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Una notte e forse mai più – Toyota MR2

Colto da una lancinante nostalgia dei vecchi cari tempi ho deciso di tirare fuori una delle mie canzoni preferite dell’epoca (Una notte e forse mai più – Eiffel 65) e sulle note dei ricordi ho passato una serata interessante a bordo di una vera icona degli anni ’90, la Toyota MR2.

L’altro giorno ero fermo al semaforo con accanto una tipa sulla sua bella Y. Ho provato a slumarla (anche solo per capire se era gnocca o meno) ma nulla, non ha mai alzato lo sguardo dal suo telefono. Nel buio del suo abitacolo, la sua faccia illuminata dal display. Non è la prima volta che mi capita, oggigiorno è diventato impossibile, grazie a questi merdavigliosi devices, anche solo scambiare un’occhiata con una tipa al semaforo (o sulla metro, sul treno, in un locale, ovunque). Che noia.

Questo mi ha fatto salire una gran nostalgia di quando ero un cinno, fine anni ’90 primi 2000. Al giorno d’oggi sembrano la cosa più lontana del mondo, eppure noi che li abbiamo vissuti pensavamo potessero durare per sempre. Credo sia stata l’ultima epoca nella quale noi giovani abbiamo avuto modo di godere appieno della nostra età, più liberi, meno distratti e sia socialmente che fisicamente disconnessi dal mondo “dei grandi”.

Per otto (a volte dieci) ore al giorno, i miei non avevano la più pallida idea di dove fossi, con chi fossi e, peggio ancora, cosa stessi facendo. Solo alle sette e mezza di sera attorno ad un tavolo avrebbero scoperto se ero sopravvissuto ad un’altra folle giornata da ragazzino di 17 anni nel 2001.

Ne abbiamo fatte di tutti i tipi, incredibile nessuno si sia mai fatto male. Ci siamo giocati agilmente il paradiso andando a rubare (non credo questo sia il termine adatto) le merde di cane dal parco giochi per portarle davanti all’asilo delle suore e metterci dentro dei Raudi con il non-troppo-nobile intento di sporcare le caste signore. Non credo di aver mai riso tanto in vita mia; non credo di esser mai stato più contento di esser sporco di schizzi di merda. Ci siamo giocati la serenità della polizia locale infilando dei candelotti di “cobra 3” in ogni tombino o bidone del rusco possibile. Pareva di essere in Vietnam coi botti che facevamo.

Con la polizia abbiamo calato l’asso quando abbiamo iniziato a darci da fare cercando di spremere quanti più cavalli possibile da qualunque motore ci capitasse sotto tiro, fosse esso una motosega o uno Zip SP. Credo ci sia stato un periodo, nel 2002, in cui nel paese non c’era uno scooter sotto i 17CV. La mia attuale fidanzata nei primi anni 2000 faceva la fichetta con un EKE, uno di quegli schifosi macchinini 50cc… adesso conviviamo e ci vogliamo bene ma, probabilmente, se l’avessi incrociata all’epoca glielo avrei ribaltato, quel cesso di EKE.

2002, quando il rispetto passava dalle dimensioni della tua espansione.

A questo punto la nostalgia mi è salita talmente tanto che prima di mettermi a piangere vi sfodero questa Toyota MR2 che un po’ indietro nel tempo mi ci ha fatto tornare, come quando la usavo in Gran Turismo in quei pomeriggi che quando accendevo la Play 1 e partiva l’intro, erano brividi, grazie mamma di avermi fatto nel 1985.

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Questa notte e forse mai più (come cantavano gli Eiffel 65).

Finalmente è sera. La luce cala, le ombre si allungano, i lampioni si accendono. Le strade iniziano a svuotarsi. È il momento per chi vuole guidare: finalmente c’è spazio, finalmente i paracarri con il telefono in mano sono in casa.

Bassa e filante, la MR2 è andata dimenticata. Eppure è bella, bellissima. Ha quella linea particolare delle vetture con il motore al retrotreno, con il posteriore più voluminoso dell’anteriore, filante e leggero e sovrastato dal piccolo abitacolo. Nonostante sia bassa e filante, la MR2 è andata dimenticata. Con quell’aspetto da “ti rullo di cartoni” (cit.) la MR2 è proprio un gran ferro, è la classica macchina che ogni volta che la vedi devi riprenderci le misure con gli occhi. Spacca i culi la MR2.

Il suo motore da due litri, quattro cilindri in linea aspirato, è capace di una potenza relativamente contenuta ma la sua posizione rende la macchina pericolosa, se ci si fa prendere la mano ci si potrebbe trovare girati dalla parte opposta al senso di marcia con violenza. Un conto è un sovrasterzo di potenza, un conto è la fisica che prende il sopravvento. E questa macchina con la fisica deve farci i conti ogni volta che si mette in movimento. Quelli del forum jdm parlano di snap-oversteer, noi parliamo di sgommata nelle mutande.

La Toyota nelle varie versioni della MR2, cinque in tutto, ha cercato di porre rimedio a questa sua peculiarità andando a rivedere gli attacchi delle sospensioni posteriori. In parte c’è riuscita: se Dio perdona e una MR2 prima serie no, una MR2 delle serie successive almeno ci pensa sopra qualche istante.

Ma non importa, siamo qui per guidare, per correre verso la notte sera a bordo di una macchina delle più simboliche degli anni ’90, anche se nessuno se lo ricorda. Questa poi è particolare perché non è una MR2 come tutte le altre, in maniera forse un po’ esagerata trasuda anzi ostenta cultura di strada giapponese, è la nuova moda a quanto pare, non posso farci niente, ai miei tempi andava di moda girare con il casco appoggiato con la mentoniera sopra la testa per non rovinarsi il gel quindi meglio non giudicare.

Questa Mr2 forse è un po’ troppo posticcia ma mi piace così, è vera viva e diversa. Ha su più peso in stickers che vernice ma va bene lo stesso, poi quegli stickers sono troppo belli.

E poi è meglio così rispetto a come molte MR2 e centinaia di altre auto sono state ridotte nei famigerati primi anni 2000 a botte di vetroresina e stucco. Mentre noi pimpavamo gli scooter, i “grandi” rovinavano le auto.

Come vedi siamo qui, chi l’avrebbe detto mai

Chiave nel barilotto, folle. Giro la chiave accendo i fanali. La sagoma dei fari retrattili sull’orizzonte del parabrezza mi fa impazzire; mi calo nei panni di Magnum P.I. giusto il tempo per venir distratto dalle luci del cruscotto, finalmente vivo con le sue lancette pulsanti sotto al mio piede destro. Prima dentro, si va. Un po’ duretto questo dildo cambio, sarà l’olio freddo.

È una sensazione strana, il frontale è leggero ma non così preciso come mi sarei aspettato, colpa dello sterzo, un filo insensibile nei primi gradi di rotazione. L’abitacolo è pervaso dal sound del 3S-GE (oddio lo stesso della Celica ST202 aiuto), libero di cantare grazie ad uno scarico finalmente aperto. La seduta bassa mi fa sentire dentro la macchina, non sopra, intimamente legato a lei e abbracciato da un tunnel centrale che di così grossi ne ho visti poche volte. Mi sento al sicuro, mi sento a mio agio, i giappo le macchine le sanno fare, diobò se le sanno fare. I cavalli non sono tanti, 175 dicono, ma bastano per rendere questa baby-Ferrari (l’hanno chiamata così talmente tanto che qualcuno ci ha pure costruito delle repliche di 355 e 348 sulla MR2) agile, scattante e veloce. Inoltre il motore aspirato – fanno anche la versione da uomo eh, con il turbo e oltre 200 CV (ne parleremo a tempo debito) – la rende meno nervosa di quanto ci si potrebbe aspettare dalla sua fama.

Il 4-in-linea sale di giri graduale salvo poi lanciarsi agilmente verso il fondoscala del contagiri facendo raggiungere a questo affusolato pezzo di metallo e plastica e stickers velocità pericolose. Con una accelerazione da 0 a 100 in circa 8 secondi ed una velocità di punta di quasi 220km/h questa Toyota è tutto tranne che una macchina da prendere sottomano anche se, specialmente andando al trotto, non è un ferro che intimorisce, a patto di rispettare i suoi limiti. Il fatto di essere aspirata inoltre induce fiducia; nonostante il motore e la trazione posteriore risulta abbastanza gestibile a differenza della versione Turbo (che ho provato e che vi racconterà più avanti) che invece ha un retrotreno capace di farvi crescere il pelo sul petto.

Piccola anteprima, non eccitatevi troppo:

Trova le differenze:

Il tettuccio di tipo “targa” poi è una figata colossale purtroppo anche lui andato perduto negli ultimi anni di morte della fantasia automobilistica. Si smontano i pannelli del tetto e li si infilano dietro i sedili. I colori della notte entrano con me nell’abitacolo. I lampioni scivolano veloci sul cofano, si incastrano accanto a me per una frazione di secondo per poi ritornare a fluire veloci sul volume posteriore.

I rumori, gli odori l’aria fresca e secca della notte sono con me. È come su una spider, un po’ meno di una spider, ma quasi bello come una spider. Il motore, forse perché è a 10cm dalle mie clavicole, lo sento vicino, lo sento sussurrarmi nelle orecchie come la migliore delle amanti.

Corriamo veloci, questa notte è solo per noi. Che figata questa macchina. Non è solo una macchina, è un’esperienza. Un’ esperienza che costava cara, oltre 50 milioni delle vecchie lire, forse è per questo che se ne vedono poche in giro. Forse è per questo che qui da noi, nonostante sia bassa e filante, la MR2 è andata dimenticata. Rimangono infatti un piccolo drappello di soldati a difenderla a spada tratta, consci di avere per le mani un ferro del dio che magari non va molto di moda ma va molto forte e ci va bene. Forse è la sua fama ad averne limitato il diffondersi qua da noi, a differenza delle altre giapponesi, la MR2 è meno facile e fruibile. Qui non ci sono sofisticate trazioni integrali o tecnologie da film di fantascienza a salvarvi il culo, qui il culo ve lo dovete salvare da soli e non è sempre facile, ecco.

Comunque non avrei potuto scegliere una compagna migliore per stasera, diversa e per veri amatori, forse un po’ spenta a causa della mancanza del turbo, ma comunque vivace e godibile. È ora di riportarla, mi dispiace abbandonare questo abitacolo nel quale mi sento già a casa, è ora di farla finita con questa amante di una notte e tornare alla mia amata di tutti i giorni, la mia cara MX5. Peccato solo che la MR2, con il suo aspetto da piccola supercar, mi ha fatto sembrare la mia MX5, ahimè, un po’ più da estetista del solito, peccato. Se la MR2 da originale infatti non è poi così bella (esce con i 14″),, basta veramente poco, quattro cerchi giusti alla giusta larghezza ed un assetto per renderla estremamente “underground” e l’appellativo di “ferro del dio”.

Una notte e forse mai più. Forse… perché poi arriverà lei e ci sarà da divertirsi.

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INFINE

Un grazie di cuore a tutti quelli che su fb mi hanno mandato le loro foto assieme ai loro scooter, non potevo mettervi tutti ma ho apprezzato il vostro contributo, alcune delle foto più belle le metto qua sotto, per dare il giusto spazio a tutti voi. Non dimenticate adesso di farvi un giro nello SHOP, i patacchi vi aspettano (destra-sinistra col ditino per farle scorrere).

Articolo del 27 Novembre 2018 / a cura di Il direttore

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