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Monteverdi, dalla Svizzera con cattiveria

L’opera finale risulta gustosa © monteverdi-book.ch

Sì, ma oltre alla Sbarro Super Eight già apparsa su RollingSteel, gli svizzeri hanno mai fatto altre auto?

Perché non ne abbiamo mai sentito parlare?

Non è che agli svizzeri non piaccia la ferraglia veloce?

Con l’animo gravato da questi terribili dubbi esistenziali, non resta che fare un salto per le vie di Ginevra, magari in occasione del Salone (riesumato dopo lo stop dal 2020 al 2023), per rendersi presto conto che agli svizzeri la ferraglia veloce piace eccome.

Ma allora perché non ci sono famosi costruttori di auto svizzeri? Beh, dopotutto la Svizzera è un Paese piccolo, poco meno popoloso dell’Austria, circa un sesto dell’Italia. E poi c’è stato quel famoso incidente, Le Mans ’55, a seguito del quale il governo svizzero decise di bandire i pericolosi sport motoristici.

Ma, ma, ma, qualcosa c’è stato. Qualche automobile, dal Paese di Clay Regazzoni, è uscita.

Cose un po’ strane.

© rinspeed.eu

1934: Don Giovanni Bosco viene proclamato santo, Walt Disney inventa Paperino, Hitler visita Venezia, l’Italia vince i suoi primi mondiali di calcio, nasce Peter Monteverdi.

Peter Monteverdi è figlio di Louise e Rosolino, quest’ultimo immigrato italiano alle prese con una piccola officina meccanica attiva già dal 1926, concentrata sulla riparazione di camion e camionette. Peter, finita la scuola, fa rodaggio presso Vevey (trattori) e Saurer (camion), costruendo tra i 16 ed i 18 anni la sua prima auto, partendo dai rottami di una Fiat 508 C del 1949.

Peter con la sua Special. © monteverdi-book.ch

Nel 1956 Rosolino muore e Peter prende in mano l’officina del padre. Basta camion, ci vogliono cose veloci e potenti. Peter si dedica alla produzione di Formula Junior e go-kart, diventa distributore Ferrari e Lancia (in seguito Jensen, Rolls Royce, Bentley e BMW), e si mette a costruire, in pochi esemplari, qualche piccola auto sportiva a marchio MBM – Monteverdi Basel Motors. Si tratta di una coupé (Tourismo, 1956) motorizzata Ford 1000cc da 85cv ed una spider (Sport, 1957) motorizzata OSCA. La Tourismo aveva la particolarità di avere la carrozzeria in plastica, e probabilmente era imparentata con l’inglese Heron Europa.

MBM Tourismo © angila-models.co.uk

Nel 1960, Peter mette le mani su un motore Porsche e costruisce un’auto da F1. Si schianta ad Hockenheim e capisce che pelle, radica, fi e grossi V8 sono meglio delle scatolette di tonno da pista.

1967, alla radio Jim Morrison canta Light My Fire, mentre il divino fuoco della benzina arde melodico e vibrante nel grande cuore Chrysler Magnum 440 che borbotta mesto sotto al cofano. Debutta all’Internationale Automobil-Ausstellung (per gli amici IAA Frankfurt Motor Show) la Monteverdi High Speed.

Peter col telaio ignudo © monteverdi-book.ch

Coupé due posti, motore anteriore e trazione posteriore. Telaio tubolare in acciaio, quadrilateri all’anteriore e ponte De Dion al posteriore, quattro freni a disco Girling e sterzo servoassistito ZF. Motori Chrysler Big Block, di base il Magnum 440 da 375 hp (da qui il soprannome High Speed 375), ma era disponibile anche il 426 HEMI da 395 hp, accoppiati ad un cambio automatico Chrysler TorqueFlite a 3 marce oppure ad un manuale a 4 marce.

Costa 58.000 franchi svizzeri, 3000 più di un’Aston Martin DB6, 4000 più di una Ferrari 365 GTC, 8000 più di una Maserati Mistral. Per allestire la produzione ne sono stati investiti più di mezzo milione.

Niente di tecnicamente esotico, su carta non differisce molto dalle vasche da bagno americane di quel periodo.

Ma poi finisce la carta e comincia la realtà, finiscono le parole e cominciano le linee, le curve e le emozioni:

© vitadistile.com

La carrozzeria nasce nella mente di Pietro Frua, che realizza i primi 12 esemplari. Nel 1968 il signor Monteverdi decide che di High Speed ne verranno realizzate 100 all’anno, capacità produttiva impensabile per la carrozzeria Frua. Frua consigliò allo svizzero di rivolgersi a Maggiora, meno artigianale e più meccanizzata, dove già venivano prodotte alcune Maserati. Ma Peter vuole che le sue auto siano tutte artigianali, così si rivolge a Fissore, sì quello del Magnum. Vengono fuori casini coi diritti del design di Frua, per cui nel 1969 Monteverdi si ritrova a dover far ridisegnare la macchina da Fissore. Frua, intanto, ricicla il design della Monteverdi per vestire la rozza e contadina Dodge Challenger di un abito fine, elegante e più adatto alla raffinata borghesia europea:

Frua Challenger Coupé davanti ad una Monteverdi 375/4 (ne parleremo tra poche righe) a Villa d’Este 2007. © ultimatecarpage.com

Frua ricicla anche un altro design, quello del prototipo della Monteverdi 2000 GTI, una baby High Speed (soprannominata “Volks-Monti” dalla stampa svizzera, ricordiamo a chi non parla il tedesco e a quelli che fanno i galli con la Volkswagen R-Line che Volks = popolo, Volkswagen = macchina del popolo) con motore BMW: diventerà la BMW 2000 ti Coupé, presentata da Frua al Salone di Parigi del ’68.

Peter con la 2000 GTI © monteverdi-book.ch
Frua-BMW 2000 ti Coupé © pinterest.it

Monteverdi, già che bisogna fare questo restyling da Fissore, decide di puntare sulla configurazione 2+2 (chiamata “L”) per offrire una gamma più ampia.

Viene prodotta anche la “S”, col vecchio telaio corto e 2 soli posti, di cui una è finita nella famosa collezione di Jay Leno. Alla “High Speed S” succede la “Berlinetta”, più rigida e più sportiveggiante.

375 L © classicdriver.com
Jackie Stewart in posa con la nuova 375 S © monteverdi-book.ch
Berlinetta © drives.today
Rottame di Berlinetta, si dice sia stata del ministro delle finanze iracheno, successivamente acquistata da un generale iraniano durante la Guerra del Golfo. Qui in foto nel 2018 dispersa da qualche parte nell'Iran © carpassion.com

Dalla “S” deriva la “C”, convertibile, presentata nel 1971 al Salone di Ginevra, evolutasi in “Palm Beach”.

La Palm Beach © vitadistile.com

C’è infine la mastodontica 375/4 Limousine, con passo allungato e 4 porte, televisore Sony e frigo bar optional.

In secondo piano la Palm Beach, in primo piano la 375L e la 375/4 © vitadistile.com

Non c’è solo la gamma High Speed: nel 1970 viene presentata al Salone di Ginevra la “Hai 450 SS”, tecnicamente più interessante della sorella High Speed: il 426 HEMI, qui buono per 450 cavalli, è messo in posizione posteriore centrale ed accoppiato ad un cambio manuale ZF a 5 marce. Le auto stradali a motore centrale, nel 1970, si contano sulle dita di una mano: la Hai – “squalo” in tedesco – fa scalpore, finendo sulle principali riviste del settore.

Il nostro Peter con la Hai 450 SS © monteverdi-book.ch
La successiva 450 GTS © adrenaline24h.com

Nel 1975 Monteverdi cambia regime. Forse la crisi, forse la nostalgia per i camion, forse Peter doveva andare per funghi, fatto sta che le artigianali High Speed vengono rimpiazzate da due fuoristrada (Sahara e Safari) ed una berlina (Sierra) disponibile anche cabrio (Sierra Convertible) e Wagon, rispettivamente dei ricarrozzamenti di International Harverster Scout e Dodge Aspen.

Per capire cosa sia realmente accaduto tra i monti svizzeri, bisogna brevemente discutere di quella che è stata la più grande catastrofe automobilistica del dopoguerra: la guerra dello Yom Kippur.

Per farla breve: egiziani, siriani, israeliani e compagnia bella se le danno di santa ragione; Egitto e Siria sparano i prezzi del petrolio alle stelle, gli altri Paesi arabi dell’OPEC smettono di venderlo agli USA; l’Occidente resta a piedi.

© milano.repubblica.it

Così come la Seconda Guerra Mondiale (e l’immediato dopoguerra) hanno spazzato via praticamente tutti i costruttori di auto di lusso del Vecchio Continente, la crisi economica degli anni ’70 ha rischiato di inghiottire tutta la crème de la crème dell’automobilismo sportivo e di lusso dell’epoca.

Aston Martin finisce in receivership (amministrazione controllata) nel ’74, Lamborghini nel ’78, Maserati in liquidazione nel ’75, Citroën (che all’epoca faceva GS, CX ed SM, mica la C4 Cactus) si fonde con Peugeot nel ’74, Iso Rivolta fallisce nel ‘74.

Lo stabilimento Aston Martin di Newport Pagnell chiude © memorylane.co.uk

Ma torniamo alla nostra Monteverdi, che per sopravvivere deve fare numeri. Dunque, Sahara, Safari, Sierra e Sierra Convertible.

Safari, introdotta nel 1976, è la prima a vedere la luce, e si tratta di un International Harverster Scout 2 vestito da Fissore, con i ben più potenti Big Block Chrysler al posto del V8 originale come optional. Primo fuoristrada di lusso, l’unico concorrente che aveva sul mercato era il Range Rover, che però manteneva ancora il modesto equipaggiamento tipico delle vecchie Land Rover, mezzi da lavoro. Monteverdi risolve il problema: interni in pelle, aria condizionata, parasole laterali, stereo, vetri elettrici, servosterzo, cambio automatico e 4×4 disinseribile, ed anche qua, come sulla 375/4, troviamo optional come TV e frigo bar.

© ruoteclassiche.quattroruote.it

36 ordini al primo giorno del Salone di Ginevra, praticamente un anno di produzione delle High Speed. Ne vengono costruiti circa 2700 in quattro anni di produzione, più di dieci volte il volume di produzione di tutti i modelli High Speed. La Safari sarà particolarmente apprezzata nella penisola arabica, tanto che Monteverdi arriverà ad aprire delle agenzie in ben 5 Paesi del Medio Oriente. A bordo di Safari ci saliranno, tra gli altri, i reali di Persia e d’Arabia Saudita.

© monteverdi-book.ch
© monteverdi-book.ch

La Sahara appare nel 1978, ed altro non è che la versione per povery della Safari, ovvero il buon vecchio International Harvester Scout 2 con una mascherina diversa e degli interni un po’ più curati.

© carsforgottenstory.com

La Sierra è del 1977, e similmente alla Safari è un’auto di produzione americana spogliata e ricarrozzata da Fissore. In questo caso, come già accennato prima, si tratta della Dodge Aspen (in realtà della Plymouth Volaré, ma possiamo assumere siano la stessa cosa) motorizzata Chrysler 318, col cambio automatico Chrysler TorqueFlite A-904 3 marce. Oltre a carrozzeria ed interni, in questo caso anche le sospensioni vengono modificate, passando dalle barre di torsione a sospensioni indipendenti. La Sierra troverà 35 acquirenti, soprattutto hotel.

© monteverdi-book.ch

Sierra Convertible e Sierra Station Wagon, invece, sono del 1978 e si basano sulla Dodge Diplomat.

© monteverdi-book.ch

A questo periodo risale anche un’attività di studio di design. Vengono progettati dei fuoristrada leggeri (230, 250 Zivil, 260F), destinati all’esercito svizzero, i cui progetti vengono venduti alla Saurer. Ci sono anche design per Opel su base Diplomat, Subaru Wagon e DL, Toyota HiAce, Ford Granada, yatch, orologi… ma il più famoso resta quello per Range Rover, che Monteverdi si preoccupa di far diventare 4 porte. Due auto finiscono in dono alla famiglia reale, poi tutti gli inglesi ne vogliono una. Ne vengono prodotte 150 da Monteverdi prima che la British Leyland decida di costruirle in casa, pagando comunque i diritti del design a Monteverdi.

Allestimento 4 porte delle Range Rover © monteverdi-book.ch
La Toyota Hi-Ace segue gli insegnamenti di ̶Z̶a̶r̶a̶t̶h̶u̶s̶t̶r̶a̶ Monteverdi, tramonta e diventa Super-Ace © autoprospektesammlung.de
A Peter piacciono gli animali, quindi adotta dei fenicotteri. © monteverdi-book.ch

Nel 1980 termina la produzione Aspen/Volaré. Monteverdi ne approfitta per alzare il tiro e mira alla Mercedes classe S W126 passo lungo: nasce la Monteverdi Tiara, annunciata nel 1982 e venduta per 185 mila franchi svizzeri, quasi il doppio della Mercedes.

Questa non era uscita proprio bene © pinterest.com

Ne vengono prodotte tre, poi la baracca chiude e diventa museo, aperto dal 1985 al 2016, quando Paul Berger, storico collaboratore di Monteverdi, solo, vecchio, senza eredi e senza nessuno interessato, chiude e dona una trentina di auto al Verkhershaus der Schweiz (Museo Svizzero dei Trasporti) di Lucerna.

Fine della storia? No.

Una mattina del 1990, la radiosveglia si attiva, canta “Enjoy the Silence” dei Depeche Mode, e Monteverdi decide di fare casino.

Monteverdi è stato colto da una grave – e costosissima – malattia: la febbre della Formula Uno. Va in Gran Bretagna e compra il 50% della scuderia “Onyx Grand Prix”. La porta in Svizzera, la rinomina “Monteverdi Onyx Formula One” e la lancia in pista.

© pinterest.com

Il cavallo di battaglia si chiama Onyx ORE-1, esce dalla mente di Alan Jenkins (già passato per McLaren), è un telaio monoscocca in fibra di carbonio e monta il 3.5 V8 Cosworth DFR.

Peter dà un occhio all’aspirazione della bestia. © monteverdi-book.ch

Leggende narrano che la situazione fosse così disastrosa che le auto correvano con pezzi di sospensioni rotti e saldati, piantoni di sterzo montati al contrario, e che per tenerle in pista fosse stata cannibalizzata la collezione di auto di Monteverdi. Il miglior risultato raggiunto è un settimo posto al Gran Premio di Monaco, ma poi la pietosa faccenda si chiude a metà stagione 1990, al Gran Premio d’Ungheria. Restano un buco di qualche milione di franchi e qualche motore in giro per il garage.

Foitek va a prendersi il settimo posto al GP di Monaco 1990 © monteverdi-book.ch

Peter Monteverdi è malato, questa volta sul serio, e sa che il tempo non è dalla sua parte. Vuole costruire ancora un’ultima automobile, un’ultima creatura, la più estrema di tutte, un’hurrà finale ad un Amore che l’ha accompagnato per tutta la vita.

Alle tavole da disegno mette Klaus Frentzel, studente 24enne preso in prestito dalla Pforzheim Design School. A maneggiare il carbonio ci pensano Stephan Kurt e Mike Schneider.

Nasce nel 1992 la Monteverdi Hai 650 F1.

Peter intento a giudicare lo studente con lo stesso sguardo con cui pensionati giudicano i cantieri © monteverdi-book.ch
L’opera finale risulta gustosa © monteverdi-book.ch

Monoscocca in fibra di carbonio e pannelli d’alluminio a nido d’ape, carrozzeria in fibra di carbonio e fibra di vetro, sospensioni rubate dalla ORE-1, freni carboceramici AP Racing, 850 miseri kg spinti da un oltraggioso Ford Cosworth V8 DFR 3.5 da seicentocinquanta cavalli e undicimila giri.

© P̶o̶r̶n̶h̶u̶b̶.̶c̶o̶m̶ monteverdi-book.ch

850.000 franchi svizzeri, il doppio di una Ferrari F40, circa 45.000 dollari più di una McLaren F1.

La Monteverdi Hai 650, seppur rimasta allo stadio di prototipo (dovevano esserne fatte 12, ne sono state costruite 3, di cui una maquette senza motore), rappresenta la prima automobile stradale derivata dalla Formula Uno, assieme alla coeva Yamaha OX99-11 che però esteticamente non si può guardare. Per la Ferrari F50 bisognerà aspettare il 1995.

© monteverdi-book.ch
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Monteverdi si ritira in Marocco con i suoi soci più cari, allestendo un parco privato.

Sì, trasferirà lì i suoi fenicotteri.

© monteverdi-book.ch

Neanche tra la pace delle palme e degli animali Peter riesce a stare alla larga dalla velocità: si mette ad allevare dromedari da corsa.

Peter dà un occhio all’aspirazione della bestia. © monteverdi-book.ch

Peter chiude il cerchio tornando dove tutto è cominciato, a Binningen. La nostra storia si conclude nel 1998, quando Peter prosegue la sua corsa nei cieli.

La traccia del suo pellegrinaggio nel mondo dei motori viene oggi conservata al Museo Svizzero dei Trasporti di Lucerna.

© jag9889 @ flickr.com

PS: per chi fosse interessato, c’è un bellissimo film-documentario con interviste, foto ed aneddoti a questo link.

Peter che approva RollingSteel. © monteverdi-book.ch

Bibliografia:

https://monteverdi-book.ch/en/

http://www.monteverdi.ch/

https://www.zwischengas.com/de/blog/2012/10/31/Heron-Europa-und-sein-Verwandter-MBM-Tourismo.html

https://silodrome.com/monteverdi-high-speed-375s/

https://rmsothebys.com/auctions/lf16/lots/r160-1971-monteverdi-375l-high-speed-coupe-by-fissore/

https://www.autoclassmagazine.com/web/monteverdi-the-swiss-who-loved-italy/?lang=it

https://hls-dhs-dss.ch/it/articles/045537/2008-11-27/

http://www.pietro-frua.de/1968_monteverdi2000.htm

https://www.classicdriver.com/en/article/sponsored-content/monteverdi-hai-650-f1-a-swiss-shark-bound-monterey

https://wikipedia.it

http://www.jan-tucek.wz.cz/reklama/monteverdi/monteverdi%201928_1982/monteverdi%201928_1982.pdf

Articolo del 22 Maggio 2024 / a cura di Diego Nardelli

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  • Paulo

    No, vabbe’…spettacolo!!!
    Complimenti!
    Bellissima epopea, raccontata come sempre in maniera coinvolgente!
    Storia di una casa automobilista, a me, completamente sconosciuta.

  • Morgan

    Beh non avrei mai sospettato cotanta gnuranza motoristica in terra Elvetica.
    La macchina sterttamente derivata dalla F1 poi é pornografia non me le faccio a 4 mani solo perché ne ho 2!
    Tra l’ altro Monteverdi é il nome di in musicista a cui hanno intitolato un conservatorio qui dalle mie parti; pure questo Monteverdi ha fatto musica a modo suo.
    Quei tempi dovrebbero ritornare oramai non si innova per soddisfare un bisogno ma per innovare perché si vuole innovare per forza.
    Per esempio i russi se una cosa funziona la tengono(Come la Lada e la Soyuz no aspé “”Lada” e “funziona” nella stessa frase devo essere ciucco) e ho sempre apprezzato questa loro filosofia.
    Lungi dall’ essere un loro fan comunque basti cercare su GOOOOOOOOOOOOOOGLE “lago D’ Aral” per capire come mai non sono un loro fan ma diamo a cesare quel che é di cesare.

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