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A lezione di stile Vol. 3 – Alfa Romeo Giulietta Spider

Lo diceva Yves Saint-Laurent: “le mode passano ma lo stile è eterno”. E cosa c’è di meglio di una Alfa Romeo Giulietta Spider per chiarire il concetto?

Ahhh la cara vecchia Alfa Romeo, ce la invidiano tutti. Appassionati di tutto il mondo la venerano, i nostalgici la “rivogliono indietro” e la rimpiangono ardentemente. D’altronde ha insegnato molto al mondo dell’auto, quando dalla fabbrica del Portello a Milano uscivano modelli rivoluzionari in grado di far sognare, quando le Alfa rosse dell’AutoDelta vincevano le gare turismo in giro per il mondo e quando le matite di Pininfarina e Bertone davano luce ad alcune delle forme più belle mai viste su un’auto.

Volete un esempio? Guardate qua

alfa romeo giulietta spider 1

Noi che siamo abituati ai vari ferri del dio, non possiamo che trovarci un po’ in soggezione davanti a un’auto d’epoca di questo calibro. Sono delicate, richiedono tante attenzioni e non vanno strapazzate. Questa però è diversa, la vedi e sei subito innamorato della linea tipica delle Alfa anni ’60, con la griglia cromata, lo stemma del biscione e i fari tondi. Questo esemplare è stato completamente restaurato in ogni singolo particolare ed è uno spettacolo per gli occhi.

alfa romeo giulietta spider 2

Ciò che abbiamo davanti è il risultato di una serie di eventi particolari. Nel 1954 un importatore di Alfa Romeo americano (un certo Max Hoffmann, importatore e ideatore di modelli come Mercedes 190 SL e BMW 507) chiese ai vertici Alfa di produrre una versione spider della Giulietta Sprint, da distribuire agli ammerigani suoi clienti. Sicuro del successo del modello, si impegnò a comprarne subito 2500 esemplari e immediatamente furono commissionati due prototipi alle carrozzerie Bertone e Pininfarina. Alla fine la scelta cadde su quest’ultima, che proponeva una linea più sobria e tipica delle cabriolet Italiane che tanto piacciono agli stranieri.

Allora c’era il culto per le auto senza tetto, volevano godersi il loro sole coi capelli al vento, cercando di rimorchiare qualche gnagna di prima classe a Venice Beach. Valutata la situa, l’A.D. dell’Alfa, l’ing. Luraghi pensò di presentare un prototipo di quella “pin-up” che aveva spedito oltreoceano, e scelse il palcoscenico del Salone di Parigi del 1955, dove la gente smarmellava seriamente dall’entusiasmo per il nuovo ferro del biscione.

 

Per la meccanica si optò per la stessa della Giulietta berlina, usando i brillanti milletrè  bialbero ma con solo due valvole per cilindro, monocarburatore da 65 cavalli oppure doppio nella versione “Veloce” da 80 cavalli. Questo motore era, come tanti altri che vennero montati sino a metà anni novanta, figlio dell’ing. Busso, venerato con tanto di altarini e santini nel portafoglio dagli appassionati del Biscione oggigiorno. Suo anche il famosissimo V6 Alfa, che sappiamo tutti essere chiamato “Busso” (di nome e di fatto) come il suo creatore. Era uno che qualcosa di motori forse ne sapeva, cosa ne dite?

Ne sono stati prodotti circa 17.000 esemplari tra 1955 e il 1962, seguita poi dalla Giulia Spider (1962-1965) con meccanica derivata dalla Giulia berlina, come ad esempio i freni a disco o il bialbero 1.6 della versione Veloce. Qualche anno dopo si cambiò registro e la Giulia Spider venne sostituita dalla Spider “Duetto”, chiamata anche “Osso di Seppia”, la cui produzione è durata quasi 30 anni attraverso tutte le sue evoluzioni.

Ma quindi com’è?

Beh, che dire, è una macchina che ha i suoi annetti sulle spalle e come tutte le auto d’epoca deve essere usata con una certa delicatezza, però la Giulietta Spider ricorda quelle giovincelle di bellezza e contenuti per nulla banali, pronte a dimostrare al momento opportuno che la classe in loro è di serie.

Viene da un’epoca in cui un 1.3 bastava per fare la voce grossa, grazie ad un telaio leggerissimo e affinato come si addiceva alle auto fatte per guidare. Perché questa può essere usata piano, per portare a passeggio la propria donna la domenica sul Lago di Garda dopo aver magari fatto i matti sulle colline la sera prima schiarendole la voce e chiudendo le gomme radiali e strettissime sui tornanti, ricordando però di andarci piano nelle staccatone perché ci sono dei freni a tamburo sull’anteriore che, come sanno gli amanti dei Ciao e delle Vespe d’epoca, non sono il meccanismo migliore per fermarsi in tempo.

Però ragazzi… Che stile

I grandi rimorchiatori dell’epoca, oppure i personaggi famosi tipo Walter Chiari o Ugo Tognazzi, scorrazzavano in  Giulietta Spider o in Aurelia per rimorchiare le loro signorine. Lo stile italiano era una legge non scritta del costume di allora. Oltre allo stile però c’è anche la sostanza, la posizione di guida per esempio è ricercata, estremamente sportiva. Si hanno  i piedi all’altezza del culo (sulle macchine tipo la 595 Competizione sembra di essere seduto sul camioncino del rusco) e nonostante i sedili in pelle rossa contenitivi come una panca della chiesa si riesce a sentire tutto.

Tramite la scocca portante stampata con travi di rinforzo inferiori (soluzione innovativa per l’epoca) arrivano tutte le vibrazioni che ti fanno capire i movimenti della macchina, le crepe nella strada e i cambiamenti d’asfalto. Le sospensioni sono indipendenti solo all’anteriore, mentre dietro c’è un ponte rigido a rendere il comportamento di questa Alfa particolarmente sovrasterzante se portata al limite. Complici sono anche le strettissime gommine, che sembrano quelle di un carretto della frutta, ma rispettano i canoni dell’epoca. Nonostante tutto è piacevolissima da usare, il cambio sincronizzato è preciso negli innesti, non si impunta, non bisogna fare la doppietta (solo un po’ di punta-tacco in scalata) e sembra davvero un cambio moderno. E’ reattiva, precisa nella guida e gli appena 800 kg di peso fanno sembrare i 65 cavalli sotto il cofano molti di più. Come tutti i motori d’epoca sembra di avere la farfalla in mano, quando si preme l’acceleratore il motore deve solo aspettare che si apra il carburatore e prende vita immediatamente, sale di giri con energia sparandoti nelle orecchie quel rumore da bialbero Alfa che col tetto scoperto ti fa dimenticare per poco il vento sul collo che fa venire la cervicale.

E’ veramente una piacevole sorpresa, soprattutto perché da qualche anno si è perso un po’ il concetto di cabrio. Ci sono veramente poche spider a due posti secchi rispetto ad anni fa, quando praticamente ogni casa costruttiva metteva nel listino qualche scappottata sportiva. Forse non si fa più perché non c’è neanche lo stesso interesse nel comprarle, vengono forse considerate troppo mono-uso e scomode e quindi laggente sceglie zavagli auto come la Mini Cabrio oppure la Evoque Cabrio, auto che di spider hanno solo il tetto apribile e che vanno bene solo per impressionare le fighe all’aperitivo in centro. Si è perso da un pezzo il senso di divertimento di una spider, è forse rimasta l’apparenza senza sostanza (cof cof Audi A3 Cabrio), che però non ci convince fino in fondo.

Non ci convince perché alla fine del discorso lei c’è ancora, a ricordarci cosa un tempo veniva fuori dalle nostre carrozzerie, che producevano illustri fuoriserie come questa Giulietta Spider, dove parole come “stile”, “eleganza” e “classe” non erano solo utili a riempire le brochure.

Un grande ringraziamento a Luca Maini per aver collaborato a questo articolo, a Francesca Martinelli per le splendide foto e alla modella Chiara per averci sopportato con pazienza! Guardatevi la gallery completa qui -> https://rollingsteel.it/gallery/alfa-romeo-giulietta-spider-gallery-completa/

 

 

Articolo del 20 Novembre 2018 / a cura di Mattia Limonta

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