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Storia del primo combattimento ad alta quota della storia

Dodici settembre del 1942, poco meno delle 10 del mattino, dodicimilacinquecentometri – così, da leggere tutto d’un fiato – sopra la verticale dell’isola di Wight, sud dell’Inghilterra, Canale della Manica. Un elegante bimotore è sorretto dalle sue ali insolitamente appuntite, la livrea maculata in toni di grigio lo rende simile ad una bizzarra lucertola che si sposta nell’aria rarefatta a circa trecento chilometri all’ora.

E’ uno Junkers 86R-2, la matricola sui lati della fusoliera è T5+PM, Luftwaffe.

All’interno della sua cabina completamente pressurizzata, l’oberfeldwebel Horst Gotz ed il leutnant Erich Sommer, rispettivamente pilota e comandante, sono curvi sulle carte e concentrati nel controllare la rotta e gli strumenti. A quella quota, nonostante tutti gli accorgimenti, il gelo può all’improvviso causare qualche noia che potrebbe risultare fatale, bisogna porre attenzione. Partiti da Beauvais, nord di Parigi, la loro destinazione è Cardiff, città portuale per la quale, quel giorno, il destino pareva avere in serbo una bomba da 250 kilogrammi. O forse no…

– Very Losco –

Dodici settembre del 1942, poco meno delle 10 del mattino, verticale dell’isola di Wight. Mentre lo Junkers dei due tedeschi fila via tracciando visibili scie di condensazione miste a densi gas di scarico dei suoi motori diesel (si, diesel…) qualche centinaio di metri di quota più in alto compare un invitato totalmente inaspettato. Appeso alla sua elica quadripala appositamente installata per l’occasione si arrampica verso i tredicimilametri un Supermarine Spitfire MkIX di Sua Maestà Britannica, dall’inusuale livrea azzurrina, perfetta per mimetizzarsi nel blu diffuso della stratosfera. Partito alle 9:27 su scramble (traduzione letterale: cazzo, sbrigati!) da Northolt, vicino Londra, portato verso l’obiettivo dalla guida radar situata a terra, il pilota dello Spit si chiama nientepopodimeno che Emanuel Vladimirovich Galitzine (pronuncia Golitsyn) ed è un principe russo naturalizzato britannico, nipote di un qualche zar caduto in disgrazia. Ironia della vita (e tragedia della guerra) Erich Sommer, al comando del bombardiere tedesco, da civile lavorava in una birreria. Principe contro birraio.

– Quanto spacca la livrea del Principe? –

Riassumendo, un giorno di fine estate del ‘42, tredicimila metri sopra l’English Channel (vabbè, la Manica…) una coppia di cazzuti piloti tedeschi su un losco bombardiere Junkers si ritrovano inseguiti da un principe russo ai comandi di uno Spitfire bardato da corsa, preparato per le alte quote e dal colore un po’ così. Sembra una storia inventata, fatta apposta per Rollingsteel, eppure è tutto vero. Ma prima di raccontare come è andata a finire, vediamo un po’ cosa ha portato questi tre personaggi ad incontrarsi, proprio lì, in quel momento, per dare vita al duello aereo a quota più elevata di tutta la seconda guerra mondiale e forse di tutti i tempi (molti documenti sono ancora Top Secret e, nonostante RS sia una figata, non ci danno l’accesso).

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Horst Gotz ed Erich Sommer non sono due piloti qualunque, volano insieme dall’inizio delle ostilità, dai tempi durissimi e pericolosi della Battaglia di Inghilterra e della lotta per il predominio nei cieli sopra la Manica. Insomma, sono due experten addestrati a volare su aerei plurimotore in ogni condizione. Ed è proprio dagli esiti – negativi per la Luftwaffe – della Battaglia di Inghilterra che prende le mosse questa missione. Goering, capo indiscusso dell’arma aerea tedesca, era frustrato dal fatto che, fallito l’obiettivo di ottenere il controllo dei cieli britannici, dal settembre del 1940 le azioni di bombardamento dovessero avere luogo solo di notte, per non incappare nella reazione incazzosa dei caccia della RAF. Goering incaricò quindi i suoi comandanti di trovare il modo di colpire l’Inghilterra durante il giorno, anche soltanto in modo simbolico e limitato, per tenere alto il morale dei tedeschi e pure la sua reputazione nei confronti di Herr Hitler.

La soluzione arrivò sotto forma del bombardiere bimotore Junkers 86, fratello meno riuscito dei ben più rinomati Junkers 87 “Stuka” e Junkers 88. Era una macchina innovativa a metà degli anni ‘30, ma già accantonato nel 1939 dopo il servizio in Spagna con la Legion Condor. Il motivo delle sue prestazioni mediocri risiedeva nella particolarità dei due motori Junkers Jumo 205 da 600 cv, i quali erano nientemeno che ciclo diesel, due tempi, 6 cilindri a pistoni contrapposti.

– Zweitaktmotor Porno –

Hugo Junkers in persona aveva impiegato anni a sviluppare questi motori. I diesel tradizionali offrivano una eccellente autonomia ma erano pesanti e poco performanti, fornendo così un rapporto peso-potenza sfavorevole nelle applicazioni aeronautiche. Junkers ebbe così l’idea di utilizzare il ciclo due tempi, che permetteva di ridurre i pesi e, per ovviare ai soliti problemi di riempimento delle camere di scoppio nel due tempi, di utilizzare la soluzione dei sei cilindri con dodici pistoni contrapposti, che vanno a muovere due alberi motore, uno superiore e l’altro inferiore. Beh… indovinate il risultato di tutta questa robba… gli Jumo erano scarsamente affidabili, necessitavano di una attenta manutenzione per evitare grippaggi ed erano comunque soggetti a fenomeni di erosione del metallo nella zona delle luci di scarico. Bocciati. O quasi.

Infatti, la “congenita” attitudine a funzionare in atmosfera rarefatta, dovuta al ciclo diesel due tempi, unita alle ricerche fatte da Junkers nel settore delle elevate altitudini, fece sì che lo Junkers 86 venisse “ripescato” quando si trattò di soddisfare le “voglie” di Goering per aerei capaci di volare sopra l’Inghilterra indisturbati. Bastava infatti… volare più in alto. Oltre la quota massima degli aerei della RAF inglese. A tredicimilametri. Facile? Si e no, con la tecnologia degli anni ‘40…

Una nuova e più affidabile versione del motore, chiamata Jumo 207 e dotata di doppio compressore (QUI vi raccontiamo la storia sburona di come all’epoca si lottava contro l’altitudine), l’allungamento delle estremità alari, il primo abitacolo al mondo completamente pressurizzato ed altre chicche tecniche come il riscaldamento delle superfici vetrate realizzato con aria calda spillata dai motori, diedero vita alla versione Ju-86P, modificando circa 40 vecchi Junkers 86D in disuso. Il nuovo aereo, in versione da ricognizione e da bombardamento, era in grado di volare più alto degli inglesi, lentamente… ma più in alto. Utilizzati dapprima sul fronte orientale e sopra l’Egitto per scrutare a lunga distanza i movimenti delle colonne alleate nel deserto, nel 1942 venne creato appositamente l’Hohenkampfkommando (reparto bombardamento di alta quota) basato in Francia e con aerei ulteriormente raffinati, grazie all’apertura alare ancora maggiore ed ai motori resi più potenti grazie all’iniezione di protossido azoto… “oh raga, ci ho messo il NOS!”

Su uno di questi Junkers 86R-2 volavano appunto i nostri Horst Gotz ed Erich Sommer.

– Erich Sommer und Horst Gotz –

Verso la metà del ‘42, dunque, con la Germania sempre più presa di mira dai raid britannici, la Luftwaffe prova a vendicarsi. Ad agosto iniziarono i raid diurni di bombardieri di alta quota Ju- 86R-2 sull’Inghilterra meridionale, mai più di due alla volta. La singola bomba da 250 kg trasportata da ciascun aereo era poco rispetto alle pesanti incursioni notturne della RAF sulla Germania, ma quello che contava era l’effetto propaganda. Il 24 agosto due Ju-86R-2 decollarono per una tortuosa missione sulla costa meridionale dell’Inghilterra e due bombe, sganciate su Camberley e Southampton, causarono pochi danni apprezzabili. Altre missioni seguirono nei giorni successivi, pure quelle senza produrre grossi effetti.

Il principale intercettore britannico del momento, lo Spitfire MkV, semplicemente non poteva raggiungere la quota necessaria per attaccare i bombardieri. Anche il modello Mk IX, che all’epoca aveva iniziato ad entrare in servizio, nonostante il suo nuovo motore Rolls-Royce Merlin con compressore a due stadi, per un soffio non poteva raggiungere l’altezza da terra necessaria. Seppure guidati dalla fitta ed efficiente (ma non sempre) rete radar inglese, gli aerei britannici erano inefficaci. Gli inglesi dunque adottarono inizialmente la politica di… non suonare le sirene di allarme, in presenza delle incursioni degli Ju-86, visti i danni limitati causati fino a quel momento. Purtroppo però, il 28 di agosto, una bomba colpì inaspettatamente il centro di Bristol. Serviva una risposta.

La RAF così creò un reparto di volo speciale alla base di Croydon, fuori Londra. Sei piloti furono selezionati per un’unità comandata da un tenente americano degli Eagle Squadrons. Un squadra di mezzi matti, insomma. Ed il membro più vivace era proprio il nostro esotico tenente pilota Emanuel Vladimirovich Galitzine, che a soli 24 anni aveva già avuto una vita piuttosto avventurosa ed aveva un valido motivo per odiare i “colleghi” aviatori della Luftwaffe. Rampollo di nobile famiglia fuggita dalla Russia dopo la Rivoluzione di Ottobre, aveva inizialmente tentato di arruolarsi nell’aeronautica finlandese per combattere i detestati sovietici, ma era ritornato clandestinamente nel Regno Unito dopo l’uccisione della madre avvenuta a Londra proprio durante un raid aereo, unendosi alla RAF.

– Sua Altezza Galitzine –

Nello stesso tempo vennero appositamente modificati due Spitfire, nel tentativo di aumentare la quota massima raggiungibile. Il peso di ogni aereo venne ridotto installando un’elica quadripala in legno, rimuovendo tutta la corazzatura e le quattro mitragliatrici alari, con solo i due cannoni rimasti come armamento. Nulla venne lasciato al caso, perfino lo speciale colore azzurro venne utilizzato in quanto più leggero della usuale vernice mimetica. Galitzine durante il suo unico volo di addestramento raggiunge i 13.000 metri, godendo di vista spettacolare dell’Inghilterra meridionale e, attraverso il Canale della Manica, della Francia occupata. La RAF è pronta ad accogliere gli ospiti.

– Spitfire da alta quota –

12 settembre 1942, quasi le 10 del mattino, verticale dell’isola di Wight, sud dell’Inghilterra. Galitzine sta ancora salendo a tutta manetta quando, verso i dodicimila metri, individua uno Ju-86 con una enorme apertura alare appena sopra di lui. A dodicimilacinquecento metri diventa evidente che Gotz e Sommer, con loro grande stupore, hanno visto lo Spitfire. Seppure scioccati, da veterani quali sono, i tedeschi mettono immediatamente in atto tutte le contromisure possibili, considerando che il loro aereo non porta alcun armamento difensivo. Sganciata la bomba per alleggerirsi (e la città di Cardiff quel giorno è salva…) depressurizzato l’abitacolo per evitare che un proiettile colpendolo lo faccia esplodere all’istante ed infine iniettato il protossido d’azoto nei motori, danno tutta la manetta possibile per scappare. Galitzine a sua volta sgancia il serbatoio supplementare ventrale, acquisendo un ulteriore vantaggio di quota ed inizia così il suo attacco, da poco più in alto, a circa 150 metri di distanza. Appena dopo avere aperto il fuoco, tuttavia, il cannone di sinistra si inceppa, forse a causa del forte freddo. Il risultato è che lo Spitfire, spinto nell’aria rarefatta dal rinculo a destra dell’unico cannone funzionante, imbarda facendo perdere il controllo al pilota e perdendo a sua volta quota. In più, la condensa della scia dello Junkers ghiaccia all’istante il tettuccio del caccia, ogni volta che Galitzine tenta di avvicinarsi al nemico. L’inseguimento da parte dell’ostinato e determinato russo continua, attraverso ripetuti attacchi, con una sola arma funzionante e lo Spitfire che chiede pietà, trovandosi in un ambiente che non gli è molto congeniale, la stratosfera…

A loro volta i tedeschi sfruttano l’agilità del loro sottile bombardiere per provare a fuggire, infilandosi dentro qualche rado banco di nubi e cercando di guadagnare la via del ritorno sul mare. Dopo 45 minuti, frustrato ed a corto di carburante, Galitzine inverte la rotta, lasciando che Gotz e Sommer facciano ritorno in Francia, dove atterrano a Caen, in tempo per constatare un foro di proiettile da 20 mm nell’ala sinistra del loro Junkers.

Finisce così il combattimento aereo a quota più elevata di tutta la seconda guerra mondiale. Finirono anche quel giorno i raid diurni della Luftwaffe, che non voleva rischiare preziosi equipaggi per infliggere danni così modesti al nemico. E finirono la loro guerra, ciascuno dalla proprio parte, Horst Gotz, Erich Sommer ed Emanuel Galitzine, che solo anni dopo, ad un incontro di aviatori, si ritrovarono in pace, per rievocare il loro epico scontro.

Testo di Enrico Chiambalero, il nostro inviato fra le pagine della storia

Articolo del 26 Marzo 2021 / a cura di La redazione

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  • Michele

    Bellissima storia! E controcoyotes in adamantino…..

  • Stefano

    Bella storia, ma sarebbe altrettanto bello citare le fonti…

  • B52_Ste

    mi è venuto d’istinto di premere sul grilletto…

  • Frank

    Peccato che i nazi fossero dei pazzi furiosi, perché avevano una testa fuori dal comune. Gli unici matti come cavalli in grado di fare i carri armati a benzina e gli aerei a gasolio…

    • Morgan

      Io vorrei un aereo a gasolio!

  • Maurizio

    Da appassionato di aviazione ho apprezzato molto questo articolo e sono andato a rileggermi un vecchio volume dell’enciclopedia della Storia dell’aviazione (ediz. de Agostini del 1973) dove ricordavo di aver letto qualcosa in merito.La luftwaffe utilizzò gli Ju86P-2 in nord africa come ricognitori da altissima quota e gli inglesi cercarono in tutti i modi di abbatterli allegerendo il più possibile i loro spitfire. I 24 agosto 1942 il sotto-tenente Reynolds riuscì a sorprendere uno ju86 a 13.000 metri di quota sulla verticale del Cairo, lo colpì al motore dx e lo fece precipitare in mare. Successivamente vennero abbattuti altri due Junkers (cfr. Storia dell’aviazione vol. 4 – pg 628)

  • Ale

    Bellissimo, complimenti !!!!!!

  • Matteo

    Articolo top!

  • Nicola

    Uno dei siti migliori del web, una delle pagine migliori di Facebook, un faro in mezzo ad una tempesta di pattume intellettuale. Keep it on!

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