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IAR 80, l’aereo romeno che le diede al P-38 Lightning

“Foamea e cel mai bun bucătar”
-proverbio rumeno-

“Quel giorno ci siamo sentiti come se avessimo preso dei calci piuttosto duramente
-Capt. Richard “Dick” Willsie, pilota di P.38J Lightning, 96° Fighter Squadron-

Quando si parla di aeroplani della seconda guerra mondiale, in genere la mente corre inesorabile ai quattro o cinque velivoli più famosi del conflitto come il leggendario Spitfire, il losco BF-109, il selvaggio Mustang o il fragile gioiello della Mitsubishi, lo spettacolare A6M2 Zero (del quale parleremo nelle prossime settimane con un articolo bomba). Senza però togliere nulla a questi incredibili aerei, in quelli che forse sono stati i 6 anni più cupi che la recente storia dell’uomo abbia incontrato sono nati decine di aeroplani eccezionali andati dimenticati, vuoi a causa della sconfitta delle nazioni che li hanno costruiti, vuoi a causa del fatto che sono stati utilizzato solo in teatri “secondari” rispetto a quelli più famosi. Uno di questi potrebbe essere il rumeno IAR.80, uno degli aeroplani più particolari e efficaci del secondo conflitto mondiale.

In mano ad una masnada di piloti piuttosto incazzarecci, lo IAR.80 diede filo da torcere a nemici molto più blasonati e avanzati di lui, come la prima meraviglia di Clarence “Kelly” Johnson, il Lockheed P-38 Lightning, preso a sonori sberloni da questo strano caccia rumeno.

No no no, non mi sono sbagliato e non vi sto raccontando fuffa, datemi tempo e, ne sono sicuro, entro sera anche voi avrete un nuovo aereo preferito.  Per arrivare a questo, però, prima un po’ di appassionante storia dell’aviazione romena.

Istituita già nel 1910, la Regia Aeronautica Romena (RAR, una delle prima al mondo a dire il vero, l’Aeronautica Militare Italiana nasceva solo nel 1923, dopo essere stata scorporata dall’esercito) ha avuto un ruolo piuttosto importante nei primi anni della storia dell’aviazione. Nello stesso anno in cui veniva fondata la RAR faceva il primo volo il Vlaicu I, il primo aereo di costruzione romena (progettato da tale Aurel Vlaicu) e già nel 1916 la forza aerea romena aveva in linea 34 aeroplani, di cui 16 progettati da Henri Coandă, uno dei padri della propulsione a reazione. Suo infatti è il biplano Coandă-1910 che proprio in quell’anno effettuava il suo primo volo (che si concludeva con l’aereo distrutto e il pilota salvo per miracolo) grazie ad un innovativo motoreattore, anticipando di circa 20 anni i progettisti francesi, inglesi e tedeschi che in futuro avrebbero cambiato per sempre il mondo dell’aviazione. Il Coandă-1910, appena 7 anni dopo il primo timido saltello dei fratelli Wright, era capace di muoversi e di “volare” grazie ad un piccolo 4 cilindri in linea azionante, attraverso un riduttore di velocità, un compatto compressore centrifugo il quale, girando a circa 4000 giri al minuto, aveva la capacità di aspirare aria, comprimerla ed espellerla accelerata, spingendo così in avanti l’aeroplano. Ragazzi era il 1910, di sicuro oggi abbiamo l’acqua calda e PornHu Netflix ma io, da creativo, provo un’invidia grande come un 323 Gigant nei confronti di questi uomini che hanno avuto la fortuna di vivere un’epoca pionieristica, che figata!

Passata l’invidia per Coandă e dopo essermi preso due minuti per pubblicare una foto del culo del mio gatto su Instagram, procediamo con la storia della mitica Forțele Aeriene Române (abbreviata come FARR) avvicinandoci così alla vicenda protagonista della storia. Nonostante la Romania sia stata una nazione di frontiera nei confronti della nuova invenzione alata, le vicende storiche non l’hanno aiutata adeguatamente nello sviluppo di una tanto complessa quanto costosa industria aeronautica. Per questo motivo la prima guerra mondiale vide la Romania combattere con aeroplani inglesi e francesi, fra cui diversi Nieuport, Farman e Breguet. La vittoria nella prima guerra mondiale e i vantaggi quindi ottenuti a seguito del Trattato di Versailles e da quello di Trianon, permisero alla Romania di annettere non solo le regioni della Bessarabia (cosa che poi tornò indietro come un boomerang), Transilvania, Bucovina ma anche una buona parte dell’Ungheria, delle sue industrie e capacità produttive, con il risultato che fra le due guerre l’industria Romena conobbe un periodo particolarmente florido. Il tutto a dispetto di quello che sarebbe accaduto solo pochi anni più tardi, quando la Romania si avviò in una spirale politica/civile discendente che la portò in una situazione ben diversa da quella dei fasti del vecchio regno di Romania.

– L’Ungheria, gialla, prima e dopo il Trattato del Trianon: come potete vedere, all’epoca nacquero nuove nazioni nel giro di una mezza giornata, con confini imposti che però non rappresentavano alcun sentimento nazionale. Ora magari vi è più chiaro il motivo dei numerosi casini successi in quella zona: molti fatti anche moderni risalgono a decisioni scellerate prese al termine della prima guerra mondiale, complice lo zampino del presidente americano Woodrow Wilson, già all’epoca terrorizzato dall’avvento del comunismo sovietico –

Comunque, torniamo agli aerei che se no poi uscite dal sito: nonostante le buone capacità produttive romene, negli anni ’30  i reparti della FARR vennero equipaggiati con molti aerei stranieri, principalmente con i polacchi PZL P.11 e P.24 per la caccia ma dotati di motori costruiti su licenza in Romania dalla IAR e derivati dal Gnome-Rhône 14K Mistral Major, un grosso radiale a 14 cilindri a doppia stella da poco meno di 39 litri di cilindrata e con potenze dell’ordine degli 800-1000 cv a seconda delle versioni.

La IAR, però, pensava che oltre ai motori avrebbe potuto produrre con successo anche un aeroplano molto migliore di quei ferri vecchi che la Polonia (che durante la seconda guerra mondiale non mise in mostra queste grandi capacità combattive, così, per dire) gli aveva passato. Fu così che un bel team di progettisti ed ingegneri, capitanati dai professori Ion Grosu e Ion Cosereanu e dagli ingegneri Gheorghe Zotta e Gheorghe Vollner (menghia che fantasia nei nomi), si mise al lavoro per la costruzione di un nuovo aeroplano, partendo dal polacco PZL P.24 e dal Savoia Marchetti S.M.79 (il famoso “Gobbo Maledetto”) che all’epoca la IAR produceva su licenza. Da questo strambo incrocio di menti e aeroplani poteva nascere un obbrobrio. Invece, riprendendo il proverbio che vi ho appositamente messo ad inizio articolo “La fame è la miglior cuoca”, venne fuori un ferro particolarmente interessante.

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Dai fogli venne infatti fuori lo IAR.80, un filante monoplano monomotore interamente metallico e con rivestimento in duralluminio che riutilizzava in toto la parte posteriore della fusoliera del P.24 e la cui pianta alare riprendeva completamente quella del SM.79 scalata del 50%. Degno di nota è il posto di pilotaggio, posizionato sorprendentemente indietro rispetto al baricentro dell’aereo, caratteristica che dona allo IAR.80 un aspetto piuttosto grintoso (sembra un po’ un dragster, ricorda la vecchia Z3 M Coupè, con il pilota seduto sui semiassi posteriori). A spingere questo particolare aeroplano c’era poi sempre lui, il motore stellare raffreddato ad aria IAR K14 capace di raggiungere, nella sua versione top di gamma  -IV C32 1000A la bellezza di 1.025 cv, non male per un motore sviluppato in Francia nel 1929.

Il primo volo dello IAR.80 risale al 1939 ma numerosi problemi, specialmente per quanto riguarda l’approvvigionamento delle armi, ne ritardarono l’entrata in servizio fino al 1941; sull’aeroplano trovavano infatti posto quattro mitragliatrici Browning FN cal. 7,92 prodotte in Belgio su licenza americana: l’invasione tedesca del Belgio tuttavia bloccò le forniture d’armi a paesi che non facevano parte dell’Asse e la Romania potè riavere gli armamenti per lo IAR.80 solo dopo essersi alleata con la Germania, a partire dal novembre 1940.

Ora ci avviciniamo alla nostra storiella: al 15 aprile 1941 pare che in Romania ci fossero almeno 21 squadriglie equipaggiate con lo IAR.80 e con la sua versione da bombardamento in picchiata. Queste squadriglie ebbero il loro ben da fare per difendere il territorio rumeno, sia in Bessarabia quanto nella regione petrolifera di Ploiești, di grande interesse sia da parte dell’URSS che degli Stati Uniti. Mentre nel frattempo la guerra proseguiva, lo IAR.80, pur mostrando sempre buone prestazioni specialmente a bassa quota, iniziò a mostrare il fianco, dimostrando di non poter tenere il passo sia dei nuovi caccia sovietici che dei potenti caccia americani che scortavano i B.24 nelle loro massicce operazioni di bombardamento. Per questo motivo già dal 1943, un po’ come accaduto in Italia dopo l’armistizio del settembre di quello stesso ano, la FARR iniziò a venire equipaggiata direttamente con i potenti BF.109G, forniti direttamente dalla Germania o costruiti su licenza sempre dalla solita IAR. Insomma, per lo IAR.80 eravamo al tramonto.

Mica tanto.

Lo IAR.80 infatti, nonostante fosse stato relegato al ruolo di difesa delle città rumene, aveva ancora da far vedere il suo valore e le capacità dei suoi coraggiosi piloti. L’occasione si presentò con l’inizio dell’operazione Tidal Wave con cui gli USA iniziarono a prendere di mira in maniera piuttosto intensa la regione petrolifera di Ploiești bombardandola come se non ci fosse un domani. Inoltre, man mano che gli Stati Uniti risalivano l’Italia conquistando basi da cui far decollare bombardieri e scorta verso la Romania, questi bombardamenti divennero sempre più insistenti e violenti.

–  1944, Lockheed P-38J basato a Foggia, 14th Fighter Group, 48th squadron –

Arriviamo così al 10 giugno 1944: siamo a Foggia e 46 Lockheed P.38J Lightning del 95 °, 96 ° e 97 ° Fighter Squadron decollano in direzione Ploiești, ognuno con la sua bella bomba da 1000 libbre. Per quel giorno il piano di battaglia era il seguente: decollare da Foggia, sorvolare l’Adriatico sul quale ricongiungersi con i P.38 da caccia del 1°, 27°, 71° e 94° Fighter Group e poi, da lì, direzione Jugoslavia in formazione. Una volta entro i confini rumeni i piloti di P.38 – costantemente in silenzio radio – avrebbero dovuto raggiungere l’obiettivo volando a 50-100 piedi di quota (faccio io il conto per voi, sono 15-30 metri di quota, roba tosta) per cercare di sfuggire al complesso di radar tedeschi. Radar tedeschi che, sfortunatamente per questi ragazzi americani, sgamarono lo stormo quando era ancora in Jugoslavia, annullando così l’effetto sorpresa e dando alla caccia il tempo di decollare per andare a difendere il territorio rumeno.

Mentre dalla base di Pipera decollavano i Messerschmitt dei gruppi JG 53 e JG 77 e dalla Russia tornavano indietro i BF.109 G del Grupul 7, da Popesti decollavano tutti gli IAR.80 del Grupul 6 guidati dall’asso rumeno Dan Vizanti (15 vittorie). Tralasciando per un attimo il fatto che fra i Messerschmitt decollati da Pipera ce ne era uno pilotato dall’asso Jurgen Harder (64 vittorie, destinate ad aumentare nel giro di pochi minuti), uno da Rupert Weninger, uno da  Erich Gehring e infine uno pilotato da Willi Deyer, quello che quel giorno ci credeva di più era Dan Vizanti, deciso come non mai a difendere la propria terra dall’invasore americano a bordo del suo splendido aeroplano rumeno al ritmo di Dragostea Din Tei.

– “Spaco botilia amazo familia” cit. –

Pochi minuti dopo lo scramble Capitan Vizanti e tutto il suo Grupul 6 era in posizione, incrociando i P.38 proprio mentre sorvolavano a bassa quota l’aeroporto di Popesti. Gli IAR.80 si cacciarono all’inseguimento degli americani e, già al primo passaggio, quattro P.38 erano per terra in fiamme. Era solo l’inizio. Nei quattro minuti di battaglia che seguirono, quel mito di Dan Vizanti e i suoi 22 ragazzi tirarono giù 23 P.38, registrando solo due perdite (anche se il tenete Herbert “Stub” Hatch Jr. rivendicò 5 IAR.80 solo per lui, diventando così “asso” in un sol giorno). Attenzione cari leoni da tastiera, non stiamo dicendo che lo IAR.80 fosse migliore del P.38, stiamo solo dicendo che tutti i vantaggi che hanno fatto del P.38 una macchina eccezionale erano praticamente annullati alle quote alle quali avvenne questo scontro, comprese tra 100 e 300 piedi.

Che poi, il peggio per i piloti americani doveva ancora venire: i piloti dell’82esima, arrivati sopra la base di Pipera senza scorta, risalirono di quota in cerca dei loro compagni salvo scoprire che sopra le nuvole li aspettavano una quarantina di Messerschmitt della Luftwaffe pronti a fare il tiro al piccione: dei 48 P.38 armati come bombardieri quel giorno, solo in 24 furono in grado di sganciare il loro carico, nove vennero distrutti dalla FlaK e altri 10 furono pesantemente danneggiati al costo di un solo BF.109 G-6.

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Per i piloti americani, quella giornata su Ploiești non fu proprio un gran bel passatempo e, anzi, quanto successo quel giorno, con il 30% della forza aerea impiegata andata distrutta, rappresenta il peggior risultato fatto registrare in una singola missione da parte dell’aviazione statunitense nella Seconda Guerra Mondiale. Quel giorno i rumeni dichiararono 55 vittorie a fronte del fatto che “solo” 23 P.38 non tornarono a Foggia, mentre gli americani dichiararono 33 abbattimenti a fronte di una perdita effettiva di “soli” 14 aerei rumeni, di cui 10 caccia. Numeri gonfiati e una gran confusione a descrivere abbastanza bene quello che accadde in quegli anni sopra Ploiești, uno dei luoghi maggiormente presi di mira dagli alleati. Ma non quel giorno: il 10 giugno 1944 non venne registrato alcun danno degno di nota in quell’importante raffineria, cuore nevralgico della produzione di combustibile necessario per alimentare la folle mano armata del III Reich.

10 giugno 1944, il giorno più nero della storia del Lockheed P.38, il giorno in cui la sfavillante creatura di Kelly Johnson, l’uomo che poi darà vita a storie incredibili come l’F-117, lo SR. 71 o l’F.104, venne sculacciata in malo modo da un aereo rumeno basato sulla fusoliera di un vecchio ferro da stiro polacco, con l’ala di un aerosilurante italiano e con un motore  francese vecchio di 20 anni.

Articolo del 28 Settembre 2020 / a cura di Il direttore

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  • Adriano Palagi

    Sempre interessanti, ben scritte, un pizzico di umorismo ne fanno gli articoli da leggere in un fiato. BRAVISSIMO ma, sono di parte

  • Roberto

    Ogni articolo è una figata!
    Me li leggo la mattina… Così ci si sveglia a suon di grandi ferri!

  • Paolo

    Penso di avere visto il suo ultimo atterraggio a Londra mentre cercavo i Kew gardens nel 2003. Mi sono imbambolato in mezzo alla strada con gli occhi al cielo mentre stava sfilando sopra di me.e qualche gentleman inglese stava dimostrando che l’aplomb britannico è frutto di pura fantasia strombazzando contro di me… Un barbaro a bordo di una vecchia Austin Metro (un vero barbaro)

  • Eugenio

    Grazie per quanto scrivi. Sito fantastico per un malato di motori come me

  • Marco

    Non vorrei dire, ma un P38, caccia pesante bimotore, per giunta in configurazione da cacciabombardiere, lo avrebbe tirato giù anche un CR 42 in dogfight

    • Lele

      E infatti…

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