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Yamaha OX99-11, un gran ferro

Chi ha fatto che?

Se vi dicessi “Yamaha” a cosa pensereste?

Alle moto, diranno quasi tutti. (tipo questa)

Ad amplificatori, pianoforti e batterie diranno in molti meno.

Alla tastiera a forma di chitarra di Sandy Marton mentre suona “People from Ibiza”, diranno alcuni disadattati (anche perché usava Roland).

Bene, ora che avete finito di googlare chi stracazzo fosse Sandy Marton e se realmente usasse Roland, vi darò la risposta che probabilmente nessuno avrà dato: Hypercar.

Perché? Primo perché questa storia nasce in un periodo nel quale il termine Hypercar non era ancora stato coniato; secondo perché riferirlo ad una casa prettamente motociclistica sarebbe come parlare di una superbike prodotta da Bentley.

Che sarebbe comunque una idea migliore rispetto al Bentayga.

Le Origini di un progetto fuori di testa

Questa strana storia di ordinaria e squisita follia ingegneristica pone le sue radici alla fine degli anni ottanta, quando Yamaha cominciò a progettare (assieme a Cosworth) e fornire motori ad alcune scuderie di Formula 1.

Il/lo/l’(scegliete l’articolo che preferite) OX99 era un 12 cilindri a V disposti a 70° da 3,5 litri e con la particolarità, molto pionieristica per l’epoca, di avere 5 valvole per cilindro: tre all’aspirazione e 2 allo scarico. Fu sviluppato sulla base del precedente e poco riuscito OX88 (V8), che andò talmente bene da portare la celebre squadra Zakspeed a chiudere la baracca per mancanza di risultati.

Yamaha OX-99

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Yamaha rimase nella massima formula come fornitore di motori fino al 1997 equipaggiando varie scuderie tra cui Brabham, Tyrrel, Jordan e Arrows. Arrivò a podio su di una Tyrrell nel 1994, ma il picco massimo lo raggiunse proprio nella stagione dell’abbandono con un EPICO 2° posto all’Hungaroring sulla Arrows guidata da un inDAMONiato Hill.

“Miiii, non ci posso creèedere” (cit.)

Quest’ultima parte ve la abbiamo raccontata solo per tranquillizzare i nostri lettori più affezionati, che sicuramente a questo punto staranno pensando: “Eccallà, finirà in un bagno di sangue come per il Motori Moderni – Subaru 1235” (articolo qui).

La nostra storia però prende un’altra ed affascinante direzione.

Se la devi fare ignorante, falla MEMORABILMENTE ignorante!

È il 1990 e Yamaha decide di fare l’impensabile per quei tempi: mettere un motore da formula 1 in un’auto stradale con soluzioni avveniristiche e completamente fuori di melone. Parliamo di un periodo nel quale la Ferrari F50 con il suo motore derivato dalla 640 F1 era ancora un qualcosa di vago nei sogni del management di Maranello.

I Giapponesi, tramite la loro sussidiaria inglese Ypsilon Technology (adibita alla gestione dei motori da corsa, non alle utilitarie che piacciono alla gente che piace) si rivolsero ad una società di consulenza ingegneristica del Sussex, chiamata IAD.

In soli 12 mesi tirarono fuori un prototipo con delle caratteristiche mai viste prima e per alcuni versi, mai più viste nemmeno dopo: la OX99-11.

Evidentemente quando dovettero decidere il nome,  le scorte di fantasia erano già andate tutte nell’auto.

Yamaha OX99-11All’inizio avrebbe dovuto essere monoposto, ma Yamaha spinse per la configurazione a due posti in tandem, perché quando le moto le hai nel sangue ti devi rassegnare. Questa particolarità unica le permise di avere delle doti aerodinamiche incredibili, tanto che fu accreditata di una velocità di punta di quasi 350 km/h (anche se per la questura sono 299 dichiarati) nonostante la potenza del motore fosse ridotta a “soli” 400cv…a 10.000 giri.

Yamaha OX99-11 open

L’unica maniera per far sentire a disagio Kenny Roberts su una Yamaha, oltre a vestirlo da vecchio col cappello.

Ovviamente il cambio era manuale e la trazione posteriore, perché a quei tempi i risvoltini non erano ancora stati inventati.

Yamaha OX99-11 cambio

Un telaio minimale in carbonio dalle forme e gli ingombri praticamente identici a quelli di una Formula 1, UNA portiera ad ALA di gabbiano a formare un cockpit da aereo da caccia, un muso con ala incorporata che andava da faro a faro, un estrattore grosso come il Molise (che ricordiamo, non esiste) e sospensioni pushrod chiudevano un quadro tecnico ed estetico avveniristico, senza precedenti e dalle potenzialità incredibili.

Yamaha OX99-11 interni

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La sinuosa ed elegante carrozzeria? Carbonio? Fibra di vetro? NO, alluminio magistralmente battuto a mano.

Perché?

Perché si.

La cosa che più probabilmente si avvicina queste forme aerodinamicamente estreme sono la Caparo T1 e ancor di più la Aston Martin Valkyrie di quel genio visionario di Adrian Newey.

Ma nel frattempo sono passati quasi trent’anni…

La fine del sogno

Ovviamente tutto questo bendiddìo aveva un costo…ed anche piuttosto elevato: il prezzo di vendita venne calcolato attorno agli 800.000 dollari dell’epoca.

Vi ricordate l’assordante rumore di mascelle che caddero a terra quando Bugatti dichiarò nel 2003 il prezzo di UNMILIONEDIEURO per la Veyron? Ecco, immaginate di pagare una cifra del genere per una Yamaha nel 1992. Come ulteriore metro di paragone vi basti pensare che la sopracitata Ferrari F50 venne immessa sul mercato a circa 475.000 dollari nel 1995.

Nacquero divergenze tra Yamaha stessa, Ypsilon Technology e IAD su tempistiche e costi. Ci fu un tira e molla fino al 1994, quando purtroppo il progetto venne abbandonato definitivamente.

E’ veramente un peccato che questa meraviglia non abbia avuto la fortuna di essere prodotta: sono praticamente tutti concordi che se il progetto fosse nato in un periodo storico meno sfigato economicamente, la OX99-11 sarebbe potuta diventare una vera e propria pietra miliare dell’automobilismo moderno.

Fino all’arrivo della Mclaren F1 l’anno successivo, quantomeno…

Noi però abbiamo un debole per le cose ignoranti e questa Yamaha è decisamente più ignorante della velocissima, bellissima, ambitissima e perfettissima 3 posti inglese.

Furono costruiti 3 preziosi esemplari, uno rosso, uno verde scuro (probabilmente il primo prototipo che inizialmente non  era nemmeno verniciato) ed uno nero che qualche fortunato collezionista starà coccolando nel proprio Bunker, tentando di estrarre la fidanzata incazzatissima dal seggiolino posteriore.

Qualche dato del ferraccio:

  • Passo: 2650 mm.
  • Carreggiata anteriore: 1615 mm.
  • Carreggiata posteriore: 1633 mm.
  • Lunghezza: 4400 mm.
  • Altezza: 1220 mm.
  • Altezza da terra: 100 mm.
  • Capacità serbatoio: 120 litri
  • Peso: circa 1100 Kg (probabilmente con il pieno e con a bordo la fidanzata di cui parlavamo prima, perché non si spiega un peso del genere)
  • Sospensione anteriore: Doppio quadrilatero, pushrod
  • Sospensione posteriore: Doppio quadrilatero, pushrod montato direttamente sul cambio
  • Trasmissione: FF Developments transaxle a 6 marce con LSD (non la droga, ma non ci sentiamo di escluderlo) e frizione racing AP.

 

Articolo del 3 Luglio 2019 / a cura di Umberto Beia

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