli USA. Nerd pieni di speranza. Perché nerd bisogna essere: non è che fai una decina di chilometri in macchina verso il temporale ed eccolo lì il tornado. Ci vuole un minimo di competenza, di preparazione e di conoscenza dell’argomento.

[foto: Getty Images]

Puoi fare anche trecento chilometri e non portare a casa nulla. O, peggio, puoi anche non tornare a casa proprio: nel caso di fenomeni atmosferici come le supercelle, tornado a parte, parliamo pur sempre di potenziale grandine di enormi dimensioni, allagamenti, detriti volanti, pioggia torrenziale che limita la visuale e aumenta il rischio di incidenti stradali dovuti anche solo al panico. E fulmini. Tanti. Proprio per questo, diversi storm chaser sono anche preparati al primo soccorso e ad intervenire in caso di particolare rischio per la popolazione.

VORTICE RICCO, MI CI FICCO (sul serio)

– Sopra, la locandina di Twister, filmone anni ’90 sul tema storm chasers. Più sotto, quasi tutto il cast.  Manca solo il compianto protagonista Bill Paxton… dove cacchio era?! Notare Philip Seymour Hoffmann, che qui era alle prime armi e poi sarebbe diventato un dio (per scomparire, purtroppo, anche lui troppo presto). Ma anche la co-protagonista Helen Hunt e, alla sua sinistra, Jeremy Davies, che poi sarebbe stato il soldato Upham in “Salvate il soldato Ryan” –

Specie fra gli anni ’80 e 2000, anche la TV e il cinema (vedi il film Twister (fra l’altro esiste un vero e proprio museo sul film a Wakita, Oklahoma ed è previsto un sequel) portarono un po’ di attenzione in più a questo mondo. Paradossalmente, la televisione portò anche un po’ di tecnica nell’assemblaggio di veicoli in grado di sopravvivere anche ai venti dei tornado più potenti. Il Tornado Intercept Vehicle, ad esempio, è stato progettato per portare una videocamera IMAX il più vicino possibile al twister.

Il regista Sean Casey ne ha fatte due versioni per il programma Storm Chasers del 2007: la prima, la TIV1, è un Ford F-Super Duty modificato nell’arco di otto mesi di lavoro per la bellezza di 80.000 dollari con pannelli d’acciaio, rollbar completo, vetri antiproiettile e tante altre cosucce per un totale di 6400 kg a pieno carico. La chicca è il sistema di sospensioni che abbassano il mezzo fino al contatto del terreno con i pannelli della carrozzeria, trasformandolo in una specie di scudo appoggiato a terra che impedisce all’aria di passare sotto ed eliminare il rischio di ribaltamento, oltre a quattro punti di ancoraggio per aggrapparsi al terreno.

– Nelle due foto qui sopra, il TIV 2 con i pannelli abbassati –

Nel 2008, è nato il TIV2 per la nuova stagione di Storm Chasers: rispetto al TIV1 offriva un’altezza da terra maggiore e la trazione integrale, inoltre era più veloce e potente. Sotto la pannellatura da F-117 fatto in casa c’era un Dodge Ram 3500 irrobustito e convertito a 6 ruote motrici con l’aggiunta di un terzo asse (!!). Nonostante il motore Cummins di 6.7 litri da 625 cv e il peso monstre, aveva una bella autonomia di 1200 km, grazie al serbatoio da 350 litri. Ma, a differenza del vecchio modello, chiudeva il passaggio dell’aria sotto la scocca non abbassando le sospensioni ma gli stessi pannelli carrozzeria e non utilizzava gli ancoraggi.

– Com’è un tornado da dentro? Chiedete al TIV 2. Qui siamo in un tornado di tipo wedge nel Kansas (2013) –

Il TIV2 apparve anche in Mythbusters, così come il Dominator di Reed Timmer, una specie di eroe fra i meteorologi cacciatori di tempeste. Timmer costruì il Dominator sulla base di uno Chevrolet Tahoe con metallo antiproiettile e lexan, rollbar completo e cinture di sicurezza a sei punti. L’idea non era tanto quella di farsi investire dal tornado, quanto di avvicinarsi semplicemente il più possibile, probabilmente per essere più veloce. Pessima idea, perché nel giro di breve tempo perse un finestrino ferendo un passeggero. Timmer lo migliorò poi irrobustendo ulteriormente le protezioni e aggiungendo un radar a scansione verticale allo scopo di rilevare le variazioni dei venti del tornado a quote differenti, oltre a una sorta di cannoncini ad aria compressa che sparavano sonde dotate di paracadute che avrebbero dovuto viaggiare all’interno del vortice e ritrasmettere a terra i dati.

– Jay Leno mette a “dura” prova il Dominator 3 di Timmer con farina, palloni da basket e un L-39 Albatros –

– Qui il Dominator 3 viene inghiottito da un EF3. Forse il video più bello di tutti, con tanto di ripresa aerea –

Pieno di problemi di ogni genere (trazione integrale difettosa, vetri in lexan che non chiudevano, freni e idraulica in generale andati), nel 2010 il Dominator a momenti si ribalta inseguendo un EF4 nel Minnesota. Così Timmer rilancia con il Dominator 2: compra un GMC Yukon XL e ci monta i soliti pannelli antiproiettile, migliora l’aerodinamica, aggiunge gli ancoraggi e sedili girevoli. L’idea era di usare questo per affrontare direttamente il tornado e il vecchio Dominator per registrare i dati a distanza di sicurezza, per poi comparare i dati. Sostituito a sua volta da un Dominator 3 con ulteriori modifiche, il Dominator 2 compare nella quinta stagione di Storm Chasers, anno 2011. C’era anch’esso quel 31 maggio 2013, a El Reno. Per sua fortuna, il tornado non era ancora così violento come sarebbe diventato e perse giusto il cofano.

Qualche ora più tardi, anche Reed venne a sapere dell’incidente di Samaras.

Un’ultima tempesta per Tim. [foto: National Geographic] –

Articolo del 27 Giugno 2023 / a cura di Davide Saporiti

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