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Baureihe E.03/103: l’Impero colpisce ancora.

Baureihe E.03/103

Giugno 1965, all’Internationale Verkehrsausstellung di Monaco, la principale fiera ferroviaria internazionale, la Germania (che gioca in casa) folgora visitatori e stampa specializzata mostrando al mondo la locomotiva elettrica per treni veloci per eccellenza: il prototipo E.03.

Pubblico estasiato alla Fiera (dell’Ovest…) di Monaco. Notare un contachiodi, che studia la prospezione del finestrino, e in primo piano sulla destra un agente del KGB con valigetta in dotazione. (Foto Anm256)

La ricetta è semplice: riunite le grandi aziende nazionali (Henschel per la meccanica, Siemens per gli impianti elettrici), forgiate un telaio di acciaio tedesco Krupp lungo 20 metri, riempitelo a profusione con 6 potenti motori e trasformatore, aggiungete una distribuzione ad azionamento cardanico (stile moto BMW) in grado di scaricare a terra la assurda potenza di oltre 7400kW (oltre 10.600 cv) spalmati per oltre 100 tonnellate su due carrelli da tre assi l’uno (rodiggio Co/Co) e avvolgete tutto su un’apposita carrozzeria in tre pezzi con frontali a testa d’uovo sviluppati nella galleria del vento et voilà: ecco la macchina elettrica più potente del mondo in grado di trasformare in leggenda le D.B. (Deutsche Bahn, ferrovie tedesche) e divorare (nel senso di rendere inservibili) chilometri di rotaie.

Signori ecco la Schnelfahr-Ellok, per i feticisti del ferro anche nota come Schnelle Blondine, la veloce biondina. Le DB103, insieme alle V200, hanno rappresentato i simboli della ricostruzione post-bellica in salsa tedesca: niente E646/D342 o Dolce Vita ma tonnellate di acciaio declinate a trazione elettrica o termica per permettere alla Locomotiva Tedesca di spingere l’economia della Germania Occidentale fuori dal pantano della distruzione.

Sua maestà la V200, il naftone teutonico

Il lontano progenitore del prototipo E03 furono le locomotive E19 progettate negli anni ’30 dalla Reichsbahn di cui sono sopravvissuti due esemplari dal caratteristico fregio in linea con il zeitgeist dell’epoca. Quello esposto a Norimberga, perfettamente restaurato, è stato però improvvisamente tumulato accantonato in un deposito quando un neonazista militare greco si è fatto immortalare col braccio destro proteso proprio davanti al fregio. Grande imbarazzo per tutti e fine dei giochi anche per gli appassionati di mezzi storici.

– diciamo che esistono livree più sobrie –

Pubblicità della Henschel di Kassel. Notare lo schema di verniciatura poi modificato

In occasione della fiera del 1965 furono effettuate 347 corse dimostrative a 200 km/h a favore del pubblico tra Monaco e Augusta celebrando il Sacro Romano Impero rinato paese con una apposita livrea rosso viola e avorio, simile ai colori della bandiera tedesca, estesa anche alle carrozze. Il mondo rimane basito: nessuno ha mai visto una cosa del genere sia nelle prestazioni che nelle forme. Di notte, per assicurare la regolarità delle corse, si procede alla sostituzione dei motori imballati sugli esemplari in servizio prelevandoli da quelli in esposizione. Addirittura il Ministero dei trasporti dovette concedere un permesso speciale per consentire al pubblico di provare l’ebbrezza dell’alta velocità su linee tradizionali originariamente limitate a 160 km/h.

Targa dei viaggi dimostrativi

È vero che nei paesi vicini tutti gareggiano per costruire macchine ad alta velocità (le francesi BB9200, le nostre tartarughe 444) ma il distacco della E03 rimane a lungo nell’immaginario collettivo e scalda non solo gli animi ma anche le terga dei macchinisti alla guida del lungo ferro da stiro dalla forma di würstel al traino di treni di oltre 600t.

Infatti i progettisti crucchi tedeschi, nella foga di ricercare la potenza assoluta per la composizione di treni passeggeri pesanti, hanno dimenticato qualche piccolo dettaglio relativamente alla coibentazione delle cabine ed alla dispersione del calore dei motori che raggiungono temperature da cokeria. L’effetto è particolarmente evidente nella celebre Geislingen Steige, sulla Filstalbahn tra Stoccarda e Monaco, che costituisce, con i suoi gradienti da ferrovia di montagna con curve di 270 metri di raggio, l’incubo di ogni macchinista: in poco meno di 6 km il dislivello di oltre 100 metri, pari al 22,5‰, può mandare a pacco i motori con caratteristiche fiammate per la gioia di grandi e piccini. Insomma l’invenzione dell’hot dog su rotaia.

La 103 tira le carrozze e il fiato sulla fine della rampa della Geislingen siege. I finestrini oscurati nascondono l’antiestetica puzza di bruciato della cabina mentre le griglie tentano di smaltire il calore generato dallo sforzo. A sinistra l’EMD panoramica e sulla destra una doppia di anziani E04 (praticamente i coccodrilli tedeschi)

 Altro piccolo difetto di gioventù alle alte velocità è il comportamento dei primi pantografi, sia tradizionali ad archetto che monobraccio: intorno ai 200 km/h tendevano facilmente ad attuare antipatiche rotture (Il TEE “Prinz Eugen” sulla relazione Brema-Vienna fu beffardamente rinominato “Prinz Eugen, il nobile squartatore” quando in Austria il filo di contatto fu più volte tranciato dal pantografo della locomotiva).

Gli ingegneri mettono quindi in produzione la serie di 145 locomotive, classificata Sua maestà  Baureihe 103, introducendo alcuni accorgimenti: una nuova linea di griglie per la dispersione del calore (e con maggior sporcizia nella sala macchine), miglior coibentazione dei motori, nuovi pantografi rinforzati e, solo sugli ultimi esemplari, l’allungamento delle cabine di 70 cm per migliorare la seduta del personale di condotta.

Esemplare originale in primo piano insieme a quello allungato sullo sfondo. Si nota la differenza delle cabine allungate dall’espressione del busto del macchinista incastonato nel finestrino. (Foto Thomas Wunschel)

La serie delle 103 comincia quindi dal 1974 la sua carriera leggendaria che la vedrà alla trazione dei famosi treni TEE – Trans Europ Express, Kraftwerk docet – soprattutto lungo la valle del Reno dove, celebrando il mito wagneriano, il celebre “Rheingold” (oro del tReno) attraverserà i celebri vigneti terrazzati che si affacciano sul fiume.

Sono gli anni d’oro dei veloci servizi TEE e poi IC, competitivi in ogni tempo con il trasporto aereo (da cui lo slogan pubblicitario “tutti parlano del meteo, noi no”), per cui la DB103 diviene l’icona della ferrovia tedesca. Perché quando un oggetto funziona ed è pure bello ha bisogno della giusta celebrazione.

Negli anni ‘80 l’ufficio commerciale delle DB decide che la ferrovia debba stimolare il viaggio degli uomini d’affari occasionalmente anche possessori di auto. Si comincia col girare una serie di spot televisivi per far impallidire le compagnie aeree sulle lunghe distanze e con ogni clima, nonché a coniare slogan automotive sboroni ammiccanti riferiti all’auto su rotaia “con oltre 9000 cavalli sotto al cofano”.

Solo che a un certo punto si fanno prendere la mano e finiscono anche per attirare l’attenzione delle stesse case automobilistiche. Infatti una pubblicità dell’epoca inquadra una 103 nella vetrina di un concessionario descrivendola come “la seconda macchina che tutti possono permettersi” (si tratta di una pubblicità occulta dove la prima auto da desiderare è sempre una tedesca Mercedes AMG o una  Porsche).

La notizia rimbalza al lingotto di Torino dove la Fiat ha appena lanciato la temibile Panda, l’utilitaria arrampicatrice: i pubblicitari decidono di replicare sulle riviste provocando le DB con un memorabile sfottò della serie non importa la lunghezza ma l’uso che ne fai.

Cara direzione ferroviaria! Ho provato per una settimana il vostro veicolo come seconda vettura, e sono giunto alla conclusione che la FIAT Panda sia meglio” Infatti “per raggiungere i 100 Km/h da ferma, alla Panda bastano un semaforo verde e 16,5 secondi, mentre alla 103 servono un capostazione, un segnale di via libera e 71 secondi.” “Per parcheggiare la 103 ha bisogno di una stazione, alla Panda bastano 3,50 m.” “La Panda trasporta 5 persone, 378 meno che una 103 con 7 vagoni, ma i passeggeri della Panda hanno tutti un posto al finestrino.

Apriti cielo: i tedeschi non gradiscono e non potendo più replicare usando i panzer Tiger decidono di replicare con una foto della Panda su bisarca ferroviaria con lo slogan “trasportiamo anche carichi ingombranti”. Fortunatamente la cosa finisce lì prima che qualcuno cominci a imbarazzare le rispettive ambasciate facendo paragoni tra i würstel tedeschi e il pendolino italiano.

Nel frattempo gli uffici della direzione ferroviaria cominciano a ricevere la bolletta della EON e si accorgono che le teorie sulla correlata proporzione tra l’ alta velocità e il consumo di corrente non sono propriamente una propaganda delle DDR: la 103 è un animale energivoro e oltre a molare le rotaie ciuccia a canna dalle sottostazioni elettriche. Siamo in tempi di privatizzazione, come insegna mamma Thatcher con il sistematico smembramento della British Rail (salvo poi qualche ripensamento all’esito degli incidenti ferroviari frutto della dismissione).

La risposta degli Uffici di produzione delle DB non si fa attendere: invece di ridurne l’utilizzo qualche buontempone decide che le macchine debbono solo avere una maggior turnazione in modo da renderne profittevole l’utilizzo: la carriera delle 103 prosegue quindi anche al traino di qualche regionale veloce o di sporadici treni merci.

L’edificio direzionale delle ferrovie tedesche nei pressi di Berlino in località Gleisdreieck, nome affascinante per definire il triangolo dei binari della S. Bahn. Probabilmente le prime locomotive ad alta velocità sono state concepite in questo sacro luogo vicino al Museo della Tecnica di Berlino: nel ‘900 ospitò la sede della direzione delle ferrovie prussiane, poi Reichsbahn, e infine DB dove sul lato est troneggia la mitica ruota alata in forma stilizzata. (Foto Luigi D’Ottavi)

Poi un giorno, come nei migliori episodi del trenino Thomas, arriva l’ICEman e tutti rimangono gelati dal fatto che questo treno faccia lo stesso lavoro della 103 senza essere così aggressivo e vorace nei suoi rapporti con l’armamento e le sottostazioni.

Il destino delle 103 sembra quindi correttamente instradato verso la fiamma ossidrica fino ad uno spiacevole evento accaduto nel 2002 quando un intero convoglio ad alta velocità ICE finisce per centrare un viadotto stradale nei pressi di Eschede, costringendo a ritirare l’intera flotta (le indagini appurarono che il rimedio dei supporti in gomma (!) per limitare l’usura irregolare delle ruote monoblocco non era stata sufficientemente testata alle alta velocità).

A quel punto le 103 superstiti, quando già il cannello della fiamma ossidrica stava per perforarne le gloriose lamiere, vengono richiamate in servizio e continuano ancora per molti mesi a fare quello per cui erano progettate: trainare pesanti composizioni di treni passeggeri in ogni condizione lungo tutta la dorsale tedesca dalle Alpi alle Piramidi da Amburgo a Monaco.

Una 103 al traino di un merci dalle parti di Stoccarda

Siamo infine arrivati agli anni 2000 e l’ ultimo canto del cigno avviene con l’Expo di Hannover, con le 103 destinate a concludere la loro carriera davanti ad un pubblico internazionale, esattamente come agli esordi.

Accanto alla livrea bandiera, la DB 103 ha conosciuto anche la livrea rossa con o senza bavaglino bianco ed alcune livree speciali tra cui, per un tempo limitato, il prototipo E.003 con i colori del Rheingold blu cobalto al posto dell’avorio. Dei 4 prototipi e delle 145 unità di serie rimangono ancora oggi 17 esemplari preservati di cui 8 operativi.

Nella loro lunga carriera alcuni esemplari hanno raggiunto potenze abnormi (10400 kW) per velocità smodate in zona plaid: il picco di tali sperimentazioni avverrà il 14 giugno 1985 quando un treno sperimentale al traino della 103 003-0 raggiunge i 283 km/h sulla linea tra Hamm e Minden.

Personalmente la DB 103 rimane nel mio immaginario una delle più belle macchine di sempre nonostante la pratica impossibilità di vederla circolare in Italia se non nelle stazioni di confine di Domodossola e Brennero a causa del differente sistema di alimentazione. Probabilmente la mia prima personale folgorazione si verificò nel Natale del 1983 quando ricevetti come regalo la mitica locomotiva (art. 3054 Märklin) e passai le intere festività natalizie a farla girare nell’ovale allestito nel salotto di casa con una piccola composizione delle carrozze TEE della Lima (ché quelle in lamierino della Märklin costavano un fracco). Anni dopo, avendo allestito un plastico sul soppalco del garage condominiale, la 103 precipitò da un altezza di quasi 3 metri e fortunatamente sopravvisse alla rottura, pur riportando evidenti danni ai respingenti ed ai finestrini anteriori (riparati successivamente quando fu spedita in Germania per una costosa revisione).

Pornografia ferroviaria: la 103 ripresa dal basso, con gli organi di trazione in primo piano, permette di apprezzare in pieno il disegno curvilineo del frontale interrotto solo da alcuni orpelli funzionali tra cui troneggiano i 3 fari (Foto Joachim Seyferth)

Per riuscire però a vederla dal vivo dovetti aspettare la soglia dei 30 anni quando, a Düsseldorf per imparare piccoli rudimenti di tedesco, sostò brevemente nella stazione centrale, ormai non più al traino dei gloriosi TEE ma di anonime carrozze IC. All’epoca avevo con me una macchina fotografica analogica, sfortunatamente caricata in b&n, ma riuscii comunque a scattare una foto che non rendeva giustizia alla superba colorazione ma che rimane per me un trofeo della macchina elettrica più possente ed elegante che abbia mai visto in azione. Ogni volta che vedo un elettrodomestico tedesco, dai ferri da stiro alle volkswagen lavatrici, credo di subire la stessa sindrome che provava Steve Jobs per le automobili tedesche: la percezione che la bellezza estetica delle creazioni industriali teutoniche rifletta anche quella dei componenti interni, un riflesso di funzionalità e di rigore estremo del tutto diverso dalle locomotive italiane, più artigianali ma anche più “vive”. Una sorta di silenziosa potenza siderale. Un po’ come la differenza tra una Porsche Taycan e una Ferrari SP01. Ma questa è un’altra affascinante storia.

Articolo di Luigi D’Ottavi

Articolo del 19 Gennaio 2023 / a cura di La redazione

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  • Gianfranco Defrancesco

    Nel ringraziarLa dei sempre affascinanti articoli, mi permetto correggerla, come feci tempo fa circa un termine tecnico aeronautico tedesco, circa l’acronimo tedesco DB, che lei traduce con Die Bahn- La Ferrovia, mentre l’acronimo in questione sta veramente per “Deutsche Bahn”- Ferrovie Tedesche.
    Con simpatia
    Gianfranco

    • Corretto, grazie mille!

    • Daniel

      L’incidente di Eschede è avvenuto nell’estate del 1998 servizio ICE 884

  • Marco

    Bellissimo articolo. Segnalo solo un probabile refuso: i due carrelli a mio avviso dovrebbero essere di 3 assi ciascuno e non di 6 come scritto. Chiedo venia se per caso mi sono sbagliato ad interpretare la frase.

    • No no, avevi ragione, nostro errore, corretto, grazie mille!

  • Enzo

    Articolo interessantissimo, completo ed entusiasmante per un patito Marklin che possiede il modello con tutte le vetture TEE e che anche sul plastico la considera il miglior modello dal funzionamento sicuro e dalla velocità eccezionale! Grazie! Aspetto un analogo articolo sul Caimano FS , ultimo acquisto.

  • Alessandro

    Non sono un esperto di cose ferroviarie ma gli articoli di RS su questo argomento sono sempre appassionanti. Divertente scoprire il battibecco pubblicitario paradossale che contrapposto la 103 con la Panda 45 (da ex possessore di Panda “classica” 🙂 ). Grazie.

  • Aspettiamo fiduciosi l’articolo sui V200, che qui in Italia ne abbiamo un bel po’…

  • Cristhian

    Nel 1984 avevo 10 anni e ad un certo punto lasciai il noioso pic nic montanaro in zona altissimo piemonte con genitori e zii e camminando per un bel pezzo raggiunsi la stazione di interscambio di Iselle, dove i treni nostrani e quelli tedeschi si davano il cambio. Scassando parecchio il…chiedendo con gentilezza ad un macchinista crucco, che aveva capito che ero tarato coi treni, mi fece salire su una di queste locomotive E103 e me ne spiegò il funzionamento in tedesco…Fu una giornata epica e tornato al pic nic parenti e genitori non ci credevano

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