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La storia del fenomeno JDM: Il Mid Night Club – Parte 2

Rieccoci con la seconda parte di questo speciale dedicato al Mid Night Club, il gruppo di infuocati giapponesi che, più di tutti, hanno contribuito ad alimentare il fascino attorno alla cultura automobilistica giapponese per come la conosciamo ora.

Qui trovate la prima puntata: http://rollingsteel.it/storie/mid-night-club-parte-1/

Abbiamo concluso la prima parte vedendo un po’ la storia del club e dove i suoi membri si incontravano per sfidarsi in leggendarie gare sul filo dei 300 all’ora sull’autostrada attorno a Tokyo. Ma come venivano organizzate queste gare? E come mai tutto è finito? E, ancora di più, possibile che dietro al Mid Night Club ci fosse qualcosa di più grosso? Con calma, con calma.

Torniamo agli anni ’90 (magari).

A metà anni ’90 il Mid Night Club aveva circa 75 membri ed era al suo massimo splendore. Se all’inizio della sua storia le auto del club erano principalmente Porsche, Ferrari (e pare anche una Countach), con il tempo la cultura del tuning crebbe e con essa anche la varietà delle auto presenti nel Club. Iniziarono così a vedersi Skyline, Supra e RX-7 messe giù da paura. Girava voce che alcuni dei soci fondatori del club fossero tutti preparatori di successo che avevano creato dei “Tuning shop” molto famosi tra gli appassionati… questo avrebbe spiegato la raffinatezza delle preparazioni meccaniche. Anche se è vero che i membri del Mid Night Club facevano un giuramento di segretezza, era palese chi fossero alcuni di loro (che vedremo poco più avanti).

Trovo fantastiche le foto dell’epoca con le facce cancellate:

Tuttavia, proprio per la piega che aveva preso la faccenda che, da semplice raduno di smanettoni si stava trasformando in qualcosa di più istituzionale e veramente grosso (ricordiamo che erano sempre comunque strade aperte al pubblico), il governo giapponese promulgò nuove leggi per contrastare le gare clandestine e la repressione cominciò a creare dei problemi: in breve il club si ritrovò con solo una quarantina di membri. Questi quaranta (o giù di lì) continuavano ad incontrarsi ogni venerdì notte in un famoso distributore di carburante fuori dalla Tomei Route per organizzare gare, la gente li vedeva uscire ed entrare molte volte dalla Daikoku Parking Area in cerca di avversari.

Per organizzare una serata di spari un meeting, uno dei leader metteva un trafiletto in un giornale locale di Tokyo, sotto la sezione “Annunci”. Di solito per evitare di attirare attenzioni indesiderate da parte delle forze dell’ordine sembrava una cosa ben diversa da un raduno di auto illegalissimo. Il testo dell’annuncio veniva discusso nell’incontro precedente, in modo che i membri del team potessero trovarlo senza problemi e incontrarsi nel posto esatto all’ora giusta per iniziare a correre. Questo è un esempio di come poteva essere un annuncio:

“In vendita: Piccole borse a prezzi scontati. Per maggiori informazioni sono disponibile per un incontro presso la Daikoku Parking Area giovedì, tra le 23 e le 2. Grazie.“

Una volta per strada le gare normalmente iniziavano con le auto affiancate a 100-120km/h (dopo essersi sfidati facendo lampeggiare le 4 frecce), a volte come punto di partenza per lo scatto veniva usata una linea di riferimento prima di una grande curva o un lungo rettilineo, altre volte invece veniva dato un colpo di clacson da una terza auto. Quando la gara era finita, tutti entravano in un’area di sosta e si fermavano a chiacchierare del risultato.

Insomma, eravamo alle soglie del 2000 e tutto era una figata. Era già uscito il primo Gran Turismo che aveva portato, per la prima volta, nell’immaginario collettivo extra-giapponese tutte le auto che erano solite prendere parte ai meeting del Mid Night Club. Le stesse piste Special Stage Route 5 e Special Stage Route 11 presenti nel videogame erano un chiaro rimando alle scorribande sulle tangenziali attorno a Tokyo. Ma tutto stava per finire (o quanto meno per cambiare definitivamente).

L’incidente.

All’epoca a Tokyo (come potete vedere in questa super bomba di film anni ’90)

erano diffuse delle bande di teppisti in motocicletta che seguivano una sottocultura giovanile giapponese nata a metà degli anni ’70 che aveva a che fare con le moto preparate e la ribellione verso le istituzioni. Gli appartenenti a queste gang, chiamate Bosozoku, di solito indossavano una giacca lunga fino ai piedi, spesso ricamata con slogan, disegni e la bandiera giapponese imperiale, elaboravano la carrozzeria delle proprie moto e toglievano o modificavano lo scarico per fare più rumore possibile. Le loro principali attività erano i raduni in moto, guidare in modo pericoloso per la città (infastidendo le altre persone), fare casino e correre -anche in autostrada- per il gusto del brivido, più che per competizione.

Tipo questi:

no scusate, questi:

Occasionalmente erano violenti con chi incrociava la loro strada ma anche tra di loro, visto che erano frequenti i conflitti tra le varie bande. Sembra che ci fosse antipatia reciproca tra i Bōsōzoku e i piloti del Mid Night Club perché questi ultimi avevano delle auto molto potenti, in grado di superare e distaccare le loro moto. Questa rivalità era viva da tempo, addirittura si dice che i membri del Mid Night Club siano passati dal solo classico sticker sul paraurti a quello grosso sul parabrezza in modo che il Bosozoku di turno potesse capire immediatamente di chi fosse la veloce auto che lo sfidava.

Circa alle 3 di un imprecisato venerdì notte un gruppo di “Bōsōzoku” stavano aspettando sulla Wangan i membri del Mid Night Club per sfidarli. Ne scaturì una gara ad altissima velocità che finì per attraversare una zona con molto traffico e culminò in un incidente a catena che costò la vita a due dei Bōsōzoku e il ricovero in ospedale di altre otto persone. Sei di queste erano incolpevoli guidatori che si trovavano sull’autostrada ed erano estranei alla gara. Una semplice regola stabilita alla fondazione del club diceva che se per un qualunque motivo qualcuno fosse stato messo in pericolo o ferito a causa delle attività del gruppo, il Mid Night Club si sarebbe sciolto immediatamente e per sempre. Un po’ come dei moderni Samurai che accettano le regole del Bushido… E così fecero.

Il Mid Night Club dopo il 1999

A seguito dello scioglimento del Mid Night Club ci sono stati numerosi tentativi di imitazione da parte di altri gruppi di appassionati, ma nessuno ha mai avuto la caratura ed il carisma del vero Mid Night Club. In ogni caso per via dell’inasprimento delle regole del codice della strada, questi gruppi si sono tutti sciolti a loro volta.
Anche a Londra, nel 2008, c’è stato un caso di emulazione, riportato dalla rivista specializzata “Max Power”. Comunque, anche se gli ex piloti del club originale non erano più attivi per quanto riguarda le corse clandestine, alcuni si limitavano a portare avanti in privato la loro passione che per alcuni coincideva anche con il lavoro. Come detto in precedenza infatti, tra gli stessi membri del Club c’erano dei preparatori “ufficiali”, tra questi una serie di mostri sacri nel campo delle preparazioni auto, le cui aziende/marchi sono famose tra gli appassionati di tutto il mondo: Isami Amemiya della RE-Amemiya, Isao Mizota di Revolfe, Masahiro Takahashi dell’Auto Garage TBK, Masamichi Uwabo della Abflug e, anche se non c’è mai stata la conferma ufficiale, Kazuhiko “Smoky” Nagata, della Top Secret Engineering.

A Houston nel 2010, durante la fiera “Import Reactor” è stato chiesto esplicitamente a Nagata se fosse stato membro del Mid Night Club ma lui ha skippato la domanda, cosa che sembra confermare i sospetti. La Abflug invece ha creato il marchio “Mid Night International” la cui scritta è identica a quella degli adesivi del club, ulteriore prova che il suo fondatore ne faceva parte. In ogni caso la quasi totalità degli ex-piloti ha mantenuto la riservatezza fino ad oggi e rifiuta di parlare del club o anche solo nominarlo. In fondo lo sanno tutti:

Prima regola del Fight Club: non parlate mai del Fight Club.

Seconda regola del Fight Club: non dovete parlare mai del Fight Club.

 

L’eredità del Mid Night Club:

Ad ogni modo pare che il Mid night Club fosse solo la punta dell’iceberg di qualcos’altro. Pare infatti che sotto al misero 11% emerso dall’acqua ci sia una grande storia, più articolata di quello che si sa in giro, che avrebbe dovuto portare al completamento di un grande progetto, orchestrato da tutti i maggiori preparatori giapponesi (che infatti erano le anime del club), purtroppo rimasto incompiuto a causa del suo prematuro scioglimento. Questo progetto misterioso probabilmente aveva a che fare col concetto di “massima velocità” che più volte ricorre nel Mid Night Club. Per questo motivo è facile pensare che fosse collegato alla “corsa ai 300km/h” che dai primi anni ’80 in poi animò il mondo dei preparatori giapponesi. In quel periodo tutti i maggiori specialisti costruivano demo-car estreme con il target di essere i primi a raggiungere quella velocità con un’auto stradale. All’inizio le sfide si svolgevano clandestinamente sull’autostrada Tomei, in seguito legalmente sulla pista prova di Yatabe: erano i cosiddetti “0-300 km/h Time Trials”, organizzati da Daijiro Inada, fondatore rivista specializzata “Option” (JDM Option). Nel Febbraio 1982 la prima auto che superò tale velocità fu una De Tomaso Pantera. Da quel momento partì la gara per essere i primi a eguagliare il record con un’auto giapponese: ci riuscirà la HKS nel dicembre 1983, due anni dopo il primo Time Trial, con la sua “HKS Celica M300” guidata da Daijiro Inada, basata su una Toyota Celica XX 2800 GT (MA60), cioè la prima Celica Supra.

Una volta superati i 300km/h, l’obiettivo diventò semplicemente “la massima velocità”. I piloti del Mid Night Club erano assidui frequentatori di quegli eventi e ci sono molte foto delle loro auto preparate mentre sono impegnati a cercare il record sulle curve sopraelevate della pista. Si potrebbe pensare quindi che (non ci sono conferme ufficiali, è una nostra congettura) quelli del Mid Night Club sfruttassero le autostrade attorno a Tokyo come proprio centro prove “personale” oltre a quanto offerto dalle giornate che organizzava, come detto, la rivista “Option 2” sul tracciato di Yatabe. Forse addirittura le sfide sulla Wangan erano le “prove” per quello che poi veniva certificato ufficialmente una volta in pista.

Purtroppo alcuni anni dopo lo scioglimento del gruppo, durante uno dei Time Trial morì in un incidente Masa Saito, Redattore Capo di “Option2”. A seguito di ciò la pista sospese le attività e venne lasciata in uno stato di abbandono fino alla successiva demolizione. Forse se Saito non fosse morto ci sarebbe stata una crescita molto maggiore dei tanti preparatori giapponesi e dei loro “Tuning shop” che avrebbero continuato a lavorare per raggiungere l’obiettivo che si erano prefissati.

Ad ogni modo, pare che la ricerca di questa fantomatica e sfuggente “velocità massima” da parte di questo gruppetto di fulminati non si sia mai fermata ma che, molto semplicemente, si sia spostata. Dove? Beh, non posso dirvi tutto ora o mi gioco la terza puntata!

ps. Anche questa volta, per tutto questo ben di dio di informazioni ringrazio fortissimo Jacopo di Imola JDM che, oltre a possedere un ferro del Dio che a breve verrà recensito, mi ha fornito tutto questo materiale… e anche molto altro!

 

 

 

Articolo del 19 Giugno 2018 / a cura di Il direttore

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  • Carmelo

    Ottimo articolo!

  • David

    Bellissimo!

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