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YF-23, morde come un ragno, vola (quasi) come un F-22

La vedova nera è un simpatico ragnetto. Si tratta infatti di un animale che si fa i cazzi suoi schivo e che difficilmente lascia la sua tela. Tuttavia, se andate a toccargli la tela (giustamente) si incazza come un pitbull quando gli tiri la coda e vi azzanna. Il suo morso non è particolarmente doloroso (a differenza di quello del pitbull), come in molti potrebbero pensare, ma si tratta di un morso velenoso e pieno di tossine che possono essere letali anche per un essere umano. Dovete inoltre sapere che esistono circa trenta specie diverse di vedova nera ma, visto che questo è RollingSteel e io non mi chiamo Piero Angela, vi descriverò la specie più figa: quella in grado di volare a velocità supersonica senza l’utilizzo di after-burner. Ladies and gentlemen, oggi su RS parliamo di quella bestiaccia identificata come YF-23, il cui nome di battaglia è “Black Widow II” (così tosto da sembrare il titolo di un pezzo dei Metallica).

Partiamo come sempre dal principio. Nel 1981 la USAF (Aeronautica Militare Statunitense) lancia un bando di gara denominato ATF, che sta per “Advanced Tactical Fighter”, per sostituire il pazzesco F-15 Eagle. Infatti, in quegli anni i piloti americani avevano incrociato, durante dei voli di ricognizione, alcuni Sukhoi Su-27 e diversi MiG-29 (“divertiamoci un po’, Goose” vi ricorda qualcosa?) e si erano cagati addosso spaventati a morte. Il governo decise quindi di lanciare la costruzione di quello che sarebbe stato il caccia di quinta generazione dell’USAF. Nel 1986 erano stati selezionati due design tra i molti proposti: in un angolo del ring c’era il consorzio Northtrop/McDonnell Douglas con l’YF-23 (protagonista della nostra stramba storia), nell’altro angolo gli sfidanti Lockheed/Boeing/General Dynamics e il loro YF-22. Pensate che già nel 1990 i prototipi iniziarono a sfidarsi nell’alto dei cieli per decidere chi di loro avrebbe vinto la sfida (un po’ come i Cavalieri dello Zodiaco in cui “soltanto uno alla fine potrà trionfar”).

– i due concorrenti del programma ATF, YF-22 in primo piano, YF-23 dietro –

Entrambi i concorrenti schierarono due prototipi: oltre al velivolo di per sé, fu lanciata una gara per costruire il motore per equipaggiare i caccia di ultima generazione. Da un lato del ring si presentarono i ragazzi della Pratt&Whitney con il loro YF119, dall’altra quelli della General Electric con il motore YF120. Si trattava di una sfida tra titani, una sorta di Alì contro Foreman, Tyson contro Holyfield, una scazzottata epica soprattutto perché c’era un requisito fondamentale che bisognava soddisfare per vincere il bando: la “supercrociera”. Gli aerei infatti dovevano essere stealth ed essere in grado di volare a velocità supersonica senza l’utilizzo del post-bruciatore. Vorrei infatti ricordarvi che accendere un after-bruner equivale a mandare a puttane (termine tecnico) tutte le caratteristiche “d’invisibilità” (equivale ad accendere una insegna al neon con la scritta “spara qui” in una notte senza luna), tant’è vero che aerei come l’F-117 o il B-2 non superano la fatidica barriera del suono proprio perché sprovvisti di post-bruciatore.

– un YF-23 in rullaggio con, in sfondo, un B-2 in finale –

Per farlo i due motoristi scelsero due strade diverse: la P&W scelse un turbofan con basso rapporto di by-pass e la GE si presentò con un motore complicatissimo in grado di funzionare sia come un turbofan con basso BPR (“by-pass ratio” appunto) che come un turbojet puro a seconda delle esigenze. Il motore YF120 era infatti definito “a ciclo variabile”, un po’ come il Pratt & Withney J58 del Blackbird, a cui dedicheremo uno special più avanti. Cercherò di spiegarvi come funziona questo motore come se dovessi spiegarlo a mia nonna: il turbojet è un motore in cui tutto il flusso di aria che entra in presa d’aria viene compresso tramite il compressore, scaldato nel combustore, espanso nella turbina (che fa muovere a sua volta il compressore) e spinto fuori nell’ugello di scarico dove genera spinta; nel turbofan una parte del flusso rimane “freddo” (cioè non entra nel combustore) e viene miscelato al flusso “caldo” (quello che passa nel combustore) direttamente nell’ugello di scarico. Il rapporto flusso “freddo”/”flusso caldo” rappresenta il BPR citato qualche riga sopra. Tenere “freddo” una parte del flusso alla fine della fiera fa risparmiare combustibile e, infatti, gli arei di linea sono tutti equipaggiati con propulsori turbofan ad alto rapporto di by-pass (il flusso “freddo” è molto superiore rispetto al flusso “caldo”).

Ma torniamo alla “guerra” per stabilire quale sarebbe stato il fighter di quinta generazione, una faccenda così tosta che c’era pure il gioco per Commodore 64.

Come già detto prima della breve digressione sui motori in gara, la Northtrop costruì due prototipi: il PAV-1 equipaggiato con il motore YF119 che prese il nome di “Spider” (pensate che il nome del prototipo era scritto all’interno del portello del carrello anteriore) e che, solo successivamente, venne rinominato “Black Widow II”. Vi starete chiedendo perché proprio “II” ed eccovi qui la risposta: il “Black Widow” originale era il Northtrop P-61 impiegato durante la seconda guerra mondiale e l’appellativo di vedova nera fu scelto per l’YF-23 proprio in onore di quello splendido e aggraziato aereo che adesso vi facciamo vedere.

Lo “Spider” prese il volo il 27 Agosto 1990, mentre il 26 Ottobre dello stesso anno ci fu il primo volo del secondo prototipo: PAV-2, detto “Gray Ghost” (letteralmente fantasma grigio), ed equipaggiato con il fighissimo motore YF120 “a ciclo variabile” e denominato internamente GE37.

– sopra, il P.61, più in basso i due YF-23, Spider e Gray Ghost –

L’YF-23 fu definito dagli esperti “una struttura a forma di pancake con delle ali mescolate al suo interno”: sembra più la descrizione di un nuovo biscotto della Mulino Bianco piuttosto che di una macchina che avrebbe rappresentato un’arma letale. Infatti, la pianta del velivolo ha una strana forma trapezoidale con due piani di coda a V rovesciata completamente mobili. Tali superfici erano in grado di gestire sia il movimento di imbardata (cioè il movimento attorno all’asse verticale Z), quando si muovevano in modo asimmetrico, sia il beccheggio quando venivano mosse in modo simmetrico. Il rollio invece veniva controllato tramite quattro flaperon (flap + aileron, alettone, due per ogni semi-ala): si tratta di superfici mobili “ibride”, montate solo sugli aerei super-fighi, che svolgono il doppio compito di alettoni e flaps a seconda di come vengono posizionati/mossi. Queste superfici sono talmente fighe che in frenata i due flaperon interni venivano mossi verso l’alto, mentre quelli esterni verso il basso (o viceversa, sta roba mi manda fuori di testa!).

Tutto questo ben di Dio di superfici mobili veniva gestito da un sofisticato sistema avionico denominato VMS (Vehicle Management System) a quadrupla ridondanza che permetteva addirittura un aumento intelligente della stabilità.

Per quanto riguarda la capacità stealth, questo velivolo era quanto di più tecnologicamente avanzato si potesse desiderare: le forme erano un misto tra le linee spezzate caratteristiche dell’F-117 e le linee morbide e tondeggianti del gigante B-2, i due velivoli stealth più avanzati dell’epoca. Pensate che i condotti delle prese d’aria a forma di S, erano disegnati in modo da mascherare eventuali parti calde del motore dalla vista frontale. Gli scarichi erano strani forti perché, non solo avevano un sistema di soppressione dei raggi infrarossi con abbattimento dei gas di scarico dei motori ed erano costruiti interamente in materiale ceramico (non parliamo dei piatti della nonna!), ma erano posizionati in modo del tutto anti-convenzionale: si trovavano infatti nella parte superiore della fusoliera. In questo modo erano totalmente mascherati quando si osservava il velivolo dal basso o di lato.

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Si trattava inoltre di un sistema di scarico molto efficiente che permetteva all’aereo di avere una velocità di super-crociera più elevata rispetto a quella del rivale YF-22 (Mach 1.58 contro Mach 1.60 dell’YF-23 e stiamo parlando di velocità senza l’utilizzo del postbruciatore!) in particolar modo per il prototipo equipaggiato con i motori GE YF120. Motori che erano capaci di generare una spinta di 104 kN senza post-bruciatore (pensate che il motore dell’Eurofighter, che è un discreto mezzo, eroga circa 90 kN con after-burner inserito) e ben 156 kN in modalità “daje tutta” e after-burner acceso, in grado di spingere l’YF-23 a oltre 2300 km/h (perdendo però buona parte dell’invisibilità). L’intero pacchetto permetteva all’YF-23 di essere 100% invisibile alle tecnologia radar dell’epoca. Se si considera anche che la quota di tangenza era pari a 65.000 piedi, contro i 50.000 piedi del rivale, i tecnici della Northtrop avevano praticamente la vittoria in tasca.

Così in tasca che il concorso ATF venne vinto da (suspense): il Lockheed YF-22! Ma come è possibile? L’YF-23 è “più stealth”, più veloce e vola più in alto rispetto all’YF-22 e, nonostante ciò, vince quest’ultimo? La storia dell’YF-23 si conclude infatti dopo sole 65 ore di volo perché nell’Aprile del 1991 l’USAF proclamò la vittoria del rivale, vittoria che arrivò ai punti e non per KO tecnico. I due prototipi di Black Widow II vennero immediatamente dismessi e nel 1996 vennero spediti per sempre a prendere polvere nei musei: “Spider” si trova tutt’oggi nel museo dell’USAF a Dayton (Ohio), mentre “Gray Ghost” riposa in pace nel Western Museum of Flight ad Howthorne (California). Ma come è possibile che un velivolo che sulla carta (e non solo) era migliore del rivale sia stato scartato dopo pochissime ore di volo? In primis, il motore: il GE YF120 era un motore che nel gergo tecnico si definisce “della Madonna” ed era il motore su cui la Northtrop aveva deciso di puntare ad occhi chiusi per l’YF-23. L’USAF però lo considerò un motore troppo sofisticato e pesante (in aeronautica queste cose possono fare la differenza) per via di tutte quelle diavolerie che gli permettevano di passare da turbojet a turbofan (e viceversa). Questa sua peculiare caratteristica veniva vista come una complicazione troppo rischiosa da accettare su un programma così delicato e di importanza strategica per gli USA.

L’YF-23 aveva inoltre un altro grosso limite che non convinse affatto l’aeronautica statunitense: aveva un vano porta-bomboni singolo e, se per caso ci fosse stato un problema con lo sgancio di un missile, l’intero carico bellico sarebbe stato inutilizzabile (problema mica da poco). Inoltre, l’YF-22 che la Lockheed presentò, era un velivolo molto simile a quello che sarebbe stato il velivolo di serie, quello che oggi conosciamo come F-22 Raptor, mentre l’YF-23 era un’accozzaglia di pezzi presi a caso e messi assieme per creare un dimostratore tecnologico: l’avionica “seria” era installata su un altro dimostratore (un aereo diverso dall’YF-23) che fungeva da rig volante (eh si, utilizzavano un altro aereo come banco-prova avionico); il carrello anteriore era stato cannibalizzato dall’F-15, mentre quello principale proveniva da un F-18; lo scarico presentava ancora i condotti per gli inversori di spinta, nonostante tale requisito fosse stato eliminato dal bando di gara. Ma, soprattutto, quei sapientoni della Lockheed avevano un’arma segreta che l’YF-23 non aveva: il thrust vectoring. In pratica, quello che sarebbe diventato l’F-22 era equipaggiato con un sistema in grado di variare la direzione della spinta, donandogli la capacità di avere un movimento di beccheggio di ±20° estremamente veloce, roba che era stata ottenuta fino a quel momento soltanto sviluppando configurazioni canard (cioè con due superfici mobili posizionate ai lati del muso) e che gli consentiva una manovrabilità ed una capacità di combattimento estremamente superiori rispetto all’YF-23.

Chiaramente non mancarono voci di corridoio secondo cui la Lockheed fu avvantaggiata per due motivi: la Northtrop in quel periodo si trovava in cattiva luce per le consegne del costosissimo B-2 (ricordiamo che un chilo di B-2 costava circa quanto un chilo di oro), mentre la Lockheed procedeva a gonfie vele con le consegne degli F-117. Inoltre, pare che la Lockheed fosse in difficoltà in quanto non stava sviluppando nessun nuovo fighter, a differenza della Northtrop che stava sviluppando i nuovi F-18 che avrebbero sostituito i bellissimi (e costosissimi) F-14. Tuttavia, come sempre, la storia viene scritta dai vincitori e non sapremo mai come sarebbe potuto evolversi quella bestiaccia velenosa che è stata appunto l’YF-23, messo a terra dopo le suddette 65 ore di volo…

E se invece vi dicessi che invece l’YF-23 vola ancora? Nel 2016, sullo stesso forum cinese su cui era apparsa un’immagine di un prototipo del J-31 (la copia a basso costo dell’F-35, che pare sia stato costruito sulla base di un reverse engineering fatto dai rottami del famoso F-117 abbattuto in Serbia), apparve l’immagine di un altro prototipo coperto da un telone, le cui forme sembrano essere esattamente le stesse dell’YF-23. Come se non bastasse, negli scorsi anni la Lockheed e la Northtrop subirono degli attacchi informatici da parte di hacker cinesi: vuoi vedere che i cinesi (gli stessi che hanno contribuito a rendere il 2020 l’anno più di merda brutto di cui io abbia memoria) hanno avuto la sfacciataggine di copiare e replicare il Black Widow II? Ciò potrebbe voler dire che la vedova nera potrebbe mordere ancora? #pulcenellorecchio

– Shenyang J31, la versione cinese del F-35/F-22 –

Lasciando da parte i miti (e cinesate), l’YF-23 è stato un po’ quello che fu Kurt Cobain per la musica rock: qualcosa che è arrivato veloce come un lampo, che ancora più velocemente si è bruciato e che ha rappresentato una netta transizione tra quello che c’era prima e quello che venne dopo, cambiando per sempre il mondo (in questo specifico caso, il modo di volare). Non so se voi siete d’accordo, ma per me il Black Widow II, per quanto sia stato soltanto una meteora nel mondo dell’aeronautica, merita il prestigioso appellativo di Ferro di Dio!

Testo di Matteo Viscogliosi, il nostro inviato nel mondo dell’aviazione moderna

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Articolo del 3 Luglio 2020 / a cura di Il direttore

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  • CB

    …ho letto da qualche parte che l’YF23 potrebbe essere il punto di partenza per lo sviluppo del successore di F22 e F35..

  • Carlo Muzzarelli

    Da ex dipendente GE Aero posso dirti che sei davvero bravo a raccontare le cose, e anche piuttosto preciso nelle tue analisi.
    Manca però il pezzo più importante: GE non ha mai pagato mazzette per vincere le gare.

    • Giuliano

      Cosa che alla Lockheed riesce benissimo ormai da generazioni

  • Andrea

    Velivolo che ebbe l’unica colpa di essere troppo avanti per i suoi tempi (insieme col motore). Non a caso la sua configurazione è di ispirazione per i prossimi caccia di sesta generazione.

  • Bel pezzo direttore, al solito. Tecnico e godibile. I cinesi sono i soliti: ci sarà pure un motivo per il quale in 30 secoli ha sempre perso le guerre? 🙂

  • Alberto

    Condivido tutto quanto scritto. Aggiungerei che l’YF-23 e’ davvero una macchina bellissima!!!

  • Andrea Bindolini

    Esistono dei bei rendering realizzati sulla base dei progetti per l’F-23A, la macchina di serie. Sarebbe stato ancora più bello, con proporzioni più raffinate ed equilibrate. Inoltre avrebbe avuto non più uno solo, ma due vani per il carico bellico, disposti in tandem e più profondi rispetto a quello del prototipo, risolvendo così il problema citato nell’articolo e garantendo inoltre una maggiore versatilità come velivolo multiruolo per missioni aria-superficie, rispetto all’F-22 le cui stive molto “sottili” (cioè poco profonde) impediscono il trasporto di carichi voluminosi.

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