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Mazda 323 GTR, l’anti Delta giapponese

“Oh, con questa le Delta te le mangi a colazione!”

Bene, ho la vostra attenzione: per quanto sfrontata, questa frase venne realmente detta dal precedente proprietario della macchina delle foto  – mi dicono fosse un bauscia invasato – all’attuale proprietario quando si incontrarono per provarla e poi comprarla. Ma in quella frase apparentemente senza senso c’è qualcosa di più, perché quella frase viene fuori praticamente ogni volta che si parla della Mazda 323 GTX/GTR, da sempre legata da un sottile fil-rouge alla celebre due volumi italiana. Sì perché quello Delta vs 323 inoltre è uno di quei duelli che ha radici profondissime, quasi medievali, al punto che numerosi forum – uno su tutti quello di elaborare – sono pieni di persone che, con ogni probabilità, se si incontrassero per strada si ridurrebbero a dei quadri di Picasso a furia di sberle. Sono discussioni spesso di una tristezza infinita, nelle quali la gente tira fuori il peggio di sé, mettendo in mostra tutta la mediocrità di cui sono capaci, un noto truff youtuber li chiamerebbe trogloditi.

Per cercare quindi di porre fine a questo eterno tira e molla tutto mediterraneo, ho deciso di portare a fare due sgumme una rarissima Mazda 323 GTR lunga una delle mie strade preferite, cercando una volta per tutte di capire il suo senso di esistere., scoprendo inoltre una strana, che dico, stranissima, leggenda metropolitana. Facciamo quindi una cosa, venite con me, che vi racconto prima la storia di questa strana giapponese e poi come va.

Partiamo dal nome, GTR: già queste tre lettere sono un programma. Riservate alla miglior produzione giapponese, quando queste tre lettere sono messe assieme, di solito fanno venire prurito sotto al piede destro e l’acquolina in bocca. GTR, una sigla che Nissan adottò per definire il proprio concetto di auto sportiva, Gran Turismo Racer, e che Mazda ha fatto sua per competere nei rallyes, per andare a seminare un po’ di panico nel Gruppo A mettendo, tornando ad inizio articolo, i bastoni fra le ruote della Lancia Delta Integrale che proprio in quegli anni stava vivendo i suoi maggiori successi. (tra l’altro, quando nel 1986 dopo il disastro del Gruppo B il Gruppo A divenne la categoria regina dei rally, Lancia e Mazda erano gli unici due costruttori al mondo ad avere in listino una 4WD Turbo prodotta nel numero minimo da soddisfare l’omologazione alle corse)

Insomma una missione da poco per la piccola 323… ma andiamo con ordine. Ci vuole ordine perché, come spesso accade con le auto, è tutto un susseguirsi di sigle infinite prese da un alfabeto con 7, se va bene 8, lettere: la G, la T, la R, la S, la X ogni tanto e il numero 3. Bon, finito lì.

La storia della 323 GTR, ultima, massima, sublime espressione della Mazda 323, inizia infatti nel 1987, quando Mazda schierò la nuova 323 4WD, messa a punto appositamente per partecipare al Campionato del mondo rally nel Gruppo A, proprio il terreno di battaglia preferito del Deltone nazionale. La macchina, spinta da un motore 4-in-linea B6T (in pratica il B6 della MX-5 sovralimentato con un turbo) da 1.597cc, non fece faville (a causa di un motore inferiore e di un cambio cronicamente fragile) ma, grazie anche a piloti del calibro di Timo Salonen e Hannu Mikkola, riuscì a segnare qualche piazzamento importante, concludendo la sua carriera nel 1990 con tre vittorie e il terzo posto nel mondiale del ’89. Per evolvere il mezzo, la 323 4WD venne sostituita dalla sua evoluzione diretta, la GTX.

– Nella foto in alto la 323 4WD del 1987, qui sopra la GTX del 1991, con al volante un giovane Tommi Makinen –

Partendo da un telaio più robusto e leggero, la GTX si mostrò fin da subito una macchina migliore rispetto alla 323 4WD dell’anno prima, portandosi a casa il mondiale Gruppo N nel 1988, nel 1991 e nel 1993, quest’ultimo grazie alle gesta di Alex Fassina, figlio del mitico Tony Fassina. Nonostante gli ottimi successi nel Gruppo N, nel quale la 323 GTX si dimostrò un’ottimo ferro, nel Gruppo A (per il quale l’auto fosse stata pensata), dove le modifiche, gli investimenti, le potenze e gli sforzi meccanici in gioco erano ben maggiori, l’auto non riuscì mai a concludere nulla di sostanzioso a parte qualche sporadica vittoria, prendendo sonore batoste sia dalla Lancia Delta, sia dagli altri concorrenti giapponesi.

Ai risultati sportivi della GTX, faceva però da contraltare un design che più anonimo non poteva essere; l’unica concessione alla sportività, alla grinta e allo spasso erano un piccolo spoiler posteriore e uno sticker prespaziato recitante “Full time 4wd” buttato sulle fiancate più altre scritte senza senso sparse nell’abitacolo e un DOHC Turbo nel parafango anteriore. 

– POWER WINDOW, ah non si scherza niente qui –

Brutta e anonima finché non si alza il cofano o non le si da uno sguardo sotto alla sottana, solo così ci si renderà conto di avere a che fare con una sportiva pura: se nelle serie prodotte dal 1988 al 1989 la GTX aveva lo stesso 1.600cc della 323 4WD, a partire dalla fine del 1989 e fino al 1992 sotto al cofano della GTX Mazda incastrò un BPT (ovvero della serie BP, tipo quelli della MX-5 ma turbo), 4 in linea 16V DOHC da 1.840cc montato in posizione anteriore trasversale e sovralimentato da una piccola turbina IHI VJ-21, utile per generare 166 cv a 5.500 giri e oltre 220 Nm di coppia massima, tutti a spingere una vettura che pesa appena 1175 kg, praticamente l’avantreno di una Tesla. La potenza è scaricata sulle 4 ruote attraverso un semplice ma affidabile sistema di trazione integrale, dotato di un differenziale centrale a giunto viscoso Ferguson e di un LSD posteriore anche lui di tipo viscoso, mentre il differenziale anteriore è aperto. Questa impostazione ripartisce il 43% della coppia verso le ruote anteriori mentre il restante 57 va al posteriore (a seconda del grip però la ripartizione può passare a 60/40), rendendo l’auto – come vedremo dopo – piacevolmente neutra se non, delle due, un po’ sovrasterzante.

L’auto inoltre è appoggiata su uno schema sospensivo molto simile a quello della Delta (e ci risiamo) e a quello della coeva Nissan Sunny GTi-R, altra bomba a mano giapponese di quegli anni. Le sospensioni sono delle MacPherson sia davanti che dietro, con triangoli sovrapposti all’anteriore e a quadrilateri al posteriore. La GTX era tutto qui, una bruttina due volumi dalla meccanica eccelsa che, se messa a punto doverosamente, poteva veramente dare del filo da torcere a molte delle più più potenti (ma anche pesanti) due litri dell’epoca. 

– raro esemplare di Mazda 323 GTX seconda serie, fotografata dal proprietario della GTR, una specie di nerd di questa macchina –

Il discorso diventò ancora più succoso nel 1992, quando Mazda iniziò a produrre la 323 GTR, immediatamente riconoscibile dalla precedente GTX grazie all’immenso paraurti anteriore, utile per ospitare l’intercooler e i due bei fari supplementari (che nella macchina da corsa diventavano prese d’aria per i freni) e le prese d’aria sul cofano, necessarie per scaricare il grande calore generato dal motore Mazda. Le modifiche però non furono solo estetiche, il motore 1.840cc era dopato da una turbina più grossa IHI VJ-23 (raffreddata a liquido e, udite udite, su cuscinetti, per la prima volta su una vettura stradale), sicuramente più soggetta al fenomeno del turbolag, ma capace di aumentare la potenza massima fino a 185cv a 6.000 giri (e 240 Nm di coppia max a 4500). Oltre a questo l’auto venne ribassata di circa 10mm, vennero aggiunte nuove barre antirollio e i cerchioni originali da 14″ vennero sassati dalla finestra a favore di quattro nuovi cerchioni da 15″ con gomme più larghe montate su mozzi con 5 bulloni al posto dei canonici 4. Ancora bruttina, la GTR adesso dimostrava fin da subito i suoi intenti, risultando immediatamente più aggressiva e decisa della sua cugina GTX, mettendo in mostra i muscoli e dando una ragione di esistere alla sigla più sprint del mondo automobilistico made in japan.

Ma soffermiamoci un attimo sulla linea dell’auto, che merita un approfondimento per quanto è anonima: abbiamo visto che il punto di riferimento degli ingegneri Mazda era la Lancia Delta 4WD/Integrale, da qui la decisione di costruire una due volumi dalle caratteristiche simili. Tuttavia, evidentemente vogliosi di differenziare quanto possibile i due prodotti, i designer Mazda hanno eliminato in blocco i tratti salienti e più appetibili della due volumi italiana. Fari tondi super grintosi? Via! Cofano bombato tostissimo? Sva-vam, fuori dalla finestra. Tagli secchi e parafanghi super sexy? Giù dal cesso e tirare l’acqua. Il risultato di questa operazione fu un’auto dal temperamento indubbiamente sportivo ma che la guardi, ti giri e, swush, come per magia te la sei già scordata. Va bene tutto, noi italiani siamo un popolo un po’ così e probabilmente con la Delta abbiamo anche esagerato, ma dubito che in Giappone qualcuno stia rompendo il cazz si stia strappando i capelli per la 323 GTR implorando Mazda di rifarla. Inoltre guardando l’auto da tre quarti posteriore c’è un che di Peugeot 205, così, appena accennata.

Però il faro unico posteriore è troppo anni ’90, figata.

Allora, veniamo al dunque: la 323 GTR è probabilmente l’ultima “homologation special” mai prodotta da Mazda, dopo di lei il costruttore giappo non produrrà più compatte turbo e con quattro ruote motrici (si, sapientini, lo so che c’è stata la Mazdaspeed 6 che era 4wd, ma non è una compatta) con l’unico scopo di essere omologate per correre. Proprio quindi per contrastare lo strapotere di Lancia e delle altre rivali giapponesi che nel frattempo si erano affacciate al mondo dei rally (su tutte, Toyota), Mazda omologò 5000 versioni stradali della 323 GTR anche se è opinione comune che, alla fine un po’ come fece Lancia con la 037, ne costruì solo 2.500, la metà esatta. Un numero che rende quest’auto rara e di particolare interesse per Wayne Carini e i collezionisti di auto in generale.

Ma noi che non siamo collezionisti se non di multe e vecchiette che ci urlano dietro, abbiamo voluto provare la 323 GTR come si deve, per capire se il suo acquisto può essere interessante o se è meglio lasciare stare per ripiegare chessò, su una Delta (o mezza, visto i prezzi in costante lievitazione) o una Ford Escort di quelle buone. E qui la faccenda diventa scottante perché la 323 GTR, nonostante un pedigree da prima della classe, purtroppo, stupisce un po’ poco, probabilmente a causa dal fatto che il motore, almeno nella versione stradale, èun po’ depotenziato, con la turbina che soffia a soli 0,65 bar quando in realtà può tranquillamente arrivare a 1,1 in configurazione spinta (e quindi capace di superare di slancio i 250 cv). Con i suoi 185 cv l’auto – complice anche la trazione integrale permamente – risulta particolarmente facile ed educata: passato un iniziale turbo lag mai fastidioso, l’auto spinge bene in tutto il range 3.000 – 6.000 giri, percorrendo tanta strada e attaccando al sedile ma senza mai dare l’idea di voler uccidere il suo sciocco guidatore o di voler strappare l’asfalto da terra. Tutto avviene con facilità e linearità, non ci sono grossi colpi di testa o scintille, la 323 semplicemente accelera con forza, lanciandosi avanti con tonnellate di grip ma senza mai emozionare più di tanto, vittima anche di un cambio sì preciso ma fragilissimo e da trattare con i guantini, onde evitare di tritarlo fra una marcia e l’altra.

Presa confidenza con un’impostazione di guida un po’ vecchia scuola, con il volante inclinato e una seduta un po’ molto seduta, ci si trova per le mani un’auto facile e gustosa ma che, mi spiace ma lo devo dire, fatica a strapparvi un sorriso dalle labbra. La 323 GTR è sempre molto composta nel suo essere numericamente molto veloce e il grip meccanico dato dalla sua trazione integrale e dal telaio estremamente neutro la rendono impeccabile, specialmente su asfalto. Molto probabilmente, se al posto del 1.840cc ci fosse stato un due litri, anche mantenendo la potenza nello stesso ordine di grandezza, l’avere più cilindrata e quindi più schiena e coppia avrebbe creato una macchina con più brio ma non per questo più efficace, cosa che questa Mazda è. Un brio tuttavia, lo ripetiamo, ampiamente limitato dal fragilissimo cambio, vero tallone di Achille di quest’auto al punto che il proprietario di questa 323 ne ha un paio in garage con l’ansia di sbriciolare quello che ha su.

– ve l’avevo detto che era un nerd della 323 GTR –

Ma allora, perché attorno a questa auto gira un’alone tale da aver generato delle litigate senza fine sui forum? Una spiegazione potrei averla: sono infatti venuto a sapere da fonti MOLTO affidabili che, quando negli anni ’90 alcune 323 GTR del parco stampa Mazda vennero consegnate alla stampa specializzata, alcune di queste avevano la turbina portata a 0.9 bar, con una potenza conseguente stimabile in almeno 220cv e un comportamento molto più ruvido e selvatico. Ecco allora che, con l’auto libera dalle strozzature e pronta per menare le mani, molti giornalisti dell’epoca rimasero piacevolmente colpiti da questa due volumi alimentandone la leggenda. La magagna (che poi magagna non è, all’epoca lo facevano tutti, specialmente nei giornali di moto, quando facevano provare ai giornalisti delle 125 stradali carburate da GP) venne fuori molto più tempo dopo e, solo ora che ho provato per bene una 323 GTR originale in tutto per tutto con la turbina che fa le pernacchie a 0,65 bar, mi rendo conto dell’enorme potenziale che si nasconde dietro questa anonima due volumi dal paraurti sporgente.

Quindi, per chiudere, il consiglio di Rollingsteel è questo: se volete cavarvi due voglie lungo un passo montano, se volete un’auto particolare da smanazzare a buon prezzo o, più facilmente se volete fare incazzare qualcuno sui forum delle Delta, lasciate stare. Nonostante sia rara, bruttina e dimenticata dai più, il valore di quest’auto è in costante crescita (come tutto il mercato della youngtimer) e, se fino a 5-6 anni fa era possibile trovarle a circa 8.000 eurini, oggi ne servono almeno 20.000 per prenderne una in buone condizioni e che non sia un blocco di ruggine. Ad ogni modo, arrivando ad un agognato dunque con questa 323, con circa 20.000 buoni da un euro potrete mettervi in garage un ferro interessante e strano che pochi lavoretti nemmeno dei più costosi vi permetterà di cavarvi ben più di qualche voglia, a patto però di trovare un buon meccanico che vi segua e qualche cambio da tenere di scorta in garage. 

EDIT del 26 ottobre: Purtroppo dobbiamo rivedere quanto appena scritto circa la cifra necessaria per mettersi questo ferro in garage… a quanto pare anche la Mazda 323 GTR è entrata nel giro della speculazione delle auto d’epoca “targhe originali – matching numers” (frasi che quando leggo su un annuncio sento l’odore di vaselina). Mi dicono infatti che alla fiera delle auto d’epoca di Padova dello scorso weekend c’era una 323 GTR con appena 8.757km (!) proposta all’esorbitante cifra di 38.000 €. Una cifra un po’ esagerata, anche considerando che l’auto, per quanto veramente perfetta, è mancante di tutti gli adesivi “full time 4wd” sia sulle fiancate che sul portellone, rendendo così dubbia l’affermazione “prima vernice”.

Articolo del 26 Ottobre 2020 / a cura di Il direttore

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  • Giorgio

    Anche qua! Buonasera direttore. Set fotografico ambientato in una cava.. anche per la Delta integrale e la Peugeot kittata (per modo di dire).

    È la cava che si vede dallo stradone che da San Lazzaro porta verso le pista modelli di Ca’ de Mandorli?

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