Home / / Storia del treno turbo francese, ovvero le velocissime automotrici RTG

Storia del treno turbo francese, ovvero le velocissime automotrici RTG

Praticamente era l'equivalente ferroviario di una Renault 5 Turbo

Negli ultimi articoli a tema ferroviario abbiamo conosciuto diversi mezzi piuttosto veloci e potenti ma tutti, ahimè, con sistemi di alimentazione poco emozionanti e non ce ne voglia il grande Rudolf Diesel. Insomma, era ora di risvegliare gli antichi istinti dei lettori del migliore sito di motori al mondo. E così ecco questa nuova storia, quella di un treno a turbina.

Sì, un altro. Perché ne abbiamo trattati diversi, più o meno folli, ma questo ha qualcosa in più: è stato l’unico a rimanere in regolare servizio per decenni, rivelandosi discretamente affidabile, tant’è che fuori dalla Francia ne gira ancora qualcuno. Ma facciamo un rewind e torniamo a quando scrivere TURBO ovunque – sulle selle delle biciclette, sulle utilitarie, sugli aspirapolvere – non andava neppure di moda.

Scritto grosso mi raccomando (©Corriere del Ticino)

Nei primi anni Sessanta, il celebre produttore di elicotteri Sikorsky considerò una commessa per la compagnia americana Chesapeake & Ohio, per la realizzazione di un treno dannatamente veloce. Allora i treni americani non brillavano per velocità: il Diesel aveva ormai soppiantato il vapore, ma erano motori dalle prestazioni non eccelse che facevano tanto fumo nero e “pochi” cavalli, pensati soprattutto per l’affidabilità, in un’epoca in cui tale tecnologia non era stata ancora pienamente messa a punto. Le velocità raramente superavano i 120/130 km/h. Così, dopo un avvio di progetto tormentato, Sikorsky decise di infilare nel suo treno i popolari turboalbero Pratt&Whitney Canada PT 6, strettamente derivati da quelli degli elicotteri. Una soluzione più praticabile rispetto a tutti i folli esperimenti (sovietici, ma non solo) con motori a reazione. E per motori a reazione intendo motori a reazione, terzo principio della dinamica: ovvero dei motori da aereo piazzati sul tetto di qualche carrozza, con la spinta ottenuta solamente per espulsione dei gas di scarico.

Letteralmente

Del resto allora si faceva con le turbine quello che si fa adesso con le batterie: venivano ficcate ovunque, in qualsiasi mezzo di locomozione. Risale al 1954 il prototipo (stupendo) della Fiat Turbina, mentre due anni più tardi la carrozzeria Viberti presentò un autobus propulso con lo stesso sistema. Alle stesse conclusioni dovevano essere arrivati anche i francesi.

Francesi che hanno costruito un po’ di reattori nucleari, pagano la bolletta della luce metà di noi e hanno i contatori da 6 kWh a casa. Quindi, avendo una buona disponibilità di energia elettrica, avviarono un’estesa opera di elettrificazione. Ma negli anni ’50 e ’60 diverse linee principali erano ancora a trazione termica e i Diesel – a meno di fare pazzie come quei diavoli di inglesi – dimostravano tutti i loro limiti. In questo contesto, con il petrolio che costava come l’acqua, appariva conveniente e faceva anche figo la propulsione a turbina, poiché più leggera e meno ingombrante del Diesel e quindi più adatta alle automotrici leggere passeggeri.

Il primo esempio di un’applicazione del genere lo troviamo sulle locomotive leggere 040 GA 1 e 2, costruite da Renault quando ancora produceva automobili a tre marce.

Utilizzavano un curioso sistema di propulsione detto motore a pistoni liberi, sviluppato dall’ ingegnere argentino Raoul Pateras Pescara. Il funzionamento è qualcosa di fuori di testa. In pratica, dovete immaginarvi un motore boxer al contrario, coi pistoni contrapposti dalla parte del cielo e privo di testata, tipo quelli delle motociclette DKW. Bene, ora levate tutto il manovellismo, sia bielle che albero motore. E allora, direte voi, come cazzo fa a funzionare un motore del genere? Domanda lecita.

Ebbene, il motore non produce direttamente lavoro meccanico, bensì alimenta coi suoi gas di scarico una turbina; in pratica fa quello che in un turbojet tradizionale fanno il compressore e la camera di combustione. Lo scoppio provoca l’allontanamento reciproco dei pistoni che comprimono l’aria e la inviano alla camera di combustione stessa, posta fra i due, mentre i gas caldi prodotti vengono erogati direttamente ad una turbina a 6 stadi. Abbiamo quindi un motore a turbina con compressore a pistoni invece che assiale o centrifugo, né più né meno.

(Ah, se non sapete la differenza ci sono i video su YouTube del Direttore, che ve la spiega nei minimi dettagli).

Funzionamento del motore a pistoni liberi.

Tale motore equipaggiò un discreto numero di imbarcazioni (21 dragamine) e, per l’appunto, le due locomotive in questione. Ad un regime di 600 “cicli” al minuto (ovviamente non si può parlare di “giri”) sviluppava una potenza discreta, attorno al migliaio di cv, trasmessi alle ruote tramite un semplice riduttore e un inversore meccanico, senza alcun tipo di frizione o cambio di velocità. La trasmissione finale avveniva tramite giunti cardanici e la velocità massima poteva essere, a seconda del rapporto finale scelto, di 90 0 140 km/h, un valore quest’ultimo di tutto rispetto.

Discretamente affidabile e in grado di funzionare anche con combustibili poveri, questo sistema non eliminava però due grossi difetti del motore Diesel: peso e ingombro. Era figlio del suo tempo, quando le turbine a gas tradizionali (con compressore assiale) esistevano da pochi anni ed erano ben distanti dalle attuali.

Le due locomotive, sviluppate nel 1952, svolsero servizio fino al ’59; non furono mai ammazzate di lavoro ma diedero qualche modesta soddisfazione, seppur rumorose al punto che sotto alla copertura in vetro della Gare du Nord, quando vi sostavano, non si riusciva a sentire l’altoparlante dell’annunciatore. Diciamocelo, non è necessariamente un difetto.

 

Ad ogni modo, negli anni Sessanta i limiti dei turbogas di architettura odierna divennero di importanza totalmente secondaria.

Quelli della SNCF se ne accorsero e decisero di fare, come si dice in gergo, due spari. Presero un’innocua automotrice della serie X 4300, una spostapoveri a due casse (una motrice e una rimorchiata) con un modesto motore a gasolio da 300 kW scarsi e cambio meccanico. Lasciarono così com’era l’unità motrice e piazzarono una turbina recuperata da qualche parte del rimorchio, incuranti di cosa potesse succedere mettendo un motore da aereo in una specie di autobus su rotaie omologato per i 120 all’ora; si premurarono però di costruire un musetto aerodinamico su misura e comprare due patacchini sullo store di Rollingsteel (assieme a una copia del già celebre album di figurine FAST volume zero: seguite l’esempio!).

Con qualcuno che scrisse sul parabrezza sporco della vettura di coda “tua sorella è omologata”, la TGS (turbine à gaz speciale), che si ritrovò con una potenza installata quasi tripla rispetto a prima, toccò i 236 km/h. A impressionare positivamente i tecnici, la stabilità alle alte velocità dovuta al peso e, soprattutto, al carico assiale contenuti. Allora la macchina era poco più di un semplice accrocco, con il motore a gasolio originale mantenuto per le partenze da fermo, ma il prototipo fu oggetto di costanti miglioramenti e il 19 ottobre 1972 segnò il record di velocità mondiale di 252 km/h. Era all’epoca il treno a propulsione autonoma più veloce del mondo; e, del resto, era francese anche la locomotiva elettrica più rapida, la CC 7107, che segnò quota 331 km/h dopo aver reso inagibili diversi chilometri di rotaie sotto al suo dolce peso. C’è poco da fare: quando i francesi non fanno da mangiare e non progettano cinghie di distribuzione, sono capaci di grandi cose.

Tutto il know—how (sono sicuro che ci sia una parola in francese per dirlo ma ora non mi viene) sviluppato durante le prove con il TGS si concretizzò nella fortunata serie di automotrici leggere RTG. E se da noi il termine “automotrice” rimanda alle gloriose ALn 668 o, al più, ai mostri Breda degli anni 50, in Francia questa denominazione venne assegnata anche a convogli rapidi per linee principali – vedi la leggendaria Autorail Bugatti. Ed ecco che mentre il TGV 001, anch’esso a turbina, svolgeva le prime corse prova, entravano in servizio le nuove, inaspettate RTG, Rame à Turbine à Gaz.

Si trattava di macchine ben distanti rispetto a quelle viste finora, composte da cinque vetture passeggeri, di cui le due alle estremità, motorizzate ciascuna con un’unità Turbomeca Turmo III HI. La trasmissione non era più meccanica, ma idraulica fornita da Voith: questo permetteva una maggiore elasticità di marcia, portando la velocità massima di omologazione (già al di sotto delle sue possibilità) a 200 km/h. Di fatto le macchine furono quasi sprecate, poiché quella commerciale venne fissata a 160 km/h. Comunque, pensando al tipo di materiale che andavano a sostituire era tanta roba e i tempi di percorrenza ne risentirono positivamente.

Questo porta a una riflessione. Se in Italia l’elettrificazione delle linee venne vista fin dalle prime applicazioni in corrente continua come soluzione universale, efficace e definitiva, altrettanto non accadde in Francia, dove i primi sistemi di elettrificazione a soli 1500V erano inadatti alle alte prestazioni. La costruzione di mezzi ad alta velocità a propulsione termica era un chiaro segnale: non era previso che i treni elettrici conquistassero ogni linea di una certa importanza e di elettrificare tutta la rete non ne avevano nessuna voglia. Furono più avanti gli stessi francesi a definire lo standard europeo di 25000V 50Hz monofase alternata, che equipaggia tutta la rete ad alta velocità e che caratterizzò per prime proprio le linee TGV.

La Turmo III

Fu in questo contesto che le prime RTG vennero radiate. Questo avvenne solamente tra il 1995 e il 2005 e, per i treni che erano, svolsero un servizio inaspettatamente lungo. Quando uscirono di scena, sostituite da locomotori a gasolio normali, i tempi di percorrenza di alcune linee aumentarono: tra Lione e Bordeaux (sui 600 km) per esempio ci voleva un’ora in più, al punto che la clientela perse interesse e nel 2008 venne eliminato il collegamento diretto. Superarono indenni anche la crisi petrolifera del 1973, non senza una piccola modifica per la riduzione degli esorbitanti consumi di carburante (chi l’avrebbe mai immaginato?): il montaggio di una turbina (Turmo XII) più potente su una delle due vetture motorizzate. No, non si erano fumati qualcosa di strano: la nuova unità da 1100 kW, in luogo dei precedenti 800 kW, era in grado di muovere tutto il treno da sola con l’altra spenta, limitando i consumi a soli (brrrrr) 340 l/h. In caso di accensione della seconda turbina – avveniva solo nelle salite più impegnative – l’econometro schizzava a 480 l/h.

RTG in partenza: notare che l'immagine è sfocata dagli stessi gas di scarico

Ma la lunga e fortunata carriera delle RTG non termina qui. Perché in tutto questo l’americana Amtrak, compagnia ferroviaria americana a controllo statale (tre cose che nella stessa frase stridono), forse insoddisfatta dai suoi TurboTrain, ne aveva ordinate diverse e le mantenne in servizio addirittura fino al 2004 con il nome commerciale di Turboliner.

Un Turboliner Amtrak
Pubblicità dei Turboliner. Questa seconda generazione è stata prodotta su licenza direttamente negli Stati Uniti, mentre la prima era costruita in Francia e identica agli RTG.

Se ne aggiungono quattro vendute all’Iran e tre all’Egitto. Questi ultimi due paesi acquistarono anche diverse RTG dismesse dalla SNCF; che si sappia l’Egitto ne mantiene addirittura qualcuna in funzione ai giorni nostri. In Iran ne risultavano circolanti alcune nel 2009 equipaggiate con motori Diesel, ma noi, con tutto il bene del mondo, eviteremo di scrivere al governo iraniano per chiedere lumi in tal senso. In Francia venne tentato qualche progetto di “revamping” mediante sostituzione delle turbine con altre più parche o con motori Diesel tradizionali, ma si trattava di macchine troppo particolari per affrontare questo genere di interventi invasivi.

Ne sono state conservate due, a memoria di coloro che sognavano un futuro a turbina molto poco green. E, intendiamoci, coi treni che fanno adesso (Francia compresa) il presente non è niente male. Quando pensi a che fine sta facendo il mondo dell’automotive, fra direttive europee scellerate e management delle case impazzito, ti puoi consolare guardando un Frecciarossa 1000. Ma manca quel briciolo di ignoranza tipico di quei tempi, quando certezze ce n’erano poche e idee tante. Dovevi progettare un treno e ti trovavi a scegliere tra un motore elettrico e quello di un elicottero. Oggi viaggiamo su convogli superveloci (pagando biglietti supercostosi) e siamo dall’altro capo del nostro Paese in poche ore nel più totale silenzio, comfort e affidabilità, nonché sicurezza. In più, rispettiamo l’ambiente.

Ma chi viene con me in Egitto a bordo di una Volvo 240 Turbo a cercare quelle RTG ancora circolanti?

RTG iraniana
Adieu.

Se non vi siete ancora iscritti alla Ferramenta di RollingSteel.it, questo è il momento per farlo cliccando qui

Articolo del 9 Aprile 2025 / a cura di Francesco Menara

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

  • Lele

    A guardare l’ultima foto si è consumato il serbatoio della macchina che ho in box.

    • Paolo

      Considera pure il sedile passeggero occupato, vengo volentieri io sul 240 turbo a cercare un qualcosa che consuma all’incirca uguale

  • Gery

    Segnalazione: all’inizio dell’articolo c’è un refuso. kW, non kWh.

  • Andrea

    L’ultima foto, con il Saunders-Roe in arrivo dalla perfida Albione, è sintomatica di un periodo particolarmente felice, eravamo “steampunk” senza saperlo!

  • ale

    ma veramente c’era un hovercraft in servizio passeggerei da qualche parte nel mondo??

    • roby

      Claro che si, quello della foto in particolare faceva la linea Dover-Calais..
      PS se non sbaglio c’è ancora un servizio di linea per l’isola di Wight..

      • Paolo

        Qui ci starebbe un bell’articolone

        • Daniele

          Concordo, non vedo l’ora!!

  • Matteo

    Know how = savoir faire
    E comunque sanno cucinare bene anche in Francia 😉

  • Marco Mazzini

    “sono sicuro che ci sia una parola in francese per dire KNOW-HOW ma ora non mi viene”
    —> Savoir-faire, parbleu! 😉

    • Massimo

      Connaissance

  • Filippo

    Siete sempre fortissimi, le turbine sono il solo motore termico che rimarrá per sempre. I contatori in Francia o in Italia sono da 6 (oppure 9) kW, non kWh.
    Know—how = “savoir faire” (si usa anche in italiano).

Altre cose da leggere