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Alfa Romeo 4C, la regina delle occasioni perse

È bravo, ma non si applica.

Con le sue qualità potrebbe fare grandi cose, ma si impegna poco.

È un peccato vedere tutto questo talento sprecato.

No, non sto parlando di Balotelli e nemmeno delle nostre pagelle delle scuole medie. Sto pensando all’Alfa Romeo.

Il Biscione è senza dubbio la Casa automobilistica dal più alto potenziale inespresso della storia e l’auto che riassume questa caratteristica più di ogni altra è la 4C. Ne ho vista una l’altro giorno al raduno organizzato dai ragazzi di Only Car Fun – a cui abbiamo partecipato e di cui vi racconteremo – e sono rimasto bloccato a guardarla per minuti e minuti, come davanti alle vetrine di Amsterdam a un quadro di Picasso.

Quindi ho ripercorso mentalmente la sua storia e questo mi ha causato una serie di emozioni che partivano dalla gioia e finivano con la rabbia. Ma prima di entrare nello specifico della 4C, vorrei ricordare qualche altra occasione persa dall’Alfa Romeo. Ma proprio cosette da niente, eh?

Iniziamo dalla Kamal che nel 2003 aveva inventato il SUV sportivo diversi anni prima della Bmw X3 e che non è stata mai prodotta per ragioni di costi e di completa miopia industriale. Ancora oggi, oltre venti anni dopo, è un’auto bellissima e peraltro ha più o meno le stesse dimensioni della Junior. Non parlerò male di quest’ultima perché è come sparare sulla croce rossa e comunque basta guardare le foto di entrambe per avere chiara la situazione.

Poi proseguiamo con la 159 GTA o con la Giulia Sportwagon, tanto per rimanere in tempi recenti e senza aprire il discorso sul common rail inventato al Centro Ricerche Fiat e poi regalato alla Bosch. La prima doveva montare il 4.7 V8 delle Maserati, avere la trazione integrale e andare a competere direttamente con le tedesche da autobahn, cioè le varie RS4, M3 e C63 AMG; la seconda avrebbe semplicemente raddoppiato (anche triplicato) le vendite della Giulia, che era l’unica auto del segmento D a non avere la versione station wagon. Una follia, considerando che in quegli anni le varianti SW rappresentavano i due terzi delle vendite di un modello: per fare un esempio, su tre Audi A4 vendute, due erano Avant.

Uno dei tantissimi rendering di Giulia SW che girano in rete. Questo lo ha realizzato LP-Design

Perché non è stata fatta la Giulia Sportwagon? Lo spiegò direttamente Marchionne, al Salone di Detroit di gennaio 2017: “Non lo so se faremo la Giulia Station Wagon: per adesso stiamo guardando come va la Stelvio in questo momento non sono convinto se dare priorità a fare una station, invece di insistere sulla strategia delle Suv Alfa Romeo. Quella delle familiari, del resto, è una partita tutta e solo europea”.

In altre parole il manager italo-canadese pensava all’Alfa solo come a un brand globale. Peccato che, anche negli anni migliori, Alfa Romeo è stato solo un brand italiano e a tratti europeo – nel settore auto contano solo i freddi numeri e non Dustin Hoffman ne Il Laureato, perché un conto è emozionarsi davanti a un film, un conto è andare in concessionaria a cacciare la grana – quindi già trasformarlo in “costantemente” europeo sarebbe stato tanto.

Una Chrysler rimarchiata Lancia. Per l'equilibrio dell'ecosistema la cosa migliore è buttarla a mare. Lo dicono anche quelli di Greenpeace

Ma che Marchionne abbia preso delle cantonate clamorose non è certo una novità (non voglio parlare delle Chrysler rimarchiate Lancia, non ce la posso fare, una foto basta e avanza) anche se gli va dato atto di essersi seduto al comando di un’azienda tecnicamente fallita e di averla rilanciata, riuscendo perfino ad azzerarne il debito industriale. Un traguardo raggiunto nel secondo trimestre 2018, dopo quattordici anni di lavoro, che però Marchionne non ha fatto in tempo a gustarsi, visto che è mancato poco dopo. In ogni caso, se l’Alfa Romeo 4C esiste, il merito è suo e questo è un fatto. Ma suo è anche il demerito che il progetto non sia stato sviluppato e non abbia avuto un seguito.

La storia della 4C inizia nel marzo 2011 in territorio neutrale, cioè al Salone di Ginevra. Qui debutta la 4C Concept e l’alfista medio inizia ad andare in fibrillazione. Quelli che ne hanno una, scendono in garage, accendono la 75 e iniziano a sgasare, ma sono talmente eccitati che si dimenticano di aprire la serranda e rischiano di soffocare. Scherzi a parte, l’Alfa di quel periodo non dava grandissime soddisfazioni ai suoi appassionati: il progetto 147 volgeva al termine, così come quello 159/Brera/Spider e la MiTo garantiva un po’ di volumi. Se poi ci aggiungiamo che la nuova Giulietta non aveva più il quadrilatero alto – negli anni era diventato una specie di icona dell’alfista orfano della trazione posteriore – ecco che molti stavano pensando sul serio di farla finita avvolti dai fumi della 75 e con un santino di Giuseppe Busso in mano.

Una 75 QV in azione. Notare la ruota posteriore bella dritta grazie al De Dion

In questo scenario funereo, la 4C Concept suonava come una specie di riscossa, una santa vendicatrice che avrebbe ricordato a tutto il mondo perché Henry Ford si levava il cappello quando passava un’Alfa Romeo. E in effetti lo era, lo era davvero. Nell’anno e mezzo che intercorse per arrivare al debutto della versione definitiva, la 4C era sulla bocca di tutti, non solo degli appassionati e degli addetti ai lavori, ma anche di tutti quegli italiani che conservavano un briciolo di orgoglio nazional-popolare. Al Salone di Ginevra del 2013 per avvicinarsi e fotografarla bisognava quasi fare a botte e quando arrivava il tuo turno c’era sempre un giapponese infilato in qualche anfratto della carrozzeria.

La 4C era incredibilmente bella e aveva anche una scheda tecnica straordinaria. Caratteristiche che fino a quel momento si erano viste solo su supercar da oltre 200.000 euro, mentre la piccola Alfa ne costava 53.000. Di produrla se ne occupano gli stabilimenti Maserati di Modena, quelli in Viale Ciro Menotti 422 e la 4C è la seconda auto che non porta il marchio del Tridente sul cofano a uscire da queste linee produttive; la prima era stata la 8C Competizione, di fatto una Maserati travestita. La 4C viene costruita praticamente a mano, da una manodopera giovane e di alto livello (età media 29 anni e oltre il 60% di diplomati e laureati).

La 4C Concept. Come si può notare le differenze con la futura versione di serie sono minime

Tutto inizia dalla monoscocca in carbonio che arriva dallo stabilimento campano della Adler Plastic e che pesa solo 65 kg. Il metodo scelto è il cosiddetto “pre-preg”, ovvero pre-impregnato di polimeri, che garantisce una maggiore flessibilità nella scelta degli spessori. Le fibre di carbonio pre-impregnate vengono disposte nella direzione strutturale ottimale rispetto alle forze e poi vanno in autoclave per la polimerizzazione – detta “cocura”- che permette di realizzare, in un unico procedimento, strutture scatolate che solitamente nascono da più componenti anche di materiali diversi, prodotti e assemblati in più fasi. Così la monoscocca in carbonio è, di fatto, un monolito e come tale reagisce alle sollecitazioni esterne, con evidenti vantaggi in termini di comportamento dinamico e di sicurezza.

Alla monoscocca in carbonio vengono collegati i telaietti anteriore e posteriore, a cui vengono poi ancorate le sospensioni e il gruppo motore/cambio, ma anche il roll-bar, che garantisce la necessaria rigidità all’abitacolo. Tutti questi componenti sono interamente in alluminio e hanno sezioni differenziate a seconda dei carichi che devono sostenere. Vengono prodotti con un procedimento denominato “Cobapress” che unisce i vantaggi della fusione a quelli della forgiatura sotto pressa, poiché comprime del tutto la lega di alluminio, chiudendo ogni porosità residua. ogni singolo componente è più leggero e ha migliori proprietà meccaniche.

Per le saldature viene utilizzato il processo a filo continuo con trasferimento freddo di metallo, che consente la massima precisione, non deforma i componenti e può riempire al meglio eventuali micro-fessure. Quando fibra di carbonio e alluminio vengono a contatto, il rischio è quello che si crei ossidazione nei punti di giunzione tra i due materiali, per questo vengono trattati con dei collanti speciali e tutta la bulloneria è in acciaio inox.

Tutto molto fico, vero?

Peccato che inizialmente le 4C dovessero essere solo 200, poiché Marchionne l’aveva immaginata come una vera supercar, da usare come richiamo per le altre auto del brand. Poi, però, un bel giorno il “Dottore” – come tutti lo chiamavano in Fiat – ha cambiato idea e ha detto “È una ficata, facciamone 20.000”. E li sono iniziati i problemi, perché l’impianto campano non era attrezzato per sostenere questi numeri e quindi ha lavorato oltre le sue possibilità, nel senso che ogni monoscocca era un pochino diversa dall’altra e che poi a Modena dovevano metterci una pezza.

Inoltre inizialmente il sedile doveva essere fisso, con la pedaliera mobile e il posto guida fatto su misura per ogni proprietario; una soluzione compatibile con una produzione di 200 auto, non di 20.000. Quindi riprogettare l’interno è costato un bel po’ di soldi extra e questo spiega la presenza di certi componenti dozzinali, come le manopole del climatizzatore della Fiat 600. Ma questo non è per forza un problema, del resto succedeva anche nelle Ferrari degli anni Ottanta.

Tornando alla tecnica della 4C, il peso a secco è di 895 kg e la distribuzione dei pesi 40:60, come una vera auto da corsa. Il motore è posteriore disposto in trasversale, è un versione alleggerita (costruito tutto in alluminio) di quello della Giulietta Quadrifoglio e per la prima volta è accoppiato al cambio doppia frizione TCT a 6 rapporti. Il 4 cilindri in linea da 1742 cc turbocompresso ha l’iniezione diretta a 150 bar, il doppio variatore di fase e fa a meno dei contralberi. Sviluppa 240 CV a 6.000 giri e 350 Nm di coppia costanti tra i 2.100 e i 4.000 giri/min. L’intero gruppo motore/cambio pesa solo 135 kg, cioè 24 kg in meno del powertrain della Giulietta e la 4C ha un rapporto peso/potenza di 3,85 kg/CV.

Ancora a proposito di leggerezza, paraurti e parafanghi sono realizzati in PUR-RIM, cioè poliuretano iniettato, che permette di risparmiare un 20% di peso rispetto all’acciaio. Anche i cristalli sono più sottili del 10% rispetto alla media e il parabrezza ha uno spessore di soli 4mm. E per concludere con i numeri, ecco le prestazioni dichiarate: la 4C raggiunge i 258 km/h di velocità massima, impiegando 4,5 secondi per passare da 0 a 100 km/h. Con gli pneumatici di serie sviluppa 1,1 g di accelerazione laterale e 1,25 g di decelerazione in frenata.

Insomma, se non fosse chiaro, la 4C era davvero tanta roba. E lo è ancora oggi.

Ma come è da guidare?

Il 4 cilindri che dà il nome all'auto, così come accadeva nelle gloriose Alfa Romeo del secolo scorso

Intanto è bassa (altezza max 1,18 m) e per entrare bisogna scendere a livello terra. Il brancardo in carbonio ha uno spessore consistente e il sedile è molto sportivo, con i sostegni laterali ben pronunciati. La tecnica migliore per entrare è posizionarsi di fianco, abbassarsi e nel contempo infilare la gamba destra già sotto il volante, poi si scende ancora, si appoggia la mano destra sul tunnel centrale e si infila sotto anche la gamba sinistra. La posizione di guida rasenta la perfezione: gambe semidistese, busto eretto e volante verticale vicino al corpo. Il piede sinistro trova appoggio sull’ampio passaruota e il destro assume l’inclinazione perfetta per pestare forte sul pedale del freno, che è incernierato in basso, così come quello del gas.

Il volante è a due razze, con base della corona appiattita e le palette del cambio sono solidali con il piantone. È importante sottolineare che non c’è il servosterzo, per molti un difetto dell’auto, per me una goduria assoluta. Basta muoversi a bassa velocità per capire che la leggerezza fa la differenza: il turbo-lag è davvero ridotto e il 1750 spinge già a 2.500 giri. Il turbo entra realmente in gioco 500 giri più in su e, da lì in poi, la spinta è progressiva e costante, senza picchi di erogazione. Inizia a calare leggermente verso i 5.500 giri, regime oltre il quale è meglio cambiare marcia (130 ms per la cambiata) anche se il limitatore entra a 6.500 giri.

La 4C acquista velocità con una facilità inaspettata e con un carattere inimitabile: per esempio, quando il motore è a 2.800 giri le onde sonore entrano in risonanza con il carbonio che vibra e fa propagare il suono del propulsore in tutto l’abitacolo. La taratura delle sospensioni è relativamente morbida, così si può passare sui dossi rallentatori senza farsi venire l’emicrania. Allo stesso tempo il rollio e il beccheggio sono molto contenuti. La 4C si corica in curva quel tanto che basta per comunicare come sta interagendo con la strada. In verità, comunicare è una delle attività che le riesce meglio: lo fa con le vibrazioni sul sedile, sul volante e sul pedale del freno, dalla corsa corta e abbastanza dura.

Il flusso di informazioni è continuo e dettagliato, investe la mente e i sensi del pilota, concentrando tutta la sua attenzione sulla guida. Guidare la 4C è un’esperienza lontana da quelle che viviamo con le auto di tutti i giorni, molto più vicina a quella delle competizioni. Il peso piuma, il baricentro rasoterra, il motore centrale e la trazione posteriore formano un cocktail ad alto potenziale, di quelli che possono ubriacare subito chi non è abituato a bere. Le sue prestazioni sono talmente elevate che ci vuole del tempo per prendere i punti di riferimento necessari, in particolare in frenata, dove la piccola Alfa può far uscire gli occhi dalle orbite, se le gomme sono calde.

Un bel traverso fatto a Balocco da qualche collaudatore Alfa. Notare i vetri pellicolati di nero, completamente illegali
Una 4C in azione a Goodwood. Uno dei rari momenti in cui il marketing FCA si è curato di lei

Quello della temperatura degli pneumatici è un tema importante, perché la 4C è molto agile e fondamentalmente neutra, ma se le gomme sono fredde tende a sottosterzare. Se invece si fanno scaldare un attimo e si entra bene in curva, cioè con il piede sul freno e il carico sull’anteriore, il sottosterzo non esiste. Il sovrasterzo, invece, si può avere in tutte le salse, giocando con i trasferimenti di carico in ingresso e sfruttando gli Nm del motore in uscita.

Ma se la 4C è così spettacolare, come mai è durata solo per pochi anni ed è stata venduta in meno di 10.000 esemplari (9.100 per la precisione)?

Perché dopo averla portata sul mercato, anche in versione Spider, FCA l’ha abbandonata.

Una 4C berlinetta e una Spider in azione.

Intanto, sin dall’inizio non è stata in grado di gestirne il successo. Nei giorni successivi alla presentazione al Salone di Ginevra, sono stare registrate oltre 1.000 richieste in Europa, a fronte della 500 unità di Launch Edition previste. E sentite cosa diceva Reid Bigland, che nel 2015 era il boss di Alfa Romeo USA, dopo aver ammesso che il primo lotto di 4C “americane” era composto da sole cinquantaquattro auto, da dividere tra ottantadue dealer.

“Abbiamo sospeso tutte le richieste: depositi o liste VIP non fa differenza, non possiamo accettare altre prenotazioni sono troppe rispetto a quello che FCA può attualmente offrire”.

Il problema principale era sempre la lentezza nella produzione della monoscocca, ma una volta esaurito l’entusiasmo iniziale e soddisfatti tutti gli ordini, FCA si è dimenticata della 4C. Non ci sono mai state evoluzioni tecniche (solo qualche serie speciale), non è mai stata sviluppata una versione GT3 oppure GT4 e non sono mai nemmeno stati curati i proprietari nella fase del post vendita. Un’auto del genere avrebbe meritato come minimo un campionato monomarca e un club dedicato, ma anche attività mirate, soprattutto in alcuni mercati (Giappone e UK su tutti ma anche USA) dove quel genere di auto è amato in maniera incondizionata. E invece? Invece niente, perché Marchionne era ossessionato dal far quadrare i conti (qualche anno dopo si è capito perché) e non voleva investire un euro in più in attività collaterali.

Reid Bigland mentre sta decidendo se accartocciare la 4C con le sue mani oppure farci un giro

Così nel 2019 la 4C esce dai listini europei e le ultime decine di esemplari vengono venduti con forti sconti o addirittura a Km.0 (un film già visto con modelli prima incompresi e poi amati, tipo la Lancia Stratos), mentre la produzione prosegue fino al 2020 solo per gli USA e l’Australia. Curiosamente, sulle stesse linee viene subito iniziata la costruzione della Maserati MC20, che ufficialmente non ha nulla in comune con la 4C ma che in realtà è stata progettata seguendo le stesse linee concettuali e le cui monoscocche vengono prodotte sempre dalla Adler Plastic.

Oggi la 4C è un’auto da collezione, in Italia ne sono state immatricolate poco meno di mille, di cui un quarto Spider e le quotazioni spesso raggiungono cifre poco sensate.

Secondo me non è invecchiata di un giorno e rimane una delle auto più emozionanti che abbia mai guidato.

Se potete comprarne una fatelo. Io lo farò. Qualcuno vuole un rene semi-nuovo?

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Articolo del 13 Novembre 2024 / a cura di Alessandro Vai

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  • Leonardo Fiscoli

    Bravo Alessandro, ottima descrizione di una vettura straordinaria, con potenzialità inespresse che, se aiutate ad esprimersi, rendono la 4c un missile.

  • Alessandro

    Bellissimo articolo!! Complimenti!!! A Te che l’hai scritto e alla macchina che mi riempie sempre di emozioni

  • Ottima presentazione! Io già acquistata e custodita!

  • Felicioni Loris

    Magari se potevo acquistarla…era il mio sogno…oggi ha raggiunto cifre esagerate..forse troppo… è veramente bella e con grandi prestazioni..

    • Assur

      Articolo stupendo, come sempre d’altronde!

  • Alberto

    Auto pazzesca,altro che Lotus Elise.Un assegno circolare

  • leonardo domenico Ruberti

    interessante nonostante le varie imprecisioni in merito ai materiali compositi ed ai loro processi

  • Franco Gianotti

    Per una volta una esposizione chiara, professionale e assolutamente veritiera. L’auto avrebbe meritato più attenzione, come il marchio del resto, una seconda serie riveduta e corretta nelle finiture con una cinquantina di cavalli aggiuntivi e una gommatura migliore sarebbe stata al top tra le sportive “vere”. Storie già viste in alcuni ambienti. Peccato.

  • Giuseppe Zibellini

    Belle Alfa io ho lo Spyder del 2008 comprato nel febbraio 2024 per il mio 82esimo compleanno non è a benzina come la mia precedente Alfa spider del 2001 ma a gasolio e ha una potenza straordinaria la ho comprata con74000km ma ho dovuto spendere oltre €5000 per metterla a punto nessuno dei proprietari aveva fatto un servizio ad eccezione del proprietario dove la ho comprata a Firenze che aveva fatto fare la distribuzione ho fatto controllare la macchina e fatto dei lavori compresa la cappotte e adesso funziona tutto peccato che ho 82 anni e presto dovrò venderla bella macchina e un grande motore

  • Piero Pissavini

    Approvo in toto!
    Complimenti per l’articolo e l’ironia!
    Sono felice proprietario di una 4C serie speciale Club Italia! Un vero lusso!
    Quando vorrai vederla o provarla, scrivimi 
    Ciao
    piero 

    • Alessandro Vai

      Ciao Piero, grazie per i complimenti e per la disponibilità! Se vuoi lasciarci i tuoi contatti via mail, proviamo a organizzare una prova.

      Alessandro Vai

  • Francesco

    Questa e altre vicende dimostrano come la santificazione di M. avvenuta in vita fosse basata su un errore. La storia premia gli audaci, non i ragionieri. (nessuna offesa è intesa per i possessori del titolo).

    • dammatra

      A Marchione e Altavilla andrebbero eretti dei monumenti. Non fosse per loro nemmeno si parlerebbe di auto italiane. Ma che ve lo dico a fare

      • Cesare Alessandrini

        Ottimo articolo e descrizione, la scelta di cambio manuale era doverosa e aggiungerei anche una versione con motore v6 che avrebbe elevato il livello e il piacere del sound.

  • Giovanni Talmetti

    Forse uno dei migliori articoli letti su internet, perché fa nomi e cognomi dei veri responsabili dello sfacelo. Però una cosa fondamentale manca, riguardo al più grosso sbaglio progettuale che è stato commesso: MANCA IL CAMBIO MANUALE, maledetta manica di pirla tutti i progettisti e Marchionne in testa.

  • Michele Piersantini

    Bravo Vai

  • Vendesi rene con 550.000 h. di lavoro circa, per cambio vettura.

  • Mocchegiani Roberto

    Alessandro hai scritto un articolo straordinario , te lo dico da alfista dal 1965. Ho avuto una Giulia nel 1968 ed una Gtv 2000 nel 1970. Per la Kamal non mi dici niente di nuovo: nel 2003 avrebbe ucciso la concorrenza ed ancora oggi la comprerei, altro che la Junior (sembra una Kia). Per me debbono dare la gestione del rilancio Alfa agli appassionati del Marchio. E non ai francesi. Complimenti ancora

  • King

    Ciao, Articolo Superbo. Grazie

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