Home / / G. Cinquanta, uno stradivari per le alte velocità

G. Cinquanta, uno stradivari per le alte velocità

“Le tre cose più importanti della mia vita? Tutte e tre cominciano per F: la Fiat, la Ferrari e la f…”
– (G. Agnelli) –

Siamo in periodo di salone nautico, quello che per noi appassionati e professionisti del settore rappresenta un po’ quella fiera dei balocchi che aspettiamo per un anno intero e appena inizia non vediamo l’ora che finisca. Proprio oggi, mentre passeggiavo sconfortato fra l’unico padiglione rimasto della fiera, mi immaginavo una scena che avvenne una sessantina di anni fa, alla sua prima edizione quando a comprare barche erano conti che giocavano a fare i puttanieri e non come oggi dove i puttanieri giocano a fare i conti (semicit.).

Salone nautico internazionale di Genova edizione del 1962 (io non c’ero…), stand del cantiere Navaltecnica, la gente si accalca a vedere la versione di serie del (non) vincente ‘A speranziella, quella barca che nelle acque del Solent fece tanto scalpore quasi vincendo la prima Cowes Torquay (per chi si è appena sintonizzato con noi, trattasi della più importante gara europea di motonautica d’altura). Fra i tanti ammiratori ce ne è uno che tutti i giorni si presenta, fa alcune domande al suo progettista, ovvero un giovane Renato “Sonny” Levi e se ne va. Ogni giorno la solita tiritera, quella tiritera che solo chi ha esposto al salone per tanti anni (come il sottoscritto che scrive) può comprendere, quella tiritera che porta a riscrivere la legge de “il cliente ha sempre ragione” con quella “ il cliente va buttato in mare con i piedi in un secchio di cemento” se non fosse che è il cliente a comprare le barche, quindi tocca subire…

All’ultimo giorno, quel rompi… capo di cliente si palesò, era il grande Pietro Baglietto, discendente della celeberrima dinastia di costruttori di barche che all’epoca era all’apice del successo mondiale, il cantiere Baglietto di Varazze. Confidò a Sonny che aveva un cliente rompi… coglioni (scusate ma quando ce vo’… ce vo’…) a cui però non si poteva mai dire di no (gli avevano già fatto diverse barche) che lo aveva incaricato di trovargli una barca per poter partecipare alla seconda edizione della Cowes Torquay. Pietro Baglietto, dopo aver messo a dura prova la pazienza di Sonny, capì che questo era l’uomo giusto (leggasi aveva un livello di sopportazione altissimo), così lo convinse a seguirlo per fargli incontrare questo clientone. Immaginatevi la scena… megaditta, uscieri in divisa, ascensore che sale con coro di campanelle quando arriva all’ultimo piano, mega ufficio con serra di piante di ficus e laggiù in fondo seduto alla scrivani Lui, L’avvocato, il re della Fi…at, Gianni Agnelli.

Il nostro Sonny, probabilmente con la salivazione azzerata, sentì le richieste dell’erremosciato illustre industriale, il quale voleva una barca con cui vincere quella famosa gara, doveva essere tutta italiana e non doveva essere seconda a nessuno.

Così Sonny si mise al lavoro e concepì una versione estrema della sua ultima creatura, “A’ Speranziella” (ne parliamo QUI). A spingerla erano tre mostruosi motori V8 Maserati da 5,4 litri per 430 cavalli ciascuno, gli scarichi erano liberi a murata come oggi troviamo sulle più ignoranti auto da drifting (di notte si levavano dagli scarichi fiamme blu che in confronto uno Spitfire era un giocattolino da bambini), faceva tanto rumore che un jet in decollo al confronto era una Prius. La barca venne varata in pochi mesi ma al varo non ne voleva sapere di prendere tutti i giri. Il collaudatore della Maserati, tale Guerino Bertocchi (una sorta di Valentino Balboni ante litteram) trovò il problema nell’alimentazione, infatti consumava talmente tanto che una pompa benzina standard non era abbastanza, leggenda narra che presero in prestito la pompa della piscina dell’avvocato ma in realtà si limitarono solo a collegare 3 pompe standard in serie. Una volta sistemato il problema, la barca schizzò in planata ed i tre motori la spinsero sempre più veloce fino alla soglia dei 45 nodi e soprattutto dei fatidici 6000 giri. Il Guerino, che solo dopo si scoprì che non sapeva nuotare, seguì i motori durante tutta la movimentata prova con stoico eroismo, ma alla fine, in stretto dialetto modenese disse al Sonny che in vita sua era stato in auto con Nuvolari, Ascari, Villoresi, Fangio e molti altri, ma non si era mai cagato addosso come quella volta in barca con lui. Ebbe la sua vendetta quando un paio di settimane dopo, portò Sonny a fare un “tranquillo” giretto con una Maserati 5000 GT (probabilmente quella realizzata per l’avvocato, che per diktat aziendale non aveva gli stemmi Maserati) e gli volle fare vedere a tutti i costi i 7000 rpm (prego immaginarsi il ghigno malefico del Guerino che il fido Muttley levati).

Ah, dimenticavo il nome di questa meravigliosa macchina da guerra… “Ultima dea”, un nome che di suo è già poesia.

– Ultima dea in piena velocità con l’Avvocato al timone –

Forti dell’exploit dell’anno precedente con “A’ Speranziella” (e con il culo coperto dall’avvocato), il Cantiere Navaltecnica, in puro stile Geom. Luciano Calboni, noleggiò addirittura un piccolo cargo tutto per se, dipinse il nome del cantiere sulle fiancate e si presentò in “punta di piedi” (sboronata pazzesca) alla gara con addirittura 4 barche sulla linea di partenza. Purtroppo fu una gara sfortunata un po’ per tutte e quattro, l’Avvocato infatti incontrò un suo alter ego inglese che al posto di tre motori da vetturetta sportiva, ci mise addirittura due motori da motosilurante (quei mitici motori V18 Isotta Fraschini, allora già CRM) a spingere il Tramontana, così si chiamava, che vinse a mani basse. L’avvocato arrivò terzo ma diede al mondo una lezione di sportività auto-squalificandosi in quanto aveva il dubbio di aver passato una boa dal lato sbagliato, meglio ritirato che terzo… se il secondo è il primo dei perdenti, figuriamoci il terzo…

– “…questa volta ne fece chiamare nove, una media di due ed un quarto a persona…” (cit. il secondo tragico Fantozzi) –

– “Una cosa fatta bene può essere fatta meglio” (cit G. Agnelli), ovvio che un terzo posto non gli andava proprio… –

L’avvocato era un tipo tosto, ci riprovò anche l’anno dopo ma spaccò un invertitore il giorno prima della gara… pare che questa gara non s’abbia da vincere, ne ora ne mai…..

Ma l’avvocato non è come un tal Tramaglino e non si lascia scoraggiare, dopo un paio di anni si fa progettare sempre da Renato “Sonny” Levi una nuova barca, chiamata in maniera scaramantica “Ultima Volta”. Questa volta, (più o meno l’ultima) mise da parte i motori della concorrenza modenese e decise di metterci un gigantesco (e pesantissimo) motore turbo diesel di sua produzione, un motore di solito usato su treni. Ora, la prossima frase la dovete leggere con la voce del Rag. Filini. Era il mastodontico Fiat Carraro V12ss, un motore di 32 litri di cilindrata che pesava un paio di tonnellate e che esprimeva 850 cavalli a soli 1700 giri (lascio ai patiti della matematica il calcolo della coppia mostruosa che doveva avere). La barca, a causa del motore da locomotiva, fu un fiasco e per Agnelli questa fu davvero l’ultima volta sui campi di gara.

– Ultima volta, o quasi…. –

È vero che i soldi non sono tutto, però è anche vero che la fortuna di avere i soldi non è poi così una sfiga… siamo nel 1967, l’Avvocato, in un momento di noia, alza la cornetta e chiama il nostro mitico Ing. Levi, anche questa volta con una richiesta semplicissima: “Ingegneve, la pvego di favmi un bavca con la quale possa assiteve alle gave di motonautica covvendo davanti al pvimo… ah, dimenticavo deve fave almeno 50 nodi, anzi… 55 ed aveve tanto spazio pev la bevnavda.” facile no!? Quindi, ricapitolando, una barca da crociera, con tanto spazio per il carico utile (“bevnavda”) e veloce abbastanza da correre davanti al primo.

Ma visto che a quel cliente non si poteva dire di no, Sonny si mise subito al lavoro per immaginarsi qualcosa di ardito, oltraggioso, sfacciato…

La soluzione fu quella di utilizzare il suo micidiale scafo “delta”, ovvero una sua vincente geometria caratterizzata dal fatto che in qualsiasi direzione si guardi lo scafo, la forma è sempre quella a “delta”, una sorta di scheggia a sezione triangolare dove la faccia minore coincide con lo specchio di poppa. Sonny, con questo scafo, stava dominando tutte le gare di motonautica di quell’epoca ma per renderla veloce come quelle da gara nonostante l’aggiunta di “tanto posto pev la bevnavda” dovette ricorrere alla sfacciata configurazione a 4 motori. L’Avvocato voleva che tutto fosse italiano, quindi si abbandonarono i delicati motori Maserati e si optò per 4 leggeri, compatti ed affidabili motori V8 BPM. Se non conoscete i leggendari motori marini BPM è un problema tutto vostro, ricordatevi che la nautica non ammette ignoranza…. però a differenza delle legge, non è uguale per tutti (infatti l’avvocato ce l’aveva più grande e più veloce).

G come Gianni, Cinquanta come i nodi a cui arriva

Per privilegiare l’affidabilità, i motori furono scelti in versione normale, solo (solo…) 8 litri di cilindrata, ovvero i BPM Vulcano da 320 hp. Due motori erano posizionati a prua del pozzetto e muovevano le due eliche laterali, essi servivano per entrare ed uscire dai porti a medio-bassa velocità e per manovrare. Appena si era fuori, allora si dava fuoco alle polveri, si accendevano gli altri due motori che erano posizionati a poppa del pozzetto e come due vulcani in eruzione (di nome e di fatto) girando le 2 eliche centrali facevano schizzare la barca a velocità che per l’epoca erano terrificanti, nelle prime prove a mare si passarono di slancio i 55 nodi, conditio sine qua non imposta dall’Avvocato.

“pussy magnet” ehm… G. Cinquanta –

Ah, non abbiamo parlato del design… come fece anche qualche anno dopo con il Destriero, l’umile Avvocato Torinese chiamò un altrettanto umile atelier fondato qualche anno addietro da un certo Giovanni Battista Farina detto Pinin, vi dice nulla?

     Alloggiamento per “bevnavda” e trono per il re Gianni, il tutto by Pininfarina –

Ricapitolando…. prendete un plurivincente scafo da offshore, ci sbattete dentro 4 ululanti V8 italiani tutti in lega leggera, poi fate disegnare la coperta da un mostro sacro del design, infine fate magistralmente costruire il tutto con il miglior legname esistente dal cantiere Delta (ci credereste che solo per caso si chiamava come la geometria dello scafo? Io no…) di Anzio, il risultato non poteva che essere dato 1:1 dai bookmaker inglesi… in una parola sola… arrapante!

 – Un immenso Renato “Sonny” Levi alle manette sopra, il bellissimo G-Cinquanta a tutta manetta sotto-

L’avvocato ne fu più che soddisfatto, tutte le sue richieste erano state esaudite se non superate. Oltre ad andare più veloce di quanto sperasse di andare, Sonny fu in grado di metterci addirittura anche una piccola cabina con due letti per poter consumare ostriche e champagne con la “bevnavda” di turno.

La prima stagione fu un successo, mai un problema, sempre a manetta fra la Costa Smeralda e Saint Tropez. Per avere una definizione perfetta di quel “gran legno” che era, si è dovuto aspettare addirittura il 2006 quando il famoso giornalista Borat Sagdiyev (Борат Сагдиев nella sua lingua madre kazaka) coniò il termine scientifico “Pussy magnet ”… mai definizione più appropriata.

L’unica rimostranza che L’Avv. fece fu che il parabrezza era troppo basso e che quindi non proteggeva abbastanza chi stava al timone, ad alte velocità non riusciva a tenere tutti e due gli occhi aperti insieme, ma soprattutto, pare che la pressione dell’aria sul volto fosse così forte da rovinargli temporaneamente i lineamenti e quindi renderlo meno appetibile alle “bevnavde” che aveva a bordo, ragazze che ovviamente erano attratte principalmente dai suoi lineamenti… Sonny non se ne fece un grande problema, tanto il parabrezza lo aveva disegnato quell’atelier che si faceva vanto di aver sviluppato il design nella galleria del vento, quindi ne rifece uno ben più efficiente e senza galleria del vento.

La barca era bella come uno stradivari, rumorosa come una telecaster by Jimmy Page, veloce come una stratocaster by Steve Ray Vaughan, robusta come il martello di Thor e nel mediterraneo divenne il sogno proibito di tutti i sedicenti viveur e la frustrazione di tutti gli altri amici rivali dell’Avvocato, tutti tranne uno…. il conte Agusta.

– Una stratocaster by Stradivari!?-

Dopo che Il Conte Mario Agusta aveva mal tollerato le incursioni saracene (in stile torinese) dell’Avvocato con il suo G. Cinquanta – incursioni che, come all’epoca dei saraceni, terminavano puntualmente con razzie di gentil sesso – per puro caso un bel giorno si trovò Sonny Levi davanti al cancello della sua Fabbrica.

In realtà Sonny, da ingegnere aeronautico quale era, era andato alla venerata “Agusta spa” (quella degli elicotteri) per elemosinare un motore per il trabiccolo volante che si stava costruendo. Dopo un po’ che aspettava davanti ai cancelli, una grossa berlina si avvicinò, Sonny si fece avanti e vide il Conte seduto dietro. Sonny, introdotto da un amico comune che era con lui, si presentò e gli chiese in maniera totalmente informale ed anticonformista un motore per il suo velivolo. Il Conte gli chiese subito se era proprio lui quel Sonny che aveva progettato quella famigerata barca per “il Gianni” (siamo in Lombardia, l’articolo davanti al nome è d’obbligo), ovviamente Sonny ammise il malfatto ed il Conte gli disse subito che ne voleva una anche lui, uguale ma più veloce. Poi disse anche…. anzi, me ne faccia due, anche una simile ma solo per correre, poi alzò il finestrino e se ne andò.

Vi state appassionando vero…. Il Mario sfidava Il Gianni, poi venne subito anche un terzo sfidante, un certo Olivetti ed infine arrivò il Principe….

Volete sapere come andò a finire? Non dovete fare altro che rimanere sintonizzati su RollingSteel.it e vedere come la passione per la caccia alla fagiana abbia portato alla realizzazione di 3(+1) barche che più sexy non si può.

Come al solito vorrete sapere che fine ha fatto il G. Cinquanta… la barca è stata tenuta per molti anni da Agnelli, poi la vendette ad un suo nipote acquisito che la fece restaurare e mantenere da un mio caro amico, Genny Ingegno. Recentemente è stata venduta ad un’asta di Sotheby’s ad un prezzo “adeguato”.

– Il G. Cinquanta per la prima volta esposto al salone nautico di Genova, era il 2016 e questo gioiello, nonostante i quasi 50 anni di età, fu in assoluto la barca più ammirata di quel salone. La barca fu esposta grazie allo zampino dell’autore… –

Nel 2016 la facoltà di Ingegneria Nautica, con sede a La Spezia, onorò Renato “Sonny” Levi della Laurea Honoris Causa. Dopo una bella cerimonia a bordo del cacciatorpediniere Caio Duilio, Sonny tenne una indimenticabile Lectio Magistrali al Salone Nautico di Genova. Come docente ebbi l’immenso onore di partecipare a quei due giorni fantastici e di essere uno dei relatori, alla lezione ero seduto accanto a lui, mi ricordo che chiacchierammo molto. Dopo la lezione andammo tutti a vedere il G. Cinquanta che ero riuscito, grazie al mio amico Genny, a far portare per l’occasione al salone.

Sonny rivide per l’ultima volta la sua creatura più bella, la sua creatura più famosa, la sua barca che divenne leggenda. Essere lì con lui fu una esperienza unica ed indimenticabile, provo i brividi ancora ora. Quello, purtroppo, fu il suo ultimo salone, dopo un paio di settimane Sonny spirò.

Cinquantasei saloni nautici dopo, come già accadde per il primo salone nautico, gli occhi di tutti erano per quella sua creatura, il G. Cinquanta, che faceva bella mostra di sé appena si entrava al Salone, io questa volta c’ero ed ebbi l’onore di metterci lo zampino.

    Le ultime foto di Renato “Sonny” Levi con il suo capolavoro, nella foto sotto in compagnia dell’autore dell’articolo, il giullare Francesco Foppiano –

Articolo del 2 Gennaio 2024 / a cura di Francesco Foppiano

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

  • Paolo

    Amo gli aerei…non amo l’acqua…ma questi articoli fanno veramente emozionare. Grazie

  • Davide

    Semplicemente meraviglioso. Ora però voglio sapere delle altre barche!!!

  • Gallo Andrea

    Articolo spettacolarmente ironico in linea con gli standard della redazione, eccezionalmente emozionantete nel finale “Umano” con il progettista che saluta per l’ultima volta la sua “Creatura”. Complimenti !

  • enrico

    complimenti sempre articoli avvincenti Bravi

  • Marco

    Bellissimo articolo, bravi come sempre!

  • Daniele Vezzaro

    Questo sito migliora ogni giorno di più! Complimenti. Articoli mai banali e scritti magistralmente.

  • Bald

    Tutto molto bello, ma Stradivari del mare sono, sono stati e sempre saranno solo i Camuffo.

  • grandiosi come sempre.

  • Roberto

    Bè non mi soffermo mai a commentare ma… Hai scritto un articolo fantastico.
    La passione quella vera non la incontri spesso ma quando incrocia il tuo cammino la riconosci subito.
    Complimenti

  • marcello

    Bellissimo articolo, narrato in modo adeguato al personaggio ed alla meccanica
    Grazie ho letto con piacere, e le altre barche??

  • Diego

    Articolo bellissimo! Storie d’altri tempi…ma resto con una curiosità mostruosa! Le altre barche?

  • Max

    3 pompe in serie per 3 motori? che strana configurazione, perchè non una pompa per motore (in parallelo)?

Altre cose da leggere