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AH-64 Apache, guai a farlo arrabbiare

Nei primi anni ’90 un certo Ayrton Senna (un signore dal piede molto pesante e dal calzino bianco), insieme ad altri personaggi famosi come Roberto Mancini e Jerry Calà (che meriterebbe una laurea in ginecologia honoris causa), diventò testimonial della SEGA.

Siccome Senna per me era (ed è tutt’ora) un dio, la mia prima consolle “moderna” non poteva che essere il SEGA Megadrive. Determinato come mai prima, iniziai a rompere i maroni chiederlo ai miei genitori finché finalmente sotto l’albero di Natale trovai l’oggetto dei miei desideri.

In quegli anni iniziarono ad essere commercializzati i primi videogiochi con grafica 3D e uno in particolare attirò la mia attenzione:

– Desert Strike: Return to the Gulf –

Lo scopo del gioco era tanto semplice quanto eccitante: bisognava liberare un certo staterello in mezzo al deserto da un certo dittatorello con un nome assurdo… vi ricorda qualcosa? Per farlo bisognava usare un elicottero da guerra (in pieno spirito democratico ammerigano). Come ho avuto già  modo di raccontarvi, in quegli anni l’Ottantone mi aveva sfondato i timpani, ma quell’elicottero fatto da tre pixel che giravano sulle mitiche TV a tubo catodico mi ha davvero rapito il cuore. Siore e Siori, mettetevi il casco, il giubbotto anti-proiettile e le mutande di ghisa perché questo qui fa paura per davvero e mena più di Iron-Mike Tyson. Oggi parliamo di quel Ferro del Dio™  denominato AH-64, per gli amici Apache (che si legge “apaci”).

– MEGASBEM –

Per raccontare questa storia come si deve, dobbiamo però fare un salto indietro nel tempo e tornare all’epoca dei basettoni e dei pantaloni a zampa: i mitici anni ’70. In quegli anni gli USA lanciarono un bando per dar vita al programma Advanced Attack Helicopter (tradotto: elicottero per fare a botte in modo avanzato, della serie chi mena per primo mena due volte) per sostituire l’ormai vecchio AH-1 Cobra, uno dei primi elicotteri d’attacco (ne ho visto uno in restauro sull’Intrepid Museum a NYC e, a vederlo oggi con negli occhi gli elicotteri d’attacco moderni, è così piccolo e carino che ti viene voglia di abbracciarlo). Come ogni programma militare che si rispetti si fecero sotto in molti. In particolare, cinque delle maggiori industrie aeronautiche partecipanti vennero rinominate i “Big Five” (da non confondere con i Fab-Four di Liverpool) e si presentarono al grido di “ve lo faccio io l’elicottero per il Presidente!”.

Le aziende in competizione erano (parliamo di giganti): Bell, Boeing/Grumman, Hughes Helicopters, Lockheed (che non si fa mai i cazzi suoi) e Sikorsky. Nel 1973 vennero presentati i progetti e tre di essi furono scartati per cui, come spesso succede, restarono in gara due aziende:,

– Nell’angolo rosso la Bell che presentò il velivolo denominato YAH-63-

-Nell’angolo blu la Hughes Helicopters che si presentò con l’YAH-64-

Alla fine, nel 1976, fu proprio quest’ultimo a spuntarla (tant’è vero che l’Apache di cognome fa “AH-64”). Il prodotto Hughes presentava infatti due vantaggi rispetto al concorrente:

1- Era costruito con una filosofia più orientata alla Damage Tolerances per quanto riguarda il rotore (fattore fondamentale per gli elicotteri d’attacco);

2 – Aveva un carrello a triciclo posteriore (cioè con le ruote principali davanti ed il ruotino dietro) che lo rendeva molto più robusto ed affidabile sui terreni accidentati su cui avrebbero dovuto operare macchine di questo tipo.

Vinto il bando, la Hughes partì subito con lo sviluppo di quello che venne denominato “Apache”. La tradizione vuole che gli elicotteri della U.S. Army infatti vengano chiamati con nomi di tribù indiane (Apache, Chinook ecc)… della serie “non siamo mica gli Americani, che loro possono sparare agli indiani, fuoco agli indiani…” (Cit. il Vasco nazionale) ma torniamo alla nostra storia. Abbiamo già detto che questa macchina venne sviluppata per rimpiazzare l’AH-1 Cobra, ma cosa avrebbe dovuto fare di preciso? La specifica tecnica era abbastanza semplice (a parole): doveva essere migliore del Cobra per capacità di fuoco, performance e raggio d’azione. Tuttavia, la Hughes volle fare molto (ma molto) di più.

Grazie a un know-how mica da ridere, costruirono infatti quello che divenne l’equivalente aeronautico di ammiocuggino fabbro esperto in arti marziali varie ed eventuali, pesante 120 kg, con (forse) la terza media che fa tremare la gente seduta al bar del paese al solo sentirlo nominare.

Ma cosa ha di tanto speciale ‘sto coso? Beh, tanto per cominciare: quattro pale per il rotore principale, quattro pale per il rotore di coda e due motori turboshaft (cioè turbo-albero). Breve nota suoi motori turbo-albero: si tratta di motori il cui principio di funzionamento è abbastanza semplice, specialmente se immaginiamo il motore diviso in due parti: una parte chiamata generatrice di gas, che rappresenta il cuore pulsante del motore (quella che brucia la broda), composta da compressore, combustore e turbina di alta pressione (la cui energia serve per fare girare il compressore); mentre una seconda parte composta dalla turbina di bassa pressione (detta anche turbina libera di potenza) che, sfruttando l’energia rimanente dai gas che sono transitati nella turbina di alta pressione, fornisce potenza all’albero di potenza che a sua volta si accoppia alla trasmissione dell’elicottero che permette di far girare i rotori. (nel dubbio approfondiamo l’argomento QUI, QUI e anche QUI)

Ma la vera chicca (tenetevi forte) è che la loro potenza non si misura in spinta, come con i turbogetto o i turbofan, bensì in cavalli come sulle vostre maghine automobili. Tornando a bomba sul perché questo elicottero sia tanto speciale, possiamo affermare che l’intero sistema propulsivo è talmente potente (ed efficiente) che all’epoca permise agli ingegneri di equipaggiare l’Apache come un vero e proprio carro armato volante.

Basti pensare che già nel 1981 qualche panzone si alzò dalla sedia gridando “We need more power!” (letteralmente “abbiamo bisogno di più potenza”). Si pensò quindi che fosse ora di rimotorizzare la macchina (che non era ancora entrata in servizio, n.d.r.) sostituendo i già potenti motori General Electric T700-GE-700 da 1500 cavalli l’uno con gli ancor più potenti motori serie 701 capaci di erogare fino a 2000 cavalli. Avete letto bene, questa macchina ha una potenza complessiva di 4000 cavalli. Roba che Veyron, Koooenisseeegg (o come cazzo si scrive) e robaccia ibrida per ricconi arabi dal dubbio gusto possono accompagnare solo.

Chicca by RS: gli inglesi, la cui versione di Apache è prodotta dalla Westland (denominata WAH-64D), montano dei motori Rolls-Royce – Turbomeca RTM322 da 2100 cavalli. L’inglese è così, non ce la fa a montare il motore del cugino panzone, è un eterno romantico rompipalle, ma torniamo a noi. Tutta questa potenza serve per mettere in volo un elicottero con solo due persone che pesa circa nove tonnellate: più del doppio di due elefanti asiatici e circa una volta e mezzo un elefante africano. A differenza dell’elefante che però non può volare (o si?) l’Apache può fare un paio di robine piuttosto interessanti: l’equipaggio, come accennato, è composto da due persone che sono disposte in tandem, dietro c’è il pilota mentre il gunner/co-pilota sta davanti. Entrambi possono governare l’elicottero e sparare come in una sorta di videogioco. Tutti e due infatti indossano un casco con un sistema di “target acquisition” integrato, il che vuol dire che la mitragliatrice M230 (con colpi calibro 30 mm) ruota in base a come viene ruotato il casco. In parole povere, per colpire un obiettivo, basta guardarlo e sparare.

– Prendiamoci tutti un attimo di tempo per assimilare quanto appena scritto –

Questo sistema di puntamento al limite del pornografico rende l’Apache praticamente infallibile: pensate che grazie a questa tecnologia, ad una distanza dal bersaglio compresa tra gli 800 e i 1200 metri un pilota di Apache è in grado di mettere a segno un colpo ogni trenta sparati.

-Non serve che vi dica com’è andata a finire-

Ma questa è solo una delle tante perle, tirate su la mascella please.

Questa macchina è stata studiata appositamente per lanciare i missili a guida laser AGM-114 Hellfire (letteralmente “fuoco dell’inferno”, mentre AGM sta per “air-to-ground-missile”). Tali suppostoni, pesanti 45 kg e lunghi un metro e sessanta (in pratica sono grossi come un ragazzino di 10/11 anni) sono gelosamente conservati nelle rotaie ai lati dell’elicottero e una volta lanciati se la viaggiano tranquillamente a Mach 1.3 grazie al loro motore a combustibile solido. Ah, l’apache può essere equipaggiato con fino a 16 di questi missili.

L’Hellfire punta l’obiettivo grazie ad un laser, un sistema detto “fire and forget” (lancia e dimentica). In pratica si sgancia il missile gridando “vai bello!”, i riflessi prodotti dal laser sull’obiettivo consentono poi al missile di individuarne la posizione e, se necessario, di seguirlo (che caro!).

– Yippie-Ki-Yay, Motherf***** –

Ma non è finita qui, l’AH-64 può essere equipaggiato anche con dei simpaticissimi missili Hydra 70 (fino a 76 accanto ai 16 Hellfire): razzi “a volo libero” del peso di circa sei chili e lunghi un metro che hanno una gittata compresa dagli otto ai dieci chilometri.

Per completare questo quadretto di morte, l’AH 64 può essere equipaggiato in modo diverso a seconda delle missioni che deve svolgere. Se un giorno l’Apache si sveglia e deve fare una missione anticarro porta con se, oltre ai 1200 colpi di base (milleduecento munizioni calibro 30 mm) della chain gun, 16 Hellfire a guida laser; se invece deve effettuare una missione di copertura, 8 Hellfire e 38 Hydra; altrimenti, nel caso di una missione di scorta, 76 Hydra. Un po’ come voi che vi portate dietro accessori diversi a seconda che andiate al mare o in montagna.

– Qui in configurazione apericena a Curma –

Ma parliamo un po’ degli optional fighi (nota, se avete un SUV e non volete sentirvi dei barboni poveri con i vostri accessori per scaldarvi il culo o abbassare gli ammortizzatori, fidatevi di me e interrompete la lettura in questo punto).

L’elicottero è dotato di un sistema NVS (Night Vision System) che permette ai piloti di vedere anche di notte, ha un sistema di Target Acquisition integrato di cui abbiamo già parlato, monta un radar enorme sopra il rotore principale che gli permette di individuare fino a 256 (duecentocinquantasei) target nel raggio di 50 km, ha una corazzatura per proteggere i piloti da eventuali colpi d’arma da fuoco, ha un sistema di corazzatura pesante 1100kg, le pale possono resistere a pallottole calibro 23 mm e – udite udite – i serbatoi sono “self-sealing” il che significa che se gli spari il foro si chiude da solo (tu così bella non ce l’hai!). Adesso che avete letto tutta la lista degli optionals prendete i vostri fari laser, cruise control e guida automatica, Android o Apple-Car play, sedili riscaldati ed il para-vacche che avete montato sulle vostre Hummer e andate a vergognarvi in un angolo.

Nell’equipaggiamento di serie meritano una menzione speciale un sacco di accrocchi per la guerra elettronica, sistema di scarico con soppressore infrarosso, disturbatori laser (sia mai che a qualcun altro venga in mente di lanciarvi contro un Hellfire, d’altronde chi di Hellfire ferisce…) e lanciatori di chaff & flares per disturbare eventuali missili puntati addosso (in pratica l’AH-64 fa i fuochi d’artificio come se fosse Ferragosto a Riccione).

Ma parliamo di performance: quanto fa il bestione? Carico come un mulo fa circa 140 nodi (parente di 260 km/h), ma può arrivare a 158 nodi (cioè 293 km/h) che per un elicottero è tanta roba.

Come spiegato precedentemente qui alla velocità dell’aeromobile infatti bisogna sommare la velocità della pala (che è in rotazione): regola fondamentale, è vietato superare la velocità del suono sommando le due velocità. La massima quota operativa è di 21.000 piedi (6.400 metri) che sono sufficienti per andare a fare il weekend in montagna. E il rateo di salita oscilla tra 541 metri/minuto e 486 metri/minuto a seconda della temperatura esterna (più fa caldo e più si fatica).

– Un po’ di pelush qua?!? (semi cit.) –

Direi che per 35 milioni di dollari c’è da farcelo un pensierino a mettervelo in garage per usarlo per fare aperitivo in centro (anche se a parcheggiarlo sul marciapiede fa così paura che nessuno si permetterà di dire una parola).

Dall’Aprile 1986 ad oggi sembra siano stati prodotti circa 2400 esemplari di questo magnifico aeromobile. Si tratta infatti di una macchina molto longeva che si è evoluta negli anni che ha addirittura “cambiato proprietario” ben tre volte (nel 1984 la Hughes fu venduta alla McDonnell Douglas che, a sua volta, nel 1997 fu acquistata dalla Boeing Defence) .

L’Apache ha combattuto tante guerre, un vero veterano. E’ stato utilizzato nella guerra di Panama, in quella del Golfo, del Kosovo, Afghanistan, Iraq, Libano e molte altre in cui ha portato la pace con il metodo ammerregano (parla gentilmente e portati un grosso bastone, andrai lontano).

Non si può negare si tratti di una macchina straordinaria, con delle doti che gli consentono di fare la differenza sul teatro operativo, dove è in grado di prenderle e darle più di un hooligan ubriaco. Non c’è dubbio, l’Apache si merita pienamente l’appellativo di Ferro del Dio.

Testo del nostro Matteo Viscogliosi

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Articolo del 16 Aprile 2021 / a cura di La redazione

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