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ETR 700, l’usato ferroviario certificato

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Sono passati circa quattro anni da quella volta che, aspettando una coincidenza a Padova, mi sono girato verso i binari e ho avuto un’esclamazione non so neanche io se di stupore o cosa. Accanto a un fiammante Frecciarossa 1000, a un ETR 600 Pendolino e a una italianissima E402B disegnata da Pininfarina in livrea Frecciabianca si trovava un mezzo nuovo, curioso, mai visto prima, e la cui entrata in servizio, per quello che era dato sapere, non aveva fatto più di tanto rumore; niente presentazioni in pompa magna con Mattarella a bordo sulle prime pagine di tutti i giornali, come avvenuto per il nuovo Frecciarossa, ma solo una timida comparsa nelle stazioni del nostro paese.

Indagando, si scopre che Trenitalia è appena stata da Mercatopoli e ha comprato un po’ di cose usate. Effettivamente, questo tipo di dinamiche per chi non si intende di ferrovia possono sembrare insolite, perché il pendolare raramente si chiede chi produce i treni, chi li acquista e come, e quanto costino; eppure, vi assicuriamo che, specie fra le compagnie private, l’acquisto di materiale usato, o il suo noleggio, o i contratti di leasing sono pratica comune, come per qualsiasi altro mezzo di trasporto. Dunque, per capire da dove vengono i nostri treni, che brutti non sono ma sicuramente più che un Frecciarossa ricordano il nuovo Daily o anche il Fiat Fiorino-Qubo,

dobbiamo fare un viaggio nella terra dei tulipani e della pelush in vetrina.

Corre l’anno 2004 quando le ferrovie di tutta Europa si stanno divertendo alla grande con l’alta velocità. I progetti di ogni paese sono bene o male consolidati, l’esperienza accumulata è tanta e in questo mare di TGV e Pendolini a Amsterdam rosicano. I treni olandesi più veloci all’epoca arrivavano a 160 km/h, che è un valore un po’ misero; non che fossero scemi, semplicemente l’Olanda è piuttosto piccola e quindi non si era mai sentita l’esigenza di un servizio più veloce dei soliti Intercity con delle linee così corte. Così, nasce un accordo tra le NS, le ferrovie olandesi, e la KLM, celebre compagnia aerea, per la creazione di un servizio ad alta velocità che unisse Amsterdam, Rotterdam, Anversa e già che ci siamo anche Bruxelles in due orette, con la creazione di una linea apposita. Il nuovo servizio si sarebbe chiamato Fyra, che in svedese (cosa diavolo c’entra la Svezia? Boh, domandateglielo) significa quattro, come il numero di città attraversate.

Niente di fantasmagorico: servono una ventina di treni AV e, facendosi furbi, per un numero così contenuto l’ideale sarebbe stato bussare alla porta di Alstom o qualche altro costruttore e farsi vendere qualche modello ben collaudato e conosciuto sulle reti di altri paesi. Fecero così gli spagnoli, che pur essendo tutto tranne che incapaci di farsi i treni da soli spesso hanno comprato TGV e Pendolini. Fecero così gli inglesi, che pur avendo letteralmente inventato il treno oggi comprano Siemens e Hitachi. E fecero così addirittura gli americani (gli Amtrak Acela, forse unico esempio di alta velocità negli USA, sono Alstom). Ma niente, l’orgoglio nazionale prevale sulla ragione e la nuova società pretende lo sviluppo di un progetto ad hoc, anche se si tratta di produrne solo 19 esemplari. Ed è qui che la faccenda si fa interessante, perché senza questa cappella (intendevo dire: decisione sprovveduta) questo articolo non sarebbe mai nato.

Oltre che di partire dal foglio bianco, che già di per sé è una specifica impegnativa (e costosa) da rispettare, il bando prevede altre richieste non banali. Fra tutte, quella più evidente: per l’appunto, il design. Doveva essere ispirato ai treni olandesi del passato. Belli? Brutti?

Giudicate voi.

Diciamo, ecco, che a questo mondo c’è anche chi ha comprato il Cybertruck Tesla (la tentazione di mandare una mail a Elon Musk spiegandogli come si usa il comando “arrotonda” sui programmi di disegno tecnico è forte). Diciamo anche che in generale i paragoni con le auto moderne si sprecano, visti i ròiti che escono nelle concessionarie di questi tempi. Sono arrivato a rivalutare l’Agila. E poi, diciamocelo, anche la Duna Weekend non era poi così male. Pensa come siamo presi. Comunque, era per dire che nessuno si è scolato due bottiglie per disegnare il Fyra: semplicemente è nato per un altro mercato con altre tradizioni e richieste, e quindi da noi risulta un po’ esotico, fa l’effetto di quei gatti senza pelo che da soli magari sono anche carini, ma mettili di fianco ai nostri soriani, o alla gatta del Direttore, e non c’è paragone. Perplimono alquanto i fari in stile TVR Tuscan, mentre il gancio automatico così di fuori è veramente terrificante, specie a confronto coi musetti apribili di altri convogli.

Fra le altre richieste spiccava la presenza del sistema ERTMS di livello 2, che nel 2004 era una cosa abbastanza fantascientifica; ora vedremo di dirvi, con uno dei nostri soliti pipponi, di cosa si tratta nella maniera più sintetica possibile, perché per una trattazione completa più che un articolo servirebbe un libro.

Nell’ambito della circolazione ferroviaria, la sicurezza si basa su un principio di distanziamento fra treni secondo il quale la linea è divisa in spezzoni, lunghi nell’ordine del chilometro, detti sezioni di blocco; la regola è che due treni non devono mai trovarsi nella stessa sezione. Ne consegue che dei segnali luminosi (guai a chi li chiama semafori) delimitano le sezioni e quando una di esse è impegnata si dispongono a via impedita (rosso). Un tempo gestiti da un operatore umano, oggi i segnali sono regolati da sistemi di blocco. Il più diffuso e recente in Italia è il “Blocco elettrico Automatico a Correnti Codificate” (BACC), che fra le altre cose, è in grado di azionare la frenatura rapida del treno se questi supera un segnale a via impedita. Questo non basta a garantire la sicurezza della circolazione, però, perché il sistema non tiene conto di limiti di velocità (vedi strage del Pendolino di Piacenza) e tutta un’altra serie di fattori di rischio.

Per questo motivo a fine anni ’90 viene sviluppato e installato sui treni il SCMT, Sistema Controllo Marcia Treno, un dispositivo in grado di affiancare il macchinista in maniera più completa. Quando il treno attraversa un segnale giallo (vuol dire che il successivo è a via impedita perché dopo ancora c’è un altro treno), calcola una curva di frenatura e controlla che il personale la rispetti, per assicurarsi che il treno si arresti in tempo. Se non lo fa, allerta il macchinista, e se questi ignora l’allarme aziona la frenatura rapida. Tale controllo si “interrompe” quando la velocità scende sotto i 30 km/h. Oltre a questo, verifica il rispetto dei limiti di velocità lungo la linea, riducendoli opportunamente se una delle successive sezioni di blocco è occupata, permettendo il mantenimento di una distanza di sicurezza sufficiente.  Il sistema funziona tramite delle boe (dette “balise”), che sarebbero quei cosi che vedete sempre in mezzo ai binari in stazione, che vengono lette, tramite il principio dell’induzione elettromagnetica, da sensori sul treno.

Questa è una "eurobalise" installata su una traversina
La curva di frenatura tracciata dal SMCT, che il macchinista deve rispettare all'approssimarsi di un segnale a via impedita
Pannello comandi del SCMT con tutte le "spie" accese, in particolare si noti il triangolino giallo ("prossimo segnale a via impedita"), le cifre nei quadrati gialli ("riduzione limite di velocità") e la spia SR rossa (superato segnale a via impedita)

Questo sistema ha sul serio minimizzato il numero di incidenti per errore umano, dove installato. Ha però un difetto: è italiano, per cui i treni che arrivano dall’estero o cambiano il locomotore (comune nei merci), o vengono equipaggiati anche con questo sistema, come gli Eurocity, o si attaccano (al dick). Discorso che si estende alle ferrovie di tutta Europa, che hanno una ventina di sistemi di sicurezza diversi. Per unificarli e garantire l’interoperabilità l’UE ha concepito l’ERTMS (European Rail Traffic Management System), il cui concetto è molto simile a quello del SCMT, tanto che non è difficile farli coesistere sulla stessa linea. Entrambi i sistemi hanno un limite, però: le boe sono poste a tot metri l’una dall’altra, e quindi la centrale operativa non conosce la posizione e la velocità del treno in ogni istante, ma sa in che sezione di blocco si trova. Parimenti, il treno non conosce in ogni momento nel dettaglio le condizioni della linea. Il SCMT sente particolarmente questo limite, perché se il successivo segnale diventa da rosso a verde il treno finché non lo attraversa è limitato ai trenta all’ora (vi abbiamo appena spiegato il perché di una percentuale dei ritardi).

Ecco che in quest’ottica l’UE ha sviluppato l’ERTMS di livello 2: il treno non comunica più con la linea attraverso le boe a induzione, bensì con una connessione a onde radio a 900 MHz secondo lo standard GSM-R (molto simile a quello dei cellulari). Capite che nel 2004 non era cosa banale: esistevano a malapena i due sistemi sopra elencati, e pure i cellulari stessi.

Bene, le ferrovie olandesi e belghe vogliono questo sistema, allora a malapena sperimentale, applicato ad un treno nuovo, progettato da zero, e, ciliegina sulla torta, desiderano anche spendere poco; alla luce di questo, potete immaginare com’è finita questa storia, cioè male.

Esce l’appalto e lo vince AnsaldoBreda, azienda nostrana che produceva treni ad alta velocità in pieno regime economico autarchico, quando in Giappone viaggiavano ancora a carbone. È nel 2004 una costola di Finmeccanica e ancora deve entrare a far parte di Hitachi Rail come oggi. Ma le specifiche per il progetto sono impegnative e i tempi vanno per le lunghe; per le prime prove nel circuito di Velim (sì, esiste un “trenodromo”)

Eccolo qui

bisogna aspettare il 2008, e quel genere di prove di solito si fa per verificare che il treno “si muova”, che vuol dire essere a metà del lavoro. Il treno è anche carino, niente assetto variabile o altri contenuti particolari, ma può vantare una velocità massima di 250 km/h, una potenza installata di 5,5 MW distribuita su quattro delle otto vetture (non esistono la “motrice” e le “carrozze”, i motori sono spalmati lungo il treno come nei Pendolini o negli Shinkansen secondo il principio della trazione distribuita) e la possibilità di viaggiare sotto tre tensioni di alimentazione diverse: europea in corrente alternata monofase da 25000V, olandese in continua a 3000V (che poi è la stessa italiana, segnatevi questa cosa per dopo) e belga sempre in continua ma a 1500V.

Eppure, come abbiamo detto, anche un progetto nato con le migliori ambizioni, sotto richieste difficilmente conciliabili tra loro, non può avere un epilogo particolarmente entusiastico. Per l’entrata in servizio c’è da aspettare il 2012, tempo di risolvere un po’ di problemi tecnici dovuti appunto più allo sparagnismo dei committenti che alla buona fede dell’azienda. Fosse solo quello! Non scordiamo che i clienti sono due, NS (Olanda) e SNCB (Belgio), che riescono a litigare su tutto, perfino (si racconta) sulle norme di sicurezza dei parabrezza in caso di impatto con volatili, al punto che vennero testati, pare, sparandovi addosso polli congelati (pratica comune nell’industria aeronautica per testare parabrezza e resistenza dei motori ad eventuali birdstrikes). Effettivamente l’economia costruttiva di questi mezzi traspare da tutta una serie di dettagli nell’assemblaggio che facevano anche in qualche modo preoccupare, i forum sono pieni di aneddoti al riguardo (che ovviamente andrebbero singolarmente verificati): vedi tubazioni fissate al sottocassa col fil di ferro, cablaggi uniti col buon vecchio nastro isolante il cui percorso a volte varia da una vettura all’altra e altre amenità, per finire con lo sportellino per sostituire la carta igienica nei gabinetti con la calamita dalla parte sbagliata. Ahimé non fu la carta da culo la sfortuna di questi treni, quanto la loro resistenza apparentemente solo discreta a condizioni atmosferiche rigide, piuttosto comuni in Olanda, e i diversi guasti durante le prove anche provocati da accumuli di neve nel sottoscocca ne furono un indicatore (mi vengono in mente certi carri armati tedeschi che incontrarono qualche problemino nell’invadere la Russia). Ma insomma, in una maniera o nell’altra, otto anni dopo che il progettista aprì un programma di disegno e andò su “nuovo file”, 16 dei 19 esemplari ordinati entrarono in servizio regolare attraverso le 4 città sopra menzionate. Gli inconvenienti non si fecero attendere e fece particolare scalpore (tant’è che ancora oggi ne parliamo, anche se trattavasi di un semplice guasto) un arresto in linea in data 17 gennaio 2013, a seguito di una nevicata. Si noti l’articolo indeterminativo singolare: se si facesse tutto questo casino ogni volta che un treno si guasta non sarebbe più finita, e quindi diciamo piuttosto, magari, che le NS avevano mascherato dietro all’affidabilità un altro problema di quel treno: i passeggeri. Nei primi due mesi i convogli avevano viaggiato al 5% della loro capacità, questo per le ragioni di cui sopra: distanze contenute e già coperte da servizi Intercity in tempi ragionevoli e a prezzi probabilmente inferiori. Chiaro che a questo punto il costruttore non c’entra più niente. Tornando al guasto del 17 gennaio,  quel singolo evento finì in tribunale che incaricò una perizia sulla scatola nera del convoglio, dalla quale venne fuori che il treno aveva più volte imposto la frenata di emergenza al macchinista, che azzerò tutti gli allarmi senza pensarci due volte e continuò ad accelerare a canna a 250 km/h, una condizione oggettivamente provante per qualsiasi mezzo: quasi sempre con la neve almeno si riduce la velocità. Nel frattempo, una commissione tecnica indipendente incaricata di autorizzare il servizio del treno non solo lo aveva classificato come “acceptable”, ma in un secondo momento promosso a “good”. Nonostante questo, e nonostante un’inaffidabilità che a questo punto diventa più propagandistica che reale, i treni vennero ritirati dall’esercizio. E qui c’è da ridere: per sostituire i treni sospesi dal servizio NS ordinò seduta stante delle locomotive Bombardier Traxx, oggettivamente ottime e robuste, ma con una velocità di 160 km/h (e circolavano, e circolano tutt’ora, su una linea col limite di 250 che è costata una follia).

A questo punto l’opinione pubblica e la stampa si divisero. Chi incolpava il treno (emblematico un esemplare vandalizzato dalla scritta “don’t buy trains from Italy”)

e chi, più intelligentemente, cominciò a pensare che la presunta inaffidabilità del Fyra 250 fosse più un pretesto per coprire e giustificare un cambio d’idea dell’ultimo minuto. Il ministro dei trasporti, se non altro, fece una cosa che i politici italiani non fanno mai dopo una figura di merda: diede le dimissioni; i treni rimasero parcheggiati in Olanda e un giudice venne incaricato di decidere il loro destino.

Si giunse quindi a un accordo: nonostante fosse scaduto il periodo di reso gratuito Amazon di 14 giorni, il costruttore si sarebbe ripreso i treni, rimborsando 125 dei circa 300 milioni che erano costati, più tre e mezzo per ogni treno rivenduto fino a un totale di 21 milioni. Ebbene sì, i treni costano, e tanto, fate voi i vostri conti, e se credete che 20 milioni a esemplare siano tanti, pensate che un Frecciarossa 1000 nuovo ne costa 30,6, e solo il primo lotto di esemplari ordinati era una commessa da un miliardo e mezzo. E non di lire.

Ed ecco che AnsaldoBreda, che intanto è diventata Hitachi Rail, bussa alla porta di Trenitalia e le chiede se le potevano interessare dei treni usati: siamo nel 2017 e alla stessa l’idea di portarsi a casa dei mezzi del genere per soli 8 milioni l’uno non dispiace. L’affidabilità non sarebbe più stata un problema: nell’acquisto erano inclusi 5 anni di manutenzione, e negli anni i tecnici di Hitachi avevano avuto tutto il tempo per limare quei difettini residui. A questo si aggiunga che le condizioni meteorologiche lungo il nostro Paese sono un po’ più favorevoli rispetto ai Paesi Bassi. Trenitalia accetta l’offerta di buon grado e dice anche grazie, complice la necessità di rimpolpare il parco macchine dovuta all’invecchiamento dei primi Pendolini; nello specifico, gli ETR 460 “Frecciabianca” erano già stati privati del sistema di pendolamento e costretti quindi a circolare nel rango di velocità C senza poter sfruttare questo vantaggio (ed in ogni caso non circolano sulle linee AV perché ancora monotensione), mentre era imminente il trasferimento in Grecia degli ETR 470 ex Cisalpino, in seguito all’acquisto della compagnia ferroviaria locale TrainOSE da parte di Trenitalia.

Gli interventi di adeguamento furono minimi: sostituzione dei soli pantografi (perché appunto per pura botta di culo le ferrovie olandesi usano le nostre stesse tensioni di alimentazione), installazione SCMT e qualche ritocco all’elettronica in modo da portare la potenza massima a 5,8 MW.

Un esemplare di Fyra V250, ora ETR 700, durante una delle prime corse prova in Italia in una strana livrea grigio Mercedes. Credits: Lorenzo Pallotta https://www.youtube.com/watch?v=svEihD42-Yc

Il servizio comincia nel 2019 con una nuova livrea Frecciargento e tutto fila abbastanza liscio, tolto qualche sguardo perplesso dei passanti e un inconveniente ben più serio. No, stavolta non è una questione di affidabilità, ma di, ecco, file in corrispondenza delle ritirate (che sarebbero i cessi. Il gergo ferroviario è sempre molto british, e ci sembra doveroso tradurlo nella lingua del popolo). Già, perché il treno era stato pensato per viaggi di non più di due ore, e non per (indovinate dove l’hanno messo a circolare?) Milano-Bari. Potete immaginare in che condizioni arrivano in Puglia le latrine, che sono 5, quindi una ogni 100 posti a sedere potenzialmente occupati durante un migliaio di chilometri di viaggio. Ora, neanche quelli di Trenitalia sono degli sprovveduti, e quindi gli ETR 700 sono stati assegnati all’Adriatica per due buone ragioni: la prima, non raggiungono i 300 all’ora, e dunque sulle linee dove il limite di velocità arriva a tanto si preferisce usare gli ETR500 o i Frecciarossa 1000 che ci arrivano in tutta tranquillità; la seconda, la loro accelerazione è eccellente, e per le linee come questa è un’informazione interessante. Inoltre, i due ETR sopra menzionati su alcune tratte hanno una capienza anche eccessiva, mentre i 700 sono un po’ più piccoli.

Un ETR 700 Frecciargento. Durante i primi anni in Italia, operando spesso su linee non AV assieme ai Pendolini, circoleranno sotto questo marchio...
Per poi, con la quasi totale abolizione dei servizi Frecciargento e Frecciabianca, venire ripellicolati come Frecciarossa.

Insomma, i nostri “albatros”, così battezzati dagli olandesi, diversi e simpatici come sono, alla fine sono tornati a casa e hanno trovato dei nuovi padroni, più premurosi, che li hanno accettati per come sono (che non si dica che non siamo inclusivi). Da passeggeri, a parte la questione vespasiani e un po’ di ronzio dovuto all’elettronica nelle vetture di testa e di coda, niente da dire; comfort degno di nota, distante solo da quello offerto dagli ETR 500, che avendo dei sedili impareggiabili e i motori sulle vetture di testa e di coda, come sui TGV francesi, e non distribuiti lungo il convoglio nel sottocassa, sono chiaramente più silenziosi. E mentre alla loro visione la gente ripensa allo spot della Multipla (“sarete belli voi”), loro adesso macinano chilometri come i loro colleghi più conosciuti e pubblicizzati, tutto sommato senza lamentarsi e senza dare più problemi di quelli che ci si aspetterebbero da un treno rimasto anni a prendere la polvere in un deposito.

E poi, diciamocelo: il ferro è ferro.

Articolo del 7 Febbraio 2024 / a cura di Francesco Menara

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  • Riconosco che l’articolo è ben fatto e anche godibile.

    Tuttavia altri aspetti un filo tragicomici ve li siete scordati, come l’idea di farli subito Frecciarossa appena presi, la livrea Frecciargento che è stata fatta diversa pur essendo pochi convogli, il fatto che di 19 se ne sono salvati 16 e tre sono ancora accantonati e mai destinati a entrare in servizio e via discorrendo.

    Ah e la foto del Fyra argento è presa da un mio video sul canale di Ferrovie.Info: https://www.youtube.com/watch?v=svEihD42-Yc

    Come dite voi “ogni riproduzione senza consenso viene sgamata”.
    Magari se mettete un credito ci fate un favore.

    Addios!

  • Paolo Marchetti

    Olandesi e Belga, butta gente con la nebbia nel cervello. (giusto per essere inclusivi)

  • Carmine Sabino Palermo

    L’ articolo più esilarante su questo treno, complimenti!!! La prima volta che l’ ho visto ad Arezzo in livrea grigio – merceders, non sapevo se ridere o piangere, perché pensavo che una “Multipla” sui binari, mi mancava!!! Poi dopo i lavori di revamping fatti prima della messa in servizio in Italia, lo ha reso “umano” . Quando ha iniziato il servizio nel 2019 sulla Milano – Ancona, ho pensato ad una mossa azzeccata. Quando l’ho visto arrivare fino a Bari, ho pensato a quanto lavoro avrebbe dovuto affrontare l’ addetto delle pulizie, immaginando file impazienti davanti alle 5 toilette. Il suo utilizzo ottimale, fino al completamento della AV Brescia – Padova sia sulla Milano – Venezia/Trieste

  • Maurizio

    Magari l’SCMT smettesse di intervenire sotto i 30 km/h… have you ever heard about “Vril 10”?
    A quanto so qualche rogna i 700 l’hanno data, tant’è che per un periodo sono stati sistematicamente tenuti fuori dall’AV durante il periodo in cui sono stati usati regolarmente sui FA adriatici.

  • Gianpaolo Sonego

    Ma ora gli olandesi non staranno un po’ rosicando?

  • Nicolò Cetto

    Che figata di articolo, bello, semplice ma efficace! Finalmente qualcuno che parla di questi Ferri del Dio

  • Os

    La spia con il triangolo indica rosso cod.75, il disco con il rosso e il nero supero rosso autorizzato. Il giallo la spia gialla Cod.180

  • Michele

    L’articolo è godibile ma contiene diversi errori-(alcuni roba da contachiodi, altri meno):

    Ansaldobreda era nata dalla fusione di Ansaldo di Genova e Breda di Milano. Tutto il know-how su come si costruisce un treno e si fabbrica l’elettronica di controllo (che comunque veniva progettata a quattro zampe con il per fortuna defunto remore Ufficio Materiale e Trazione delle FS) venne buttato nel gabinetto quando le attività si trasferirono a Firenze e Napoli. SCMT interviene anche sotto i 30 km/h. I V250 erano probabilmente strutturalmente sani, ma facevano schifo in tutto il resto: caricabatterie che vanno a fuoco, cablaggi fatti a casaccio.. Un fatto che è meno noto ai più è che sono circa coevi dei Siemens Desiro ML che la SNCB comprò in gran quantità per sostituire le anziane “Classiques” e il disastro dei Fyra oscurò per pochissimo quello dei Desiro che si scassavano ogni 5 mila km, non tenevano le prestazioni del capitolato e, (opinione personale), fan comunque schifo. Le altre creazioni di Ansaldobreda di quei tempi sono il TAF/TSR (belli, eh), gli IC2/IC4 che le ferrovie Danesi hanno impiegato 10 anni a far funzionare a un tasso di panne “decoroso” (ma ancora inferiore ai vecchi IC3, quelli con un gommone zodiac sul muso) con una task-force incredibile che ha lavorato su ogni singolo componente del treno come pazzi e un sacco di altri rottami.. Ad un certo punto assemblavano i GTW di stadler ma facevano un lavoro talmente schifoso che uno si è quasi spaccato in due per via delle saldature mal fatte. Il fatto che i V250 siano stati rispediti al mittente non è una questione politica ma puramente tecnica. I Belgolandesi si sono fatti fregare pensando che avrebbero comprato un treno, girato la chiave e partiti a 250 all’ora senza neanche un problema e non sono abituati a fare come Trenitalia che prende i rottami fabbricati da AB e li faceva funzionare (oppure no..) a calci. Han comprato un bidone e lo hanno sostituito in tutta fretta con vecchie vetture IC trainate da locomotive a noleggio. No. Non era previsto restituire i V250.

    • HrzSkz

      Non ho capito bene il punto know how e trasferimento AnsaldoBreda. E ti prego dimmi di più sui TAF/TSR!

  • Stefano

    Dato che lo conosco… Ma almeno citare l’autore delle foto a Brescia?

  • Roy

    C’è chi va in giro con la Logan per sentirsi dentro un SUV e chi compra il Fyra.

  • Alessandro

    Molto bello l’articolo e interessanti alcuni commenti e puntualizzazioni. Non sono esperto di cose ferroviarie ma ho letto con piacere.

  • Stefano Spina

    Gran bell’articolo!!!

  • Luca

    Articolo molto carino e coinvolgente. Per fortuna ora la gran parte degli etr 700 sono assegnati sulla Milano Venezia più simile come tempo di percorrenza alla tratta originaria rispetto alla Milano Bari o addirittura Milano Lecce 

  • Pietro Crovetto

    Ci potete spiegare la saga dei treni Ansaldo per la Danimarca? Qui (vivo a Copenhagen) si lamentano ancora della inaffidabilità italiana, ma mi sa che c’è sotto qualcos’altro!

  • Luca

    Bravo, bellissimo articolo! Io sono ferroviere da 6 anni ed ingegnere meccanico molto malato di motori. Anche se mi occupo di armamento, i rotabili per me hanno un fascino particolare.

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