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Addio Chuck Yeager, il dio della velocità

Scendendo giù da quella maledetta scala sentivo molto male, Jack era proprio dietro di me. Come al solito, entrai nella carlinga con i piedi in avanti. Presi il manico di scopa e aspettai che Ridley spingesse la porta, poi lo infilai nella maniglia che portai nella posizione di chiusura. Funzionava perfettamente. Mi sistemai per procedere a tutti i controlli. Bob Cardenas, il pilota del B-29, mi chiese se ero pronto. “Sì, perdio”, risposi, “Andiamo avanti e finiamola”.

Sganciò l’X1 a 6.000 metri. Ma la sua velocità di picchiata era ancora una volta troppo bassa e l’aereo cominciò a stallare. Lottai con il volantino per circa 150 metri e finalmente riuscii a fargli abbassare il muso. Nel momento in cui raggiungemmo la velocità giusta accesi tutti e quattro i razzi uno dopo l’altro. Salimmo alla velocità di Mach 0.88 e cominciammo a tremare, così azionai la levetta dello stabilizzatore e cambiai la regolazione di 2°. Subito il volo divenne più dolce; a 10.800 metri spensi due razzi, a 12.000 metri stavamo ancora cabrando a 0.92 Mach. Passando in volo livellato a 12.600 metri, mi restava ancora il 30% del carburante, così accesi il razzo numero 3 e raggiunsi immediatamente Mach 0.96. Mi accorsi che più veloce andavo e più dolce era il volo.

Improvvisamente l’ago del tachimetro cominciò a fluttuare. Arrivò sino a Mach 0.965, poi balzò oltre i limiti del quadrante, pensai di avere le traveggole! Stavamo volando a velocità supersonica e andava tutto liscio come il sederino di un neonato, mia nonna avrebbe potuto starsene seduta quassù a sorseggiare una limonata. Mantenni la velocità fuori quadrante per circa 20 secondi, quindi alzai il muso per rallentare.

Ero come colpito dal fulmine. Dopo tutte quelle ansie, infrangere il muro del suono equivaleva a viaggiare su un’autostrada perfettamente asfaltata. 

Chiamai Jack sul B-29 “ehi, Ridley, il Machmetro è impazzito. Mi è uscito dal quadrante.”
“Tremava?”
“Sì, a 0,965”
“Stai sognando?”
“Dev’essere così, ho ancora le orecchie attaccate alla testa ed è tutto a posto”

I ragazzi sul furgone per i rilevamenti del NACA ci interruppero che avvisare che avevano udito quello che era sembrato un lontano rombo di tuono: il MIO bang supersonico, il primo provocato da un aereo che sia mai stato udito sulla terra!”

– Chuck Yeager, Vivere per volare –

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La sua biografia è stata intitolata “Vivere per volare” e non è un caso. Perché se c’è un nome che è legato così a filo stretto con il mondo e la storia dell’aviazione al punto da avere le ali, beh, questo è il nome di Chuck Yeager. Nato il 13 febbraio 1923 a Myra, West Virginia, il piccolo Chuck dimostrò subito di essere un vero rollingsteeler, appassionandosi fin da bimbo alle macchine e alla vera novità di quel tempo: il monopattino elettric l’aeroplano. 

Arruolatosi nell’USAF e spedito a combattere in Europa come pilota di caccia a bordo dei P-51 Mustang, Yeager mostrò subito di che stoffa era fatto: già il 12 ottobre del 1944 si guadagnò l’onorificenza di “asso in un giorno” abbattendo ben cinque aerei tedeschi in una sola sortita ma, poco meno di un mese dopo, il 6 novembre 1944, Chuck Yeager entrò – per la prima di molte altre volte – nella storia dell’aviazione per esser riuscito ad abbattere un Me-262 del comando Nowotny, uno dei primi abbattimenti di un aereo a reazione da parte di un “vecchio” aereo ad elica. Certo, non fu un vero dogfight e Yeager sparò ad un aeroplano con poco carburante, probabilmente con le mitragliatrici scariche e in fase di atterraggio ma, signori, era la guerra, non fortnite. Memore dell’avvenimento, lo stesso Yeager avrà modo di sboroneggiare “la prima volta che vidi un aereo a reazione lo abbattei”.

Ritornato negli States dopo la guerra, Yeager scelse la base di Wright Field per essere vicino a casa sua in West Virginia e lì prima venne qualificato come pilota collaudatore poi incontrò Albert Boyd, capo della divisione test di volo dei sistemi aeronautici. La storia si stava compiendo. Sì, perché se oggi siamo qui a parlare di uno dei piloti più celebri e abili di tutti i tempi, è perché durante la sua permanenza a Wright Field prima e a Edwards dopo, Yeager ha avuto la fortuna – ma anche il coraggio e la capacità – di mettersi al comando di alcuni degli aeroplani più incredibili e incredibilmente pericolosi che l’uomo abbia mai pensato, tutte le volte riportando la pellaccia a casa e lasciando dietro di sé un numero incredibile di amici e colleghi che invece non ce la fecero.

Dopo essersi diplomato al US Air Force Test Pilot School (scuola di addestramento al volo avanzato dell’Air Force che forma piloti sperimentali per eseguire test e valutazioni di nuovi sistemi d’arma aerospaziali e anche altri aerei della US Air Force) Chuck venne spedito alla base di Muroc Field (ora la base di Edwards, in California) per entrare a far parte dei test di volo del Bell X-1, l’aereo sperimentale progettato espressamente per superare la barriera del suono in volo livellato e spinto dai suoi stessi motori. Il primo pilota a riuscire in questa impresa sarebbe dovuto essere Chalmers “Slick” Goodlin, il quale, vista anche la pericolosità e la scia di morti che quei voli si lasciavano dietro, chiese la cifra di 150.000 dollari per il volo (nel 2020 parliamo di circa 1,7 milioni di dollari) il che spinse il governo a dire “no, grazie” e a rivolgere lo sguardo verso il loro cavallo pazzo Chuck Yeager, il quale, forse anche a causa della sua enorme passione per il volo, aveva pretese economiche molto inferiori.

I tasselli del puzzle stavano andando al loro posto e la storia venne scritta il 14 ottobre del 1947 quando Yeager, a bordo del X-1 rinominato – come tutti i suoi aerei – Glamorous Glennis in onore della moglie Glennis, raggiunse Mach 1.05 a 45.000 piedi di quota dopo esser stato sganciato da un B-29, attrezzato per l’occasione per portare in volo il piccolo apparecchio a razzo.

Chuck entrò così nella storia dell’aviazione ma, senza nulla togliere a lui e al suo coraggio, vogliamo brevemente smanettare sul Bell X-1, un vero e proprio proiettile volante. All’epoca infatti non esisteva alcun motore a reazione capace di spingere un aereo a velocità superiori a Mach 1 e gli studi aerodinamici in questo senso erano ancora molto indietro; l’unico modo per volare MOLTO veloce era affidarsi alla potenza bruta dei razzi. Il Bell X-1 era quindi un piccolo apparecchio costruito attorno ad un motore a razzo Reaction Motors XLR-11 alimentato a ossigeno liquido e da una miscela di etanolo ed acqua, capace di sviluppare una spinta di quasi 27.000 N (ca. 2-700 kg) per un peso complessivo, a vuoto, di appena 95 kg.  Questo motore continuò a venir sviluppato arrivano ad equipaggiare anche l’X-15, capace di volare a oltre ottomila chilometri l’ora.

Siccome all’epoca non erano ancora stati sviluppati motori a razzo a potenza variabile o dall’autonomia sufficiente a portare in volo un aereo fino alla velocità del suono, l’X-1 doveva essere portato in quota incastrato all’interno del vano bombe di un B-29: una volta alla quota prestabilita il pilota dell’X-1 si sarebbe dovuto calare all’interno dell’abitacolo, chiudersi dentro, allacciarsi le cinture e, quando pronto, si sarebbe fatto sganciare come una bomba. A quel punto avrebbe acceso il razzo e sarebbe stato letteralmente sparato via, verso quote e velocità e effetti aerodinamici sconosciuti. Questi erano i tempi del pionierismo del volo e io, in tutta sincerità, sono un po’ invidioso di quello che questi piloti hanno vissuto.

Da quel 1947 in poi, la vita da pilota di Yeager è stata un tripudio di aeroplani e avventure pazzesche: dopo il celebre volo con l’X-1, Yeager si spinse sempre oltre. A bordo del velocissimo e temibile  X1A – con cui lo USAF sfidò la US Navy e il suo D-558 Skyrocket – raggiunse Mach 2.44, sbriciolando ogni record ma rischiando la pellaccia dopo un violento fenomeno di accoppiamento inerziale, dal quale uscì con le sue forze e il suo manico. Yeager fu anche il primo pilota statunitense a pilotare un temutissimo Mig-15, collaudò l’F-104 e l’ottimo ma sfortunato F-20 Tigershark.

Abbe a che fare con i primi astronauti della storia, giudicò in maniera negativa le capacità di Neil Armstrong… ne fece di tutti i colori, volò anche su un SR-71B nel 1983, a 60 anni. Addirittura, in occasione del 50esimo anniversario del suo celebre volo transonico, il 14 ottobre 1997, a 74 anni suonati, Yeager portò in volo un McDonnel Douglas F-15D – rinominato per l’occasione Glamorous Glennis III – volando a oltre Mach 1, accompagnato nel suo volo da un F-16 pilotato da Bob Hoover, suo gregario ai tempi dei voli con l’X-1.

Questa strepitosa storia si è però interrotta ieri, 7 dicembre 2020, quando Yeager ha decollato per l’ultima volta, volando verso il cielo che gli è sempre appartenuto. Si potrebbe parlare per ore, giorni, di Chuck Yeager e della sua vita supersonica, ma noi vogliamo ricordarlo così, che cade da cavallo due giorni prima del suo storico volo con l’X-1 mentre fa il suo numero con l’amichetta Pancho Barnes, rompendosi due costole e affidando tutta la sua vita e il successo del suo volo ad un manico di scopa, quello che usò per chiudere il portello dell’X-1, appena prima di volare verso la storia.

Se volete saperne di più, vi consiglio questi due libri. Quello di Tom Wolfe è una bomba totale, non può mancare nella libreria di un vero appassionato di aviazione.

Articolo del 8 Dicembre 2020 / a cura di Il direttore

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  • alfio

    buon volo a Chuck
    e grazie a chi scrive su questo molto più di un blog per avermi fatto conoscere ed apprezzare questa ed altre storie.

    • Marco Gallusi

      È proprio il caso di dirlo… cieli blu Chuck…

  • Sit tibi terra levis Chuck!…

  • alessandro bartolozzi

    Davvero interessante e per uno come me..commovente.

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