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Il Tifone Cobra

William, Frederick, “Bull”, Halsey Jr.

No, scusate. Non è lui, ma non ho potuto resistere. Il titolo era troppo invitante.

Bull Halsey è un nome che chi è appassionato di storia navale non può non conoscere, uno con il coltello perennemente tra i denti e che a guerra finita riusciva a diramare questo messaggio alle sue navi:

Cessation of hostilities.
War is over.
If any Japanese airplanes appear, shoot them down in a friendly way.

(traduzione per i non milanesi: “blablablalbla la guerra è finita blablabla se vedete qualche aereo giapponese abbattetelo in maniera amichevole”)

Se Nimitz era lo stratega della flotta del Pacifico, Halsey era la testa che comandava il braccio sul campo. C’è tanta letteratura su di lui, il personaggio aveva iniziativa (anche troppa) e carisma.

Da un lato era il classico ammiraglio che muove navi come pedine, ma dall’altro era uno che mangiava in mensa con i marinai e si faceva tutta la coda allo spaccio di bordo.

Forse su Rollingsteel parleremo ancora di lui, magari riguardo alla celebre battaglia di Leyte Gulf che lo vide protagonista con diversi chiaroscuri. Avete mai sentito il famoso messaggio di Nimitz: Where is repeat where is Task Force 34? The world wonders?

Oggi vi raccontiamo però di una delle pagine più nere del suo comando nonché dell’unica vera netta sconfitta che riportò: 3 navi affondate, 197 aerei distrutti e 800 uomini morti.

Il bollettino di uno scontro navale importante, solo che il 17 dicembre del 1944 Halsey non si trovò di fronte una flotta giapponese, ma un tifone colossale: un tifone destinato a passare alla storia come Tifone Cobra o, per gli amici, Halsey’s Typhoon.

Il Tifone Cobra visto da un radar

Halsey è al comando della Task Force 38, un discreto gruppo che conta 86 navi assortite tra cui la sua ammiraglia, la corazzata New Jersey.

Esatto, quella corazzata lì, quella che abbiamo visitato per voi e della quale trovate un incredibile (per dimensioni e contenuti) articolo su Di Brutto 5 muovetevi a preordinarlo suvvia.

Il Direttore in visita alla New Jersey

In quell’articolo vi spieghiamo, tra l’altro, come le corazzate non fossero solo un’enorme pontone per cannoni, ma avessero anche un ruolo di servizio per la flotta fungendo da nave ospedale e rifornimento.

Ed è anche questo il motivo per cui il Tifone Cobra sorprende la flotta di Halsey impegnata in difficili manovre di rifornimento carburante; la flotta è infatti reduce da una serie di operazioni che hanno fatto consumare molto e dato poco respiro per amenità come la nafta in pieno oceano.

Le previsioni meteo dell’epoca sono ancora poco precise e le condizioni precipitano in modo inaspettato costringendo Halsey ad interrompere i rifornimenti. Già le corazzate tendono normalmente a risucchiare verso di loro i piccoli destroyer affiancati, ma con quel mare il rischio di una collisione è troppo elevato.

Così, mentre all’ora di pranzo cade la notte e il vento inizia a salire sempre più forte, viene dato l’ordine di procedere in formazione e di zavorrare le navi con acqua di mare.

Quest’operazione si rende necessaria perché molte di esse sono quasi a secco e l’elevato galleggiamento le rende instabili. L’ordine però viene eseguito controvoglia: l’acqua di mare deve andare anche nei serbatori del carburante che devono poi essere bene puliti per essere riutilizzati, ritardando ulteriormente il rifornimento. E’ per esempio questo il caso dello Spence (DD-512) che aspetta a zavorrare e si posiziona accanto ad una nave cisterna sperando di trovare la giusta finestra meteo.

Ma una finestra meteo non c’è, nemmeno quando l’occhio del ciclone passa sulla flotta.

Operazioni di rifornimento
Gli ultimi tentativi

Halsey dalla New Jersey fatica a rendersi conto di quel che sta per succedere.

Con i suoi 270 metri la gigantesca corazzata nasconde le reali condizioni del mare facendo sì che il vecchio Bull non si renda subito conto del guaio in cui sta cacciando l’intera flotta.

Certo non è che la New Jersey cavalchi esattamente le onde, piuttosto cerca di sfondarle con la sua terrificante inerzia e le sue corazze spesse come un braccio. I libri di bordo riportano secchiate di green water (quindi non semplice bianca spuma) sui finestrini dell’alta plancia.

E poi come le altre Iowa la nave rolla, rolla parecchio.

La New Jersey si fa strada di forza tra le onde

La nave ammiraglia riesce comunque a fronteggiare il mare in tempesta senza accusare troppo, anche se soffre e cigola. La sottile sezione di prua non corazzata stride, flette e si piega, è un’area notoriamente debole della classe Iowa. Si aprono piccole falle interne e sembra che da un momento all’altro possa staccarsi per andare a fondo, ma in qualche modo tiene. A poca distanza però la corazzata capoclasse “Iowa” piega un albero dell’elica e si perde un aereo in mare.

Non va altrettanto bene per i piccoli destroyer che lottano con onde più alte di loro e venti senza un senso.

Pesanti spesso persino meno delle 2200 tonnellate di una singola torre della New Jersey, i piccoli vascelli sono affilati e pensati prevalentemente per la velocità. Con poco carburante faticano a tenere la formazione e Halsey ritarda troppo l’ordine di scioglierla, lasciando che ognuno affronti il mare secondo necessità.

Mentre il vento continua a salire alcuni equipaggi dei destroyer iniziano ad abbassare il baricentro gettando in mare le pesanti sovrastrutture aggiunte nei livelli più alti per la guerra: principalmente radar, contraeree e altre apparecchiature elettriche. A qualcuno il vento strappa il fumaiolo semplificando l’operazione.

I più pronti riescono così a sopportare le terrificanti raffiche a 110 nodi (parenti di 200 km/h) che li sdraiano facendo raggiungere inclinazioni di anche 70°.

Dall'inglese "to list", trad. pendere da una parte in modo preoccupante

Non sono però così bravi o fortunati lo Hull (DD-350) e il Monaghan (DD-354).

Il primo, lo Hull, viene sdraiato al punto da mettere il fumaiolo in mare, da lì entra acqua si capovolge rapidamente andando a fondo. Il Monaghan soffre una sorte analoga, durante una forte rollata l’acqua entra dalle prese d’aria, l’impianto elettrico va in tilt e il timone si blocca tutto a dritta. E’ questione di attimi e anche lui finisce capovolto.

Lo Hull

Una sorta analoga tocca allo Spence che abbiamo visto non essere riuscito a zavorrare in tempo le casse di carburante vuote.

Le cose vanno male anche sulle porterei leggere che spesso sono basate proprio su scafi di destroyer.

Uomini e aerei sul ponte cascano in mare manco fossero olive alla scuotitura. Negli hangar sotto il ponte gli aerei sbattono uno contro l’altro. Sulla Monterey (CVL-26) si innesca un incendio e solo lì vengono persi o danneggiati 34 aerei.

Servono le vite di 3 marinai e anche il giovane tenente (e futuro presidente) Gerald Ford rischia di finire in mare nelle operazioni di controllo delle fiamme.

Diverse portaerei ne usciranno con il ponte di volo danneggiato, da qui in avanti gli USA modificheranno il proprio design in modo che il ponte di volo sia a raso con la prua e non rialzato rispetto ad essa.

 

Immaginate cosa sta succedendo nell'hangar
Facce serene a bordo delle portaerei leggere
Ahia
Ahia, ma in bassa risoluzione

L’inferno dura l’intera giornata del 18 lasciando dietro di sé una scia di morti e di naufraghi.

Halsey, ancora ignaro degli affondamenti, non vuole rimanere nell’area e dà ordine di allontanarsi e ricongiungersi a Ulithi.

Indugia però a lungo sull’area il Trabberer (DE-418), forse perché ha lasciato le antenne in mare in una rollata a 60° e non riceve il messaggio. Continuerà a non riceverlo (o forse a ignorarlo) per 51 ore, salvando però 55 naufraghi e guadagnandosi titoli e medaglie dallo stesso ammiraglio che l’aveva richiamata più volte.

Nel dicembre dello stesso anno una corte marziale attribuirà ad Halsey la colpa del disastro, ma lo proscioglierà comunque dalle accuse per negligenza rimettendolo in sella. Lo ritroveremo sulla Missouri alla firma della resa giapponese e protagonista di un altro incontro ravvicinato con un tifone.

Quella seconda volta la corte cercherà di punirlo, ma, un po’ come Maverick, anche Halsey ha il suo Icemen all’ammiragliato e Nimitz chiuderà la pratica a fronte delle sue ragguardevoli performance in guerra (per qualcuno opinabili, ma per contraddire Nimtiz bisognerebbe avere almeno una portaerei nucleare intitolata).

 

Portaerei classe Nimitz, notare la conformazione "a raso" della prua

Vi aspettiamo su Di Brutto 5 per una memorabile monografia sulle corazzate. Chi non lo prende è una TURBOPOMPA grippata.

Anzi, spoiler: ci saranno i TURBOCALDERONI, basta questo per comprarlo.

 

Nota finale interessante del direttore: perché Halsey viene considerato un personaggio controverso? Beh, la storia è lunga e legata a diversi fattori. Prima di tutto Halsey non è passato alla storia per essere no particolarmente morbido o restio a mandare i suoi uomini in combattimento, anzi, potremmo tranquillamente definirlo un attaccabrighe. Secondo, a causa del suo atteggiamento particolarmente grintoso, Halsey mise a serio rischio l’intera Battaglia del golfo di Leyte, vittoriosa per gli USA ma per il rotto della cuffia.

La storia è lunga e complessa, vedo di riassumervela in poche righe perché ci vorrebbe un articolo solo per lei: nell’ottobre 1944 le forze statunitensi effettuarono uno sbarco anfibio sull’isola di Leyte, occupata dai giapponesi, nelle Filippine centrali. Le forze navali giapponesi, in grave inferiorità numerica rispetto alla Terza e Settima Flotta statunitensi, tentarono di fermare l’invasione attaccando le navi anfibie statunitensi a Leyte e fu così che i comandanti della Terza e della Settima Flotta, l’ammiraglio Halsey e il viceammiraglio Kinkaid, si trovarono di fronte a un’invasione imprevista.

A questo punto però viene fuori il classico problema tutto statunitense dato da una catena di comando spesso troppo complessa e arzigogolata: nonostante stessero combattendo lo stesso nemico nella stessa zona, Halsey e Kinkaid riferivano a superiori sperati (a Nimitz il primo, a MacArthur il secondo) i quali a loro volta avevano gravi lacune di comunicazione. Fu quindi così che, mentre una delle forze giapponesi al comando del viceammiraglio Kurita aveva quasi raggiunto l’obiettivo lasciando una portaerei come esca, Halsey – noto per la sua vocazione all’azione e al voler a tutti i costi dare battaglia – abboccò, attaccando questa portaerei lasciando scoperte le altre forze impegnate a Leyte.

Ora, sebbene Halsey effettivamente cadde nell’inganno giapponese e il problema venne accentuato dalla farraginosa catena di comando statunitense, rimane il fatto che il nostro “abbandonò” i suoi colleghi, ignorando le richieste di aiuto di Kinkaid e mettendo a serio rischio il risultato di una battaglia fra le più feroci e terribili che ebbero luogo nel teatro del Pacifico, con l’attacco organizzato da Kurita che per poco non ebbe successo.

Articolo del 29 Maggio 2024 / a cura di Paolo Broccolino

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  • Giuseppe De Chiara

    La prua delle portaerei “a raso” si chiama, non a caso, Hurricane Bow.
    E non è un’invenzione americana, bensì inglese.
    Infatti la Ark Royal nel 1937 già disponeva della Hurrican Bow apposta per affrontare l’Atlantico

    E’ vero che Lexington e Saratoga avevano la prua chiusa ma questa caratteristica, più che da una precisa scelta progettuale, nasceva dal fatto che entrambe le navi erano derivate dagli incrociatori pesanti Classe Lexington con il minimo delle modifiche possibile e necessarie.

  • Andrea Alberici

    Se riparlerete di Halsey ricordate che a 50 anni prese il brevetto di pilota x  capire la guerra aerea
    Assieme a lui lo prese John McCain Primo che era il nonno del senatore sconfitto da Obama
    “Tutto il mondo se lo chiede” e di Shakespeare, e pare che fosse un codice per chiudere i messaggi quel giorno
    Certo è che quella frase tolse al mondo l’ultimo scontro tra corazzate moderne 

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