– Avete mai provato a fare la pipì controvento? Ecco, quello è il fuoco amico.
Da sbarbi, vi è mai capitato di prendervi una cotta di quelle pese per una tipa e, nel tentativo disperato di riuscire a portare a casa il risultato offrendole una serata divertente e alternativa, presentarla al vostro gruppo di amici? E che poi quegli stessi “amici” se la siano passata uno dopo l’altro, anche due contemporaneamente? Ecco, a me sì.
(Ragazzi io mi sarò anche fatto un gigantesco autogol, ma voi siete degli infami). Ora parliamo di aeroplani, valà.
Elegante, robusto e capace di evolversi per quasi 10 anni restando sempre attuale e micidiale, il Supermarine Spitfire è senza dubbio uno dei migliori aerei non tanto della sua epoca, quanto dell’intera storia dell’aviazione. Quello che però non tutti sanno è che il battesimo del fuoco dello Spitfire fu tutto tranne che un evento memorabile, anzi, fu proprio una roba da dimenticare.
Era infatti l’alba del 6 settembre del 1939 quando la neonata rete di radar inglesi – la prima della storia – lanciò un allarme preoccupante: stando a quanto rilevato dall’apparato, un grande numero di aeroplani nemici era in avvicinamento dal continente verso le coste del sud dell’Inghilterra. In risposta a questa minaccia un gran numero di aeroplani degli Squadron numero 56, 151, 54 e 74 venne fatto decollare in regime di “scramble”, fra cui moltissimi Spitfire, da poco arrivati a rimpolpare le linee della RAF.
– vacca che mezzo lo Spit –
Era il 1939 e nessuno dei piloti della RAF aveva mai combattuto; molti di loro non avevano neanche mai visto un aeroplano nemico: a questo aggiungiamo che le comunicazioni con i comandi di terra erano scadenti e il sistema IFF – Identification friend or foe, necessario per identificare automaticamente se un aereo ingaggiato è amico o nemico – ancora non esisteva. Ognuno di quei piloti era in volo aspettandosi di incontrare un aereo nemico e il risultato di questa foga fu che due piloti di Spitfire del 74° Squadron – il Flying Officier Vincent Byrne e il Pilot Officier John Freeborn – aprirono il fuoco contro due Hurricane del 56° Squadron, uno pilotato da Frank Rose – abbattuto ma sopravvissuto – e uno dal Pilot Officier Montague Hulton-Harrop, colpito alla testa da un colpo di mitragliatore e successivamente schiantatosi a terra nel villaggio di Manor Farm, nel Suffolk. Non solo Hulton-Harrop fu il primo pilota inglese morto durante la seconda guerra mondiale ma, nel casino più totale, uno dei nuovissimi Spitfire venne anche tirato giù dalla contraerea inglese.
Nella stazione radar di Canewdon lo schermo radar era stato installato al contrario (con il nord al posto del sud e viceversa) e, quindi, più aerei inglesi decollavano e più aerei “nemici” mostrava in avvicinamento sospetto dal continente. Quel giorno sui cieli dell’Inghilterra non c’era nemmeno un Messerschmitt Bf-109 e il primo aereo mai abbattuto da uno Spitfire fu un Hawker Hurricane. Ben fatto signori, ottimo lavoro.
Questo episodio di fuoco amico è solo uno dei tanti che si sono verificati nel corso della storia dell’uomo e nemmeno uno dei più eclatanti. Per trovarne un altro interessante dobbiamo salutare lo Spitfire e fare un rapido salto temporale verso i giorni nostri, avvicinandoci a quel brutto robo del Grumman F-11 Tiger, uno degli aeroplani più sfigati che abbiano mai avuto la fortuna di volare.
Progettato negli anni ’50 con l’obiettivo di migliorare il Grumman F9 Cougar implementando tutti gli ultimi ritrovati tecnologici e quindi di fornire alla US Navy il suo secondo aeroplano supersonico dopo il Douglas F4D Skyray, il F-11 Tiger venne disegnato seguendo la regola delle aree, fondamentale per diminuire la resistenza aerodinamica dell’aeroplano nel pericoloso regime transonico. Fra importanti innovazioni in campo aerodinamico e un potente motore turbogetto Wright J65 (derivato dall’inglese Armstrong Siddeley Sapphire), l’aereo fu in grado di avvicinarsi senza problemi alla velocità del suono già nel suo volo inaugurale nel 1954. Questo nonostante il suo motore non fosse dotato di post-bruciatore, novità che sarebbe arrivata solo sul secondo prototipo, che superò la barriera del suono senza problemi, diventando così il primo gattone supersonico della Grumman.
Insomma, sulla carta l’aereo non era male e la US Navy lo scelse per le sue portaerei, facendolo entrare in servizio a partire dal 1956 sulla USS Forrestal. Tuttavia, nonostante le buone intenzioni – che, sappiatelo, a volte non bastano – la carriera del piccolo F-11 Tiger fu una breve agonia: in quegli anni la ricerca in campo aeronautico procedeva a velocità che noi possiamo solo sognare e il Tiger, complice un motore cronicamente inaffidabile e una autonomia ridicola, venne surclassato dai nuovi aerei che in quel periodo sbucavano come funghi. Fra questi ci fu il maestoso Vought F-8 Crusader, le cui prestazioni eccezionali misero in ombra l’F-11, spingendo la US Navy a cancellare tutti gli ordini che aveva fatto pervenire alla Grumman: in questo modo vennero costruiti solo 199 F-11 da caccia e la sua versione da ricognizione non vide mai la luce. Entrato in servizio nel 1956, il Tiger usciva mestamente dalla porta sul retro già nel 1961, finendo a ricoprire ruoli secondari al Naval Air Training Command nelle basi di Chase Field e Kingsville, entrambe in Texas. I giovani piloti della US Navy, dopo aver completato il loro addestramento sui jet con il TF-9J Cougar passavano al F-11 solo per assaporare il brivido del volo transonico per poi mollarlo lì, e procedere nel loro training con gli aerei in servizio nella flotta.
Ma allora perché oggi la meniamo con l’F-11? Semplice, questo sfigatisssimo aeroplano, non contento di averle prese da tutti i suoi colleghi, è passato alla storia come il primo aereo che si è abbattuto da solo.
Ho la vostra attenzione? Bene, avanti: il 21 settembre del 1956, durante alcuni voli di test, il pilota collaudatore della Grumman Thomas gatto nero Attridge Jr. stava volando al largo della costa di Long Island a circa 20.000 piedi quando iniziò una ripida picchiata con il muso dell’aereo a 20° sotto la linea dell’orizzonte. A 13.000 piedi Attridge sparò una veloce raffica – durò circa 4 secondi – dai quattro cannoni Colt Mk.12 da 20 mm che equipaggiavano il suo aereo. A quel punto Attridge diede tutta manetta, inserendo il postbruciatore e procedendo nella picchiata aumentando la pendenza e sparando una seconda raffica per svuotare del tutto i caricatori. Mentre la picchiata proseguiva velocemente, a circa 7.000 piedi, il parabrezza esplose violentemente e il motore iniziò a tossire e a fare dei brutti rumori. Attridge cercò quindi di fare rotta verso la vicina base della Grumman, con l’intento di riportare a casa se stesso e il suo aeroplano: a due miglia di distanza dalla base e a 1.200 piedi di quota (ca. 360 metri, poca roba), con carrelli fuori, flap estesi e motore al minimo divenne evidente che l’aereo non ce l’avrebbe fatta. Attridge tentò di tornare sulla manetta ma, come lui stesso ebbe a dire, il J65 iniziò a fare il rumore “di un aspirapolvere Hoover che aspira ghiaia” per poi spegnersi definitivamente.
– rarissima fotografia dell’archivio USAF che ritrae l’espressione di Thomas Ridge-Att Jr. in quel momento –
A questo punto Thomas-palle-d’acciaio-Attridge optò per un atterraggio di fortuna, infilandosi fra gli alberi di un bosco che sorge poco prima dell’inizio della pista: nell’impatto l’aereo perse l’ala destra e uno stabilizzatore e scavò un fosso lungo 300 piedi. Appena fermo il carburante prese fuoco ma Thomas-culo-infinito-Attridge riuscì a slegarsi e ad abbandonare l’aereo seppur gravemente ferito, per poi venir tratto in salvo da un Sikorsky S-58 mandato apposta per lui che a momenti cade dopo che il pilota, a voler fare lo sborone, aveva danneggiato le pale del rotore principale contro gli alberi.
Mi viene da dire che a quel giorno a Thomas andò di culo.
Un indagine successiva arrivò a concludere che l’F-11 era stato colpito da tre proiettili da 20 mm che lui stesso aveva sparato. Il primo bucò il parabrezza, il secondo il muso e il terzo finì dentro la presa d’aria destra, colpendo le “guide vanes” del compressore e incastrandosi nel primo stadio di quest’ultimo. Quello che quindi all’inizio sembrava un violento fenomeno di bird strike, alla fine si rivelò nella sua sfigatissima verità: appena usciti dalle bocche da fuoco dei cannoni, i proiettili erano passati da circa 2.000 mph (velocità della volata del cannone più la velocità dell’aereo) ad una velocità molto più bassa a causa dell’attrito dell’aria, andando ad incrociare la loro traiettoria con quella dell’aereo che nel frattempo continuava ad accelerare con il post-bruciatore inserito… abbattendosi in maniera clamorosa da solo.
Thomas-nove-vite-come-un-gatto-Attridge, che rimase ferito in maniera piuttosto grave da questo strambo incidente (si ruppe una gamba e tre vertebre), tornò a volare circa 6 mesi dopo l’accaduto proseguendo il suo percorso e diventando poi project manager del programma LEM, il famoso modulo lunare delle missioni Apollo. Se quindi Attridge bene o male riuscì a farsi una bella carriera dopo l’incidente del F-11 Tiger, lo stesso nn possiamo dirlo per questo aereo che, dopo un periodo di servizio corto e poco significativo, entrò a far parte dei Blue Angels – la pattuglia acrobatica dello US Navy – giusto il tempo di essere sostituito dai ben più moderni e potenti McDonnell Douglas F-4 Phantom II.
Che dire….culo atomico, anzi, supersonico!
Guarda, caduto proprio no, ma in realtà è una cosa che accade. Se non erro un f16 olandese qualche anno fa fece la stessa cosa, mi pare che sia riuscito ad atterrare.
Confermo, non si tratta di un caso isolato. Ce ne sono stati diversi nella storia.
Ho letto proprio ora che un f35b, fiore all occhiello della tecnologia iuessei, si é smitragliato da solo, arrecandosi un bel po di danni….