Home / / Alfa Romeo Alfetta GT, che goduria!

Alfa Romeo Alfetta GT, che goduria!

Alfa Romeo Alfetta GT

É una calda giornata di Agosto, parcheggio la macchina ed entro dal mio barbiere di fiducia. Neanche il tempo di salutare che…

“Guarda aspetta 10 minuti che finisco e ti faccio accomodare, intanto aspetta in saletta”

Mi siedo, prendo in mano il telefono e con un automatismo muscolare comincio a sfogliare freneticamente Instagram e facebook.

Auto, culi, moto, auto, culi… tutto nella norma.

Nella noia di questo susseguirsi di immagini l’occhio mi cade oltre il telefono, sul tavolino davanti a me, ricoperto da vecchie riviste e quotidiani.

“Oh mama, speriamo ci sia una rivista di auto “

Da sotto un magazine di gossip ne sbuca un altro con sopra delle ruote e dei loghi familiari, rivista trovata!

Dio solo sa quanto é piacevole questa sensazione.

Guardo la prima pagina e scorro le varie prove delle auto trattate leggendo un articolo dietro l’altro, nella speranza che in pochi minuti almeno una delle prove possa “trasportarmi” in un turbinio di sensazioni di guida. Insomma, spero che questa rivista mi riesca ad invogliare nel provare le auto che stanno descrivendo – almeno un pochino – anche se si tratta di comuni citycar.

“…Molto comodo il touch screen da 95 pollici…”

“…guida sicura, volante leggero e adatto al traffico…”

“…bellissimi i cerchioni in lega dal nuovo disegno…”

Mai come in questo momento vorrei avere una copia di Di Brutto sotto agli occhi, al posto di queste pagine. Chiudo di colpo la rivista, deluso, e compiaciuto guardo fuori dalla vetrata l’ arrugginito ferro blu con il quale sono appena arrivato dal barbiere.

Signori e signore, con il pretesto di presentarvi l’Alfetta gt oggi ho intenzione di rendervi partecipi di un’esperienza di guida quotidiana diversa dal solito, coinvolgendovi nel racconto di un test ride anacronistico che dura ormai da più di un anno.

Una rapidissima infarinata storica sulla protagonista

A fine anni 60 l’intero mercato automobilistico stava facendo i conti con l’imminente arrivo dei caotici anni ’70 e nei piani alti della Alfa romeo le proposte per rivoluzionare il listino della casa non si facevano mancare.

*70 vibes intensifies*

<<Oh raga, ma se facessimo una citycar da produrre nelle fabbriche del mezzogiorno? Che ne dite?>>

Detto-fatto, due scarabocchi su un foglio ed ecco nata la rivoluzionaria Alfa sud.

<<Hey, ma cosa ne dite di una berlina sportiva pensata per la criminalità organizzat… Intendevo dire… per tutta la famiglia?>>

Altri due scarabocchi ed ecco a voi l’auto più temuta dalle forze dell’ordine per tutti i futuri anni di piombo, l’alfa Romeo Alfetta.

<<Ragazzi la Giulia gt ormai é vecchiotta, perché non facciamo qualcosa di nuovo?>>

“Tadaaaan”

Ok, raccontata così é un po’ troppo semplificata, ma questo teatrino aiuta a rendere l’idea del clima in cui é nata la nostra protagonista di oggi, l’Alfetta gt.

Presentata nel 1974, la nuova granturismo milanese condivideva la raffinatissima impostazione meccanica della sorella maggiore a quattro porte -impostazione che vi racconterò meglio dopo con un bel faccia a faccia- racchiusa in una modernissima e spigolosa scocca “tuttindietro” le cui forme tradivano in maniera evidente la mano di niente popò di meno che Italdesign ed il suo neo fondatore Giorgetto Giugiaro. Quest’ultimo – fun fact – non riconobbe mai ufficialmente la vettura, vista come una sorta di figlia illegittima per colpa di alcune correzioni al design apportate da alfa romeo stessa dopo le prove in galleria del vento.

Dopo la primissima versione disponibile esclusivamente con il bialbero Alfa 1.8, il listino si ampliò con la versione 1.6, con la ambita gtv 2.0 (in cui la v stava per Velocisssssima) e, giunti negli anni ’80, con la versione 2500 gtv6 (in cui V6 stava proprio per… V6).

Ad ogni modo, potrei dilungarmi per le prossime 80 righe a raccontarvi di tutte le evoluzioni tecniche di questa macchina, ma non è esattamente il mio scopo. Potrei benissimo raccontarvi delle sue versioni più pepate (come le cazzutissime Autodelta), dei suoi successi sportivi e terminare con un elenco infinito di dati e numerini, ma questo renderebbe questo articolo paragonabile ad una semplice pagina di Wikipedia.

Perché quindi non presentarvi direttamente la protagonista?

Trovata in un capannone, salvata dal diventare un cumulo di ruggine e rimessa in strada nel giro di un anno, questa gt 1.6 del 1977 é un ottimo esempio del genere di auto d’epoca che possiamo ancora incontrare in giro per le nostre strade.

*Allerta Pippone*

Nel mondo in cui viviamo siamo abituati a vedere solamente una perfezione ricercata, spesso fittizia. Che si tratti di foto di auto d’epoca o foto di modelle allo specchio, l’idea che ci lasciano é molto spesso lontana dalla realtà dei fatti.

Non fraintendetemi, so benissimo che esistono auto restaurate che hanno meno imperfezioni di quando sono uscite di fabbrica, ma trovo più coinvolgente raccontarvi in modo sincero quello che é il vero “grande” mondo delle auto d’epoca; quello composto da odori, ruggine, vibrazioni, scomodità di ogni genere e tantissimi difetti.

Così, senza nascondervi niente.

Se quindi dalle prime foto state pensando “wow, che bell’esemplare”, sappiate che questa macchina porta i suoi 45 anni in modo molto più sincero di quanto sembri dalle immagini.

Che le Alfa degli anni 70 avessero dei punti particolarmente delicati alla corrosione si sa, ma a dirla tutta in queste macchine qualsiasi punto che può fare ristagnare un po’ di acqua – come le cornici dei fanali posteriori o i pannelli porta – é destinato a marcire lentamente. Qualche accenno di ruggine superficiale potrà fare storcere il naso, ma c’è da ritenersi fortunati ad avere ancora i fondi sani dopo 45 anni passati a prendere l’umidità della bassa Emiliana.

Se non ci si lascia distrarre dagli innumerevoli difetti estetici, è facile riconoscere che le linee dettate da Giugiaro sono ancora in grado di far distinguere l’Alfetta gt da qualsiasi altra auto in circolazione. Contate che negli anni ’70 il profilo a trapezio appuntito di questa macchina equivaleva a quello di una vera e propria concept car.

Tirando le maniglie delle portiere, un piacevolissimo “tlonk” ed un piccolo cigolio ci accolgono in una stupenda capsula del tempo analogica che emana un inconfondibile profumo di auto d’epoca. Inutile sottolineare come il vero piacere di salire su una macchina sia questo. Nessun Arbre magique potrà mai essere buono come il profumo naturale di questi interni.

Il parabrezza estremamente inclinato ( che nel concept doveva essere ancora più inclinato) rende le inzuccate tremendamente facili, ma appena seduti sui morbidissimi sedili in stoffa blu si sprofonda in un cockpit anni 70 pensato solo per una cosa: il piacere di guida.

Se siete quel genere di persone a cui danno fastidio le plastiche storte e cigolanti dovete sapere che Alfa Romeo negli anni ’70 aveva standard molto diversi dai vostri, ma questo non basta a diminuire il fascino trasmesso da questi interni (sui quali gli occhi più attenti avranno notato diversi “upgrade” d’epoca come gli inserti in finto legno della versione 2000).

Seduti al volante, a sottolineare l’impostazione sportiva della macchina troviamo davanti agli occhi solo l’indicatore dei giri motore, mentre tachimetro e altri indicatori sono raggruppati al centro del cruscotto, per non distrarvi mentre cercate il giusto punto di corda in traiettoria e per far si che anche i passeggeri – comodamente seduti nella grossa poltrona posteriore – possano tenere d’occhio la velocità per intimarvi di rallentare.

La disposizione volante-pedali-cambio, non regolabili, di primo impatto può lasciare molto perplessi in quanto lontana da qualsiasi logica moderna. Se siete più alti di un metro e 80 vi ritroverete con le braccia distese, le ginocchia che stringono il volante e la leva del cambio che vi poggia sulla coscia destra, ma non preoccupatevi, ci si fa presto l’abitudine cosi come ci si abitua presto alla “durezza” del volante e della frizione.

A dirla tutta, dato che ho accennato l’argomento, qualsiasi meccanismo all’interno di questa macchina è duro rispetto al nostro standard attuale (persino le levette del riscaldamento), ma questa “durezza” che in tanti anni si è cercato di eliminare dalle auto mi manca quando sono alla guida di macchine più moderne. Sono serio, non prendetemi per una sorta di masochista nostalgico. Quello che intendo sottolineare è che questi “sforzi” da compiere durante la guida, che sia aprire un finestrino o voltare senza servosterzo, vi ricorderanno costantemente che siete alla guida di un complesso meccanismo e che non state usando un videogioco. Sono una sorta di prezzo da pagare per sentirsi coinvolti al 100% in quella che, per certi versi, non è altro che una complessa cascata di ingranaggi e leve di cui voi siete parte mentre guidate.

Qui qualcuno la pensa diversamente

*Nessuna morosa è stata maltrattata nella prova di questa macchina*

Chiavi dentro e aria tirata

Basta un piccolo colpo di gas mentre il motorino di avviamento sussulta per far prendere vita al bialbero Alfa in un avvolgente rumore rauco ed un piccolo sputacchio nero dallo scarico. A differenza della carrozzeria e degli interni che portano in modo sincero i propri anni, ogni singola vite che compone la meccanica di questo esemplare è stata revisionata o sostituita. Dai pistoni ai sincronizzatori del cambio, dai silent block ai tubi dei freni, ogni elemento meccanico tra il conducente e l’asfalto è stato revisionato per permettere di godere un’esperienza di guida il più sincera e originale possibile.

Sarà suggestione, ma vi garantisco che schiacciando l’acceleratore si riesce a sentire ogni singolo movimento dei cavi e delle biellette che comandano le farfalle dei carburatori, tanto che il feedback sul pedale che ne deriva rende prevedibile ogni micro risposta del motore. Per qualche istante sembra di fare davvero parte di questo complesso meccanismo endotermico.

Mentre lascio che il motore si scaldi posso approfittarne per raccontarvi il dettaglio che, nascosto alla vista, contraddistingue l’Alfetta gt come una vera e propria sportiva: il transaxle Alfa Romeo.

Il transaxle in breve: Motore davanti, cambio e frizione dietro

Questa disposizione meccanica, presa in prestito dalla sorella maggiore a quattro porte, rimane ancora oggi una soluzione tecnica tremendamente raffinata che, unita alle sospensioni anteriori indipendenti e al caratteristico ponte De-dion posteriore, tradisce una particolare attenzione alla sportività e alla dinamica della vettura. Se spostare l’intero gruppo cambio-frizione sull’assale posteriore in cerca di una ripartizione dei pesi 50/50 non fosse abbastanza per convincervi che negli anni ’70 i progettisti in Alfa non scherzassero affatto, allora vi basterà guardare i freni posteriori entrobordo ( soluzione rubata dalle formula uno del periodo) per ricredervi.

Non auguro a nessuno di dover fare il cambio dischi, ma volete mettere che figata?

“Tlack”, la prima dentro

In marcia, nonostante la durezza iniziale dei comandi, l’intera macchina sembra ammorbidirsi e trasformarsi lentamente in un’auto moderna. Il motore è tutto sommato silenzioso, l’impianto stereo d’epoca suona al massimo della sua potenza “do ya think im sexy” di Rod Stewart e la piccola corona in legno del volante si alleggerisce man mano che prendiamo velocità. L’erogazione del piccolo 1600 è piena sin dai bassi regimi e basta un leggero tocco dell’acceleratore per capire che i 110cv disponibili non hanno nulla da invidiare alle cavallerie attuali, ma è schiacciando a tavoletta il pedale che comincia il divertimento. Un rumore metallico proveniente dai carburatori inonda l’abitacolo seppellendo la voce di Rod Stewart, l’intera machina sembra sprofondare all’indietro e le vibrazioni si fanno tanto intense da obbligarci a cambiare marcia.

Frizione, mano sul cambio che spinge sulla seconda e colpetto di acceleratore

“krrrrr Tlock!”

Marcia dentro, acceleratore di nuovo a tavoletta.

La cambiata di marcia su queste macchine è un’esperienza singolare e prevede un lungo periodo di “conoscenza” prima di poterne godere a pieno.

I cambi di molte Alfa del periodo, Alfetta inclusa, sono famosi per essere estremamente permalosi e controintuitivi, quindi non preoccupatevi se durante un prima-seconda doveste sentire una grattata; non è colpa vostra, sono i particolari sincronizzatori del cambio che vi supplicano di cambiare stile di guida. Pochi km al volante e vi renderete conto che invece di insistere sulla leva, vi basterà appoggiarla delicatamente per avere cambiate perfette.

Tornando alla nostra prova, è giunta l’ora di affrontare qualche curva e di rallentare facendo affidamento sui quattro freni a disco di cui è dotata la piccola GT. Come é facile intuire, tra il piede e le quattro pinze non c’è altro che un pompante “Ade” e qualche tubo in rame; stiamo guidando una macchina costruita 20 anni prima che l’elettronica intervenisse sulla gestione della frenata, ma la potenza frenante è adeguata alle prestazioni della macchina e soprattutto il feeling sul pedale permette di gestire qualsiasi situazione di emergenza senza rischiare di bloccare le ruote (abs? Mai sentito )

Entrati in curva la tenuta di strada sull’asciutto si dimostra degna di una vera sportiva e lo sterzo tremendamente preciso ma in velocità diventa difficile rimanere composti sui soffici sedili che non offrono alcun appoggio laterale e che di conseguenza obbligano il conducente ad aggrapparsi con tutte le forze al volante per non essere catapultato in qualche angolo dell’abitacolo.

Sul bagnato invece, neanche a dirlo, il discorso cambia. Le cavallerie in gioco sono ovviamente modeste e il comportamento di questa macchina rimane sempre prevedibile, ma basta un colpetto di gas al momento sbagliato che il posteriore scivola via senza alcun intervento elettronico moderno ad impedirlo (esp? Mai sentito neanche questo).

Qui tutto sotto controllo, nulla da vedere

Diretti a fare la spesa

Terminata la sessione di divertimento è arrivato il momento di sorbirsi un po’ di guida cittadina, ed è in questo frangente che l’Alfetta stupisce maggiormente, tradendo in positivo le aspettative. Nonostante la “durezza” accennata all’inizio, anche la lenta guida cittadina non ci fa rimpiangere nulla delle auto più moderne. La visibilità è incredibilmente ottima per qualsiasi manovra e i volumi compatti permettono di districarsi velocemente in mezzo alle viuzze intasate da pesanti suv. Il bagagliaio è di dimensioni notevoli, i sedili posteriori sono molto spaziosi e gli “optional” sono più che sufficienti per permetterci di godere a pieno qualsiasi tragitto, come la radio e il “clima”

Il “clima” di cui parlo

Il vero punto di forza di questa macchina però non lo si comprende a pieno subito quanto invece solamente dopo un lungo utilizzo, perché quello che rende unica l’Alfetta è la sua incapacità di stancarvi, in qualsiasi senso vogliate usare questo termine.

Che vogliate usarla nel traffico, che vogliate usarla in modo sportivo o che vogliate semplicemente guardarla in garage, questa macchina non vi stancherà mai e vi soddisferà sempre in qualsiasi contesto.

Nonostante esistano auto d’epoca sicuramente più esotiche e prestazionali è incredibile vedere come la gente rimanga affascinata ancora oggi da questa piccola sportiva, tanto da collezionare ad ogni suo utilizzo svariati pollici in su o piccole folle di curiosi.

Non so perché, ma ad ogni apertura del cofano le persone corrono a guardare affamate di curiosità come dei piccioni che hanno visto delle briciole.

In conclusione, la guida di un’auto d’epoca è un’esperienza unica che ogni appassionato dovrebbe poter vivere a pieno e che merita di essere raccontata a 360 gradi attraverso la gamma di sensazioni ed emozioni che nascono al volante, ma riuscire a rendere queste sensazioni fruibili ogni giorno, in qualsiasi contesto e con qualsiasi utilizzo senza mai far rimpiangere un’auto moderna, è un impresa unica in cui l’Alfetta gt (in tutte le sue versioni) riesce benissimo.

Da appassionato ad appassionati, se avete a disposizione 10.000 denari e state cercando un mezzo che vi permetta di godere a pieno il mondo delle auto d’epoca anche nel più moderno traffico cittadino, l’Alfetta gt é l’auto che fa per voi.

Articolo del 3 Ottobre 2023 / a cura di Edoardo Arduini

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

  • LS

    concordo sull’esperienza di guidare ed avere una macchina storica.
    tre anni anni fa con un amico abbiamo preso una Fulvia 1.3 S del ’72. quest’anno abbiamo fatto un giro nelle terre di conquista della sorellona cattiva, la HF, con gran finale sul Turini. la Fulvia si e’ confermata una splendida viaggiatrice e grintosa tra i 400km di curve fatti. siamo entrambi motociclisti ma la Fulvia ci ha dato altre emozioni. sempre col sorriso stampato. siamo fortunati.

  • zoomx

    Ma il pulsante arancione a sinistra del contagiri è l’autodistruzione o l’espulsione del passeggero?

    • Giorgio

      Ipotizzo possa essere l’interruttore del lunotto termico, ma solo l’autore (fortunato proprietario) potrebbe confermarlo.

  • Pietro Antonio

    Gran bella prova… restituisce alla perfezione ciò che si prova guidando questa inimitabile gt.

  • benza

    … comunque la levetta per l’aria è quell’altra!

  • Alessandro

    Complimenti per l’”arrugginito ferro blu”: l’Alfetta GT è bellissima, i cerchi in lega “millerighe” la esaltano e il blu scuro è un colore perfetto per questa macchina.
    Parere personale: a livello meccanico la GTV6 col V6 Busso è la più affascinante ma esteticamente non c’è storia a favore delle prime 2 serie con le cromature e i paraurti metallici originali anziché quelli in plastica grigia. Data la massa contenuta e le caratteristiche del mezzo i 110 cv del bialbero 1.6 sono più che sufficienti per divertirsi parecchio con una gran bella macchina ancora analogica e muscolare.
    Sono anch’io della stessa opinione: l’auto d’epoca o youngtimer va vissuta davvero, senza ossessioni da car detailer: anche i segni del tempo fanno parte del gioco (confesso che la ruggine oltre un certo limite mi spaventerebbe un po’). Ma soprattutto deve essere guidata, quindi meccanica bella in ordine.
    Ricordo d’infanzia: tutti quelli che compravano l’Alfetta col nuovo schema transaxle provenendo da Giulia o GT Junior si lamentavano per il peggioramento della manovrabilità del cambio che infatti è un po’ particolare.
    I freni posteriori entrobordo per ridurre le masse non sospese fanno tanto Ferrari 312 T. Una figata… forse meno quando arriva il momento di sostituire le pastiglie. Un’altra particolarità interessante delle Alfetta sono le molle anteriori non elicoidali ma a barra di torsione longitudinali.

Altre cose da leggere