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Renault Clio V6 – ignoranza suprema

Dò tutto gas e il rumore d’aspirazione proveniente dal grosso V6 è fortissimo, sembra voler tirare dentro tutta la macchina attorno a sé, me compreso. Il motore mi urla nelle orecchie parole incomprensibili ad un volume folle spingendomi avanti con forza, da un minimo profondo e gutturale il rumore sale lanciandosi in un urlo rauco e meccanico, rendendo surreale il senso di accelerazione. Anche la percezione di leggerezza è totale: più questa roba prende giri e più aumenta la sensazione di guidare una pallina impazzita. Questa non è una macchina, questo è un uragano, Dio che gran ferro!

Ok, rallentiamo e partiamo dalle basi: quando è stata l’ultima volta che avete visto una casa automobilistica – di quelle grosse eh – fare qualcosa solo per amore? Fare qualcosa di folle, di inutile e di insensato solo per il gusto di farlo, per fare un regalo agli appassionati?

Vi aiuto io:

Esatto, l’ultima a farlo in tempi recenti è stata l’Alfa Romeo con la 4C, un ferro tanto meraviglioso quanto inutile perché, cerchiamo di essere sinceri, oggi sono veramente in pochi quelli capaci di apprezzare un prodotto del genere al di fuori dei social e, se ci sono, quasi sicuramente non saranno italiani dal cvuore sportifoh ma con il portafogli vuotoh. Brava Alfa Romeo, con la 4C non ci andrai mai a pari ma almeno ci hai provato, grazie comunque.

A questo vorrei aggiungere una personale nota di demerito al gruppo FCA che, dopo aver speso per industrializzare la Alfa 4C, fatto 30 potevano fare 31 e sfruttarne la base telaistica per creare qualcos’altro, anche dei soprammobili a forma di telaio ma, a quanto pare, non lo sanno fare o, peggio, non lo vogliono fare. Un po’ come per la FIAT 124 che, invece che piangersi addosso che non ne vendono nemmeno a pregare in turco (Yamamoto stesso mi ha confermato che per ogni 124 vanno via 10 MX-5), bastava farla Alfa Romeo, chiamarla Spider o magari anche Duetto, verniciarla di rosso e farla disegnare da Pininfarina e come per la 500 avrebbero campato altri 10 anni solo con quella. Ma forse a FCA non piace vincere facile, o forse non volevano una Alfa giapponese… (che poi “un’Alfa giapponese non l’avrebbe voluta nessuno!!”, invece di Giulia, italiana al 100%, ne vendono molte eh) ma almeno potevano chiamarla Fiat Barchetta che, dai, la 124 non se la ricorda nessuno. Corso di Marketing 1, ragazzi.

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Comunque

Comunque, bando alle polemiche inutili, prima dell’Alfa Romeo, per tornare a trovare in listino una macchina senza senso e pericolosamente inutile ma figa come poche, dobbiamo tornare al lontano 2001 e guardare in casa Renault che con la gloriosa Clio V6 mise in commercio una delle auto più ignoranti e inutili mai create ma che, grazie ad una linea da fuori di testa, riesce a mettere d’accordo tutti, senza se e senza ma, un granferro come pochi.

Sproporzionata come poche, arrogante come nessuna.

Clio V6 dettaglio

Clio V6, perchè?!

All’epoca della Clio V6, primi anni 2000, la Renault stava affrontando il flop di quel cess coso della Avantime della quale ne hanno vendute forse 10 e quindi è molto probabile che in un qualche magazzino della Renault giacevano, abbandonati in una angolo sopra i loro bancali, ben più di uno di quei grossi V6 da 3 litri e 207CV che sarebbero dovuti finire su quella stramba monovolume che non voleva nessuno:

“E Adesso? Li buttiamo via?”

“No, cacciamoli sulle Clio!”

“Ma non ci sta là davanti!”

“E chi ha detto davanti?”

Ecco, probabilmente è così che è nata la Clio più folle e inutile della storia. Costruita all’inizio per pubblicizzare la neonata Clio 2a serie e chiamata Renault Clio V6 Trophy, la Clio V6 era una vera macchina da corsa con la quale vennero organizzati diversi monomarca nei quali non mancavano sportellate e legnate in quantità.

Visto però il successo della faccenda, alla Renault pensarono bene di creare una controparte stradale della V6 trophy e fu così che nacque la prima Clio V6 stradale, la temibile Phase 1. Più pesante di circa 300 Kg rispetto alla Clio RS 172 (1355Kg contro i 1050Kg della RS 172), la V6 accelerava da 0 a 100 in un tempo simile (6.2s VS 6,7s) ma grazie alla cavalleria in più (230CV la prima serie, 255 la seconda) raggiungeva velocità molto più elevate tirando fino ai 235 orari, velocità oltre la quale l’aerodinamica da piastrella non aiutava più. Il problema era però trovare il coraggio per andare forte con sta macchina: la prima Clio V6 infatti è passata alla storia come una signorina piuttosto intrattabile, come quelle ragazze che va tutto bene, dici un cazzata per ridere e come per magia ti ritrovi single a domandarti cosa sia successo che 10 secondi fa andava tutto bene.

La Clio V6 prima serie era proprio così: nervosa e, quando al limite, con la brutta tendenza a reazioni violente e repentine. Rimarrà nella storia il test di Jeremy Clarkson che, a bordo di una Clio V6 (una Phase 2), prima di partire decide saggiamente di ingoiare una pasticca di coraggio: idolo assoluto.

Per sopperire al caratteraccio (tu donna, ricordati: avere un caratteraccio non significa avere carattere) di questa prima Clio V6 alla Renault sfruttarono il restyling del ferro per presentare la Clio V6 Phase 2 che, se fuori continuava ad essere incazzata come un puma albino, sottopelle era stata profondamente modificata per cercare di migliorarne le doti dinamiche, specialmente quando al limite. Con un passo allungato di 2,3 cm e una carreggiata più larga di 3,3 cm, un telaio più rigido, una nuova geometria dello schema sospensivo posteriore e una nuova barra antirollio anteriore maggiorata, la seconda serie della Clio V6 è finalmente una macchina pronta per essere guidata e goduta al limite senza l’uso di particolari santini. Un conto è una macchina da gente con le palle, un conto è una macchina inutilmente pericolosa.

Con le giuste modifiche la Clio V6 Phase 2, riusciva finalmente a giustificare quei passaruota e quelle forme da piccola supercar.

Clio V6

È proprio una di queste ultime Clio V6 quella su cui ho avuto la fortuna di appoggiare i lombi oggi, un ferro incredibile che grazie ad uno scarico spudoratamente aperto, è  entrato di diritto nei miei sogni più sudati.

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Clio V6, come va la bestia?

L’impatto visivo è incredibile, potrei passare ore a guardarla ed ammirarla sgamando ogni volta qualche dettaglio nuovo che prima mi era sfuggito. Larga, tozza e aggressiva, la Clio V6 è una delle macchine più belle e appariscenti mai esistite, mi ci gioco qualcosa che anche una nonnina si girerebbe a guardarla tanto è riconoscibile nella sua follia. Larga fino allo sproposito, con un battitacco largo mezzo metro e due prese d’aria che se passa una nutria la prende dentro, questa Clio V6 sembra una caricatura su base Renault Clio trasformata in realtà, non capisco se sia bella o rozzamente aggressiva, so solo che è una figata, una bomba a mano, un gran ferro™ (patacco incredibile disponibile QUI)

(Voto da 1 a 10 alla carrozzeria che si allarga oltre i fanali: 10)

Superato a fatica l’impatto con la clamorosa carrozzeria, all’interno mi ritrovo semplicemente dentro una Clio, volante ridicolmente inclinato compreso: forse avevano finito le idee o, più realisticamente, la droga. Non c’è molta differenza fra gli interni di una RS e questa, anzi, quelli di una RS light, senza clima e autoradio vi sembreranno più resing. A riportarmi a bordo di un mezzo speciale ci pensa però lo specchietto retrovisore che mi mostra la copertura del grosso V6 al posto di due sedili vuoti.

(Voto da 1 a 10 al pomello del cambio in allumini spazzolato: 10)

Visto che lo abbiamo nominato, parliamo del motore: il V6 infilato a forza nel baule di questa Clio è una unità abbastanza standard che Renault e tutto il gruppo PSA ha piazzato in numerose auto, specialmente su quelle più lussuose da vecchio. Tuttavia quello della Clio, elaborato a puntino dalla Tom Walkinshaw Racing, si scrolla di dosso tutto il vecchiume e la naftalina diventando così ignorante che sui social figura come uno che ha studiato presso l’università della strada e lavora presso se stesso: in questa configurazione il V6 a V stretta di 60°, 3 litri di cilindrata, 24 valvole con doppio albero a camme in testa, sprigiona 255 cavalli a oltre 7000 giri e 300 Nm di coppia e facendolo ulula come pochi motori al mondo.

BOOOOOOEEEEEEEAAAAAAAAARARARARARAAAAAA,

SBOM, fuori una marcia dentro l’altra,

 BOOOOOOEEEEEEEAAAAAAAAARARARARARAAAAAA

(in questa foto di repertorio cerco di imitarlo)

Tuttavia, numeri a parte, il motore non ha una architettura racing, è uno spilungone e, non essendo a carter secco, è montato un po’ troppo in alto dentro alla macchina, rendendola così fastidiosamente sovrasterzante; se con una MR2 parlate di snap oversteer, con questa fate giusto in tempo a dire snap che vi siete già cagati addosso. Assomiglia ad una Clio ma, ricordatevi, questa non si guida come una Clio.

Questo V6 non è stato concepito per un utilizzo sportivo, ma a lui non glielo hanno detto e quando girate la chiave torna in vita con un forte boato (aiutato dagli scarichi spudoratamente aperti) sbraitandovi nel coppino con un rumore viscerale e profondo. Lo hanno incastrato bello stretto dietro di voi e non fa nulla per nascondersi, anzi, forse è troppo stretto e vuole scappare via.

Con il motore acceso e la strada davanti a me non mi resta che deglutire e partire. È una macchina che incute timore, le storie su di lei sono infinite e tutti, specialmente chi non ne ha mai guidata una, dicono sia un cesso inguidabile. La verità è che effettivamente qualche problema l’aveva, a giudicare da quanto l’hanno modificata dalla prima alla seconda serie.  Ad ogni modo mi trovo sotto al culo una macchina sorprendentemente docile e serena. Il V6, proprio per la sua architettura, è molto rotondo nella sua erogazione e, nel prendere i giri, urla e sbraita ma in realtà la curva di coppia è piuttosto costante; senza grosse impennate il motore da 3 litri spinge forte dal minimo al massimo incollandovi al sedile ed allungando come un forsennato liberando tutti i suoi 255CV e raggiungendo oltre i 7000 giri, regime al quale è veramente rabbioso. Ecco, superare i 7000 giri con questa macchina è una cosa che richiede una bella pelliccia sullo stomaco. Sì perché mentre la lancetta del contagiri schizza in alto l’anteriore si alleggerisce, lo sterzo non è nemmeno lontanamente parente di quello montato sulle Clio RS (e le gomme giganti non aiutano), il motore urla più forte dei tuoi pensieri e la macchina – che vi ricordo essere una Clio montata al contrario – raggiunge al volo velocità incredibili senza mai dare l’idea di sapere benissimo cosa sta facendo.

Lo sterzo, come detto, non è molto comunicativo e la sensazione di guidare una bomba ad orologeria aumenta quando in rilascio, mentre il grosso V6 sputacchia e tossisce come una vecchietta nel polmone d’acciaio, sentite chiaramente il posteriore, grosso largo e pesante tentare di sorpassarvi. Ma è un “sorpassarvi” diverso da quello che si può percepire su una Clio normale o su una Saxo VTS: mentre su queste piccole bombe a trazione anteriore riuscite a percepire l’unità del telaio attorno a voi e la sua compattezza e vi rendete conto che il culo che allarga vi può anche aiutare, in questo caso no, in questo caso il telaio è molto meno “chiuso” attorno a voi e la sensazione è che se il retrotreno vi dà l’idea di volervi superare, non è per aiutarvi ma è per fare dei danni, spesso danni costosi.

(notare il “body kit” appoggiato sopra al telaio originale della Clio con le giunture a vista, quanto pregio)

Insomma, urla come una pazza, comunica il giusto, ha lo stesso raggio di sterzata della terra attorno al sole, consuma come un lavandino senza tappo, ma, come si suol dire, ha anche dei difetti. È bella e rozza come poche, ne vorrei una nel mio garage senza nemmeno pensarci, è una vera figata, un’icona di un tempo oramai dimenticato, la Clio V6 è molto più appariscente che efficace, in pista le prende tranquillamente dalla sorellina RS, molto più agile, precisa e corsaiola e meno pericolosa una volta spinta al limite. La Clio V6 è una macchina estremamente veloce e viva ma, purtroppo, non è niente di più, probabilmente se non fosse stata così bella e appariscente oggi non saremmo qua a parlare di lei come invece accade con la meravigliosa Renault 5 Turbo, un gran ferro sia fuori che dentro. Però  questo ferro ha un valore molto elevato rispetto alle sorelline da smanettone che al giorno d’oggi la rende un oggetto da collezione, un ferro incredibile da esibire e con cui vantarsi e, cosa che farei io, con la quale passare ore intere a guardarla, osservarla e godere della sua folle linea.

Articolo del 5 Luglio 2019 / a cura di Il direttore

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  • Gab

    Nel novero delle auto inutili ma indimenticabili e bellissime metterei la BMW Z3 coupè

  • Milo

    Ignoranza con la U maiuscola. Ci ho sempre sbavato dietro a questa macchina. Grazie per il bel articolo.
    Ps: per favore basta perculare la mia povera 124,non serve rigirare il dito nella piaga…

  • Complimenti per l’articolo, me lo sono proprio letto con gusto

  • Harry

    Bisogna dare atto a Renault di essere stata l’unica a quei tempi col coraggio di creare un’auto così particolare e fuori dagli schemi. Sempre stata snobbata da tutti e additata come inguidabile e pericolosa (ma non ci piacevano le bare degli anni 80-90?) addirittura lenta, che come si può considerare lenta una macchina che fa da 0 a 100 in 5s e rotti vorrei proprio capirlo.

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