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Voi una Ferrari così non l’avete mai vista

Sono a bordo pista, una posizione alla quale mi sto lentamente abituando, una posizione per la quale sto lottando con i denti. Sono cresiuto leggendo auto – e moto – sprint, sono cresciuto sognando su certe fotografie e su certi articoli. Ora che, con una fatica ed una pazienza immense, sto riuscendo a passare dalla parte di la di quelle immagini e di quei racconti ho l’occasione di vedere da vicino cose che, spesso, sono delle vere e proprie robe da matti.

Quella di oggi forse poi lo è più di tutte. Venite un attimo con me.

Sono a bordo pista. Ci sono solo io, l’attrezzatura fotografica pesa e fa affondare i miei piedi nella ghiaia della via di fuga. È quasi sera, non gira nessuno, il silenzio che pervade questo posto è surreale. Nessuno si aspetta un tale silenzio da un autodromo. Un silenzio che, come la più classica quiete prima della tempesta, viene frantumato dall’accensione di qualcosa, qualcosa di grosso, nella lontana pit lane. L’attenzione sale, il dito scivola sul pulsante della messa a fuoco, la meno destra stringe il tele, le spalle si irrigidiscono, l’attesa cresce.

Sento l’urlo, il lamento, il latrato crescere. Si capisce che è un V12, si capisce che è un V12 di razza, si capisce che è una Ferrari. Il frastuono cresce, si avvicina e la vedo spuntare dalla curva. La vedo arrivare a tutto gas, fa paura tanto è grossa rumorosa e minacciosa. Arriva arriva, faccio per iniziare a seguirla e poi succede l’inaspettato.

Sbom. Dal massimo del rumore si ritorna al massimo del silenzio. Sbom, un colpo di freno a mano e, nel più assoluto silenzio – se non fosse per lo stridio delle gomme – la macchna mi passa davanti scivolando sulle quattro gigantesche ruote. Come un sogno, come una folata di vento, come una foglia che cade, swooosh, la Ferrari mi passa davanti a pochi metri come nessuna Ferrari al mondo è mai passata davanti a nessuno prima d’ora.

Il tempo di chiudere la bocca che il motore torna a montare a cantare ad urlare, la terra trema, l’asfalto tiene duro e, sotto la folle spinta di quasi mille cavalli la Ferrari gialla che un secondo fa era qui, zitta e di traverso, se ne va via in una meravigliosa nuvola di fumo bianco.

Non ho fatto nemmeno una fotografia, questo primo giro mi sono peso un brutto rischio lo ammetto, ma ho avuto bisogno di guardarla, di capire. Per una volta ho avuto bisogno di tornare dalla parte di qua della fotografia.

Ma ora basta con la poesia.

Drifting, dall’inglese “to drift” significa letteralmente andare alla deriva, un po’ come un aeroplano che, volando con il vento di traverso, per poter andare dritto lungo la sua rotta deve volare di traverso, contrastando così la spinta laterale.

Ma a noi ce ne frega qualcosa di tutto questo? No. A noi malati della carburazione magra, a noi drogati della turbina su cuscinetti, a noi affetti dalla sindrome della sospensione su uniball, frega qualcosa del drift perché, per qualunque infuocato male di motori ed auto, la parola drift significa auto tenute su con lo scotch con sotto al cofano motori esagerati guidate dal fulminato di turno a tutto gas e di traverso. Di traverso sempre e dovunque.

Bene. Non vi parleremo di niente di tutto ciò. Dimenticatevi del nastro ammeregano, fascette e roba tenuta su con la cicles: oggi affronteremo il discorso drift raccontandovi una delle macchine più pure, eleganti – e che speriamo di non vedere mai con dello scotch addosso – del mondo.

Oggi parliamo di Fiorella.

no scusate che sciocco, non questa.

Questa qui di Fiorella:

Bel ferro eh? Bene, ora però, prima di addentrarci nel discorso, una piccola premessa: lascio la parola al mio inviato dalla terra dei Samurai e dei water che vi lavano il didietro in automatico, lasciamo la parola al caro Mattia Limonta (che ho controllato non abbia scritto sciocchezze, nel caso scrivetemi pure che ci penso io).

Storia breve del drift moderno.

Il mondo del drifting ha subito un sacco di cambiamenti dalla sua nascita in Giappone, sulla fine degli anni ’70. Da un gruppo di cinnazzi che andavano a derapare in montagna sfiorando i guardrails (e spesso ci si piantavano anche dentro manco avessero una Saxo VTS) si è passati alle garette tra amici in kartodromi o piccoli circuiti. Poi i più bravi hanno organizzato qualcosa di più serio, con macchine preparate a dovere e giuria d’eccezione, fino ad arrivare a campionati nazionali, europei e mondiali come il D1GP, la Formula Drift o lo U.S. Drift, giusto per citare i più famosi. Siamo arrivati ad un punto in cui il drifting è diventato lo sport automobilistico nazionale giapponese, un po’ come il calcio da noi.

In Giappone, in America ed anche in Cina ci credono di brutto, è un vero sport motoristico in tutto e per tutto, attorno al quale ruotano un botto di gente e un botto di sponsor.

Come la disciplina, anche le auto hanno subito un’evoluzione pazzesca, passando da vetture praticamente stradali a mostri con gli swap più improbabili che esistano, con potenze che superano serenamente gli 800cv, cambi sequenziali e modifiche all’assetto tali da permettere il controllo della macchina ad oltre 90° in derapata a tutto gas.

Tutt’ora le vetture preferite dai team dei vari campionati provengono dal paese del Sol Levante: Nissan Silvia, 350Z, Toyota GT-86, Mazda RX-7 e altre giapponesate a trazione posteriore spesso però private dei loro cuoricini dagli occhi a mandorla e dopate con enormi V8 americani con turbine più grosse di quelle di un camion.  Questo perché, nel caso delle macchine, si tratta di modelli poco costosi, leggeri, semplici e facili da modificare; nel caso dei motori, invece, si opta per i V8 perché si tratta di propulsori robusti, semplici e dai quali è relativamente facile spremere un mucchio di cavalli e coppia. Pure essendo questa una soluzione prediletta da molti, altri hanno utilizzato motorizzazioni diverse: chi usa il 2JZ 6 cilindri in linea turbo della Toyota Supra e chi, il ricco della compagnia mi verrebbe da dire, motori a quadri-rotore Wankel bi-turbo da oltre 1000cv (sburòn).

C’è anche chi usa motori Ferrari. Proprio l’anno scorso Ryan Tuerck fece impazzire tutti con una Toyota GT-86 nella quale venne incastonato il propulsore della Ferrari 458 Italia (non vi preoccupate, era una vettura incidentata…). E se vi sembra una cosa da pazzi una GT-86 con un V8 Ferrari, cosa mi dite di una Ferrari 599 GTB Fiorano, con il suo bel V12, preparata per diventare una macchina da Drift ecceziunale veramènd?

Lo abbiamo chiesto a Federico Sceriffo, che è il primo al mondo a portare una Ferrari tutta intera nel mondo del Drifting mondiale.

Ferrari 599 GTO Fiorano Fiorella

La sua Fiorella, così è stata ribattezzata, è un capolavoro di Ingegneria a tutti gli effetti, a cominciare dal motore. Il suo V12 a 65 gradi da 5999cc è uno dei pezzi migliori mai usciti dalla fabbrica di Maranello che noi italiani tanto amiamo, ed è stato dotato di due turbocompressori a cinghia Rotrex, di un impianto di scarico completamente rivisto così come quello di aspirazione. Davanti fa capolino un intercooler IMMENSO per raffreddare l’aria bollente che esce dalle turbine e spararla nel 12 cilindri Ferrari. Il Risultato? 917cv.

N  O  V  E  C  E  N  T  O  D  I  C  I  A  S  S  E  T  T  E 

NOVE

CENTO

DICIAS

TETTE SETTE

Con un motore così se non stai attento strappi l’asfalto da terra e rischi di spaccare tutto ciò che vi è collegato, per questo il cambio originale F1 della 599 è stato sostituito da un cambio sequenziale a 6 marce Holinger montato al posteriore insieme al differenziale per rispettare lo schema Transaxle che questa macchina montava in origine.
Per riuscire a scaricare a terra tutti i 917cv le sospensioni sono state completamente riviste, con uno schema a triangoli sovrapposti costruiti appositamente per questa vettura e ammortizzatori Öhlins. Il telaio in alluminio è stato sottoposto a una cura particolare per fargli reggere le sollecitazioni e renderlo ancora più rigido che in principio, con una serie infinita di saldature e di bestemmie studiate appositamente per rinforzare i punti critici del telaio.

Per finire il radiatore è stato spostato al posteriore assieme ai due ventoloni (sembra una Audi Quattro S1 gruppo B), e per quanto riguarda l’interno è stato mantenuto il cruscotto originale Ferrari, ma sono stati aggiunti un volante a calice come si deve e una bella leva del freno a mano idraulico, giusto perché quando si entra in curva di traverso a 240 km/h bisogna dargli un colpetto per “svegliare” il posteriore.

Ma nonostante tutte le modifiche è comunque rimasta una vera Ferrari, con una distribuzione dei pesi perfetta e quel carattere da purosangue che le distingue. Questa signora pretende rispetto, non si lascia addomesticare facilmente soprattutto se le chiedi di fare qualcosa che non le va proprio proprio a genio.

Sembra quasi volerti dire: “uè cinno, non sono mica una 180sx”

Con lo schema transaxle infatti il retrotreno ha una maggiore inerzia, e quindi quando ci si trova in derapata sarà più difficile rimetterlo al proprio posto oppure girarla per la curva dopo, e tutto ciò ha costretto quel manico di Federico Sceriffo a dover rivedere il suo stile di guida per cercare di addolcire e addomesticare questa bella signora che in origine era stata pensata per i giri sull’appennino Modenese la domenica mattina con la gnocca di turno l’amico di turno (per protesta per quello che stanno cazzo combinando con la Formula 1, da oggi su rollingteel non si parlerà mai più di gnocca).

Torniamo alla Fiorella valà. Quella di questa Ferrari è una meccanica che pretende rispetto, pretende impegno, pretende dedizione. Pretende tanto ma, come è giusto che sia, in cambio dà tantissimo. È solo una questione di rispetto reciproco. D’altronde non si può pensare di fare certe robe con tutte le macchine del mondo. E inoltre, visto che il manico c’è, siamo sicuri ne vedremo delle belle, d’altro canto è solo questione di tempo, la macchina la vedremo in azione la prossima primavera, un paio di messi da oggi, sul circuito di Long Beach LA per la prima prova della stagione 2018 della formula Drift statunitense.

Che poi, vada come vada – e conoscendo il soggetto sono abbastanza sicuro andrà bene – in ogni caso sarà un successo perché ci vogliono le palle quadrate per fare tutto ciò che sta facendo Federico Sceriffo, per fronteggiare un’orda di finti appassionati di auto che giudicano o criticano da dietro uno schermo il lavoro di altri e per portare una vettura del genere tra i mostri sacri del drifting. Io personalmente sono orgoglioso di una coppia tricolore del genere.

Vai Fiorella, insegna agli ammeregani cosa vuol dire essere di Maranello!

Articolo del 1 Febbraio 2018 / a cura di Il direttore

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