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Austin Mini, piccolo è meglio.

Eccoci qui, finalmente siamo riusciti a trovare una Mini Cooper degna di RollingSteel. Larga, bassa e iconica, questa è LA Mini, non quella prodotta da BMW ormai – purtroppo – stigmatizzata come auto da fighettini, nonostante  sia un ferro indegno, specialmente la versione S con il volumetrico.

Questa Mini, invece, è quella che ha rivoluzionato il mondo delle auto inventando il concetto di utilitaria prima, quello di utilitaria sportiva dopo.

Esatto, chiunque comprasse una Mini nei favolosi anni sessanta (la produzione partì nel ’59), si trovava come per magia per le mani una vetturetta con un delle buone prestazioni, un buon telaio e un handling di gran lunga migliore di qualsiasi altra auto circolante all’epoca su strada. In un batter d’occhio divenne il sogno di tutti i giovani inglesi che volevano una macchinetta per sentirsi dei veri piloti, al punto che anche quel matto di James Hunt iniziò la propria carriera da pilota con la Mini della madre (ce lo immaginiamo mentre, sulla porta di casa con le chiavi della Mini in mano, guarda la mother sogghignando: “Mamma, prendo la macchina…vado…vado a fare un giretto!”).

Se questa macchinina già di suo andava molto bene, la vera rivoluzione avvenne nel ’61 con l’introduzione delle versioni sportive Cooper, elaborate sotto la supervisione di John Cooper, proprietario dell’omonimo team di Formula Uno. Grazie alle modifiche apportate al motore (la cilindrata passava da 848 a 997 cm³ ed il motore veniva dotato di 2 carburatori tipo SU da 1.25″), ed al telaio (freni anteriori a disco e assetto rivisto) le mini preparate da lui erano dei veri missili terra-terra. Nonostante sviluppassero solo 55CV (contro i 34 della versione standard) le prime Cooper furono un vero spettacolo!

Le modifiche apportate da Cooper portarono questa vetturetta da città ad essere una vera auto da corsa. Le Cooper portate in gara dai “Flying Finns”, i velocissimi piloti scandinavi che correvano nel campionato europeo rally negli anni sessanta, facevano strage nei rally su strade di montagna e percorsi difficili, grazie all’enorme manovrabilità ed agilità di questa piccola scatoletta. Arrivò addirittura a vincere l’europeo di Rally nel ’65 (al’epoca il mondiale non esisteva ancora) con al volante Rauno Aaltonen affiancato dal fido navigatore Tony Ambrose.

Quella che abbiamo davanti oggi sembra essere uscita direttamente dal film “The Italian Job”, le mancano giusto giusto le famose strisce sul cofano che hanno reso iconiche le tre Mini del film. Sotto il cofano c’è un piccolo 1.3 a iniezione e marmitta catalitica

che eroga una cinquantina di cavalli; lo so che suona strano il termine “iniezione” ma questa è una delle ultime versioni della Mini, quelle prodotte negli anni novanta e denominate “MK6” dagli appassionati. Su questa versione il carburatore ve lo scordate. E con esso anche tutte le beghe che questo comporta.  È vero, il motore suona diverso, avrete meno street credibility ma fidatevi, il portafogli – in parte – ringrazierà.

50 CV. Il tutto per spingere appena 650kg poggiati su quattro cerchi cromati da 13”che escono dai passaruota e che sembrano delle ruotine da carrello della spesa in confronto ai cerchi da 20” che si vedono sulle auto moderne.

La posizione di guida strana con il piantone dello sterzo quasi verticale, la linea particolare e innovativa, la calandra cromata… tutto è very very British. Ma attenzione, questo è quel british buono, quello che ha sfornato le Caterham (Lotus Super Seven in origine), le TVR, le Morgan, le Jaguar e che ora anima tutta l’industria delle vetture artigianali inglesi.

E come ogni cosa inglese (peggio ancora se artigianale) questa qui ha il difetto della scarsa affidabilità. Passa più tempo dal meccanico che in strada, un po’ come gli scooterini 2 tempi che tanto rimpiangiamo. Però non si può non amarla così com’è, è la Mini dannazione!

Ecco allora che, dopo questa breve introduzione, vi fornirò qualche buon motivo per comprarne una. Tanto tra un po’ arriva la quattordicesima, non siate avari.

Cuccherete di brutto

Ebbene sì. Lasciate stare le Audi TT, le Golf o peggio i suv. Volete andare a gnocca? Ecco la macchina che fa per voi. Il vintage vince sempre e con questa non sembrerete dei semplici hipster (e qui voglio citare il buon Edd China: “Hipster, persona che spende un sacco di soldi per far finta di non averne spesi”) bensì degli intenditori e buongustai. Poi, una volta scaricata la pollastrella di turno, vi divertirete a guidarla, a guardarla e a farvi guardare. Inutile dirlo, con una mini siete più belli.

Vi rovinerete. Sorridenti ma rovinati.

Come già accennato sopra, la mini non sa dove stia la parola affidabilità. Non è colpa sua, il fatto è che è una macchina vecchia. È un po come la mia Vespa del ’71, ho smesso di usarla dopo aver passato due anni a lavorare per cercare di farla funzionare – invano – a dovere per più di tre uscite consecutive. La roba vecchia è fatta così, veniva costruita in un epoca in cui la manodopera costava un decimo di oggi e, specialmente con l’utilizzo dei carburanti moderni, tende a rompersi. Con la Mini farete un vero tuffo nel passato, fatto di meccanici, carburatoristi e chi più ne ha più ne metta. Questo però vi porterà a fare di necessità virtù. Dovrete imparare a metterci le mani voi, a diventare i vostri meccanici ed elettrauti. Tutto questo vi porterà enormi soddisfazioni a volte, enormi delusioni altre. Ma la meccanica è così, è per questo che la amiamo. Ricordate, donne e motori, gioie e dolori.

Piangerete appoggiati a questo cofano, ne sono sicuro.

Costa poco

Un po’ come per il kart, la mini rappresenta il massimo del divertimento al minimo della spesa. Vedo gente che si scanna sui social perché quello con la Golf GTD ha girato un decimo di secondo in meno rispetto a quello con la Alfa Mito. Lasciate stare il cronometro per favore. Smettetela di fare i bimbiminkia. Volete guidare? Volete divertirvi alla guida? Bene, le macchine con cui fare questo sono altre. La Golf va bene per fare la spesa e portare i bambini a scuola. Di sicuro farà il tempo sul giro rispetto alla Mini ma sono sicuro che con quest’ultima scenderete sorridendo mille volte di più. Signori, sono le sensazioni che contano, in una vita passata involontariamente a respirare, i momenti che ricorderete saranno quelli che il respiro ve lo tolgono.

E poi attenti che non è poi così lenta, di Mini che mettono in silenzio macchine ben più grosse e potenti ne abbiamo viste spesso.

Il parcheggio non sarà più un problema.

Guardatevi attorno. Abbiamo città sovraffollate, prese d’assalto, occupate da enormi macchine parcheggiate o circolanti con, il 90% delle volte, una sola persona a bordo. Ci pensate a che razza di furto di spazio è? Ci lamentiamo che nelle città non c’è più spazio ma ci pensiamo che se l’intero parco auto circolante venisse sostituito da macchine grandi la metà ci sarebbe il doppio dello spazio disponibile? Non voglio pensare alle terribili smart o al Twizy ma se in giro ci fossero più vecchie Mini ci sarebbe molto più spazio e parcheggio disponibile, per tutti. Però poi come farebbe il rappresentante di turno a sentirsi superiore senza il suo X3 bianco?

La Mini è come la scarpiera Slim, non occupa spazio, ne crea. Qui sotto uno sketch originale di Sir Alec Issigonis, il greco che inventò la Mini. Loro qua ci vedevano lungo.

Alla prossima ragazzi!

Foto della solita Francesca Martinelli, articolo scritto a quattro mani da me e il buon Mattia Limonta.

Articolo del 5 Giugno 2017 / a cura di Il direttore

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    Negli anni 70, ero da mio zio a Fontanellato e c’ era un suo amico che aveva una mini Cooper, un giorno perse la chiave (a quel tempo in Emilia potevi lasciare l’ auto incustodita con le chiavi dentro che nessuno la rubava), così usava la chiavetta della Simmenthal per avviarla, aveva pure un nomignolo simpatico: “Parmisulina”

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