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BMW e30 Anonima Tapulli special

Essere venuti su a scooter elaborati e Formula 1 V10 aspirate è un vero problema: il moderno mondo dell’auto mette veramente a dura prova la nostra decennale passione. Quel mondo, nato negli ITIS e cresciuto con gli ingegneri, è finito vittima di una infinita lista di gente che, quando va bene, di macchine e motori non sa un caz nulla.

Fra un ufficio marketing e un comunicato stampa, fra uno sterile dato di potenza o di accelerazione 0-100 e un suv coupé sportivo tuo in 650 comode rate, quel mondo che ci ha tanto appassionato e cresciuto in passato, sta facendo di tutto per affossarsi sempre più nella noia e nella mediocrità.

Mala Tempora Currunt

Per ritrovare la passione e gasarsi a dovere in un mondo di macchine tutte uguali e ugualmente senza carattere, c’è bisogno di colore,

c’è bisogno di casino

c’è bisogno di rumore,

c’è bisogno di un po’ di sano caos,

di carisma e carattere,

c’è bisogno di robe MEGASBEM®

bmw e30 anonima tapulli livrea 2020

Megasbem è il tonfo dallo scarico in cambio marcia. Megasbem è il rumore della tua mascella quando vedi i ferri giusti, quelli che ci hanno fatto diventare appassionati di auto, non quelli che la passione te la fanno passare. Megasbem è uno sbem in faccia, solo più potente. Megasbem è il rumore della foto di una BMW e30 schiaffata in faccia ai moderni designer di auto: ragazzi, lasciate stare le calandre con il cap e i giochini touch screen, le mode passano, lo stile rimane.

Facciamo così, sparatevi questa e30 Anonima Special, che in fatto di stile ha qualcosa da dire.

bmw e30

Anonima Tapulli: c’è poco da fare, questo è il campanello a cui devi suonare se sei in cerca di un po’ di vero e sano stile nel 2020.

Dappertutto ci sono parole e modi di dire caratteristici di una zona d’Italia. Quelle parole che dette all’interno di un certo contesto hanno un significato chiaro ma che basta allontanarsi di qualche decina di chilometri per farle diventare nonsense. Noi a Bologna lo sappiamo bene: ero già maturo grande quando ho scoperto che termini come rusco, zavaglio, gran bazza o l’immortale “dammi il tiro”,  hanno significato solo all’ombra delle due torri.

Una di queste parole è TAPULLO, che dalle parti di Genova è un po’ l’analogo di “ciappino” a Bologna, termine con cui noi felsinei doc indichiamo quei lavoretti fatti a casa mettendo a frutto l’antica arte dell’arrangiarsi. Lavoretti casalinghi, ma, attenzione, fatti bene, con una certa precisione nel loro piccolo, magari con una fascetta o un canchero di troppo, ma che poi, alla prova dei fatti, spesso funzionano e tengono botta.

I meccanici costano caro e sono pochi quelli con la bacchetta magica e poi, con le macchine vecchie con poca elettronica e i bulloni a vista, la possibilità di arrangiarsi è lì, a portata di chiave del 10 e cagnetta. È il caso di questa vecchia BMW e30 Anonima Tapulli Special, frutto di badilate di passione unita a casse di birra e creatività. Pochi denti, tanta fame: questo il motto di questi ragazzi che hanno fatto di necessità virtù. Il risultato è spavaldo, arrogante, brutale.

Ma vediamo da vicino il ferro  

Prima dello stile e delle badilate di cartola* (spiegazione per i non bolognesi a fondo articolo), la storia di questa BMW 316i (che 16i non è più da un po’), è una delle più classiche: venduta dal tipico vecchietto ad un ragazzo come noi appassionato di ferri vecchi, la piccola e nevrotica 4 porte bavarese è stata velocemente modificata per diventare un’auto, cito testualmente, “da drift ma utilizzabile anche tutti i giorni su strada”, roba che se fosse una Toyota AE86 e, per pura casualità, fosse la protagonista di un fumetto, probabilmente sulla fiancata avrebbe scritto 藤原とうふ店.

Proprio per questo e proprio perché la vecchia BMW e30 è una caz cavolo di macchina fatta come si deve, le modifiche sono poche e tutte mirate a rendere migliore quanto di buono già fatto in Germania nel 1990, anno di immatricolazione di questa minacciosa quattrocchi, semplicemente bella come poche BMW dopo di lei. Nel suo originale dolphin grey e con 116 mila km sul groppone, sono bastati due-tre patacchi per rendere questa macchina un ferro micidiale e sentirsi i piedi immediatamente più pesanti.

Ma i patacchi da soli non fanno un’auto da drift: l’originale quattro cilindri M40B16 da 100 cv è stato sassato via, al suo posto è stato swappato un mille-e-otto M42B18 da 136 cv ex BMW e30 318is; il nuovo motore, più ricco di coppia e grintoso, è finito accoppiato al cambio del 1.6, dalla rapportatura più corta e reattiva. Gli interni sono stati opportunamente svuotati (e, come vedete nella foto sotto, i sedili sono stati alleggeriti) rendendo ancora più leggera un’auto che, comunque vada, soffriva di anoressia già da giovane, fermando l’ago della bilancia a poco più di 1000 kg. Altri tempi, altre auto, giù il gettone, si gira.

Il differenziale, ricordate, pochi denti e tanta fame, è finito sotto la calda lingua del cannello ed è stato saldato rendendo la macchina sicuramente più divertente ma un po’ rognosa su strada; la mancanza del differenziale rende l’inserimento in curva un po’ sottosterzante (se hai mai guidato un kart col bagnato, sai di cosa parlo) ma basta una sfrizionata o un colpo di gas se sei nella marcia giusta per far si che il retrotreno faccia perno attorno alle ruote anteriori per lanciarsi a bandiera, rendendo ogni rotonda della tua vita degna di essere percorsa come è giusto che sia.

Per rendere il tutto più facile e la macchina più efficace nel drift, all’avantreno sono stati sostituiti i triangoli inferiori originali con quelli di una BMW e46 (QUI la prova della M3 e46, caccia un occhio al ferro), aumentando così il camber e aiutando le gomme a lavorare meglio, migliorando il grip nelle curve più impegnative soprattutto agli alti angoli di sterzo.

Proprio grazie alla sua semplicità e al suo stile immortale, questa bavarese dallo sguardo torvo messa giù così un po’ selvatica potrebbe essere una delle auto più divertenti con cui risalire (meglio scendere, che ad andare alla bassa, tutti i santi aiutano) un passo montano, d’altronde questo ferro rappresenta piuttosto bene (per questa frase verrò crocifisso in sala mensa) lo spirito primordiale del Drift giapponese, quello nato sui Touge. Non c’è poi tutta questa differenza fra questa E30 e una delle prime AE86 che risalivano di traverso le montagne attorno a Tokyo: in entrambi i casi abbiamo una macchina semplice, affidabile e a trazione posteriore, un gruppo di amici fulminati dalla brugola facile e pochi cavalli ma tutti pronti alla rissa.

Non c’è freno a mano idraulico, non c’è l’ABS, non c’è il servosterzo e i freni posteriori sono a tamburo, c’è solo la voglia di guidare, guidare solo per il gusto di guidare, divertendosi e diventando un tutt’uno con lei, appariscente e leggero esoscheletro di acciaio e ferro a rappresentazione delle nostre voglie più traverse. Il tutto con l’atteggiamento deciso e prepotente di una macchina che chissà se BMW si immaginava che sarebbe diventata l’emblema che è.

D’altronde questi regaz, cresciuti nelle colline sopra Genova, hanno nel loro DNA una cultura legata al mondo dei rally e delle gare in salita molto più profonda di quella che abbiamo noi in Emilia, cresciuti fra la Ferrari e l’autodromo di Imola e quindi più inclini al mondo della pista “pura”. Ecco allora che la 316i di Anonima Tapulli, con la sua preparazione leggera ma efficace, con il suo aspetto da bomber e il suo assetto piatto, potrebbe entrare direttamente nella mia personale top ten delle auto da provare una volta nella vita, con cui assaporare un modo diverso di risalire il passo della Futa, non cercando la traiettoria pulita e perfetta con cui esaltare l’equilibrio della mia MX-5, ma danzare da una curva all’altra, pennellando la strada di fumosi sorrisi al profumo di gomma bruciata e al lancinante grido del vierzylinder BMW. Ridendo, godendo, guidando, illuminato dalle luci del cruscotto, scivolando nella notte illuminando le curve, ora scure, ora accecate e assordate, ora di nuovo buie. 

Ma c’è dell’altro, uno dei motivi per cui questa BMW e30 non è “una semplice BMW” è sicuramente da cercare nelle strepitose livree che l’hanno resa popolare, anche loro frutto del genio creativo (e lo dico con un po’ di invidia) che si nasconde dietro al progetto Anonima Tapulli. La prima livrea, che è anche un po’ la più famosa, era nata per celebrare la cultura del drift giapponese, per questo vennero scelti i colori SOK della BMW M3 con cui Eiichi Tajima corse il campionato All Japanese Touring Car del 1992 in categoria JTC2, correndo contro mostri come le Nissan GT-R R32, auto di ben altra caratura rispetto alla piccola, ma incazzosa, M3 e30.

Tuttavia, come molto spesso accade, ogni cosa ha il suo tempo: passata la prima livrea è stato il momento di sostituirla con qualcosa di diverso, di più personale.  La nuova livrea Megasbem è arrivata pochi mesi fa, la stessa con cui Anonima Tapulli avrebbe dovuto partecipare al nuovo Drift Series a Castelletto di Branduzzo, evento momentaneamente rinviato a data da destinarsi per lo stesso motivo per il quale ci siamo ritrovati tutti in casa a cucinare la pizza e a far stare scope in equilibrio. Non ci sono molti modi per definire questa nuova livrea se non… esotica: lo stesso proprietario del ferro mi ha confessato che l’idea di questi colori gli è venuta dalla foto di un pennuto color arcobaleno. Io mi limiterò a dire che è una bomba e che si meriterebbe un bel

Ovviamente, visto che sempre di arte dell’arrangiarsi parliamo, anche le esagerate livree che vedete su questa macchina sono state fatte in garage, tagliando e appiccicando adesivi sulla macchina che Giovanni Muciaccia sarebbe fiero di voi, bravi ragazzi!

Bravi regaz che ci dimostrate una volta di più che la cultura tecnica, relegata ad un affare di Serie B da ragazzacci di provincia, merita di tornare in prima linea: la meccanica deve tornare grande, la passione delle notti in garage con una chiave del 13 in una mano e il WD40 nell’altra non sono una cosa di cui vergognarsi, sono una figata incredibile.

Nota finale per i non bolognesi:

* Càrtola: tipo giusto, molto fico, anche detto “di un’altra” (sottinteso: categoria). Se si “ha la càrtola” significa che si possiedono tutte le caratteristiche sia fisiche che comportamentali per fare colpo sull’universo femminile. Esempio pratico: “Soccia, vestito così ho una gran càrtola!” esclamerà il giovane bolognese guardandosi allo specchio prima di andare a fare il gallo all’Osteria del Sole.

Articolo del 7 Aprile 2020 / a cura di Il direttore

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