Per capire la portata di ciò che Gordon Murray sta facendo (non solo oggi, ma da sempre, in fondo), basta forse considerare un singolo aspetto: pare siano solo 3 su 100 i clienti che hanno chiesto il cambio automatico sulla sua ultima creatura, la T.33. Solo tre. Certa gente non cambia. Sono quelli che ordinano la pizza senza la mozzarella, quelli che cāĆØ un mare da favola ma non si schiodano dallāombrellone. Quelli che, in fondo, un SUV lo vorrebbero. Gente che non ha capito e mai capirĆ , insomma. Quindi no, niente, nada, nisba. Niente cambio automatico per voi. Fuori da questāufficio, prima che vi scateni addosso i cani. La T.33 cāĆØ solo manuale.
Guarda te se dopo la McLaren F1 e dopo la T.50 dobbiamo ancora sentire di gente che le vorrebbe privare di uno degli elementi fondamentali che le rendono ciò che sono: aria fresca in un mondo di fuffa. Ma avete mai dato unāocchiata dentro a una T.50? Se cāĆØ una cosa che trovo sessualmente eccitante ed emblematica, ĆØ il fatto che sia totalmente priva di cazzate. Gli interni sono di una semplicitĆ ed ergonomia disarmanti e fan venire voglia di guidare al solo guardarli. La stessa cosa accade con la T.33:
Apri la portiera diedrale (quantāĆØ figa questa soluzione, adottata anche da McLaren) e ci sono giusto i sedili, un volante, la strumentazione tutta raccolta in pochissimo spazio appena a portata di sguardo e di dita. La protagonista, lāinterprete che ti aiuta a tradurre la tua bramosia di prestazioni in emozioni, la lunga leva del cambio manuale, ĆØ lƬ di fianco, dritta come una canna di fucile, esposta come un trofeo su un piedistallo.
Ć unāasta con una palla sopra. Semplice. PerchĆ© deve fare una cosa semplice. Ma importantissima e, quindi, non può perdersi in frivolezze. CosƬ come tutto il resto dei comandi. Di digitale cāĆØ pochissimo. Questo ĆØ il regno dellāanalogico. Comandi e interruttori che puoi azionare anche senza distogliere lo sguardo dalla strada, senza bestemmiare coi polpastrelli su uno schermetto sudicio, unto di impronte digitali, pregando per una precisione che non ottieni mai. Comandi che āsentiā nelle mani, come i fogli di carta di un libro che hai letto un milione di volte e che, forse, ormai potresti leggere ad occhi chiusi. Pedali ritti sullāattenti come una Ć©lite di militari.
La stessa pedaliera è regolabile, così come il volante e i sedili, personalizzabili. Il volante è direttamente derivato da quello della McLaren F1: sottile e piccolo, perché secondo Gordon quelli grossi sono solo marketing. E il muso, al di là del parabrezza, è 100 mm più basso di qualunque altra supercar, la visibilità è massima.
Il telaio della Spider, creato con la tecnologia iStream brevettata da Murray, che consente di variare in modo semplice lo spessore delle singole aree di un telaio monoscocca, aggiunge appena 18 kg al peso della versione coupƩ. Non so se mi spiego. E Murray afferma che, a livello di architettura, condivide molto poco della stessa sorella T.50, cosa che si intuiva dal fatto che i posti a sedere, qui, sono solo due.
Cambiano la ripartizione dei pesi, lāaerodinamica, lāassetto, il che consente di ottenere un comfort maggiore, per unāauto pensata più vicina al concetto di GT. E niente gestione elettronica dellāassetto, niente giochini fra ācomfortā, āsportā e ātrackā e compagnia, perchĆ© qui il peso ĆØ pochissimo e non serve cercare di nascondere la ciccia.
Ć sufficiente un assetto fatto bene, con ammortizzatori passivi come Dio Murray comanda. Volete sapere qual ĆØ stata lāauto di riferimento per concepire la prima della famiglia, la T.50? Una supercar? Una hypercar (a parte che Gordon dice di non avere idea di che cosa sia una hypercarā¦), forse? Nemmeno per idea. ĆĀ stata la Alpine A110. SƬ, la Alpine. Murray lāha affidata ai suoi per spogliarla fino allāosso e ha avuto conferma che si tratta di uno dei migliori compromessi stradali che si possano comprare, senza trucchi di sorta.
Poi cāĆØ il V12. Dio mio quel V12. Dire che ĆØ compatto non rende lāidea. Lo conosciamo giĆ per la T.50 e per la T.33 coupĆ©, ma spendiamoci ancora su due parole. EĆ un 3.9 e sembra un 1.8 a quattro cilindri. Esprime 615, 670 e 770 cv rispettivamente sulla T.33, la T.50 e la T.50S Niki Lauda. E non cāĆØ turbo a rompergli lāanima. CosƬ la sua può fondersi con la tua, specie quando tocca quota undicimilagirialminuto. SƬ, 11.000. E qui ĆØ ancora castrato, perchĆ© passa i 12.000! E questo ĆØ merito non solo di un lavoro eccelso portato avanti per anni con Cosworth, ma anche della stessa progressione e bassa inerzia garantita da unāauto tanto potente e leggera: parliamo di 1100 kg. Meno di una Exige V6. Una combinazione che ti fa realizzare che quel pedale tanto reattivo esisteva giĆ prima del ritorno del turbo: bastava non caricare le sportive di peso inutile come muli da soma.
– L’ espressione di chi ha ricevuto sesso orale. O di chi ha costruito il V12 più figo del mondo –
Ma Murray non dimentica che per godere della gioia della guida bisogna fare tanta strada. Non avrebbe senso rinunciare a un lungo week-end perchƩ manca lo spazio per i bagagli. CosƬ, ha aperto le fiancate posteriori e ci ha ricavato un paio di nicchie nemmeno troppo anguste per ospitare un paio di valigie morbide.
E non vuole che i suoi acquirenti facciano fatica a utilizzarla, a partire dalla scelta delle ruote: sono di dimensioni relativamente contenute rispetto ai diametri da trattore che vediamo in giro oggi e gli pneumatici sono ābanaliā Michelin Pilot Sport 4S di larga diffusione, non gomme specifiche che devi ordinare apposta sei mesi prima. E niente ruote in magnesio, perchĆ© se le righi poi si ossidano. La T.33 le ha in un altrettanto ābanaleā alluminio forgiato. E Gordon ha voluto viti in titanio (lottando per ridurle da 8 mm a 6 mm per il peso) perchĆ© il titanio dura di più.
La nuova di gamma T.33, dal prezzo di 1,8 mln di sterline, si chiama Spider, ma in realtĆ ĆØ una convertibile tipo Targa: il tettuccio viene via in un attimo (circa 60ā per ficcarlo nel bagagliaio anteriore) e, fra lāaltro, senza interferire con lāairscoop, che rimane lƬ dovāĆØ e la cui bocca non cambia nĆ© di forma, nĆ© di dimensioni. In più, come giĆ visto su altre sportive, vedi la McLaren 570 Spider, il lunotto scende elettricamente ad aprire una finestrella sul vano motore, per assaporarne appieno la sinfonia perfino quando piove. Motore che vedi molto più facilmente rispetto ad altre auto perchĆ© ĆØ posizionato 200 mm più in basso di qualunque altro motore centrale.
– L’airscoop resta lƬ dov’ĆØ anche sulla Spider –
Dobbiamo anche considerare che Murray ha fissato i riferimenti di rigiditĆ torsionale e aerodinamica proprio sulla convertibile, non sulla coupĆ©. Ha voluto evitare una spider totale proprio per non aggiungere massa per via delle relative modifiche al telaio e non voleva nemmeno le āgobbeā adottate da tante altre convertibili per non sporcare il flusso dellāaria. La T.33 Spider sviluppa un massimo di 150 kg di deportanza senza lāombra di un alettone.
Ho riflettuto sul design di questa T.33 e della precedente T.50 e sulle prime mi sono un poā lamentato della relativa, apparente banalitĆ delle forme; in un certo senso, Murray mi aveva un poā deluso, perchĆ© mi sarei aspettato qualcosa di sconvolgente e arrapante tanto quanto la filosofia che lo contraddistingue. Poi, però, mi sono ricordato che Gordon ĆØ un ingegnere, un genio, un vero appassionato, uno di poche, misurate parole che veste in modo orribile, come capita, di solito, a chi dellāapparire frega molto poco.
– Il gusto di Murray per le auto ĆØ inversamente proporzionale a quello per l’abbigliamento –
E lì ho capito. Insomma: che tipo di design dovrebbe adottare un uomo come lui, se non quello più semplice ed efficace? Se Murray avesse voluto solleticare il desiderio di opulenza di certi fenomeni di Instagram e locali notturni, avrebbe arzigogolato il solito esercizio di stile per milionari senza gusto né passione. Ma Murray non è un autocelebrativo pallone gonfiato. E in questo caso, secondo me, non è tanto il genio, ma il gusto e la passione. Murray è quel tipo di persona che, senza tanti giri di parole e senza ipocrisia, va, semplicemente, dritto al sodo. Nemmeno i gruppi ottici, nemmeno gli scarichi assumono una forma diversa da quella, classica ma così efficace, circolare.
E poi lui voleva ricordare gli anni gloriosi della sua gioventù, quando le auto erano davvero belle, cattive nella loro asciutta sinuosità , pericolose e ammansibili più da un eroe che da un pilota. Lo dice lui che le sue auto sono così per uno scopo ben preciso, che ogni linea ed ogni elemento ha una funzione. E che vuole un design il più longevo possibile.
Vorrei rimproverare Murray solo per una cosa: dopo tutti questi anni, poche volte si ĆØ concesso ai comuni mortali. Vedi nel 1991, con la LLC Rocket. Si spera, quindi, che un giorno riprenda sul serio il discorso sulla ipotetica T.43 (che poi, a questo punto, bisognerebbe capire come funzionano i nomi delle sue auto), quella che era stata definita come nientemeno che lāerede di una certa Lotus Elise, con un peso di 850 kg e una potenza di 215 cv. Lui stesso aveva detto che sarebbe stata una āElise da usare tutti i giorniā dal prezzo di 50.000 euro (non pochi, ma non sono i milioni delle altre tre). Per non parlare della ipotetica T.25, una citycar (servono anche quelle…) Ć la Gordon.
– Una parte della collezione di Murray. Rendo l’idea? Parliamo di uno che potrebbe comprare di tutto. (Foto: Will Williams, Classic & Sports Cars) –
A parte questo, quando guardi una T.50 o una T.33 le altre supercar ti sembrano cheerleader che fanno di tutto per farsi notare. I gusti sono gusti, ma non riesco a non nutrire una forma di riverenza nelle auto di Murray, quella stessa riverenza che hai per un padre o un fratello maggiore che ne sanno molto più di te. Sono mature, ecco. Una maturitĆ che, oserei dire, ĆØ andata persa in tanti settori, non solo in quello dellāauto. Quella che lāultima volta abbiamo visto con la McLaren F1, che ad inizio anni ā90 sfiorava i 400 orari senza dimenticare di fare le curve come si deve e senza che servisse la patente per i furgoni per guidarla.
4 commenti
Ferrari, Lamborghini, guardate come si fa un’auto seria, senza il tourque vectoring e altre puttanate varie
Un capolavoro, una delle macchine più belle mai costruite, per giunta nella nostra epoca di “sportive” da 1700 chili. La linea mi piace pure più di quella della T.50.
La prima parte mi fa molto S2000: tutti i comandi a portata di dita e leggerezza. Per quanto riguarda il motore, beh, chapeau!
L’ho pensato anch’io. Il bello della S2000, nel suo piccolo, ĆØ che ĆØ altrettanto focalizzata sul guidatore, fra l’altro con un cambio che, specie sulla prima serie, azionavi praticamente solo con il movimento del polso. Peccato solo per lo sterzo non regolabile.