World Time Attack Challenge 2018, in poche parole: Follia allo stato puro. Motori che sfiorano i mille cavalli, appendici aerodinamiche che fanno invidia allo Shuttle e piloti a cui manca qualche rotella. Questo è lo spettacolo del Time Attack!
Nel variopinto mondo degli sport motoristici ne vediamo di tutti i colori, dalla Formula 1 al Rally, dalla Moto Gp al Trial, dal Tractor Pulling a degli scappati di casa bravi ragazzuoli che fanno autocross nel prato della parrocchia di paese. Insomma, molta varietà ma un comune denominatore: un pizzico di follia.
C’è però una competizione in particolare che mi ha sempre affascinato e che spinge uomini e donne da tutto il mondo a mettersi dentro delle gabbie d’acciaio su ruote, con appendici aerodinamiche che il Concorde spostati e che vengono proiettate verso l’orizzonte a velocità da capogiro da motori che raggiungono potenze a 4 cifre, il tutto per vedere chi fa il tempo migliore. E’ il Time Attack.
In particolare vi raccontiamo del World Time Attack Challenge, la competizione definitiva per coloro che puntano solo a spaccare il cronometro, che si è svolta Venerdì 12 e Sabato 13 Ottobre (2018 eh…) al Sydney Motorsport Park, un circuito di 4,5 km velocissimo ma molto tecnico, con curvoni da prendere in pieno e rettilinei per scaricare a terra tutto quello che si ha sotto il cofano. In totale 72 auto che si contendono il titolo di “Ferro del dio più veloce del mondo” in 3 categorie diverse:
Clubsprint
E’ la categoria dove risalta più il pilota che la macchina, infatti il regolamento prevede che i mezzi restino il più possibile stradali, quindi niente vetri in plexiglass o altre robe da corsa. Sono ammesse riduzioni di peso nell’ordine del 5% rispetto al peso originale con un peso minimo di 1257kg, il motore può essere modificato ma deve essere quello originale, le gomme sono uniche per tutti (Yokohama Advan Neova AD08R) e non si possono montare cambi sequenziali.
Open
Qui già iniziamo a fare sul serio, le vetture sono molto più specialistiche e si possono montare cambi sequenziali, mettere alettoni e splitter (Con moderazione però eh) e ridurre massimo del 15% la massa dell’auto ma sempre tenendo a mente il peso minimo di 1257 kg, ma le gomme sono uguali per tutti (Yokohama Advan A050). Inoltre possono partecipare anche piloti professionisti, il che rende più difficile per gli “Amateurs” (Non pensate male eh, che vi conosco) ambire al titolo di campione in questa categoria.
Pro/Pro-Am
Possiamo riassumere questa classe con queste parole: “Boh regaz fate quello che vi pare, basta che mettete il rollbar”. Qualche esempio:
Questa è la più folle di tutte le categorie, nessuna restrizione sull’aerodinamica, nè sul motore. Le uniche due regole? Gomme uguali per tutti e uguali a quelle della categoria Open e peso minimo 1200 kg oppure 20% di alleggerimento rispetto al peso originale. Qui ragazzi si vedono dei ferri da paura, roba da stapparvi le mani dal volante in accelerazione e da torcervi il collo in ingresso curva.
Ma vediamo l’edizione 2018…
Giusto per farvi capire di cosa stiamo parlando, questo qua sotto è il giro record dell’anno scorso
http://https://www.youtube.com/watch?v=RYHVPsWxHWU
La macchina da battere quest’anno era la Nissan Silvia S13 della MCA Suspension. La sentite la turbina? Se non state attenti si tira dentro anche a voi oltre alle centinaia di litri d’aria che servono ad alimentare il suo SR20 da ben 900 cavalli che vengono liberati SULLE SOLE RUOTE POSTERIORI. Guardate qua che ferro da paura!
Non c’erano solo loro però…
A dare del filo da torcere ai campioni 2017 però c’erano molti agguerritissimi pazzi scatenati piloti con macchine preparate alla perfezione: Gente come Tomohiko “Under” Suzuki, che ha dedicato una buona parte della sua vita a modificare la sua Nissan Silvia S15 fino a farla diventare un mostro sputafiamme da Time Attack per cercare di battere tutto e tutti sul circuito di Tsukuba. Oppure come Yoshiki “Fire” Ando e la sua Lancer Evo 9 da oltre 1000 cv che sembra un Cessna con 4 ruote. Ah e considerate che ha pure il NOS, quindi non oso immaginare a che potenze arrivi. Quest’anno i due hanno unito le forze alternandosi al volante della Evo 9, classificandosi quarti assoluti.
Molti sono i piloti del paese del Sol Levante, ma anche gli Europei non mancano. Come Serse Zeli e Olivia Merlini del team J-Spec Performance, che dal Canton Ticino hanno già fatto vedere a tutti chi comanda qui nella serie Time Attack tricolore; Serse Zeli si è infatti da poco laureato campione Italiano Time Attack con la sua Lancer Evo X nero opaca che ha subito una trasformazione pazzesca (Io personalmente me la ricordo a Imola, ancora quasi “””stradale”””… Una roba da matti) e ora è diventata un’arma da pista paurosa.
La gara
Il World Time Attack, non essendo una gara dove vince chi supera tutti ed arriva primo, è composto da quattro sessioni di prove libere, in cui c’è comunque da andare a chiodo ma si può settare la macchina, affinare le traiettorie e provare cosa cambia se entri in macchina prima o dopo essere andato al cesso (Ogni chilogrammo conta…), poi una volta registrati i tempi e redatte le leaderboards delle varie classi e quella assoluta, ci sono i Superlap Shootouts, ovvero i primi cinque di ogni categoria che si scanneranno per il podio. Si hanno a disposizione tre giri, uno di riscaldamento, uno in cui si dà il tutto per tutto e uno di raffreddamento per ritornare ai box. Dopo gli shootouts si stilano le classifiche delle varie classi, e il più veloce di tutti riceve l’ambito premio della classifica assoluta.
Quest’anno a vincere la classifica Clubsprint è stata una Honda Integra, un ferro da paura che non si sa come è omologata stradale. Ha vinto davanti a una Honda Civic (Sicuramente messa giù da paura) e a una schiera infinita di Lancer Evo, Honda S2000, Skyline R32, R33 e R34 e Volkswagen Golf (Maledetti vaggari, anche qua li troviamo) e ad altri mezzi pazzeschi.
Per quanto riguarda la classifica Open la vittoria è andata a una Honda Civic. Adam Casmiri ha portato questa Civic EG con uno splitter grosso come la provincia di Modena al primo posto dando oltre 1 secondo sul giro secco ai diretti avversari su Toyota GT86 e Skyline R34. Uno schiaffo in faccia ai JDMemmari con la Civic stance da parcheggio!
Passando alla ProAm la vittoria è andata a Kosta Pohorukov su una Lancer Evo 9, che ha spinto veramente OLTRE il limite vincendo la classe ma una brutta uscita di pista durante le sessioni finali ha ridotto davvero male sto ferro. Menomale che il tempo, quello buono, lo aveva già fatto segnare prima dell’incidente! Finiscono sul podio, in terza posizione, anche Serse Zeli e Olivia Merlini, che hanno fatto segnare anche un gran tempone, non male come esordio al WTAC!
Infine, vincitore della categoria Pro e più veloce in assoluto sul circuito di Sydney troviamo l’Australiano Barton Mawer, su una inusuale ma maledettamente veloce Porsche 968 Turbo con un accenno di livrea Martini Racing che fa sempre la sua porca figura. Mawer, pilota professionista e già esperto del World Time Attack, ha demolito il record dell’anno scorso di oltre 1 secondo, facendo segnare il giro più veloce di sempre in 1’19”.825. E’ lui ora il pilota da battere e la sua 968 Turbo sarà l’incubo di tutti i Time Attackers d’ora in poi.
Qui a Sydney vive lo spirito di coloro che hanno inventato il Time Attack in Giappone negli anni ’80, la ricerca della perfezione, del setup giusto e della traiettoria millimetrica. Ma anche la passione di coloro che non hanno un mezzo da oltre 1000cv capace di generare tonnellate di deportanza, ma che vogliono competere con la loro auto, magari preparata in garage con qualche amico. Insomma ragazzi, se avete un ferro indegno e volete provare a mettervi in gioco, il Time Attack è quello che fa per voi!
P.S. Per il secondo anno consecutivo era presente al Sydney Motorsport Park anche quel matto di Keiichi “Drift King” Tsuchiya, che a ben 62 anni ha messo in riga gente che aveva il doppio dei cavalli sotto al cofano con la sua Toyota Corolla Levin (Vettura da Drift, adattata per l’occasione dal team del drifter Beau Yates).