Sempre più spesso nelle pagine virtuali di Rollingsteel ci capita di sottolineare, con il fare critico degli anziani che osservano con le mani incrociate dietro la schiena i lavori in corso, di come il mondo dell’automobilismo stia dirigendosi verso un freddo, silenzioso ed assistito futuro digitale.
Fortunatamente per noi Highlander del ciclo Otto esistono ancora dei giorni nei quali ci capita di trovare chicche come quella di cui vogliamo parlarvi oggi.
Questi piccoli segnali, per la maggioranza delle persone, si confondono come lacrime nella pioggia (cit.) e scivolano via come rumore di fondo sull’immane colata di notizie su quanto sia figo il nuovo infotainment dell’ennesimo facelift dell’ennesima ed anonima scatola spostapersone da 2 tonnellate.
Per noi invece sono linfa vitale, sono gli essenziali e rari stimoli che ci permettono di allenare gli ormai atrofizzati muscoli ai lati della bocca responsabili di quel sorrisino stupido che tutti noi Dinosauri Petrolheads facciamo nel momento in cui vediamo una cosa clamorosamente ignorante.
Oggi vi parleremo dell’auto che ha vinto l’“Honda Super Tuner Legend Series” in vista del prossimo SEMA di Las Vegas.
No, non stiamo scherzando, aspettate la fine dell’articolo prima di partire con gli insulti.
Stephen Mines, un pacioccone californiano sulla sessantina e possessore a sua detta di “più di qualche Honda” ha dedicato i più recenti 5 anni della sua vita per creare una meraviglia su quattro – piccolissime – ruote.
La base è già di per sé un’idea geniale: una Honda N600, una minuscola Kei-car di fine anni sessanta (quella di Steve è del 1972), per nulla ispirata ad una nota auto inglese, che ha la particolarità storica di essere stato in assoluto il primo mezzo a quattro ruote del marchio nipponico ad essere importato negli Stati Uniti.
Il nostro Steve ha estratto e cestinato il modesto 600cc di alluminio da circa quaranta cavalli (a 9.000 giri!) per sostituirlo con un V4 motociclistico di derivazione VFR800 da circa 115 Cv con limitatore gloriosamente posizionato a 12.000 ululanti giri. Se aprite il cofano troverete ancora in bella mostra il rosso serbatoio della moto!
A chiudere il delizioso cerchio ci sono sospensioni di derivazione MX-5 controllate da ammortizzatori Koni, 4 bei freni a disco, sedili rubati ad un Polaris 4×4, paraurti di una Camaro del ‘67 e…udite udite, un bellissimo albero di trasmissione per trasferire la trazione alle ruote posteriori attraverso un glorioso sequenziale a sei marce con leve al volante.
Il tutto su circa 630Kg di ferro, alluminio e Gioia.
Ah, manca la retromarcia, ma chissenefrega, basta aprire la porta e spingerla elegantemente indietro con il piede, come ci è stato insegnato da nostri illustri Antenati.
E’ notizia freschissima che la Mattel abbia deciso di creare un modellino Hotwheels di questa meraviglia: esiste un modo più clamoroso per coronare la propria passione di meccanico e sancire di essere un Uomo arrivato?
Noi non crediamo.
Tra l’altro possono praticamente fare gli stampi sull’originale!
Grazie Steve per tenere viva la fiamma dell’ignoranza!
Foto via Honda