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Fiat Coupé 20V Turbo, stalloni italiani

Per capire bene la Fiat Coupé bisogna tornare indietro di qualche annetto. Quando Fiat presentò questo ferro il mondo dell’automobile era molto diverso da quello moderno: era più variegato, con molte più case indipendenti l’una dall’altra e in generale con molto più stile e personalità. Erano gli anni ’90 baby, Greta e tutte le menate e rotture di palle moderne erano ancora lontane dall’arrivare.

All’epoca ogni casa automobilistica, dalla più blasonata alla più scrausa, aveva in listino una bella coupé con cui accaparrarsi clienti, gente appassionata di auto e meccanica, con buon gusto e in cerca di un’auto dalla linea slanciata e fluente con cui trasmettere all’esterno il proprio stile e carattere.

Era l’epoca della prima Mercedes CLK, della bella Peugeot 406 Coupé, della Rover 200 Coupé, della Volvo C70 Coupé… un gruppo di gran belle auto a cui si contrapponeva la mitica Lancia K Coupé, ancora brutta ma comunque meglio di qualunque crossover da fichetto/a.

Fu in questo panorama che la Fiat si trovò per mano il famoso pianale Tipo 2, una piattaforma con delle discrete velleità sportive sul quale nacquero diverse vetture di successo come l’Alfa 155 (se clicchi su queste parole colorate ti racconto una storia curiosa a proposito di questo ferro), le Alfa 145 e 146, la Lancia Delta seconda serie (HPE compresa) e, nel 1994, la mitica Fiat Coupé.

Abbiamo visto prima che le coupé dell’epoca erano macchine eleganti, caratterizzate da padiglioni sfuggenti e da un montante C particolarmente slanciato. La Fiat, nel dubbio, fece disegnare il ferro a Picasso Chris Bangle il quale (come suo solito) creò una macchina tanto particolare quanto arrogante e sgraziata.

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Fin dalla sua presentazione la Fiat Coupé divise in due i pareri, da un lato della barricata c’era chi la amava e dall’altro chi la odiava. Il suo design particolare e coraggioso rende infatti difficili le vie di mezzo. Il volume frontale così sproporzionato rispetto al resto, il cofano a bocca di coccodrillo, quei graffi laterali, i passaruota lisci senza “archetti”, il terzo volume così sfuggente, le ruote piccole e l’abitacolo così pronunciato: tutto nella Fiat Coupé è particolare e sfrontato, testimonianza di una Fiat coraggiosa, oltraggiosa e con la voglia di fare.

Un po’ come oggi.

Facendo finta di niente sull’ultima affermazione, possiamo tranquillamente affermare che – con ogni probabilità – il design della Coupé è vittima del pianale “Tipo 2”, se infatti prendiamo la Alfa GTV, anche lei fatta su questa stessa piattaforma, potremo trovare molte somiglianze.

Ad ogni modo, che piaccia o no, la Fiat Coupé è sempre stata un’auto con carattere e grinta, rivolta ad un pubblico più giovane e “smanettone” rispetto al cliente tipo della raffinata CLK o della Audi TT. A confermare questa tesi ci pensò la motorizzazione più potente, il clamoroso 5 cilindri in linea 20 valvole turbo che all’epoca impressionò tutta la stampa specializzata e che oggi impressionerebbe anche il più viziato fra i figli di papà.

La Coupé 20 V Turbo era infatti capace di prestazioni da fuori di testa, molto al di sopra di quanto dichiarato a Torino, molto al di sopra di quanto ci si potesse aspettare da una “semplice” Fiat. Prestazioni che, come da consuetudine Fiat, potevano migliorare ulteriormente con pochi e mirati interventi trasformando la macchina in un vero ferro da sparo. Proprio per questo l’ho voluta provare, sarà anche brutta ma sono proprio curioso di sentire come va questa importante icona della mia gioventù (rigorosamente dopo Mercedes Ambrus & amiche).

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Basta, saliamo a bordo e diamoci del gas

Giro la chiave, accendo il motore che borbotta sornione al minimo. Infilo la prima, il cambio, nonostante la leva particolarmente lunga, è piacevolmente contrastato e sensibile. Infilo la seconda e affondo i gas: il turbo schizza a 1 bar e 4, da davanti sale forte il sibilo della turbina Garrett, lag, lag, lag e poi sbom, il motore entra in coppia, l’abitacolo viene invaso dalla sferragliante melodia del cinque-in-linea mentre la spinta in avanti cresce sempre di più. Allungando una marcia, il motore fa la voce sempre più grossa costantemente accompagnato dal minaccioso soffio della turbina: mentre sotto al cofano sembra si stia scatenando una tempesta e la macchina allunga in maniera talmente progressiva da sembrare surreale, io mi ritrovo appeso al volante con un sorriso ebete, cercando di andare dritto con la macchina che sbanda in qua e in là mentre l’accelerazione continua, dolce, fluida, incredibile verso il limitatore. Il tempo di pensare “non è vero!” che giù la frizione, clack, silenzio, clack, su il pedale giù il gas… la turbina torna a salire e con lei l’accelerazione impressionante. Alla fine della terza ho smesso… non ho nemmeno guardato il tachimetro, non lo voglio sapere. Per quanto mi riguarda, per girare su strada, sto ferro potrebbe avere giusto le prime tre marce. Con le altre ci si potrebbe fare davvero male o, comunque vada, vi polverizzerebbero la patente in da face.

Questa macchina è una vera bomba a mano

Raramente ho avuto modo di guidare motori con così tanta schiena: senza considerare il volante che si alleggerisce, il cambio preciso e veloce e il fatto che dando gas in curva, differenziale autobloccante o meno, la macchina richiede molto rispetto, di questa Fiat Coupé mi rimarrà per sempre impresso la prodigiosa spinta del motore e il modo in cui tutta la macchina viene sparata in avanti non appena il turbo inizia a sibilare.

Ovviamente però c’è il barbatrucco: il tiro furibondo di questa Fiat Coupè è figlio di un po’ di lavoretti che hanno trasformato il motore nella tipica bestia che solo i motori Fiat pompati sanno essere. Le modifiche sono tante, non si vedono ma ci sono e, più che altro, si sentono: le più importanti sono la nuova turbina Garrett GT28R, il nuovo intercooler spostato all’anteriore (in origine è in una posizione un po’ sfigata e prende poca aria) e dotato, udite udite, di spruzziny d’acqua come sulle Subaru più incazzate. A questo si aggiunge uno scarico sportivo maggiorato e l’ovvia rimappatura della centralina, con l’aggiunta di un sistema di controllo della sovralimentazione Apex AVC-R.

Il risultato? 309 scalpitanti cavalli che, su questa macchina, con questa erogazione, sembrano almeno 100 di più (ma di questo parlerò dopo che ho un sassolino nella scarpa destra da togliere). Mi sarebbe piaciuto provarne una originale solo per capire che tipo di auto (ma esistono Fiat Coupé 20V Turbo originali in tutto e per tutto?) perché messa giù così questa Fiat Coupé è piuttosto imbizzarrita e su strada ha bisogno di parecchio spazio attorno, sopratutto in uscita di curva. Nonostante il differenziale autobloccante all’anteriore (che in realtà è un giunto viscoso Ferguson, non un vero autobloccante), appena il motore entra in coppia potrete sentire lo sterzo alleggerirsi e l’auto sbandare in qua e in là in maniera decisamente pericolosa. Il telaio, questo grazie anche alla barra duomi e alle nuove barre antirollio maggiorate, è sempre risultato preciso e affidabile e, a meno di non essere in coppia piena, si riesce sempre a mettere le ruote dove si vuole, questo nonostante un volante non dei più precisi e un impianto frenante che non definirei proprio sportivo. L’importante è imparare a dare gas in anticipo prevedendo l’entrata in funzione del turbo e stare MOLTO attenti al sottosterzo in uscita di curva.

Potremmo parlare degli interni, caratterizzati da una coppia di sedili piuttosto orrendi a far da contrasto alla bella striscia azzurra che unisce le portiere con tutto il cruscotto ma il vero protagonista della faccenda è il cinque cilindri turbo che mi ha sconvolto, più che per la prodigiosa spinta, per il suo allungo e la sua rotondità di rotazione. Un allungo esagerato ed infinito, mentre la lancetta del contagiri sale e va verso il limitatore la spinta aumenta sempre di più, l’unico metro di paragone che mi viene in mente per questo pezzo di ferro è l’RB26 della Nissan Skyline, la sensazione di averne fino all’infinito è la stessa. E poi la rotondità, se Giotto venisse a fare due sgumme con questo ferro, sono abbastanza sicuro che scenderebbe esclamando “la maremma bischera se l’è rotondo”.

Un telaio, il Tipo 2, che ha equipaggiato alcune delle auto più importanti dell’industria automobilistica italiana anni ’90 e 2000, un motore incazzato come una biscia, una linea che boh, non ho ancora capito se mi piace o meno dopo 23 anni e un caratteraccio da bullo di periferia, sempre pronta a menar le mani e a mollare ceffe a destra e a manca. Questo è la Fiat Coupé, una macchina che all’epoca costava 50 milioni di lire (vacca boia lo aggiungo io) ma che oggi si trova per pochi spicci, un gran ferro che vi consigliamo di comprare, che vi regalerà tanto sorrisi e tanta goduria (probabilmente anche al vostro meccanico di fiducia), che vi riporterà in un tempo dimenticato e che, quando fra qualche anno la Fiat non esisterà più, guadagnerà anche il valore che merita.

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RIFLESSIONE FINALE DA NOSTALGICO

Viviamo in un mondo in cui certi ferri non ne fanno più, non solo nelle forme ma anche nel carattere. Oggi una macchina deve nascondere il più possibile la sua origine meccanica, non deve sporcare, non deve far rumore e, su tutto, non richiede che chi la guida sappia guidare. Dicono che i giovani d’oggi siano sempre meno interessati alle auto… per forza, fanno schif sono noiose. Da piloti siamo diventati automobilisti e, infine, passeggeri e noi, sciamannata masnada di irriducibili nostalgici, ci ritroveremo sempre più spesso negli autodromi, moderni maneggi per gente in via d’estinzione.

– messa giù così non è male eh… peccato solo per quello sbalzo anteriore, troppo sproporzionato –

Basta però salire su una macchina come questa Fiat Coupé per ritrovare quelle emozioni e sensazioni che mi hanno portato ad essere un appassionato di auto: la macchina, fra sbuffi selvaggi, scricchiolii e difetti vari che richiedono rispetto mi ha sbattuto in un’epoca ormai dimenticata, sommersa sotto numeri, comunicati stampa e un’ignoranza dilagante, tanto da parte di chi vende quanto da chi compra.

Che poi, quando provo macchine come questa mi viene immediato domandarmi dove siano finiti – o che problema abbiano – tutti i cavalli di straripano le auto moderne. Nessuna, nessuna, delle moderne hot hatch che io abbia provato recentemente, Audi RS3 compresa, mi ha mai dato la sensazione di pericolosità, entusiasmo, potenza e furibonda spinta che questi cavalli anni ’90 mi hanno trasmesso oggi. Nemmeno una Porsche 992 4S che ho provato recentemente mi ha trasmesso emozioni così vere e meccaniche. Mentre tutti i costruttori rincorrono potenze senza senso caricate a forza a bordo di macchine strozzate da decine di sensori per evitare che il figlio di papà si ammazzi alla seconda curva, basta una normale Fiat Coupé come questa per capire che la potenza vera, quella bruta, quella che poi ti devi cambiare le mutande, quella che ti devi attaccare al volante ogni volta che acceleri, non è figlia dei soli numeri.

Questa non è una macchina su cui salire e dare gas a tutta senza alcun rispetto, le curve e i fossi vi aspettano, e non c’è niente, se non voi stessi, a separavi da loro. E forse il bello della guida è anche questo, rispettare la propria auto.

E ora… fatti un giro nello shop!

Articolo del 14 Gennaio 2020 / a cura di Il direttore

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  • Luca

    E’ tornato il direttore 😀 ferro del dio!

  • Stefano

    Gran pezzo su un gran ferro! Complimenti al direttore ed al proprietario del mezzo!

  • Mario Fasola

    Super

  • Davide

    … ok la macchina è ignorante, l’importante è che almeno il conducente non sia ignorante altrimenti sono ca++i…..

  • Enzo

    E’ bello rileggerti, Direttore. I tuoi scritti fanno informazione e al tempo stesso scorrono leggeri. E il “Tele tutto” mi riporta ai tempi passati con un pizzico di nostalgia.

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