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Locomotiva M-497 Black Beetle, un aereo coi piedi per terra

“Grande Giove!” Probabilmente questa sarebbe stata la reazione di Doc alla sola vista della Black Beetle. D’altronde parliamo di un treno e… di un aereo a reazione, o meglio di quello che mi piace pensare come il risultato di un’ubriaca e focosa notte fra i due. 

Tutto inizia negli anni ’60 negli USA, quando il trasporto su rotaia stava subendo un forte declino dovuto alla crescita delle compagnie aeree, unita allo sviluppo di un sistema autostradale altamente competitivo. Fu in quel momento che gli ingegneri Don Weztel ed Hank Morris lanciarono la pazza idea di prendere una locomotiva e piazzarci sopra un due motori a reazione, un po’ come quando da piccoli fantasticavamo con le bic ed i righelli per creare il futuro dell’aeronautica.

La cosa ancor più sorprendente fu che a questa stramba idea ci fu qualcuno di ancor più pazzo che l’accolse, un certo Alfred Perlman, presidente della New York Central Railroad. Nacque così al Collinwood Technical Center di Cleveland il progetto Black Beetle, che in soldoni voleva dire prendere una locomotiva Diesel M-497 – scelta perché la disposizione interna permetteva la facile riconfigurazione per installare la strumentazione necessaria – ed unirla a due motori a reazione modello General Electric J47-19 provenienti da un Convair B-36 “Peacemaker”, bombardiere oramai prossimo alla pensione e che qualcuno provò a far volare con un reattore nucleare ad alimentare i motori.  E nozze furono.

– quello qui sopra è un NB-36H, si notano le prese d’aria per alimentare il reattore nucleare nella parte terminale della fusoliera. Articolo dedicato a questo mostro volante QUI

Come tutti i matrimoni, anche questo ebbe bisogno di un po’ di tempo per prendere il largo. Con un peso a vuoto di circa una tonnellata e mezza l’uno i motori a reazione non erano certo la cosa migliore da piazzarsi sopra la testa come se nulla fosse: vennero quindi rimossi i sedili passeggeri per far posto ad un pilone di supporto e permettere così l’installazione di questi bestioni sull’imperiale della locomotiva. Ma dove però? La moglie di Wetzel, Ruth, un’artista, fu la prima a suggerire che i motori dovessero essere collocati nella parte anteriore della loco, sopra la cabina, per la sola ragione che così aveva un aspetto migliore. Furono tutti d’accordo – d’altronde, come contraddire una donna?!

– qui sopra potete vedere i due J47 senza la gondola aerodinamica che di solito li copre –

Vennero poi fatte modifiche per ridurre gli attriti aerodinamici e fu installato un nuovo scudo anteriore inclinato. La propulsione era completamente affidata ai due turbogetti, ognuno in grado di produrre circa 24 kN di spinta. I due motori Diesel Detroit furono invece lasciati al solo fine di alimentare il sistema di frenatura pneumatico ed i circa 50 sistemi elettrici supplementari installati per raccogliere dati, fra cui il registratore velocità, la temperatura dei cuscinetti e l’analisi delle caratteristiche di guida. Gli assi anteriori furono invece equipaggiati con piccoli trasmettitori radio per inviare informazioni in merito agli stress subiti durante la corsa.

Il risultato fu un treno che sembrava una via di mezzo fra RoboCop e Topolino, una specie di folle robot che ti guarda torvo attraverso le due fessure dei finestrini. Anche le persone che la costruirono sembrano dire “è mo so’ cazzi”.

Per i test ad alta velocità venne scelto il tratto di 70 miglia della linea principale vicino Butler, in Ohio. Con a bordo l’ingegnere Don Wetzel, alcuni membri per il controllo degli equipaggiamenti di monitoraggio ed una montagna di tappi per le orecchie, il 23 Luglio del 1966, su una sezione di 21 miglia, la Black Beetle raggiunse la bellezza di ben 295,88 km/h, un record per un veicolo su rotaia leggera all’epoca. Furono eseguiti altri test il giorno seguente, tuttavia l’unità subì un guasto e quindi non poté bissare il record raggiunto precedentemente. 

– Pagina dello Star Press dedicata all’evento, 24 luglio 1966 –

– L’ingegnere Don Wetzel fa il figo davanti alla sua creazione dopo aver ottenuto il record di velocità –

Nonostante le ottime prestazioni, alla fine della fiera questa locomotiva non fu mai presa in considerazione seriamente per la produzione su larga scala, figurandosi piuttosto come un’ottima ed affascinante strategia di marketing per volgere nuovamente i riflettori su un settore che stava subendo il declino. D’altronde c’è poco da fare, i motori a reazione sono tutto tranne che economici, consumano come dei mostri specialmente a basse velocità, fanno un rumore folle, sono delicati (in volo rischiano di ingerire qualche volatile, a tre metri di altezza tirano dentro di tutto) e, se non bastasse, montati su una locomotiva che corre a folle velocità alzano una grande quantità di detriti, polvere e tutto quello che c’è attorno ai binari. Poi c’è da dire che se per montarli su una locomotiva devo svuotarla per fare spazio alle strutture di supporto non ho fatto tutto questo affarone.

Comunque gli esperimenti condotti con il Black Beetle sono stati utili perché questo treno sperimentale, a parte tutto, ha dimostrato che i binari convenzionali potevano essere utilizzate nel servizio ad alta velocità dimostrando che sì, si poteva.

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Momento Reclàme

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Ma in tutto questo, secondo voi, i sovietici rimasero a guardare bevendo vodka e brindando tutti insieme “Za zdorovie”?! Assolutamente no, la loro fredda risposta fu racchiusa in sole tre lettere, consonanti colme di cherosene e stridore su rotaie: SVL. Infatti anche nella terra del caviale decisero di fare un tentativo pazzo, ed un po’ come si faceva a scuola copiando dal compagno di banco, qualche anno dopo la M-497 made in USA, nel 1970 i sovietici sfornarono il loro treno-laboratorio ad alta velocità con motori a reazione.

Partendo da una locomotiva ER22 e caricati a molla sia dal Black Beetle che dallo Shinkansen giapponese che nel frattempo sbriciolava ogni record, i sovietici decisero di dotare la loro locomotiva con due turbojet Ivchenko AL-25 provenienti dallo Yakovlev Yak-40, un piccolo trimotore business con “soli” 14,7 kN di spinta per ogni motore.

Lungo 28 metri e con un peso “piuma” di 54,4 tonnellate – incluse le 7,4 solo per il combustibile – è quasi superfluo dire che, nonostante vennero fatti diversi test su rotaia, l’idea pian piano si spense fino a rimanere un oggetto abbandonato, un po’ come la vostra voglia di andare in palestra dopo il pranzo di Natale.

Se avete avuto l’audacia di arrivare a leggere fin qui, probabilmente nella vostra testa vi frullerà ancora la domanda del perché piazzarsi due turbogetti sopra la cabina e non posizionarli magari in coda alla locomotiva – stile alettone da Pikes Peak. Beh, la risposta più probabile risiede nel fenomeno del cabraggio ferroviario – non è una parolaccia, ve lo assicuro.  Questo fenomeno risulta particolarmente importante, sopratutto quando una locomotiva traina un buon numero di vagoni o porta a spasso due turbogetti.

In poche parole, in una locomotiva che lavora in trazione succede che gli assi anteriori hanno meno coppia resistente rispetto a quelli posteriori per effetto del carico creato dal convoglio trainato. Oltre a questo il fenomeno è accentuato allo spunto (partenza da fermo) dall’applicazione della coppia motrice sugli assi motori della locomotiva che tende a far ruotare verso l’alto gli assi anteriori dei carrelli. Brevemente, volendo esagerare, la locomotiva, se non progettata correttamente e con troppo carico al traino, tenderà ad impennare – cabrare – come un trattore da tractor pulling.

Il cabraggio è un fenomeno pericolosissimo – infatti in Italia le locomotive più moderne hanno dei sitemi anticabraggio automatici – perché diminuisce l’aderenza delle ruote sulla rotaia, condizione che può portare ad un deragliamento del mezzo. Ora capiamo al volo perché in questi esperimenti i turbogetti vennero posizionati sul muso, in modo da bilanciare le masse sulla locomotiva e per evitare il fastidioso fenomeno del cabraggio, il tutto a scapito di bellissime partenze in impennata.

Articolo di Lorenzo Pollini

Articolo del 22 Dicembre 2021 / a cura di La redazione

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  • Lorenzo

    Purtroppo ci sono un paio di cose fuori posto in questa storia, l’avevo già citata nell’articolo sui record di velocità. La necessità erano dei test ad alta velocità sulla rete della New York Central, avendo bisogno di una forte accelerazione per accorciare lo spazio di “lancio”, fu scelto di costruire questo veicolo. Non era una locomotiva, ma una automotrice passeggeri tant’è che infatti il suo record non è per “locomotive”. Inoltre il suo scopo non fu mai di trainare qualcosa, tra l’altro come si vede bene in foto le corse di ritorno avvenivano “trainate” perché se non ricordo male era anche privata del motore proprio. Sul discorso del cabraggrio, che è un fenomeno molto fastidioso, ci sono vari accorgimenti che si usano sui rotabili con assi a motori dedicati (locomotive elettriche o diesel elettriche in genere). Di sicuro però per la M497 il problema era che in caso di svio, coi motori posteriori sarebbe decisamente volata dai binari dieventando un pericoloso dirigibile di inox senza elica e timone…

  • Jonh

    Very good

  • Meccbell

    E quindi la Sciura Wetzel oltre che di senso estetico era dotata anche di sane conoscenze anticabraggio?
    Mi sa che in casa Wetzel la Sciura era quella che oltre a portare i pantaloni maneggiava meglio anche il regolo calcolatore.

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