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Range Rover 3.5 V8, fuoristrada coi mocassini

Negli anni ’60, per andare a funghi nei boschi vicino a Castello Tesino (TN) le opzioni erano poche e tremendamente scomode. Tra le varie Alfa Matta, Fiat Campagnola, Land Rover Serie I (poi Defender), non c’era nessuna opzione che permettesse di andare a funghi al pomeriggio e al ricevimento della Contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare la sera, senza essere scambiati per degli operai dell’ANAS appena usciti da una casa cantoniera.

Una sera del 1966, Spencer King e Gordon Bashford salgono sulla loro Rover P5 “3,5 Litres” aziendale dopo aver messo nel baule gli schizzi dei prototipi “Road Rover” realizzati negli anni cinquanta. Più o meno andò così:

Spencer: “Oh vez, ma che roba è sto ferro di Rover? Siamo proprio bravi, senti qua che sedili in pelle, che lusso, che design.”

Gordon: “Sisì gran mezzo… maaaa senti na roba, quando vado nel mio cottage in campagna mi pianto sempre nelle stradine infangate con questa, se facessimo un fuoristrada serio con il lusso di una ammiraglia Rover e il V8 treemmezzo?”

Spencer: “Aspetta un attimo… GENIO!”

Fu così che i nostri simpatici progettisti si misero al lavoro sul prototipo telaio 100.1, ovvero una Land Rover di mega lusso, con portellone posteriore per un ampio vano di carico e motore V8 di derivazione Buick ma sopratutto le molle elicoidali al posto delle classiche balestre, un sacrilegio per i puristi del marchio, ma che si rivelò una soluzione altrettanto valida. Un anno dopo arriva il secondo prototipo con guida a sinistra e alla fine del 1969 vengono ultimati ben 25 esemplari pre-serie, nome in codice VELAR (vi ricorda qualcosa?), ovvero Vee Eight LAnd Rover.

In realtà tra gli appassionati Land Rover c’è una disputa sul vero significato di VELAR. C’è chi dice “Vee Eight LAnd Rover”, altri sostengono sia per la segretezza del progetto, dall’Italiano “Velare” o nascondere. Questo solo la storia lo confermerà.

Nel Maggio 1970, dopo 45 prototipi realizzati e testati a dovere, la Range Rover viene annunciata alla stampa come un concetto rivoluzionario di vettura: grandi capacità in fuoristrada unite a lusso e comfort interno, concetto che oggi dovrebbe definire i SUV ma che nella prima parte lascia MOOOOOOOLTO a desiderare.

Vi dico solo che, appena uscita, il Museo Louvre di Parigi ne espose una come “Lavoro esemplare di design industriale”. Mica bruscolini eh.

Per dimostrare le capacità da fuoristrada, l’auto viene utilizzata per i più duri e impegnativi eventi motoristici e rally RAID con notevole successo. Diviene addirittura la prima vettura vincitrice della leggendaria Parigi-Dakar nel 1979 con l’equipaggio Alain Génestier-Joseph Terbiaut-Jean Lemordant. Sempre grazie alle mitiche Range Rover viene portata a termine la “British Trans-Americas Expedition“, quasi 29.000 km di inferno dall’Alaska alla punta più a sud dell’Argentina.

Per farvi capire la portata dell’impegno da parte di Land Rover (che nel frattempo si era distaccata da quel gruppo infernale chiamato British Leyland) nel rendere questi modelli veramente validi, nel 1980 i collaudatori addetti al progetto Range Rover avevano totalizzato oltre 6 milioni e mezzo di chilometri di test in tutto il mondo e sulla pista di prova dello stabilimento di Solihull. Inoltre, ogni modello che usciva dalla fabbrica veniva accuratamente testato su un percorso di test di 10 miglia e in strada, prima di ottenere la validazione. Un po’ come la pista del “Lingotto” della FIAT.

 – I collaudatori Land Rover festeggiano i 6 milioni e mezzo di km! –

Inizialmente venduta con la sola carrozzeria a tre porte, a Soliluhull si iniziò a pensare come migliorare la Range Rover per andare in contro alla sempre più esigente clientela. Questo fu anche possibile grazie all’intuizione di un signore chiamato Monteverdi, che presentò una sua versione a 5 porte al Salone di Ginevra nel 1980, dove vennero aggiunte anche le porte posteriori e con gli interni più ricercati e arricchiti di dotazioni e accessori.

Nel 1986 viene persino introdotta una versione turbodiesel, equipaggiata con un motore di fabbricazione VM Motori di Cento (FE), che vincerà il prestigioso Camel Trophy (non quello che si assegna alla mutanda più succinta della spiaggia) svoltosi quell’anno in Madagascar. Non ne sbaglia una sta Range, eh?

I successi, la qualità del progetto e l’ottimo motore V8 da 3500cc di derivazione Buick fecero diventare la prima Range Rover una delle auto preferite dalla casa reale Inglese. Perciò, vediamo come va sto mega ferro, con questo esemplare datato 1989.

– Possiamo procedere, sua maestà? –

Chiudo gli occhi, giro la chiave.

Con l’ultima posizione il motorino di avviamento mette in moto l’enorme V8, la benzina inizia a scorrere arrivando agli iniettori, che la fanno fluire in camera di combustione assieme a litri di aria. Tutto ciò si tramuta in uno scossone che scuote l’intera vettura, il V8 prende vita e suona da paura, ma con discrezione. Una macchia nera fatta dai gas di scarico sul muro del garage dove viene tenuta questa “Range” ci fa capire subito la situazione.

Questa è una vera roba vecchia scuola. Come la Vespa e le auto a carburatori, quando ti siedi alla guida di una Range Rover V8 ad aste e bilancieri capisci che hai in mano un mezzo che ha le radici che affondano nel passato, quando i fuoristrada erano una roba seria. Essendo un esemplare del 1989 però ci si accorge subito che è addomesticata, resa più mansueta ed utilizzabile. In questa versione i carburatori lasciano spazio ad una iniezione elettronica Lucas, troviamo un ottimo servosterzo e in generale si ha veramente un bel feeling alla guida.

Certo, si tratta comunque di un grosso fuoristrada, quindi le performance in curva sono rapportate alla altezza da terra e alla morbidezza delle sospensioni, quindi non un granchè. Però si possono passare i dossi a circa 70 km/h senza nemmeno accorgersi di cosa sia successo.

La cosa che più mi ha stupito di questa Range Rover V8 è il piacere di guida che regala. Non sempre a mio avviso si trova piacere di guida in un’auto veloce e personalmente, qui l’ho trovato senza problemi. La vera star è sotto il cofano, dove il V8 è corposo, dà una bellissima spinta sin dai bassi regimi e riesce a mettere in movimento decentemente questo pachiderma con trazione integrale permanente, anche grazie ai 165 cv che trottano felici trasformando decine di litri di benzina in rumore, calore e coppia. Non è il massimo della fluidità, causa anche della primitiva iniezione elettronica, ma solo il rumore e la spinta di coppia tipiche di un V8 così valgono tutta la macchina, ormai è rarissimo trovare motori del genere e quando si hanno per le mani bisogna assaporarli il più possibile.

Altra nota positiva è il cambio, accoppiato a un riduttore per i fuoristrada più intensi, ha una manovrabilità e degli innesti straordinari nonostante l’età del mezzo. Sarà per il meccanismo che è praticamente montato sulla scatola cambio, ma ad ogni cambiata si sente tutto lavorare sotto il palmo della mano, come se stessi muovendo io personalmente i selettori delle marce, innestando il rapporto successivo con i polpastrelli. Abituato a vetture con motore trasversale e cambio con comandi a “cavo”, questa è una roba completamente diversa.

Gli interni sono il biglietto da visita della macchina, la ragion d’esistere di questo Range Rover: uno spiccato minimalismo del cruscotto accoppiato alle poltrone di prima classe in velluto, materiale che regna sovrano nell’abitacolo insieme alla radica. Si è seduti in alto, con una visuale perfetta di quel musone che ospita il tanto citato V8. Immancabile il volante a due razze dalla forma improbabile tipico degli anni ’80 (trovatemi una macchina dell’epoca con un volante normale) e la strumentazione minimale, senza fronzoli. Questo esemplare monta anche un telefono Motorola, nel caso voleste cancellare l’appuntamento col consiglio di amministrazione mentre siete in viaggio per Saint Moritz.

Vogliamo poi parlare delle doti da fuoristrada? Ragazzi, qua non si scherza. Nonostante la sua massa (siamo sui 19 quintali, non brustolini) e il lusso che si porta appresso, questa Range Rover V8 dà del filo da torcere anche ai fuoristrada più specialistici. Certo, è importante ricordare che il peso gioca sempre un fattore determinante nel gioco dei 4×4, questi mezzi non saranno mai in grado di compiere ciò che fanno dei vecchi, leggeri e snaturati fuoristrada usati per le competizioni del settore.

Detto questo, pur trattandosi di un compromesso ed un modello di grande serie, non ci sarà mai guado troppo impegnativo, strada troppo viscida oppure salita troppo ripida, riuscirete sempre a venirne fuori. Vi piantate sul ripido? BAM ridotte e si riparte. Avete una sola ruota in presa e non sapete come uscire da una situazione critica? BOOM differenziali bloccati e vai dove ti pare.

Con questa potete andare a quella festa in villa sui monti Lessini senza mai usare una strada asfaltata e comunque arrivare in camporella con stile, in smoking e con la bottiglia di champagne che tanto piace alla padrona di casa.

 – Contessa, vuole favorire? –

– Contessa, ma che fa… –

Il Range Rover all’epoca era un prodotto rivoluzionario persino per la stessa concorrenza interna al listino Land Rover tra cui il Defender che sì, è il padre spirituale del Range Rover e tra i migliori fuoristrada della sua epoca ma anche terribilmente scomodo e scarno. Ecco perché nacque il Range e con esso anche il concetto vero e proprio di SUV, un veicolo con ottimi doti di fuoristrada ma che mantenesse un livello di confort ed esclusività massima. Provate ad applicare questa formula al listino del 2020 senza piangere, nulla all’epoca era così. Con il passare degli anni i competitor più diretti, Giapponesi in primis, si adeguarono presto al nuovo trend e sfornarono dei ferri altrettanto validi se non migliori in affidabilità, che non è mai stato il punto forte della Range Rover. Jeremy Clarkson, da grande estimatore del modello lo definiva “un prodotto ingegneristico eccezionale costruito da semplicioni.”  Ci provarono anche in Italia, seppur con modesti risultato, con il mitico Rayton Fissore.

Ma volete sapere cosa veramente ci insegna questa Range?

Ci ricorda una lezione importante: Grosso è bello.

Certo, questa regola vale in moltissimi campi, ma solo provando certi tipi di ferri arrivi a questa conclusione, soprattutto parlando della meccanica. In questi disperati tempi di downsizing si è perso il prestigio delle architetture nobili, del numero “magico” di cilindri, delle cubature imponenti e della meccanica con carattere. Ogni motore di ogni casa automobilistica aveva una vita propria, delle caratteristiche uniche ed inimitabili. Il borbottio dei V8 Americani, la perfezione dei “sei-in-linea” bavaresi, la magia dei V6 Italiani. Tutto questo è stato sostituito da cilindrate ridicole e motorini 3 cilindri. Se questo fosse applicato esclusivamente alle city car, potrei capire. Ma non è così.

Immaginate di spendere più di 40.000 euro per un noto SUV tedesco, arrivare a casa dopo averlo ritirato e trovare sotto al cofano un 1.3 quattro cilindri. È immorale. È sbagliato. Il downsizing sulle vetture “premium” non le rende diverse da una qualsiasi citycar, non c’è una netta differenza a livello di meccanica come in passato, non esiste più il prestigio. Potete leggere tutte le schede tecniche del mondo, ammirare tutti i cavalli che quel benedetto 1.3 sprigiona ma una volta scesi e saliti su una Range Rover V8 capirete quello di cui parlo. L’ho sperimentato io in prima persona, da fervente amante dei micro motori leggeri e affamati di giri mi sono riscoperto assuefatto dai grossi calibri. Quando li provi, non torni più indietro.

 – Eddaje Sasha non parlo di quello, statte bbona –

 – Contro il logorio dell’automobilismo moderno, le mode passano, lo stile rimane –

E quindi ora la sparo grossa. Piuttosto che i suv e le berline con cilindrate sotto il duemila, meglio elettriche. Si, avete capito bene, almeno non devo sentire quei micro frullini che tentano inutilmente di erogare i cavalli scritti sulla cartella stampa. Provate una di queste, tutto vi sarà più chiaro.

Grazie come sempre a Rodrigo Davalli per le splendide foto e a Luca Maini per il preziosissimo aiuto nella stesura dell’articolo!

Articolo del 8 Ottobre 2021 / a cura di Mattia Limonta

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